Sentenza n. 92 del 1968
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SENTENZA N. 92

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 28 luglio 1967, n. 641, recante "nuove norme per l'edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario dell'intervento per il quinquennio 1967-1971", promosso con ricorso del Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige, notificato il 5 settembre 1967, depositato in cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 26 del Registro ricorsi 1967.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 21 maggio 1968 la relazione del Giudice Ercole Rocchetti;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per il ricorrente, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con la legge 28 luglio 1967, n. 641, recante "nuove norme per l'edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario dell'intervento per il quinquennio 1967- 1971" sono state emanate disposizioni volte a promuovere la costruzione di edifici scolastici secondo un piano quinquennale da compilare in riferimento alle esigenze e con l'impiego di fondi all'uopo stanziati.

Per il rilievo di tali esigenze, il loro coordinamento e la formazione di programmi, sono stati istituiti, per ogni regione o per gruppi di regioni, appositi uffici scolastici e per ogni regione comitati per l'edilizia scolastica, facenti capo a un comitato centrale presieduto dal Ministro della pubblica istruzione, mentre per la progettazione, l'appalto e il collaudo dei lavori, i compiti relativi sono stati affidati agli uffici del Genio civile e ai Provveditorati alle opere pubbliche con l'assistenza dei Comitati tecnici-amministrativi presso di essi già esistenti, ma la cui composizione é stata varata in rapporto alla funzione.

Contro questa legge, con atto notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri il 5 settembre 1967 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 14 ottobre 1967, ha proposto ricorso la Regione Trentino-Alto Adige, chiedendo che ne venga dichiarata la incostituzionalità per invasione della competenza propria e di quella delle due province di cui essa si compone, e ciò nonostante che la stessa legge all'art. 3 faccia "salve le competenze previste dagli statuti delle regioni" e all'art. 60, contenga una ancor più specifica clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province di Bolzano e Trento, per le quali é detto "che non avranno efficacia le norme in contrasto con i rispettivi ordinamenti".

La Regione ricorrente deduce innanzi tutto che la legge, nonostante tale clausola, per aver omesso una positiva disciplina di coordinamento delle competenze dello Stato con quelle di essa Regione e delle sue due Province, avrebbe determinato una invasione delle loro competenze impedendo di fatto l'esercizio dei connessi poteri. Ed ha aggiunto poi che, anche a voler ritenere che quel coordinamento la legge abbia implicitamente disciplinato, questa sarebbe sempre costituzionalmente illegittima per violazione delle norme che garantiscono l'autonomia di essa Regione e delle sue Province, in quanto ne ha compreso il territorio in quello dell'ufficio scolastico interregionale, e del relativo Comitato, con sede in Venezia e, inserendolo così in un organismo che, per comprendere altra regione, supera i suoi confini, non le ha poi affidato per la gestione in proprio la provvista globale della quota di fondi spettantile, non ha attuato in suo favore il decentramento per l'esecuzione del programma, ed ha perfino omesso di comprendere nel comitato interregionale i rappresentanti delle due province.

In rapporto a questi motivi la Regione denunzia la incostituzionalità di tutta la legge n. 641 del 1967 e in particolare quella degli articoli 3, 4, 7, 8 e 9, con riferimento agli artt. 5 e 116 della Costituzione, 4, 11, 13 e 59 del proprio Statuto speciale, e, in maggior dettaglio, denunzia altresì gli artt. 9 e 14 perché interferenti con le competenze provinciali in materia di urbanistica, 3 e 13 perché imponenti alle due province oneri a favore di un ufficio interregionale, 20 e 24 perché incidenti sulle competenze regionali in materia di lavori pubblici e - infine - l'art. 25 perché non comprendente alcun rappresentante regionale tra i componenti del Comitato tecnico-amministrativo presso il Provveditorato regionale alle opere pubbliche.

Con atto depositato il 21 settembre 1967 si costituiva in giudizio per il Presidente del Consiglio l'Avvocatura dello Stato, la quale opponendosi alle istanze della Regione, deduceva che il ricorso da essa proposto sembrava precauzionalmente diretto a sollecitare l'emanazione di quelle norme di coordinamento fra l'attività statale e quella regionale, che gli artt. 3 e 60 della legge impugnata prevedono e presuppongono ma la cui assenza nel testo di essa non può determinare una sua illegittimità, stando che tali norme - nella inesistenza di una riserva di legge in tema di un siffatto coordinamento - possono essere sempre emanate con provvedimenti amministrativi.

