Sentenza n. 79 del 1969
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SENTENZA N. 79

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CRIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 467 e 577 del Codice civile promosso con ordinanza emessa il 26 giugno 1967 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Dellepiane Giovanni Battista e Dellepiane Vittorio ed altri, iscritta al n. 230 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 295 del 25 novembre 1967.

Visti gli atti di costituzione di Dellepiane Giovanni Battista e di Dellepiane Vittorio ed altri;

udita nell'udienza pubblica del 20 marzo 1969 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi l'avv. Nino Musio Sale, per Dellepiane Giovanni Battista, e gli avvocati Massimo Medina e Cesare Tumedei, per Dellepiane Vittorio ed altri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il 26 giugno 1967, nel corso d'un procedimento civile proposto dal signor Giovanni Battista Dellepiane nei confronti dei signori Vittorio Dellepiane ed altri, il tribunale di Genova emanava un'ordinanza di rinvio a questa Corte, denunciando, per contrasto con gli artt. 3 e 30, comma terzo, della Costituzione, gli artt. 467 e 577 del Codice civile: norme di cui l'una attribuisce in generale il diritto di rappresentazione ai soli discendenti legittimi del chiamato, l'altra attribuisce un diritto analogo, nella successione ab intestato, anche al figlio naturale del chiamato, ma soltanto se il de cuius non lasci parenti legittimi entro il terzo grado. Sulla questione c'e già stata pronuncia di infondatezza (Corte costituzionale sentenza n. 54 del 1960); tuttavia il tribunale ritiene di doverla riproporre sotto un profilo che gli pare "più ampio e diverso da quello già a suo tempo preso in esame dalla Corte".

Secondo l'ordinanza di rinvio (che in parte fa proprie argomentazioni dell'attore), l'art. 3 della Costituzione, ponendo un principio fondamentale di eguaglianza, condiziona l'interpretazione dell'art. 30, comma terzo, che perciò é "norma uguagliatrice" dei figli nati "fuori del matrimonio" rispetto ai figli nati "nel matrimonio": se ne dovrebbe dedurre che la "famiglia legittima", i cui diritti possono costituire un limite alla tutela dei figli naturali, sia quella costituitasi "col matrimonio" del loro padre: infatti solo riguardo ad essa la estraneità del figlio naturale acquista giuridica rilevanza, cioè solo riguardo ad essa questi può dirsi nato fuori del matrimonio. Pertanto l'art. 577 del Codice civile, posponendolo ai parenti del chiamato che non fanno parte di tale famiglia legittima, violerebbe gli artt. 3 e 30 della Costituzione.

Inoltre, secondo il tribunale, il diritto di rappresentazione, sussistendo anche nella successione testamentaria, non si fonda su un rapporto di parentela tra il de cuius e il chiamato (che non può e non vuole accettare l'eredità): perciò il "differente trattamento legislativo tra figlio naturale e figlio legittimo", fondandosi invece sul rapporto di parentela, non ha alcuna giustificazione rispetto al principio d'eguaglianza (art. 3). Infine la diversa formulazione del terzo comma dell'art. 30 della Costituzione rispetto al quarto, in cui la posizione di limiti (alla ricerca della paternità) é espressamente demandata al legislatore, dimostrerebbe come l'ampiezza di tutela dei figli naturali, in quel terzo comma, non dipenda da libere scelte legislative, ma sia già determinata costituzionalmente: del che non avrebbe tenuto conto questa Corte nella sentenza ricordata ab initio n. 54 del 1960).

2. - La difesa di Giovanni Battista Dellepiane, nelle deduzioni depositate il 22 settembre 1967, riprende e sviluppa gli argomenti del tribunale di Genova, già prospettati da essa nel giudizio di merito. E mette soprattutto l'accento sull'irrazionalità d'una disciplina che "antepone i diritti dei terzi parenti ai diritti di un figlio"... del chiamato: un figlio al quale la Costituzione assicura, anche di fronte a costoro, tutti i diritti dei legittimi, compreso il diritto al mantenimento da parte del padre naturale.

La difesa delle controparti, nelle deduzioni presentate il 23 settembre 1967, si richiama invece alla sentenza del 1960 n. 54 della Corte costituzionale, che avrebbe già risolto, nel senso del rigetto, il "quesito" sottopostole ora dallo stesso tribunale di Genova. Il quale del resto avrebbe frainteso il principio d'eguaglianza sostenendo l'assimilazione, nel sistema successorio, del diritto del figlio naturale a quello del figlio legittimo, cioè assimilando due posizioni diverse; diversità risultante dall'art. 30 della Costituzione, norma particolare su cui non può prevalere la norma generale dell'art. 3.

