Sentenza n. 118 del 1969
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SENTENZA N. 118

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 141 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso con ordinanza emessa il 14 novembre 1967 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Roma Romeo e Franco e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 43 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 120 dell'11 maggio 1968.

Visti gli atti di costituzione di Roma Romeo e Franco e dell'Amministrazione delle finanze dello Stato e l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 21 maggio 1969 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi l'avv. Tito Leati, per i Roma, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Amministrazione finanziaria.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - La Corte d'appello di Bologna, pronunziando in una causa di opposizione ad ingiunzione fiscale per imposta di registro promossa da Romeo Roma e Franco Roma, con ordinanza 14 novembre 1967 propose questione di legittimità costituzionale dell'articolo 141 della legge di registro approvata con regio decreto 30 dicembre 1923, n. 329, in quanto, nell'ipotesi di più condebitori solidali, stabilisce che il ricorso di uno di costoro interrompe la prescrizione nei confronti di tutti i soggetti del rapporto d'imposta, e perciò consente che il procedimento si svolga tra l'Amministrazione finanziaria ed uno soltanto dei coobbligati stessi. Tale disposizione menoma il diritto di difesa e rende loro opponibile la iniziativa e l'inerzia processuale di un altro soggetto, e perciò é in contrasto con gli articoli 3 primo comma, 113, 24 primo e secondo comma, della Costituzione.

L'ordinanza predetta fu notificata ai fratelli Roma, alla Amministrazione delle finanze e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 febbraio 1968, comunicata ai Presidenti delle due Camere il 5 marzo successivo e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 120 dell'11 maggio 1968.

Innanzi a questa Corte sono comparsi Romeo e Franco Roma e l'Amministrazione delle finanze; é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

2. - I Roma si sono rifatti agli assunti dell'ordinanza di rimessione.

L'Amministrazione delle finanze e il Presidente del Consiglio hanno osservato che la deroga disposta dalla norma denunziata al corrispondente principio di diritto civile in materia di solidarietà é giustificata dall'unità e dall'inscindibilità del presupposto d'imposta e dalla correlativa esigenza che, in una materia intensamente permeata dall'interesse pubblico, non vi siano, nella stessa controversia, pronunzie difformi ovvero disparità di trattamento fra più soggetti passivi dell'obbligazione; é anche giustificata dalla necessità di rispettare i princìpi costituzionali sulla perequazione tributaria. La prescrizione viene interrotta in favore di ambe le parti ed é consentito ad ambe le parti di provvedere alla tutela giurisdizionale dei rispettivi diritti. L'atto di uno qualsiasi dei coobbligati produce salvezza di diritti per tutti e quindi anche per l'Amministrazione finanziaria; e questa, agendo contro uno soltanto dei vari condebitori di imposta (colui che ha interrotto la prescrizione) si avvale di un suo diritto dipendente dal principio di solidarietà passiva tributaria. Si é anche rilevato che, secondo la sentenza 30 aprile 1968 n. 48 di questa Corte, il sistema della solidarietà tributaria viola il principio di tutela giurisdizionale solo quando la norma ponga a carico del condebitore d'imposta, al quale non sia stata notificata o rivolta la pretesa tributaria, gli effetti pregiudizievoli della procedura di accertamento svoltasi nei confronti di altro condebitore; non pure, quindi, come nella specie, quando la norma tributaria stabilisca che, dall'atto notificato dall'Amministrazione finanziaria ad uno dei condebitori oppure dall'opposizione o dall'iniziativa di un condebitore, derivino, sia per l'Amministrazione che per tutti i condebitori, interruzioni o sospensioni di termini prescrizionali o impedimenti di decadenza, ossia salvezze di diritti, senza che ne consegua traslazione di effetti pregiudizievoli nei confronti dei condebitori estranei alla procedura.

3. - Nell'udienza del 21 maggio 1949 i difensori hanno ribadito le rispettive tesi e confermato le conclusioni prese negli atti di costituzione e d'intervento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il giudice a quo ha opinato che l'art. 141 della legge di registro estende a tutti i soggetti del rapporto solidale di imposta l'interruzione causata dall'istanza amministrativa di uno di essi per rimborso di tassa o per opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva; e, per quanto abbia insistito sulla pretesa natura speciale dell'obbligazione tributaria, ha sostanzialmente giudicato che "le parti" nei cui riguardi, secondo la norma, si produce l'effetto interruttivo, sono così i soggetti del procedimento cui la domanda dà inizio, come i soggetti del rapporto sostanziale.

Tale asserto attiene all'accertamento della rilevanza della questione e della sua non manifesta infondatezza, e si appoggia ad una adeguata motivazione; questa Corte pertanto non può sottoporlo a riesame.

