Sentenza n. 141 del 1968
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SENTENZA N. 141

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14 della legge 15 settembre 1964, n. 756, concernente "Norme in materia di contratti agrari", promosso con ordinanza omessa il 31 maggio 1967 dal Tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Moncada Salvatore e Fiore Nicolò ed altri, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 295 del 25 novembre 1967.

Visto l'atto di costituzione di Moncada Salvatore;

udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1968 la relazione del Giudice Angelo De Marco;

udito l'avv. Luigi Maniscalco Basile, per il Moncada.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto di riassunzione, notificato il 7 agosto 1965, Salvatore Moncada conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Palermo (Sezione specializzata agraria) Nicolò Fiore, Vincenzo La Barbera, Giuseppe Moncada, Vincenzo Pollicino, Francesco Rosato e Giuseppe Fellicò, esponendo: che con atto pubblico del 2 dicembre 1963 per notar Castellino di Palermo aveva acquistato un appezzamento di terreno in Palermo - contrada Carrabia - esteso mq. 110.000; ché detto terreno era destinato ad edilizia dal piano regolatore generale della città di Palermo, approvato con decreto 28 giugno 1962 del Presidente della Regione siciliana ed, in relazione a tale destinazione, erano stati approvati dal Comune di Palermo numerosi progetti di costruzione; che il detto terreno, al momento dell'acquisto, si trovava locato, per porzioni separate, a diversi affittuari, tra cui gli odierni convenuti, i quali, già evocati in giudizio per il rilascio davanti al Tribunale ordinario, avevano invocato la proroga dei contratti agrari, come dalle relative leggi; tutto ciò esponendo il Moncada eccepiva la illegittimità costituzionale di tutte le ultime leggi in materia di contratti agrari per contrasto con l'art. 42 della Costituzione e chiedeva che, riconosciuta la non manifesta infondatezza della questione sollevata, gli atti venissero rimessi alla Corte costituzionale.

In via subordinata, chiedeva il rilascio dei terreni a norma. dell'art. 11 della legge 23 maggio 1950, n. 253, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.

Il Tribunale adito, con ordinanza 25 maggio 1966, dichiarava manifestamente infondata la sollevata questione di illegittimità costituzionale e rimetteva le parti davanti al giudice istruttore per il proseguimento del giudizio.

Ma, nel corso di tale giudizio, l'attore rinunziava al capo di domanda di rilascio, ai sensi dell'art. 11 della legge del 1950, n. 253, e riproponeva le questioni di legittimità costituzionale già sollevate, ne sollevava varie altre e chiedeva espressamente la revoca dell'ordinanza 25 maggio 1966 con la quale le prime questioni sollevate erano state dichiarate manifestamente infondate.

Il Tribunale di Palermo questa volta accoglieva la richiesta dell'attore e, con ordinanza 31 maggio 1967:

1) revocava la precedente ordinanza 25 maggio 1966;

2) dichiarava non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 14 della legge 15 settembre 1964, n. 756:

a) per contrasto con l'art. 42, commi secondo e terzo, della Costituzione, in quanto la proroga sine die dei contratti agrari si risolverebbe in una espropriazione larvata e per giunta riferendosi anche a terreni destinati alla edificazione, in base a piani regolatori generali, debitamente approvati, viene meno l'interesse pubblico di assicurare la funzione sociale, della proprietà ai fini dell'utilizzazione agricola;

b) per contrasto con l'art. 44 della Costituzione in quanto non può ritenersi ricorrente l'esigenza di interesse pubblico ai fini di un migliore sfruttamento agricolo del suolo, quando ci si trova di fronte a terreni destinati all'edilizia, in forza dei piani regolatori generali debitamente approvati.

Dopo le pubblicazioni, notificazioni e comunicazioni di legge, la questione, come sopra sollevata, viene ora portata alla cognizione della Corte.

Si é costituito in giudizio il solo Salvatore Moncada, il cui patrocinio con la memoria depositata il 24 ottobre 1968 chiede che la sollevata questione venga dichiarata fondata, deducendo in sostanza quanto segue:

Poiché l'art. 14 della legge n. 756 del 1964 non contiene alcuna eccezione circa i terreni, che siano stati già destinati, in forza di piani regolatori generali regolarmente approvati, alla utilizzazione edilizia, deve ritenersi che la proroga sine die, con tale norma disposta, si applica anche ai contratti agrari che abbiano per oggetto tali terreni.

Se così é, non può contestarsi la fondatezza della questione di costituzionalità, sollevata con l'ordinanza di rinvio, sotto il duplice aspetto del contrasto con gli artt. 42 e 44 della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 della legge 15 settembre 1964, n. 756, per contrasto con gli artt. 42, commi secondo e terzo, e 44 della Costituzione, in quanto con la norma impugnata si sarebbe accordata una proroga sine die, praticamente permanente, ai contratti agrari allora in corso, che, come tale, avrebbe costituito una grave limitazione della proprietà privata, non giustificata né da preminenti esigenze di carattere sociale o generale (art. 42) né dal fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali (art. 44), é stata già esaminata da questa Corte, che, con sentenza n. 16 del 1968, l'ha dichiarata non fondata.