3. - Nella memoria depositata il 5 marzo 1969 la difesa di Giovanni Battista Dellepiane risponde alle obiezioni delle controparti concludendo che, quand'anche il terzo comma dell'art. 30 della Costituzione si riferisse ai membri della famiglia legittima del de cuius, gli artt. 467 e 577 del Codice civile sarebbero egualmente illegittimi: l'art. 467, poiché esclude dalla rappresentazione il figlio naturale "discriminando aprioristicamente sulla condizione di figlio nato fuori del matrimonio" (art. 3 Cost.); l'art. 577, poiché presuppone "tutti i possibili parenti del de cuius" al figlio, "della cui rappresentazione si tratta".

Anche le controparti hanno presentato una memoria, il 7 marzo 1969. Vi si osserva che la differenziazione tra figli legittimi e naturali é mantenuta, dagli artt. 467 e 577, nei limiti della ragionevolezza: l'istituto della rappresentazione si basa sul "presunto affetto" del de cuius per i discendenti legittimi del vocato, affetto altrettanto presumibilmente da escludere nei riguardi del discendente illegittimo (il quale del resto non é parente del de cuius, mentre é proprio l'art. 468 a richiedere la parentela). Dalla rappresentazione, tutela della sola famiglia legittima del vocato, il figlio naturale é escluso allo stesso modo dell'adottivo. In conclusione la famiglia legittima del genitore che non può e non vuole accettare l'eredità é proprio quella in cui egli é nato (quella del suo ascendente) e che poi ha accresciuto eventualmente col proprio matrimonio: perciò occorre tener conto dei diritti di tutti i suoi componenti e in questo senso si esprime il terzo comma dell'art. 30 della Costituzione, anche per mezzo dei lavori preparatori, quando accorda tutela al figlio naturale.

4. - Nella discussione orale si sono ribadite e chiarite le diverse tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Sono stati denunciati gli artt. 467 e 577 del Codice civile perché non riconoscono il diritto di rappresentazione ai figli naturali di chi, figlio o fratello del de cuius, non abbia coniuge o discendenti legittimi: le due norme contrasterebbero con gli artt. 3 e 30, comma terzo, della Costituzione.

La questione, che pure dette luogo a una lontana sentenza di rigetto (n. 54 del 1960), é fondata.

Nella Costituzione non é riposto un astratto "favore" per i figli naturali (riconosciuti o dichiarati) da tradursi soltanto ad opera della legge ordinaria in tutela concreta nel contenuto e nei limiti. La garanzia dei diritti del figlio naturale é invece tutta spiegata nel terzo comma, prima parte, dell'art. 30 per il caso in cui non urti cogli interessi" dei membri della famiglia legittima": vale a dire che l'intervento del legislatore occorrerà solo per conciliare la protezione del figlio naturale coi diritti di costoro (conciliazione del resto in parte avvenuta ante litteram ad es. con le norme del Codice civile che disciplinano la situazione dei figli naturali, quanto ai diritti ereditari, se concorrono coi figli legittimi). Ne deriva che, per l'ipotesi in cui non sussista una famiglia legittima, una legiferazione speciale non é necessaria: infatti il figlio naturale gode già in virtù dell'art. 30, di un'ampia protezione alla quale il legislatore ordinario é vincolato, diversamente da quanto accade per altre materie (v. ad es. sent. 1969 n. 1 di questa Corte).

2. - Più precisamente la Costituzione garantisce al figlio naturale (beninteso, riconosciuto o dichiarato), non una generica difesa, ma "ogni" tutela giuridica e sociale: il che non può intendersi altrimenti che come tutela adeguata alla posizione di figlio, vale a dire (sempreché non vi siano membri della famiglia legittima) simile a quella che l'ordinamento attribuisce in ogni campo ai figli legittimi: in ogni campo, compreso evidentemente quello della successione ereditaria, dato che rispetto ad essa lo status di figlio (legittimo o naturale) ha, secondo i principi, rilevanza precisa (artt. 467 e segg., 536 e segg. del Cod. civile). Con ciò non si vuol dire che la Costituzione abbia del tutto assimilato i figli naturali ai legittimi (ché anzi l'ampiezza dei diritti dei primi nei confronti dei secondi dev'essere determinata, in ossequio alla preminenza di questi ultimi e sia pure con criteri di razionalità, dal potere discrezionale del legislatore ordinario); ma si riconosce tuttavia che l'assimilazione é innegabile (solo) là dove manchi una famiglia legittima. Cosicché ai fini del presente giudizio, dati i limiti nei quali la questione é stata avanzata, resta innanzi tutto da stabilire che cosa intenda, la norma costituzionale, per famiglia legittima.

