Sentenza n. 63 del 1969
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SENTENZA N. 63

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia notificato il 10 ottobre 1968, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 21 del Registro ricorsi 1968, per conflitto di attribuzione tra la stessa Regione e lo Stato, sorto per effetto della nota del Ministero dell'agricoltura e delle foreste 7 agosto 1968, n. IV/976 Pos. 86/C, riguardante la nomina di un rappresentante della Regione in seno al Collegio sindacale del Consorzio agrario provinciale di Udine.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 26 febbraio 1969 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi l'avv. Emilio Sivieri, per il ricorrente, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il 9 luglio 1968 la Giunta della Regione Friuli- Venezia Giulia nominava componente del Collegio dei sindaci del Consorzio agrario provinciale di Udine un funzionario del locale assessorato dell'agricoltura e foreste in sostituzione di un componente deceduto designato dal Ministero dell'agricoltura e foreste ai sensi dell'art. 44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235. Il 22 successivo, nel Comunicare la nomina al Consorzio provinciale e, per conoscenza, al Ministero predetto, la Regione invitava il presidente del Consorzio, e con decorrenza immediata, a inoltrarle tutti i provvedimenti che fino a quella data erano stati invece inviati per competenza al Ministero. Quest'ultimo replicava il 7 agosto 1968, con nota n. IV/976, diretta alla Regione e, per conoscenza, al presidente del Consorzio interessato, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Commissario del Governo nella Regione: il Ministero richiamava una precedente sua nota 31 agosto 1967, n. 13.354, riguardante il Consorzio di Trieste e una nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri 13 dicembre 1967, n. 200/9340; faceva presente che il provvedimento di nomina non poteva avere efficacia giuridica, non rientrando la materia nella competenza regionale, invitava il presidente del Consorzio di Udine a volersi astenere dal dar seguito alle disposizioni impartite dalla Regione e al provvedimento della Giunta regionale.

2. - A seguito di tale nota, la Regione, con atto del 9 ottobre 1968, notificato il giorno successivo al Presidente del Consiglio dei Ministri, proponeva ricorso per conflitto di attribuzione sulla base di due mezzi.

Con il primo mezzo rilevava che, avuta comunicazione del decreto regionale, lo Stato, avendo ritenuto che quegli atti fossero lesivi della sfera ad esso riservata, non avrebbe dovuto direttamente annullarli e renderli inefficaci, ma avrebbe dovuto proporre conflitto di attribuzione con riferimento sia al decreto, sia alla nota di comunicazione. Sono stati fatti trascorrere inutilmente i termini stabiliti dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87; e quindi é rimasta acquisita la competenza regionale a provvedere, così come ha provveduto, e ad esercitare, nei confronti del Consorzio agrario provinciale di Udine, tutte le attribuzioni di cui all'art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1965, n. 1116.

Con il secondo mezzo la Regione osservava che il provvedimento ministeriale 7 agosto 1968 ha invaso sotto altro aspetto la sfera di competenza regionale perché lo Statuto e le norme di attuazione riservano alla Regione ogni competenza in materia di agricoltura e foreste. Queste ultime norme hanno trasferito all'amministrazione regionale tutti gli uffici e i servizi del Ministero e hanno fatte salve soltanto le disposizioni sulla vigilanza e sulla tutela degli enti ed organismi a carattere interregionale e nazionale, e quindi hanno trasferito alla Regione anche le funzioni ministeriali in ordine ai consorzi agrari provinciali. Il conferimento ai consorzi di funzioni di interesse pubblico non può spostare la competenza regionale, che si ferma al diverso interesse interregionale e nazionale; a tal uopo la Regione richiama norme che, per la Sicilia, la Sardegna e il Trentino-Alto Adige, fanno riferimento ai consorzi agrari come ad enti regionali e a norme di attuazione statutarie che conservano allo Stato determinati poteri sugli enti trasferiti al controllo regionale. A proposito di queste ultime norme la regione rilevava che, essendo mancate riserve del genere in ordine ai consorzi agrari, deve ritenersi che i poteri sui medesimi sono stati a lei trasferiti nella loro pienezza e con riguardo anche ai poteri dei ministeri del tesoro e del lavoro, stante che i relativi compiti in ordine ai consorzi ricadono tutti nella materia dell'agricoltura.

3. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi il 30 ottobre 1968, negava che rispetto alla deliberazione 9 luglio 1968 si fosse avuta acquiescenza statale: essa non venne mai portata alla sua notizia e pertanto la nota del Ministero dell'agricoltura e delle foreste deve ritenersi l'unico atto idoneo a introdurre un conflitto di attribuzione riguardo alla materia.