Rilevava poi l'Avvocatura che, essendo quella impugnata una legge di pianificazione settoriale, la competenza non poteva che spettare allo Stato, il quale vi provvedeva con propri mezzi finanziari, e che, mentre le eventuali invasioni della competenza regionale in determinate materie, dovevano ritenersi inevitabili e legittime, infondata si dimostrava la pretesa della Regione all'assegnazione di una quota globale dei fondi per una sua diretta gestione e infondate le sue lagnanze per l'assegnazione del suo territorio ad un ufficio interregionale, trattandosi di un ufficio statale al cui coordinamento da parte della Regione nulla ostava che esse superasse l'ambito dei propri confini.

La Regione, in data 8 maggio 1967 depositava una memoria nella quale, insistendo nelle sue precedenti deduzioni, rilevava come l'esigenza di un contestuale coordinamento dell'attività statale con quella regionale era stata posta in luce in sede di discussione parlamentare della legge 641, e si palesava necessaria anche dall'ulteriore intervento del legislatore che, con apposita proposta di legge di iniziativa parlamentare, chiamava gli assessori alla pubblica istruzione delle amministrazioni provinciali di Trento e Bolzano a far parte del Comitato regionale dell'edilizia scolastica.

Anche l'Avvocatura dello Stato, in data 24 aprile 1968, depositava una memoria nella quale, dopo aver rilevato che, con la pubblicazione della legge 17 febbraio 1968, n. 106 - che aveva approvato la sopra menzionata proposta di legge - una delle deduzioni della Regione, per la omessa inclusione degli assessori provinciali nel Comitato regionale, era venuta a cadere, insisteva nelle sue precedenti argomentazioni, e poneva altresì in luce che l'avocazione da parte dello Stato della materia dell'edilizia scolastica, configurando questa come nuova ed autonoma, oltre che d'interesse nazionale, determinava l'assorbimento in essa di parte di materie preesistenti, anche se per l'innanzi attribuite alla competenza regionale o provinciale, che ne restava così legittimamente modificata.

All'udienza di trattazione i patroni delle parti hanno illustrato le tesi rispettivamente da essi esposte ed insistono nelle già prese conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - La legge 28 luglio 1967, n. 641, é una legge di pianificazione relativa al settore dell'edilizia scolastica e verte quindi in materia la cui competenza non può che spettare allo Stato, perché ad esso appartiene il compito di provvedere alla cura degli interessi generali e al coordinamento con essi di quelli particolari. Del resto l'attività legislativa ed amministrativa delle Regioni hanno un limite nel rispetto degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico- sociali della Repubblica.

D'altro canto però, il principio del coordinamento delle attività statali con quelle regionali si impone ai fini del rispetto dell'autonomia degli enti locali entro il quadro dell'unità dello Stato.

La Regione ricorrente, facendo appello a questi principi, lamenta nel caso una violazione delle proprie competenze perché mancherebbero, a suo dire, nella legge n. 641, le norme di coordinamento necessarie affinché quelle competenze possano trovare applicazione.

La mancanza, nella legge, di tali norme determinerebbe senz'altro una violazione delle competenze regionali, in quanto l'esercizio di queste resterebbe da tale omissione paralizzato.

2. - Di fronte al contenuto e alla portata della legge n. 641, la tesi della Regione non può però ritenersi fondata. E ciò per un triplice ordine di considerazioni.

La prima attiene a un dato di carattere cronologico, relativo ai tempi di attuazione della legge n. 641, la quale, n1a parte investita dalle censure del ricorso, non esplicherà i suoi effetti prima del prossimo anno 1969. La legge n. 641, che detta disposizioni per la compilazione e l'attuazione di piani quinquennali per l'edilizia scolastica, con la norma transitoria dell'art. 12, stabilisce che per gli anni 1967-1968 il programma, anziché ad opera dei nuovi organismi e con le nuove procedure, sia compilato dai provveditori agli studi, e quindi sostanzialmente secondo la normativa e la prassi anteriori.

Contro questa disposizione transitoria di cui all'art. 12, la Regione ricorrente non ha proposto alcuna impugnazione, allo scopo - come si precisa nella sua memoria - "di non bloccare medio tempore l'operatività della legge nella Regione Trentino-Alto Adige". Tutte le censure del ricorso concernono dunque disposizioni la cui attuazione é differita al 1969. Ma, se così é, anche volendo ammettere che per una corretta applicazione della legge occorrano quelle norme di coordinamento che finora sarebbero state omesse, gli effetti negativi per la Regione connessi alla loro omissione, allo stato non sussistono, potendo essi, eventualmente, non verificarsi. E si tratta, prima del 1969, di effetti, del resto, puramente ipotetici, poiché nulla esclude che le invocate norme vengano medio tempore emanate.