La Corte ritiene ora, scostandosi dalla precedente sentenza, che "famiglia legittima" sia quella costituitasi col matrimonio del padre naturale e composta dal coniuge e dai figli legittimi. A questa interpretazione conducono il linguaggio o il contenuto tanto delle norme costituzionali quanto della legislazione ordinaria, oltrechè la stessa sistematica del Codice civile.

3. - Infatti nell'art. 29 la garanzia costituzionale copre il gruppo "società naturale" fondato sul matrimonio, quello, cioè, che, nato da tale unione, riposa appunto sulla parità dei coniugi, anche nel governo della famiglia, e sull'unità familiare (secondo comma dello stesso art. 29): parità ed unità che non possono esigersi né ipotizzarsi nei riguardi degli ascendenti o collaterali di chi ha costituito col matrimonio una società naturale.

Del resto che solo del coniuge e dei discendenti si sia preoccupato il Costituente risulta anche dall'art. 31, dove la famiglia e i suoi compiti sono quelli che derivano dal matrimonio; risulta inoltre dall'art. 30, comma primo, che riconosce doveri e diritti dei genitori nei confronti dei figli e non nei riguardi dei propri ascendenti o collaterali. Da questo quadro non é verosimile che sia uscito il terzo comma dell'art. 30: anche qui, l'accenno alla famiglia legittima di chi ha figli naturali, evidentemente, non comprende gli ascendenti o i collaterali; poiché si contrappongono i figli nati fuori del matrimonio di lui alla sua famiglia legittima, questa non può essere che il gruppo costituitosi col suo matrimonio. In tal senso depongono inoltre innumerevoli testimonianze dei lavori preparatori che sovrastano a un isolato indizio contrario.

4. - D'altra parte la stessa legislazione ordinaria, dinanzi a un soggetto che abbia contratto matrimonio, rifugge dall'inquadrare nella famiglia di lui tutto il gruppo degli ascendenti e dei collaterali; anzi il Codice individua, dal punto di vista di tale soggetto riguardo a costoro, più che un legame familiare un vincolo di parentela (ad es. art. 102 e v. Titolo V), mentre circoscrive la famiglia alla comunità che quegli ha costituito col suo matrimonio (ad es. art. 144 e rubrica del capo VI e v. Titolo VI). Anche la norma che sembra comprendere nel concetto di famiglia d'un coniuge il gruppo dei suoi ascendenti e collaterali, in realtà ha un altro senso: l'art. 299, quarto comma, parla di famiglia della moglie (che adotta il figlio del marito) proprio perché allude alla situazione di lei prima del matrimonio e astraendosi da esso. É d'altronde sintomatico come, a parte le convivenze, perfino il documento detto "stato di famiglia" non registri gli ascendenti e i collaterali di chi abbia contratto matrimonio.

Da ciò non si vuol dedurre che la famiglia legittima d'una persona comprenda (come nello "stato di famiglia"), oltre al coniuge, solo i figli "non coniugati" poiché gli altri hanno formato un nuovo gruppo familiare; ma si trae piuttosto argomento per asserire che essa non include mai né i collaterali né gli ascendenti. A livello costituzionale, poi, come ai figli naturali d'un soggetto é dovuta protezione anche se hanno contratto matrimonio, cosi i figli legittimi di quel genitore vanno difesi pur quando abbiano fondato una propria società coniugale; perciò la famiglia legittima indicata dall'art. 30, terzo comma, ricomprende sicuramente tutti i figli, e coi loro diritti la legge dovrà stabilire la compatibilità della tutela dei così detti illegittimi.