A questa soluzione la Corte é, sostanzialmente, pervenuta in base alla considerazione che la proroga accordata con la norma impugnata non potesse considerarsi sine die, ma avesse un termine certo nell'an e determinabile con sufficiente, anche se relativa, certezza nel quando, ossia "fino a quando le nuove strutture aziendali siano in grado di sostituire le precedenti".

Con l'ordinanza di rinvio, che ha dato origine al presente giudizio, la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 14 della legge n. 756 del 1964, pur sempre in riferimento agli artt. 42, commi secondo e terzo, e 44 della Costituzione, viene prospettata nei seguenti termini:

a) La proroga dei contratti agrari, di cui all'art. 14 della legge 15 settembre 1964, n. 756, costituisce espropriazione in senso sostanziale per il fatto di essere stata disposta a tempo indeterminato e senza indennizzo ed é, quindi, in contrasto con l'art. 42, comma terzo, della Costituzione;

b) Se la proroga di cui al citato art. 14 deve intendersi riferita anche ai contratti relativi a terreni già destinati ad edilizia da un piano regolatore generale, vi é contrasto con l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, in quanto i limiti alla proprietà privata, in base a tale norma imponibili, devono essere diretti al fine di assicurare la funzione sociale laddove la destinazione all'edilizia implica che questa e non quella dello sfruttamento agricolo é la funzione sociale assegnata a quei terreni;

c) La proroga a tempo indeterminato dei contratti agrari se estesa anche a terreni destinati all'edilizia, in base a piani regolatori generali, é in contrasto anche con l'art. 42, comma terzo, della Costituzione, in quanto implica espropriazione in senso sostanziale per motivi non corrispondenti al pubblico interesse;

d) La proroga estesa a terreni destinati, nei modi suddetti, all'edilizia implica contrasto anche con l'art. 44 della Costituzione, che consente l'imposizione di vincoli alla proprietà terriera ai soli fini del razionale sfruttamento agrario del suolo.

2. - Così precisati i termini delle questioni che si presentano all'esame della Corte, basterà osservare, in riferimento a quelle prospettate sub a) e sub c), che esse vorrebbero trovare fondamento dal presupposto di una proroga senza determinazione di tempo. Ma l'esistenza di tale presupposto é stata negata dalla sentenza di questa Corte n. 16 del 1968

, sopra richiamata. Onde le anzidette questioni debbono essere dichiarate senz'altro non fondate.

La materia controversa resta, così, circoscritta alle questioni di cui sub b) e sub d) che vorrebbero trovare entrambe fondamento nell'assunto che la proroga dei contratti agrari disposta con la norma impugnata debba trovare applicazione anche se tali contratti agrari si riferiscono a terreni già destinati all'edilizia in base a piani regolatori generali regolarmente approvati. Il che porrebbe in essere un conflitto tra due interessi pubblici e, comunque, farebbe venir meno quelle ragioni che, in relazione alla destinazione all'agricoltura, possono giustificare l'imposizione di vincoli alla proprietà privata sia in forza dell'art. 42, secondo comma, sia in forza dell'art. 44 della Costituzione.

3. - Anche sotto questi aspetti, peraltro, le questioni sollevate risultano non fondate.

Anzitutto é arbitrario desumere, dal solo fatto che non vi sia nella legge n. 756 del 1964 alcuna norma che escluda espressamente dalla proroga disposta dall'art. 14 i contratti aventi per oggetto terreni già destinati all'edilizia in base a piani regolatori generali debitamente approvati, la volontà del legislatore di estendere la proroga anche a tali terreni.

La legge suddetta, infatti, ha per oggetto la disciplina dei contratti agrari ed ha, quindi, come presupposto necessario il riferimento esclusivo a terreni destinati all'agricoltura.

D'altra parte la sola approvazione di un piano regolatore generale, se pone in essere talune direttive e vincoli di efficacia immediata, alla attività ed alla proprietà privata, non ha la virtù di far perdere, ipso facto, ai suoli il carattere di terreni utilizzabili a fini agricoli.

Con l'approvazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione, le trasformazione previste diventano però una necessità e vengono a conferire ai suoli quel particolare carattere che inerisce alla loro specifica destinazione urbanistica, sì che questo diventa essenziale e preminente e che le trasformazioni necessarie, previste dai piani anzidetti, assumono carattere di pubblica utilità e di obbligatorietà (artt. 16, 20, 23 e 28 legge urbanistica).

Stante ciò la natura e funzione dei suoli, così modificatasi, fa venir meno per essi la possibilità della ulteriore utilizzazione a fini agricoli anche in conformità col precetto costituzionale che condiziona i diritti sui beni (e quindi anche quelli relativi ai beni) alla "funzione sociale" della proprietà (art. 42, secondo comma, Cost.).

Infine é opportuno aggiungere che l'art. 11 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (che, in un primo tempo la parte attrice nel giudizio a quo, sia pure in via subordinata, aveva invocato) dispone che al proprietario di terreno oggetto di contratto agrario, il quale dimostri di potere e di avere seria intenzione di edificare, é consentito di ottenere, nonostante la proroga, il rilascio del doppio dell'area a tal fine occorrente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate con l'ordinanza indicata in epigrafe, dell'art. 14 della legge 15 settembre 1964, n. 756, concernente "Norme in materia di contratti agrari", in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma, e 44 dalla Costituzione.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1968.

 

 

Aldo SANDULLI -  Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI  - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE

 

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1968.