Sentenza n. 74 del 1969
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SENTENZA N. 74

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 17 luglio 1968, depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1968 con il quale é stato sollevato conflitto di attribuzione tra la Regione stessa e lo Stato, derivato dal decreto interministeriale 16 maggio 1968 (determinazione del perimetro della Valle dei Templi di Agrigento, delle prescrizioni d'uso e dei vincoli di inedificabilità), ed é stata proposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966).

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1969 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi gli avvocati Pietro Virga e Salvatore Orlando Cascio, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - L'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, di conversione del decreto legge 30 luglio 1966, n. 590, contenente provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza della frana del 19 luglio di quell'anno, dichiarava "zona archeologica di interesse nazionale" la Valle dei Templi, e stabiliva che "il Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici determinerà con proprio decreto il perimetro della zona, le prescrizioni di uso e i vincoli di inedificabilità".

In attuazione di queste disposizioni, fu emanato il decreto ministeriale 16 maggio 1968, col quale fu delimitata la predetta Valle dei Templi e il territorio compreso nel perimetro di essa fu suddiviso in cinque zone: una zona A, di inedificabilità pressoché assoluta, e quattro zone (B, C, D, E) di inedificabilità limitata. Per le opere e le costruzioni consentite in ciascuna delle zone erano stabilite apposite prescrizioni.

Contro tale decreto il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Virga e Salvatore Orlando Cascio, con atto depositato il 23 luglio 1968 e ritualmente notificato, ha proposto ricorso per risoluzione di conflitto di attribuzione, chiedendo l'annullamento del decreto stesso, che avrebbe invaso la competenza regionale di cui all'art. 14, lettera n, dello Statuto speciale, e avrebbe violato l'art. 20 dello stesso Statuto e l'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1956, n. 510, contenente norme di attuazione in materia di turismo. Con lo stesso ricorso si chiede che sia previamente dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, per violazione dei predetti artt. 14, lettera n, e 20 dello Statuto.

Si afferma nel ricorso che l'art. 2 bis contiene una norma di legge speciale, in quanto introduce, per la sola Valle dei Templi, un vincolo che non trova riscontro nella legislazione in materia di tutela delle cose di interesse storico ed artistico. Ma l'emanazione di una legge speciale, territorialmente limitata alla Sicilia, é, nella materia di legislazione esclusiva, di competenza dell'Assemblea regionale, della quale si sarebbe perciò avuta illegittima invasione.

Col successivo decreto ministeriale si sarebbero pertanto esercitati dei poteri arbitrari, fondati su una norma costituzionalmente illegittima.

Inoltre, assume la Regione, il decreto impugnato, avrebbe esorbitato dai limiti imposti dallo stesso art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, in quanto, per ragioni di tutela paesistica, e perciò estranee a quelle per le quali il potere era stato conferito, ha esteso i vincoli a zone non interessate alla ricerca archeologica. Atteggiandosi come provvedimento di vincolo panoramico e non archeologico, il decreto ha anche usurpato la competenza dell'Assessore regionale al turismo, perché, essendo Agrigento una località dichiarata stazione di cura, soggiorno e turismo, si richiedeva il concerto col detto Assessore, a cui erano state trasferite le competenze statali in virtù del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1956, n. 510.

2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 5 agosto 1968.

In relazione alla dedotta incostituzionalità dell'art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, in esse si sostiene che la competenza esclusiva della Regione di cui all'art. 14, lett. n, dello Statuto speciale, non si estende ai beni archeologici o artistici interessanti servizi di carattere nazionale, che, per l'art. 32 dello Statuto, non sono stati trasferiti alla Regione ed hanno carattere di strumentalità, in relazione al fine pubblico dell'istruzione e dell'educazione. Tra tali beni entrerebbe la Valle dei Templi di Agrigento. Si nega, pertanto, l'incostituzionalità del denunciato art. 2 bis, avendo esso riguardo a un bene facente parte del demanio archeologico dello Stato.

In merito al conflitto di attribuzione, la difesa del Presidente del Consiglio osserva che non é fondata l'argomentazione del ricorrente, secondo cui il decreto ministeriale impugnato avrebbe posto un vincolo non solo archeologico, ma anche panoramico, che avrebbe richiesto il concerto con l'Assessore regionale per il turismo. L'estensione del vincolo alla zona limitrofa all'archeologica non é stata infatti adottata per ragioni di tutela dell'ambiente paesistico, ma per ragioni di tutela e di miglior valorizzazione del complesso archeologico. Siffatta estensione non é nuova in materia, com'é comprovato dall'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico.

Si chiede pertanto che sia dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale e, col rigetto del ricorso, sia dichiarato che spetta allo Stato la titolarità dei poteri amministrativi correlativi ai monumenti archeologici costituenti la Valle dei Templi di Agrigento.

3. - Gli esposti argomenti sono stati sviluppati nella memoria della difesa del Presidente del Consiglio.

In particolare ivi si nota che l'art. 14, lett. n, dello Statuto speciale siciliano, adopera la formula "conservazione delle antichità", e perciò va intesa in senso restrittivo, in relazione alla diversa estensione dei concetti di conservazione e di tutela.