Nel merito il Presidente del Consiglio dei Ministri faceva rilevare che i consorzi agrari provinciali sono strumento della politica economica dello Stato nel campo dell'agricoltura perché provvedono alle operazioni di ammasso e di utilizzazione, trasformazione e vendita collettiva dei prodotti agricoli; compiono, direttamente o come intermediari, operazioni di credito inerenti ai prodotti ammassati; concorrono inoltre all'impianto di campi e stazioni sperimentali nell'interesse della produzione e in generale a tutte le iniziative intese al miglioramento della produzione; infine eseguono, per conto e nell'interesse dello Stato, le operazioni necessarie per il ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci di qualsiasi specie, e, in relazione a ciò, ad essi sono stati affidati gli interventi di mercato previsti dai regolamenti della Comunità economica europea, quelli di cui alla legge sul secondo Piano verde e la distribuzione delle merci per conto dell'Azienda di Stato per l'intervento nel campo agricolo. Le facoltà spettanti al Ministero dell'agricoltura (di disporre ispezioni sul funzionamento dei consorzi, di sospendere l'esecuzione di deliberazioni o di atti illegittimi o contrari alle finalità degli enti o al pubblico interesse e di annullare in ogni tempo gli atti contrari alle leggi, ai regolamenti e agli statuti), riferendosi unitariamente ai consorzi e alla Federazione dei consorzi, non possono dar luogo a competenza mista che si eserciti dalla Regione per i consorzi e dallo Stato per la Federazione; ed é perciò che l'art. 44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, dispone l'integrazione dei collegi sindacali con membri di nomina statale. Il Presidente del Consiglio faceva poi risalire all'art. 6 della legge comunale e provinciale il citato potere di annullamento, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non può spettare che allo Stato. Viene anche contestato che i compiti spettanti al Ministero del tesoro e a quello del lavoro ricadono nella materia dell'agricoltura, riguardando aspetti diversi da quelli riferibili al Ministero stesso.

4. - La Regione, nella memoria del 13 febbraio 1969, deducendo sulla pregiudiziale da essa proposta, osserva ora che allo Stato non spetta il potere di annullare di ufficio gli atti amministrativi della Regione, e che essa non intende opporre l'acquiescenza dello Stato ai provvedimenti, ma lamenta l'invasione della propria competenza, concretatasi nel fatto che lo Stato aveva annullato e reso inefficaci quei provvedimenti senza valersi del ricorso alla Corte. La conoscenza di tali provvedimenti fu acquisita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la comunicazione della nota ministeriale 7 agosto 1968, che fu diretta anche all'ufficio regioni della Presidenza del Consiglio, e, quanto meno, con la notificazione del ricorso per conflitto di attribuzioni.

Circa il merito, la Regione obietta che i compiti che le leggi attribuiscono ai consorzi non assumono la rilevanza che lo Stato intende attribuirvi nei riflessi delle competenze regionali; ribadisce all'uopo la differenza tra interesse pubblico e interesse nazionale, argomentando, oltre che dalla già notata riserva allo Stato soltanto della vigilanza sugli enti di interesse nazionale e interregionale, anche dall'art. 3 del sopracitato decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, che attribuisce unicamente alla Federazione dei consorzi agrari compiti con riguardo ad esigenze di carattere nazionale, cosicché solo la competenza relativa all'esercizio dei poteri della Federazione é rimasta allo Stato, in coerenza al fatto, già ricordato, che in Sicilia, in Sardegna e nel Trentino-Alto Adige, la vigilanza e la tutela dei consorzi provinciali é affidata alla rispettiva Regione.

Non v'e impossibilità logica di una competenza ripartita fra Stato e Regione, di cui si ha un esempio nelle norme di attuazione approvate con decreto del Presidente della Repubblica 26 giugno 1965, n. 960, le quali affidano i controlli sugli atti delle province, dei comuni e dei loro consorzi agli organi regionali e statali, secondo il carattere degli interessi di cui hanno la cura; non v'é, del resto, commistione di competenze nell'esercizio del duplice controllo separatamente demandato alla Regione per i Consorzi e alla Federazione per lo Stato; non é poi da confondere il potere di annullamento di cui all'art. 6 della legge comunale e provinciale con quello dato al ministero dal decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235; é da disattendere l'assunto per cui sono rimasti al Ministero del tesoro e a quello del lavoro compiti nella materia della agricoltura, perché le norme di attuazione hanno trasferito alla Regione le attribuzioni di tutti gli organi centrali e periferici dello Stato, competenti nella predetta materia, salve le eccezioni relative agli enti e organismi interregionali e nazionali. Non é nemmeno attendibile la tesi per cui il trasferimento disposto dalle norme di attuazione riguarda i poteri di vigilanza e tutela di cui all'art. 35 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, restando ferma la competenza statale per la nomina dei sindaci, ai sensi del successivo art. 44: le norme di attuazione, con riferimento alle camere di commercio e agli enti del turismo, riservano determinati poteri allo Stato, il che non fanno per i consorzi agrari.

