Sentenza n. 124 del 1969
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SENTENZA N. 124

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO -

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 2 agosto 1967, n. 799 (modifiche al testo unico 5 giugno 1939, n. 1016, sulla protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia), promossi con due ordinanze emesse il 23 febbraio 1968 dal pretore di Pignataro Maggiore nei procedimenti penali a carico di De Falco Felice e di Guarino Alberto, iscritte ai nn. 67 e 68 del Registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 127 del 18 maggio 1968.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 3 giugno 1969 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con due ordinanze di identico contenuto - emesse nei procedimenti penali a carico di Felice De Falco e di Alberto Guarino - il pretore di Pignataro Maggiore, accogliendo una eccezione sollevata dagli imputati, ha proposto una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 1 della legge 2 agosto 1967, n. 799, in forza del quale l'uso della licenza di caccia é consentito solo previa assicurazione per la responsabilità civile verso terzi ed i contravventori sono puniti con la revoca della licenza da tre a cinque anni oltre che con l'ammenda che l'art. 7 del testo unico 5 giugno 1939, n. 1016, stabilisce a carico di chi caccia senza licenza.

Il pretore, premesse alcune considerazioni sulla natura del diritto alla caccia e sui limiti ai quali esso soggiace a tutela di pubblici interessi, sostiene che la disposizione impugnata, nonostante che persegua un fine meritevole di protezione sotto il profilo morale, incorre in una palese violazione dell'art. 3 della Costituzione perché pone in essere una disparità di trattamento fra la categoria dei cacciatori muniti di assicurazione e la categoria di quelli che ne sono sprovvisti.

Il principio di eguaglianza sarebbe inoltre violato anche sotto un secondo profilo: posto che l'autorizzazione alla caccia é connessa ad una valutazione discrezionale delle garanzie offerte dai soggetti interessati di praticarla senza danni e che, di conseguenza, il fondamento della revoca deve ravvisarsi in un venir meno di tali garanzie, la norma denunziata, in quanto dispone la revoca della licenza ed assoggetta il cacciatore alle altre sanzioni previste dall'art. 1 della legge per un fatto che nulla ha a che vedere con la legittima concessione della licenza, darebbe vita, secondo le ordinanze, ad una disparità di trattamento fra chi caccia senza licenza e chi caccia con licenza ma senza assicurazione.

2. - Le ordinanze, lette in pubblica udienza, sono state ritualmente comunicate ai Presidenti delle due Camere, notificate al Presidente del Consiglio dei Ministri e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 18 maggio 1968.

Nel giudizio relativo all'ordinanza emessa nel procedimento a carico di Alberto Guarino é intervenuto, con atto depositato il 25 aprile 1968, il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

3. - La difesa dello Stato mette in evidenza che l'obbligo di munirsi di assicurazione é una condizione di operatività della licenza ed é imposto dalla legge in considerazione del preoccupante incremento dei sinistri venatori: tale ratio, che giustifica la disposizione in esame, ne dimostra la piena legittimità, perché i cacciatori titolari di licenza, secondo che siano privi o muniti di assicurazione, costituiscono due distinte categorie, legittimamente, perciò, assoggettate a differente trattamento.

Per quanto riguarda il secondo profilo della questione, la circostanza che il cacciatore con licenza e senza assicurazione sia punito con le stesse sanzioni previste per la caccia senza licenza non implica, secondo l'Avvocatura, alcun vizio di costituzionalità: l'assoggettamento di due diverse fattispecie criminose alla stessa pena é manifestazione di politica legislativa, sottratta al controllo di costituzionalità quando, come nel caso qui considerato, non ci sia un'assoluta irrazionalità della disciplina normativa. L'irrazionalità della disposizione in esame é da escludere anche se si prende in considerazione l'ipotesi di chi caccia senza licenza e senza assicurazione per contrapporla all'ipotesi di chi caccia con licenza ma senza assicurazione: deve ritenersi, infatti, che chi si metta nella prima situazione debba rispondere dei due distinti reati previsti e puniti dagli artt. 7 e 8 del testo unico.

4. - Nell'udienza pubblica l'Avvocatura dello Stato ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze del pretore di Pignataro Maggiore propongono un'identica questione di legittimità costituzionale, e pertanto i relativi giudizi vengono riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Nonostante che il dispositivo delle ordinanze faccia generico riferimento all'art. 1 della legge 2 agosto 1967, n. 799, la presente questione, come si evince dai termini nei quali il giudice a quo la definisce riguarda esclusivamente il nono comma dell’art. 8 del regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, nel testo risultante dalle modifiche apportate da quella legge.

Tale disposizione prescrive che chi usa della licenza di caccia "deve dimostrare in ogni momento di avere l'assicurazione per un capitale unico di responsabilità civile verso terzi pari ad un minimo di lire 5 milioni" e stabilisce che i contravventori siano puniti con la revoca della licenza da tre a cinque anni e con le pene che l'art 7 dello stesso testo unico sulla caccia prevede per il cacciatore sprovvisto di licenza.

Ad avviso del giudice a quo questa disciplina, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, determinerebbe una duplice, illegittima disparità di trattamento: da un lato "fra cacciatori muniti di assicurazione e cacciatori che ne sono privi", dall'altro "fra chi caccia senza licenza e chi caccia con regolare licenza pur non avendo ottemperato all'obbligo dell'assicurazione".

3. - La questione appare priva di fondamento.

Quanto al primo degli aspetti presi in considerazione dal pretore, sembra sufficiente osservare che l'imposizione dell'onere dell'assicurazione per il legittimo uso della licenza di caccia risponde all'esigenza di salvaguardare i diritti dei terzi e si inquadra perfettamente in quel regime pubblicistico dell'esercizio venatorio che, come riconosce lo stesso giudice a quo, trova giustificazione anche nella pericolosità di tale attività: ed é del tutto evidente che se legittimo é il precetto contenuto nella norma impugnata, legittima é la discriminazione fra chi vi presta osservanza e chi lo viola.

La seconda censura enunciata dalle ordinanze appare rivolta, per il modo in cui essa é stata motivata, non tanto all'assoggettamento del cacciatore munito di licenza ma privo di assicurazione alla stessa ammenda stabilita per chi caccia senza licenza (statuizione che, come esattamente rileva l'Avvocatura dello Stato, é espressione della discrezionalità del legislatore), quanto alla previsione di sanzioni - ed, in particolare, di quella, concorrente con l'ammenda, della revoca della licenza - per un soggetto che pur é stato legittimamente autorizzato alla caccia.

Al pretore sembra in proposito rilevante la circostanza che l'aver stipulato l'assicurazione non rientra fra i requisiti che la legge stabilisce come necessari per conseguire la licenza ed é da tale circostanza che egli trae la considerazione, a suo avviso decisiva, che il contravventore si vede revocare la licenza ed incorre nelle altre sanzioni previste dall'art. 1 della legge n. 799 del 1967 "per un fatto che nulla ha a che vedere con la concessione legittima dell'atto". Ma siffatto ragionamento si rivela del tutto irrilevante sol che si consideri che la legge subordina all'assicurazione il legittimo uso della licenza: di tal che cacciare senza assicurazione significa abusare della licenza stessa e porsi quindi in una situazione che legittimamente il legislatore può colpire con pena e che, in particolare, rende del tutto razionale la misura punitiva, aggiunta all'ammenda, della temporanea revoca della licenza.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. l della legge 2 agosto 1967, n. 799 (contenente modifiche al testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia), nella parte relativa all'art. 8, comma nono, del regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, sollevata dalle ordinanze indicate in epigrafe in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 luglio 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria l'8 luglio 1969.