5. - In conclusione, se il genitore naturale non ha coniuge né figli legittimi, manca una famiglia legittima nel senso dell'art. 30, terzo comma, e si apre per il figlio naturale la tutela garantita da questa norma. In particolare, qualora la persona, che non può o non vuole accettare l'eredità od il legato del proprio genitore o fratello, non lasci e non abbia né coniuge né figli legittimi (e loro discendenti che ne prendano il posto ex art. 469), al suo figlio naturale deve riconoscersi il diritto di rappresentazione che spetterebbe al legittimo; diritto che appartiene anche quando sussista il coniuge del così rappresentato: infatti tra il figlio naturale e tale coniuge non v'é contrasto di interessi da conciliare (ex art. 30 Cost.), dato che questi, a differenza del figlio naturale e dai discendenti legittimi, non può subentrare per rappresentazione al proprio coniuge.

Di conseguenza l'art. 467 del Codice civile, che sottrae quel diritto al figlio naturale, deve dichiararsi illegittimo: anche perché la norma costituzionale che si riferisce alle successioni (art. 42, quarto comma), così generica com'é, non legittima l'arbitrio del legislatore ordinario, ma contiene soltanto una riserva di legge.

Per giustificare la disposizione dell'art. 467 la dottrina ha rilevato che, non essendovi "rapporto civile" tra il figlio naturale e il genitore (il fratello) del proprio padre, sarebbe illogico un acquisto ereditario, per rappresentazione, del primo dal secondo. Ma può rispondersi che l'affermazione non é rigorosa se si pensa, a tacere dell'impedimento matrimoniale (art. 87, nn. 1-3 e penultimo comma), all'obbligo alimentare del genitore verso il figlio naturale del proprio figlio (art. 435, terzo comma) e al rapporto di parentela che fra l'uno e l'altro ha introdotto lo stesso articolo 577, come si notò anche durante la compilazione del Codice; inoltre, quali che siano il fondamento e la natura della rappresentazione, in concreto questa tutela gli interessi della famiglia (legittima) del mancato erede o legatario, impedendo che i beni le siano tolti solo perché il genitore non può e non vuole accettarli; perciò, una volta assimilato, rispetto al padre, il figlio naturale al legittimo, mancando l'uno quei beni possono essere sottratti interamente all'altro. Illogico semmai é consentire, con la norma denunciata, che il legato, pur essendo acquisito ipso iure al patrimonio del legatario, cioè alle aspettative dei figli naturali, ne possa uscire per sua volontà; e più in generale sembra iniquo che il rappresentato sia arbitro, non accettando, di frustrare volutamente quelle stesse aspettative.

6. - Dichiarata l'illegittimità dell'art. 467 si deve fare altrettanto, a norma dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, per l'art. 468; il quale riserva la successione per rappresentazione ai soli discendenti di chi non può e non vuole accettare: siccome per discendenti si sono intesi sempre, ovviamente, quelli legittimi, anche questa norma é incostituzionale poiché nega il diritto al figlio naturale in assenza di discendenti legittimi del padre.

L'art. 577 ammette alla successione ab intestato il figlio naturale del figlio del de cuius, ma solo se quest'ultimo non lasci né coniuge né parenti entro il terzo grado. La norma ha come presupposto, nel Codice, l'assenza d'un diritto di rappresentazione del figlio naturale ed é stata emanata (si dice) aequitatis causa, proprio in sostituzione di quel diritto. Perciò, comunque si qualifichi la situazione, l'art. 577 é totalmente illegittimo, poiché risponde a un sistema successorio che contrasta col diritto di rappresentazione del figlio naturale. Infatti, dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 467, quegli succede o non succede a seconda che non vi siano o vi siano discendenti legittimi del rappresentato; mentre a norma dell'art. 577 succederebbe o non succederebbe a seconda che non vi fossero o vi fossero coniugi o parenti entro il terzo grado del de cuius: il che non si concili a col principio ricavato dal raffronto dell'art. 467 con l'art. 30 della Costituzione.

7. Superfluo aggiungere che, nei casi in cui il figlio naturale succederà per rappresentazione, subentrerà nel "luogo e nel grado" del suo genitore: insomma acquisterà la stessa quota ereditaria o gli stessi beni legati che avrebbe avuto se fosse stato figlio legittimo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale:

a) dell'art. 577 del Codice civile;

b) dell'art. 467 del Codice civile limitatamente alla parte in cui esclude dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi;

c) dell'art. 468 del Codice civile, a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e negli stessi limiti di cui al predetto art. 467 del Codice civile.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1969.

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 14 aprile 1969.