Ordinanza n. 138 del 1969
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ORDINANZA N. 138

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 25 e 26 della legge 10 aprile 1951, n. 287, sul riordinamento dei giudizi d'assise, modificata dalle leggi 24 novembre 1951, n. 1324,5 maggio 1952, n. 405, e 27 dicembre 1956, n. 1441, promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1968 dalla Corte d'assise di appello di Milano nel procedimento penale a carico di Marchesetti Vincenzo, iscritta al n. 45 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 120 dell'11 maggio 1968.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 maggio 1969 la relazione del Giudice Vezio Crisafulli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di assise di appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle predette disposizioni, che limitano la partecipazione delle donne a non più della metà del numero totale dei giudici popolari, per contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione.

Considerato che identica questione é stata dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza del 29 settembre 1958, n. 56; che l'ordinanza della Corte di assise di appello di Milano, muovendo dalle argomentazioni svolte nella motivazione di detta sentenza, prospetta peraltro un argomento nuovo con riferimento alla sopravvenuta legge 9 febbraio 1963, n. 66, la quale, ammettendo le donne a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, senza limitazioni di mansioni e di svolgimento delle carriere, e con ciò stesso non escludendo che le donne possano anche avere la prevalenza numerica nella formazione dei collegi giudicanti, determinerebbe "un palese contrasto" tra quel che può legittimamente verificarsi in quest'ultima ipotesi e quel che invece le disposizioni denunciate, derogando ingiustificatamente al principio di eguaglianza, impediscono per quanto riguarda i giudici popolari;

che, stando ai termini di siffatta impostazione, si rende pregiudizialmente necessario accertare se la menzionata legge n. 66 del 1963 non abbia abrogato le disposizioni denunciate nell'ordinanza e che tale accertamento, tanto più trattandosi di successione cronologica di due leggi ordinarie, attiene al giudizio di rilevanza, di competenza del giudice a quo;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina che gli atti siano restituiti alla Corte di assise di appello di Milano.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 luglio 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 15 luglio 1969.