5. - Nella memoria depositata il 13 febbraio 1969, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha insistito nelle osservazioni svolte nell'atto di costituzione in giudizio.

Sulla questione pregiudiziale, relativa al decorso del termine per la proposizione del conflitto in relazione alla nota regionale 22 luglio 1968, il Presidente del Consiglio ha però soggiunto che essa resta superata dalla circostanza che la Regione ha promosso il conflitto in relazione alla nota ministeriale 7 agosto 1968; se fosse vero che lo Stato, con questa nota, ha voluto rendere inoperanti atti regionali perfetti ed efficaci, non si comprenderebbe perché la Regione abbia poi sentito la necessità di sollevare l'odierno conflitto.

Sul merito si é inoltre fatto presente che i consorzi agrari provinciali secondo l'ordinamento attuale, pure avendo una natura di diritto privato, sono soggetti alla vigilanza governativa per il fine statale che attuano e non può escludersi che lo Stato li sovvenzioni, se é vero che ad essi sono riconosciute esenzioni fiscali e agevolazioni per gli oneri derivanti dai compiti d'interesse generale ad essi affidati (art. 38 decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235), e che per essi lo Stato provvede ad interventi finanziari in ordine alle gestioni degli ammassi volontari; in modo che i consorzi agrari provinciali si trovano nella condizioni delle cooperative edilizie che, pur avendo le forme di società private, la Corte, con la sua sentenza 17 dicembre 1958, n. 80, caratterizza come enti mediante i quali si esplica la politica economica dello Stato. Anzi le cooperative sono organi indiretti di tale politica, mentre i consorzi agrari provinciali svolgono una politica direttamente imputabile allo Stato. La Federazione dei consorzi ha un carattere nazionale in quanto i consorzi che la costituiscono perseguono, nella loro singolarità, uno scopo che ha quel carattere; secondo l'art. 3 del suo statuto la Federazione svolge servizi di carattere generale nell'interesse dei consorzi, agevolandone e coordinandone le attività, e, secondo l'art. 11 dello stesso statuto, i consorzi mettono la Federazione in condizione di esercitare la vigilanza che le spetta, sia consentendole ispezioni e fornendole dati, sia avvalendosi dei servizi da essa offerti, sia seguendone le direttive organizzative, amministrative, commerciali e contabili. Per questo l'art. 44 del decreto legislativo del 1948, ha disposto che, fino alla cessazione delle attività di pubblico interesse esercitate dai consorzi, i collegi sindacali debbono essere integrati dai sindaci di nomina governativa; volle consentire uno speciale controllo di specifiche attività svolte nell'ambito nazionale. Alle Regioni non sono state trasferite le materie che ineriscono a tali attività, che sono di interesse statale.

6. - All'udienza del 26 febbraio 1969 i difensori delle parti hanno illustrato e ribadito le proprie tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Come risulta dall'esposizione che precede, la deliberazione della Giunta regionale che ha dato causa all'odierno conflitto di attribuzione formò oggetto della nota del Ministero dell'agricoltura e delle foreste data 7 agosto 1968 diretta alla Regione e per conoscenza all'ufficio regioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il fatto che il Presidente del Consiglio non ebbe a proporre ricorso per conflitto di attribuzione in ordine a tale nota, non impedisce allo stesso di contestare in questa causa l'affermazione della competenza regionale nella materia di cui si tratta.

A parte il dubbio sulla possibilità di equiparare una semplice comunicazione, come quella predetta, alla notificazione, dalla quale può decorrere il termine per la proposizione di un ricorso per conflitto di attribuzione, é da rilevare che la Regione non ha dimostrato che l'ufficio al quale la nota ministeriale fu indirizzata per conoscenza é competente riguardo ai ricorsi del genere. É sintomatico a tal riguardo che la Regione notificò il ricorso oggi in esame al Presidente del Consiglio pro tempore senza l'indicazione di quell'ufficio; in modo che non é certo che il presidente stesso abbia avuto conoscenza dell'atto regionale prima della proposizione del ricorso predetto.