A tal riguardo - e passando così all'esame della seconda delle considerazioni che depongono per l'infondatezza delle censure della Regione - occorre por mente alle già menzionate riserve che la legge n. 641 enuncia agli artt. 3 e 68, al fine del rispetto delle competenze delle Regioni in genere e di quella Trentino-Alto Adige in ispecie, e che costituiscono una previsione del legislatore circa la emanazione, nelle forme occorrenti, delle norme che si rendessero necessarie per attuare il coordinamento; e ciò ovviamente in tempo utile, ossia prima che le norme innovatrici delle strutture e delle procedure anteriori entrino in attuazione. La riprova dell'intento del legislatore, e della funzionalità della riserva, é dato dal nuovo intervento in sede legislativa, attuato con la pubblicazione della legge 17 febbraio 1968, n. 106, e con la quale, conferendosi voto deliberativo nel Comitato centrale (art. 6 della legge n. 641) agli Assessori delle province autonome di Trento e Bolzano e chiamandosi gli stessi, prima non inclusi, a comporre il Comitato regionale, due delle censure proposte dalla Regione sono venute a cadere, sì che relativamente ad esse, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere, non avendo, per altro, le norme cui si riferiscono espletato alcun effetto.

Passando infine alla terza considerazione che non consente l'accoglimento delle istanze della Regione, deve rilevarsi non essere esatto che la legge impugnata non contenga norme di coordinamento e che abbia omesso di integrare, entro i limiti della possibilità e ai fini del rispetto dell'autonomia regionale e provinciale, le competenze statali con quelle locali.

Se si tiene anche conto delle recenti integrazioni di cui alla legge n. 106 del 1968, si ha infatti che, dalla attività di raccolta dei dati sulle esigenze locali (art. 9), al loro coordinamento in sede regionale (art. 8), alla decisione finale sulla compilazione del piano (art. 6), la Regione Trentino-Alto Adige e le sue province sono presenti con propri rappresentanti e portano il contributo del loro parere o del loro voto. Infine esse - non diversamente dagli altri enti territoriali - hanno il diritto di provvedere alla esecuzione dei programmi, ottenendo a richiesta la concessione dei lavori. Il che comporta l'attività relativa alla progettazione, l'appalto e l'esecuzione di essi.

3. - Priva di fondamento si dimostra infine la richiesta della Regione di ottenere la disponibilità della quota ripartita dei fondi al fine di provvedere in proprio all'attuazione del piano entro il suo territorio. Essendo le opere, per il primo quinquennio almeno, realizzate a totale carico dello Stato (art. 1, comma quarto), l'intervento assicurato agli organi regionali e provinciali nella compilazione ed esecuzione dei programmi appare del tutto idoneo a soddisfare il rispetto della loro competenza e della loro autonomia.

4. - Qualche particolare considerazione merita la censura che la Regione muove alla legge per aver posto il suo territorio nella circoscrizione di organi statali che superano il limite dei suoi confini. Alla Regione Trentino-Alto Adige ed al Veneto la legge assegna infatti un unico ufficio scolastico interregionale con sede in Venezia.

Ma tale ufficio ha compiti esclusivamente statali di coordinamento burocratico ed esecutivo, essendo i poteri decisori deferiti ai Comitati regionali ed a quello centrale. E poiché i Comitati regionali (art. 4) sono costituiti presso ogni Regione, anche nel caso che questa dipenda da un ufficio scolastico interregionale, si ha che nessuna menomazione alla sua autonomia subisce la Regione Trentino-Alto Adige per la inclusione del suo territorio nell'unico ufficio scolastico interregionale di Venezia, stante la natura e le limitate funzioni di tale organo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara cessata - nei limiti indicati in motivazione -la materia del contendere per le questioni di legittimità costituzionale proposte col ricorso indicato in epigrafe nei confronti degli artt. 6 e 8 della legge 28 luglio 1967, n. 641, recante "nuove norme per l'edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario dell'intervento per il quinquennio 1967-1971";

b) dichiara non fondate le rimanenti questioni di legittimità costituzionale proposte con lo stesso ricorso nei confronti della medesima legge, nella sua integrità e nei suoi artt. 3, 4, 7, 8, 9, 13, 14, 20, 24 e 25, in riferimento agli artt. 5 e 116 della Costituzione e 4, 11, 13 e 59 dello Statuto speciale Trentino-Alto Adige.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1968.

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1968.