Si ribadisce che, comunque, i beni che hanno formato oggetto della legge de qua, e del provvedimento amministrativo di applicazione di essa, non sono entrati a far parte del demanio regionale.

Per quanto concerne il conflitto di attribuzione, si pone in rilievo il carattere unitario, sotto il profilo archeologico, della Valle dei Templi, che giustifica l'estensione di tale vincolo alle zone B, C, D, E, e non rende possibile alcun riferimento alla legge n. 1497 del 1939, sulla protezione delle bellezze naturali e panoramiche.

Agli argomenti della difesa dello Stato ha replicato, nella sua memoria, la difesa della Regione.

In essa si sostiene che l'appartenenza alla Regione degli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico risulta dall'essere le relative materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva della Regione. Si afferma inoltre che il non essere ancora intervenute le norme per il passaggio all'Assessorato per la pubblica istruzione delle attribuzioni della direzione antichità e belle arti non ha rilevanza ai fini del giudizio sulla costituzionalità della legge, e si insiste sul motivo del mancato concerto con l'Assessore regionale al turismo.

Nella discussione orale i difensori delle parti hanno svolto i rispettivi argomenti.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione della legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge statale 28 settembre 1966, n. 749, viene dedotta dalla Regione in via preliminare ed incidentale. L'esame di essa deve pertanto precedere la risoluzione del conflitto di attribuzione, proposto in relazione al decreto del Ministro per la pubblica istruzione 16 maggio 1968, emanato in base a detta legge.

2. - É fuori contestazione che la Regione siciliana ha, per l'art. 14, lett. n, dello Statuto speciale, competenza legislativa esclusiva in materia di "tutela del paesaggio "e di conservazione delle antichità e delle opere artistiche".

Per la soluzione delle prospettate questioni occorre però stabilire se tale norma statutaria abbia attribuito direttamente alla Regione l'esercizio dei poteri relativi alle indicate materie, senza bisogno di ulteriore integrazione, e se conseguentemente ne derivi un obbligo per lo Stato di astenersi, in esse, dall'esercizio della propria potestà legislativa e amministrativa.

Osserva la Corte che la norma in esame non contiene una puntuale precisazione della sfera di competenza attribuita alla Regione e che non si sono ancora realizzate le condizioni per l'esercizio di tale competenza.

Per quanto riguarda la "conservazione delle antichità e delle opere artistiche" é da tener presente che, nella legge dello Stato sulla "tutela delle cose d'interesse artistico e storico" (legge 1 giugno 1939, n. 1089), la "conservazione" di queste forma oggetto solo di una parte delle disposizioni in essa contenute (quelle del capo II), mentre le disposizioni successive riguardano l'alienazione e gli altri modi di trasmissione delle cose (capo III), la loro esportazione e importazione (capo IV e VII), i ritrovamenti e le scoperte (capo V), le riproduzioni e il godimento pubblico (capo VI) e le sanzioni, che sono anche di natura penale (capo VIII). Se, pertanto, la "conservazione" delle cose artistiche e storiche é solo un aspetto della loro tutela, ne deriva la necessità che siano precisati il contenuto e i limiti della competenza regionale, anche in riferimento al suo oggetto, e che sia stabilito un coordinamento della funzione di conservazione, attribuita alla Regione, con le altre forme di tutela delle cose artistiche e storiche, previste dalla legislazione dello Stato.

Inoltre, l'esercizio della competenza regionale, nelle materie della tutela del paesaggio e della conservazione delle cose storiche e artistiche, trova ostacolo, attualmente, nel fatto che non si é ancora avuto il passaggio delle funzioni dello Stato alla Regione: trasferimento che é condizionato dalla emanazione delle norme di attuazione previste dall'art. 43 dello Statuto speciale.

La norma statutaria in esame richiede pertanto, per diventare operativa, che siano emanate le dette norme di attuazione, la cui necessità non é eliminata dal carattere esclusivo della competenza (sentenza n. 14 del 1962).

Tale necessità é rafforzata dal fatto che la competenza esclusiva della Regione siciliana, nelle materie in esame, costituisce un unicum, rispetto alle norme della Costituzione (articolo 117) e degli altri Statuti speciali, e va considerata nel quadro della tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9).

3. - Discende dalle esposte considerazioni che, nell'attuale situazione normativa, non esiste, nei confronti della Regione siciliana, un obbligo negativo dello Stato, di astensione dall'esercizio della propria potestà legislativa e amministrativa nelle materie in questione.

Già in precedenti sentenze questa Corte ha affermato che, non essendo intervenute norme di attuazione delle disposizioni statutarie per la tutela del paesaggio (come non ne sono intervenute per la conservazione delle antichità), deve riconoscersi allo Stato la potestà, attribuitagli dalle vigenti leggi, di emanare provvedimenti per le dette materie (sentenza n. 65 del 1959 e n. 83 del 1962). Non esiste un impedimento costituzionale, per lo Stato, a provvedere con legge, in deroga alle leggi generali in materia, e a disporre particolari procedimenti, per la tutela del paesaggio e delle cose artistiche, in presenza di particolari esigenze, che, secondo la sua discrezionale valutazione, giustifichino una speciale disciplina della materia, in relazione a località e a beni archeologici determinati.