Si può inoltre rilevare che é rimasto financo ignorato in quale giorno l'ufficio regioni della Presidenza del Consiglio ricevette la nota del Ministero dell'agricoltura, che é datata al 7 agosto 1968, ma non si sa se e quando sia pervenuta; cosicché, anche sotto tale profilo non si può ritenere provato che nel giorno della notificazione del ricorso regionale fossero già trascorsi in pregiudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri i termini entro i quali egli avrebbe potuto reagire contro il provvedimento della Regione.

2. - Nel merito questa Corte osserva che i consorzi provinciali agrari, pur essendo società private cooperative, svolgono anche compiti di spettanza statale. Basterebbe ricordare che, per l'art. 2, n. 8, decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, possono eseguire per conto e nell'interesse dello Stato le operazioni necessarie per il ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci e prodotti di qualsiasi specie e che, in relazione a ciò, ad essi sono stati affidati gli interventi di mercato previsti dai regolamenti della Comunità economica europea, quelli di cui alla legge sul secondo Piano verde e la distribuzione delle merci per conto dell'Azienda di Stato per l'intervento nel campo agricolo; in quanto operano per conto dello Stato, i consorzi godono poi di agevolazioni fiscali, e, a beneficio dei medesimi, lo Stato provvede ad interventi finanziari in ordine alle gestioni degli ammassi volontari.

Ora, in forza dell'art. 44 del predetto decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, fino alla cessazione delle attività di pubblico interesse esercitate dai consorzi, i collegi sindacali dei medesimi debbono essere integrati da tre sindaci effettivi, rispettivamente nominati dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, da quello del tesoro e da quello del lavoro e della previdenza sociale; ed essendo ancora attuale nei consorzi l'affidamento di compiti inerenti alle predette attività, spettava al Ministero dell'agricoltura la nomina del sindaco, alla quale invece ebbe a provvedere la Regione.

3. - Non é rilevante che, per l'art. 2 del D.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, furono trasferite alla Regione le attribuzioni esercitate nel territorio della stessa dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di agricoltura e foreste. Il trasferimento ha avuto riguardo soltanto alle funzioni di interesse essenzialmente regionale, in coerenza allo scopo dell'istituzione dell'ente che é quello di dare soluzioni appropriate ai problemi particolari di ciascuna Regione a tutela adeguata ai relativi interessi (sentenza di questa Corte 24 gennaio 1964, n. 4) nonché di conformare l'ordinamento giuridico alle esigenze locali, secondo la diversità dei bisogni (sentenza 18 novembre 1958, n. 58); e tale scopo é anche causa fondamentale della particolare autonomia delle Regioni a statuto speciale (sentenza 9 giugno 1961, n. 34).

Che dal trasferimento disposto con il predetto decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1965, n. 1116, dovevano rimanere escluse le attribuzioni esercitate localmente dallo Stato nel proprio esclusivo interesse é specificatamente chiarito e provato anche dall'art. 2 del decreto stesso, il quale lasciò fuori dalla competenza regionale la vigilanza e la tutela sugli enti e organismi a carattere interregionale e nazionale; ed esso non contiene tanto un riferimento al limite territoriale delle funzioni degli enti e degli organismi nominati, quanto un richiamo all'interesse oggettivo implicato dalle funzioni dai medesimi in concreto esercitabili, le quali possono dirsi di carattere interregionale e nazionale nella misura in cui coinvolgono un'attività che rispecchia l'interesse di più regioni e quello dello Stato, qualunque sia il suo ambito di svolgimento. Non é il luogo in cui lo Stato opera o la qualità dell'ente di cui esso si avvale che delimita la natura della sua azione. Lo ha deciso questa Corte quando, nella sentenza 17 dicembre 1958, n. 80, ha ritenuto che l'art. 4, n. 15, dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, nell'attribuire alla Regione la vigilanza sulle cooperative, non ha inteso conferirle poteri in materia di cooperative edilizie a contributo erariale, le quali, pur avendo compiti territorialmente ristretti ed essendo enti di natura privata, si caratterizzano come strumenti mediante i quali si esplica la politica economica dello Stato intesa a favorire l'incremento delle costruzioni nel campo della edilizia economica e popolare; lo ha deciso inoltre quando, nella sentenza 22 gennaio 1960, n. 2, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale relativa al terzo comma dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1959, n. 28, concernente norme di attuazione del predetto statuto in materia di case popolari, che aveva attribuito al Ministero dei lavori pubblici la vigilanza sugli istituti autonomi per le case popolari, enti a competenza provinciale per l'attività da essi svolta riguardo alle case costruite dallo Stato a suo totale carico.