2. - La norma denunziata, nel punto discusso, corrisponde a quanto prescrive l'art. 1310 del Codice civile, il quale infatti, come fa la legge di registro, estende agli altri condebitori in solido l'effetto di ogni atto interruttivo della prescrizione compiuto da uno solo di essi. In modo che non é sostenibile che, in ordine alla diffusione di quell'effetto, la legge predetta abbia disposto a solo favore dell'Amministrazione finanziaria.

Ma la disposizione in esame non determina disparità di trattamento giuridico nemmeno fra gli stessi condebitori della imposta, perché, ammesso che non vi sia mutua rappresentanza fra i soggetti legati da solidarietà, é altresì vero che la pluralità di rapporti ai quali tale solidarietà dà origine non esclude del tutto che l'attività svolta nell'ambito di uno di essi abbia ad interferire nella sfera degli altri. Gli artt. 1300 e seguenti del Codice civile valutano discrezionalmente tale attività con riguardo alle singole ipotesi, e per ognuna tengono presente la sostanza degli interessi in giuoco e il collegamento interno che esiste tra i rapporti singoli. A questo collegamento nell'art. 1310 suddetto si dà rilevanza esterna con riguardo all'atto interruttivo, nel presupposto che l'interruzione incide sull'obbligazione solidale nella sua unitarietà e non nello specifico rapporto di cui é parte colui che ha compiuto l'atto. La diffusione dell'effetto interruttivo prevista nell'art. 141 della legge sul registro si fonda su un analogo apprezzamento oggettivo dell'atto compiuto da uno dei condebitori dell'imposta; e non ne risulta pregiudizio sostanziale per gli altri in base ad un doppio ordine di considerazioni. L'atto é conservativo del diritto cui si riferisce, del diritto cioè alla restituzione dell'imposta e all'accertamento negativo dell'obbligazione tributaria, e quindi giova a tutti i condebitori dato che, in proporzione dell'interesse di ciascuno, ex art. 1299, l'obbligazione inciderà in modo definitivo su tutti; il rapporto fondamentale che sta a base della solidarietà a causa del nesso interno che mantiene fra i rapporti singoli e del quale si é fatta parola, può dar fondamento a responsabilità dell'autore dell'atto e quindi ad esonero dal debito di regresso.

3. - Non ha fondamento nemmeno l'assunto per cui dalla norma sottoposta al controllo di questa Corte derivi una menomazione del diritto di difesa e di quello alla tutela giurisdizionale.

Il modo di essere e il modo di operare della prescrizione, del quale l'interruzione é una delle manifestazioni, attiene alla vicenda estintiva del diritto soggettivo, quindi alla sorte di una situazione caratteristicamente materiale, non alla tutela giurisdizionale: la prescrizione infatti, prima che l'azione estingue il diritto soggettivo (art. 2934, primo comma); fa perdere cioè al diritto soggettivo la sua forza sul terreno della sua sostanza (sentenza 7 giugno 1962 n.57), non su quello della sua protezione processuale. E questa Corte ha deciso che la garanzia della difesa e della tutela giurisdizionale prende in considerazione i diritti soggettivi nella configurazione e nei limiti che ad essi derivano dalla legge sostanziale (sentenze 4 giugno 1964 n. 42,4 dicembre 1964 n. 111 e 8 aprile 1965 n. 30); di modo che quella garanzia trova confini nel contenuto del diritto al quale serve e si modella sui concreti lineamenti che il diritto riceve dall'ordinamento. Se all'atto di un componente del gruppo solidale é conferita una efficacia che si espande nella sfera di tutti gli altri, nessuno di costoro può vantare posizioni autonome riguardo alla consistenza, alla misura o alla durata dell'obbligazione, salve le circostanze o le modalità a ciascuno personali. Nella sentenza del 30 aprile 1968 n. 48 questa Corte ha, é vero, riconosciuto a ogni condebitore solidale il potere di proprie azioni e difese processualmente indipendenti dall'analogo potere spettante agli altri condebitori; ma codesto riconoscimento non legittima diversità di ripercussioni soggettive di un effetto sostanziale che l'ordinamento invece ha determinato e valutato in modo eguale per tutti i coobbligati, così negando o restringendo, come si é detto, prima che la tutela giurisdizionale o la difesa giudiziaria, il diritto che questa tutela o questa difesa dovrebbe assumere a proprio oggetto.

L'art. 141 della legge di registro, che per il giudice a quo é sospetto di incostituzionalità, non nega ai condebitori dell'imposta il potere di far valere il decorso del tempo stabilito per l'estinzione del diritto, ove sia maturato, ma impedisce che questo tempo maturi per tutta la durata dell'effetto interruttivo; e ciò vuol dire soltanto che il rapporto d'imposta permane perché l'obbligazione acquista un nuovo termine di durata. Lo acquista con riguardo alla sua integralità, quindi rispetto a tutti i rapporti che la contengono.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 141 della legge di registro approvata con regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269, proposta dalla Corte di appello di Bologna con ordinanza 14 novembre 1967, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, e 113, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria l'8 luglio 1969.