Nella specie, l'art. 2 bis ha disposto un vincolo su la zona dei Templi (rimettendo all'autorità amministrativa la determinazione del perimetro di essa) in conseguenza di un fatto di eccezionale gravità, qual era stato il movimento franoso del 1966, ed in considerazione del preminente carattere archeologico della zona e dell'interesse generale a impedire ulteriori effetti dannosi di quell'evento.

Per il suo stesso carattere speciale, la norma impugnata non sottrae alla Regione la materia che le é stata genericamente attribuita dalla norma statutaria, né preclude l'esercizio futuro della sua competenza, nella sfera che sarà precisata con le norme di attuazione.

Anche sotto il riflesso della sua natura speciale, il denunziato art. 2 bis della legge n. 749 del 1966 non si può quindi ritenere lesivo della competenza regionale.

4. - Esclusa la illegittimità costituzionale della norma di legge impugnata, viene a cadere la censura, mossa dalla Regione in sede di conflitto di attribuzione, secondo la quale il decreto ministeriale di attuazione di quella norma avrebbe invaso la competenza regionale perché fondato su norma costituzionalmente illegittima.

Dalla Regione si assume inoltre che tale decreto avrebbe esorbitato dai limiti imposti dallo stesso art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, in quanto avrebbe esteso il vincolo a zone estranee alle ricerche archeologiche, atteggiandosi così come decreto di vincolo paesistico. Come tale, sarebbe in contrasto col decreto del Presidente della Regione 6 agosto 1966, n. 807, che aveva già posto il vincolo paesistico, in aderenza con le norme di legge, e avrebbe usurpato la competenza dell'Assessore regionale al turismo, perché, essendo Agrigento una località dichiarata stazione di cura, soggiorno e turismo, si richiede, ai sensi dell'art. 13 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il concerto con detto Assessore, a cui sono state trasferite le competenze del Ministro per il turismo (decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1956, n. 510): concerto che, nella specie, é mancato.

Le censure non hanno fondamento.

Il decreto del Ministro per la pubblica istruzione 16 maggio 1968, dopo aver determinato (art. 1) il perimetro dell'intera zona sottoposta al vincolo, ha suddiviso il territorio compreso in detto perimetro in cinque zone, disponendo per la prima di esse (zona A) una inedificabilità quasi assoluta, e per le altre una edificabilità limitata. La ragione della imposizione di vincoli a queste zone é indicata, nelle premesse del decreto, nella necessità di "salvaguardia dell'interesse archeologico nazionale del comprensorio", e i vincoli stessi sono stati disposti in relazione alla distanza dai monumenti archeologici, allo scopo di non danneggiarne la prospettiva e di assicurare particolari cautele circa le modifiche delle culture e l'uso di mezzi meccanici nella lavorazione dei terreni. Trattasi dunque di prescrizioni disposte in funzione della tutela del valore archeologico della zona, in conformità all'art. 2 bis della legge n. 749.

Il denunziato conflitto di attribuzione pertanto non sussiste, perché il decreto impugnato é stato emesso nell'esercizio dei poteri attribuiti da tale articolo al Ministro, per l'attuazione della tutela dei valori archeologici che il legislatore ha voluto assicurare. Dal decreto 6 agosto 1966, n. 807, emesso dal Presidente della Regione quale organo decentrato dello Stato, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, non derivava un limite alla piena attuazione dell'art. 2 bis e dei suoi scopi, per le stesse ragioni per le quali la legge n. 1497, e l'altra legge del 1 giugno 1939, n. 1089, sulle bellezze naturali e panoramiche, non costituivano un limite per il legislatore nel disporre quel particolare vincolo archeologico, che é stato posto in essere col decreto impugnato.

Comunque, sono rimaste ferme, in quanto compatibili con l'art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, le disposizioni delle predette leggi, nonché il provvedimento del Presidente della Regione, emanato in base ad esse (art. 5 del decreto ministeriale).

5. - Egualmente infondata é la censura riguardante il mancato concerto con l'Assessore del turismo.

Tale concerto sarebbe stato richiesto qualora il provvedimento fosse stato emesso in applicazione della legge sul paesaggio, com'era nel caso deciso con la sentenza di questa Corte n. 65 del 1959.

Poiché, invece, il provvedimento impugnato é stato emanato in conformità e nei limiti dell'art. 2 bis della legge n. 749 del 1966, non é ad esso applicabile la disposizione di cui all'art. 13, terzo comma, della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966), sollevata col ricorso della Regione siciliana in epigrafe indicato;

dichiara la competenza del Ministro per la pubblica istruzione a emanare i provvedimenti di cui al detto articolo;

respinge, in conseguenza, il ricorso proposto dal Presidente della Regione siciliana per l'annullamento del decreto ministeriale 16 maggio 1968, "Determinazione del perimetro della Valle dei Templi di Agrigento, delle prescrizioni d'uso e dei vincoli di inedificabilità

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 1969.

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria l'11 aprile 1969.