Sotto tale prospettiva deve intendersi pure l'art. 4, n. 9, dello stesso statuto che attribuisce alla Regione potestà legislativa in materia di consorzi agrari. E non conta perciò nemmeno che l'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 789, per la Regione siciliana, e l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1950, n. 327, per la Regione sarda, considerano ente od organismo a carattere nazionale la Federazione italiana dei consorzi agrari e non il Consorzio agrario provinciale: tali norme hanno avuto riguardo alla qualificazione che deriva alla Federazione dal fatto che essa opera istituzionalmente con esclusivo riferimento alle esigenze nazionali, ma non escludono che di interesse statale possano ritenersi i consorzi agrari provinciali nell'esercizio di quelle attività che allo Stato, secondo l'ordinamento, é permesso di affidare direttamente ad essi. Si può ricordare la sentenza di questa Corte 10 aprile 1962, n. 35, la quale, pur ammettendo che l'ente per la riforma agraria in Sicilia si collega direttamente alla Regione, in quanto nel territorio della stessa svolge la propria attività, considerata nel quadro della riforma agraria, che trascendeva l'ambito regionale e interessava la collettività per gli innegabili riflessi sulla economia generale e per l'incidenza dell'attività stessa sulla funzione sociale della proprietà, rimaneva giustificato che potesse essere assoggettato alla vigilanza dello Stato; questo giudizio fu ribadito nella sentenza 2 luglio 1968, n. 105, a proposito della competenza ad approvare le deliberazioni dell'ente predetto concernenti il trattamento di quiescenza del suo personale, che fu ritenuto di spettanza dello Stato in virtù dell'art. 11 del decreto legislativo 5 agosto 1947, n. 778, in considerazione del fatto che esso, fino alla trasformazione in Ente sviluppo agricolo, aveva ottenuto continuamente contributi dello Stato, e non ostante che col decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 789, le attribuzioni spettanti al Ministero dell'agricoltura e delle foreste nel territorio della Regione siciliana fossero state trasferite all'amministrazione regionale.

4. - Non é nemmeno decisivo distinguere, come fa la Regione, fra interesse pubblico e interesse nazionale, per inferirne che l'art. 44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, nell'integrare con componenti di nomina statale il collegio dei sindaci dei consorzi agrari ha richiamato un interesse pubblico, che, se poteva essere statale prima del passaggio alle regioni delle competenze inerenti ai consorzi agrari, non potrebbe oggi assumere la rilevanza che ad esso si intende attribuire nei riflessi delle competenze regionali.

L'art. 2, n. 8, del decreto predetto fa cenno in modo preciso a compiti da svolgere per conto e nell'interesse dello Stato; ed essi, per la loro essenza, non possono divenire funzioni da esercitare per conto e nell'interesse della Regione. Infatti l'articolo per qualificare quei compiti ha riguardo non solo all'elemento soggettivo dell'incarico o della delega data dallo Stato, ma anche all'elemento oggettivo dell'inclusione delle finalità perseguite fra quelle che spettano alla competenza esclusiva dello Stato perché necessariamente esercitabili con criteri unitari nell'interesse di tutta la comunità nazionale e per l'attuazione di quelle esigenze fondamentali che informano la vita della comunità stessa; il cui accertamento e la cui Valutazione non possono rientrare, per la loro natura, tra le attribuzioni regionali. Non vi é contraddizione alcuna, lo si é già detto, fra l'indole statale di tale attività e la decisione statale di svolgerla, per il tramite di enti locali, che, a questo solo fine, possono perciò e debbono essere assoggettati a vigilanza governativa.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta allo Stato la nomina di un rappresentante della Regione Friuli-Venezia Giulia in seno al collegio sindacale del consorzio agrario provinciale di Udine, ai sensi dell'art. 44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, concernente l'ordinamento dei consorzi agrari e della Federazione italiana dei consorzi agrari;

respinge il ricorso prodotto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia con atto 1 ottobre 1968 per la risoluzione del conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero dell'agricoltura e delle foreste 7 agosto 1968, n. IV/976, diretta all'assessore dell'agricoltura e foreste della Regione e avente per oggetto la nomina predetta.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 1969.

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 3 aprile 1969.