Sentenza n. 78 del 1968
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SENTENZA N. 78

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del R. D. L. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva il Piano regolatore della città di Roma e le norme per la sua attuazione, promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1967 dal Consiglio di Stato - sezione IV - su ricorso della Società italiana beni immobili contro il prefetto ed il Comune di Roma, iscritta al n. 259 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 321 del 23 dicembre 1967.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Roma e di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1968 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi l'avv. Giulio Marchetti, per il Comune di Roma, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Piero Peronaci, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Consiglio di Stato ha proposto, con ordinanza 7 aprile 1967, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del R. D. L.6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva il Piano regolatore della città di Roma e le norme per la sua attuazione. Secondo il Consiglio la norma predetta contrasta con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione perché impone, ai proprietari di terreni confinanti con le nuove vie e le nuove piazze contemplate nel piano predetto, di cedere gratuitamente al Comune il suolo corrispondente alla metà della larghezza stradale per ogni fronte, fino al massimo di un quinto dell'area totale della proprietà e per una profondità non superiore di dieci metri, salvo che della restante area una parte maggiore della metà venga a sua volta espropriata.

Il 14 novembre 1967 l'ordinanza é stata notificata alla Società italiana beni immobili, al prefetto di Roma, al sindaco di Roma e al Presidente del Consiglio dei Ministri. É stata comunicata ai Presidenti delle due Camere l'11 novembre 1967 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 23 dicembre 1967, n. 321.

Si é costituito in giudizio il Comune ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

2. - Nelle deduzioni 11 gennaio 1968 il Comune rileva che esiste una compensazione tra il valore delle aree cedute gratuitamente ed il contributo di miglioria di cui all'art. 7 della legge impugnata, reso obbligatorio con l'art. 1 della legge 17 ottobre 1935, n. 1987. Il risultato dell'espropriazione si concreta, in generale, in un incremento di valore a beneficio delle residue porzioni della proprietà privata; incremento che non é integralmente assorbito dal contributo di miglioria perché la misura di esso é stabilita, dall'art. 7 della legge impugnata, in ragione della metà dell'aumento effettivo. Il piano regolatore veniva a comprendere aree esterne al precedente piano del 1909, quindi aree agricole, con l'attribuzione ad esse di una edificabilità concreta, con tutti gli incommensurabili vantaggi che ne derivano; di fronte ai quali era soltanto apparente il sacrificio della cessione gratuita, tanto più che il limite entro cui essa poteva essere pretesa, il quinto dell'area totale, rappresentava soltanto la ipotesi eccezionale.

Nel suo atto di intervento del 12 gennaio 1968 il Presidente del Consiglio considera che l'obbligo di cui si tratta non poteva dal legislatore essere atteggiato del tutto indipendentemente dalla considerazione che, per quelle zone, il Comune assumeva gli oneri dell'urbanizzazione e delle lottizzazioni, che normalmente sono a carico dei privati, e che recavano vantaggio ai proprietari dei fondi confinanti con le nuove strade; la disposizione impugnata costituiva perciò un giusto contemperamento delle esigenze e degli interessi privati con quelle dell'assetto urbano e cioè della collettività. Rileva inoltre che, in base all'art. 7 della legge impugnata, la cessione trova ulteriore corrispondenza anche in un ulteriore indennizzo, che viene calcolato in detrazione nel computo del contributo di miglioria.

Nella memoria 29 maggio 1968 il Comune, ribadite le considerazioni già svolte, ha fatto presente che l'art. 24 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, ha previsto la possibilità di imporre al proprietario frontista, a scomputo del contributo di miglioria, una cessione analoga a quella di cui alla norma denunciata; e l'art. 28 della legge 6 agosto 1967, n. 765, permette la lottizzazione dei terreni prima che siano approvati i piani particolareggiati di esecuzione, a condizione che i proprietari cedano gratuitamente le aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Ne risulta un principio di compartecipazione dei privati alle realizzazioni urbanistiche nell'ambito di un piano regolatore, in relazione al quale l'art. 14 della legge impugnata prevede che, per le lottizzazioni di terreni situati fuori del perimetro del piano, i lottizzatori sono tenuti, non solo a cedere gratuitamente le sedi stradali, ma a provvedere a proprie spese all'impianto dei pubblici servizi. La legge si é preoccupata di evitare che le aree delle zone periferiche destinate a nuove strade o piazze venissero pagate come aree edificabili mentre non lo erano in precedenza. Impropriamente si é parlato di espropriazione, perché essa é necessario solo se é necessario integrare la cessione per acquisire una superficie maggiore.

3. - All'udienza dell'11 giugno 1968 i difensori delle parti hanno illustrato le rispettive deduzioni.

 

Considerato in diritto

 

La questione é priva di fondamento.

L'obbligo di trasferimento gratuito previsto dall'art. 6 del R. D. L. 6 luglio 1931, n. 981, che approva il Piano regolatore di Roma, in realtà non é senza corrispettivo.

Esso sussiste unicamente se al proprietario rimane una parte non inferiore alla metà dell'area residua (terzo comma del predetto art. 6); e quando esiste, il proprietario beneficia, in compenso, di una riduzione del contributo di miglioria imponibile sulla parte residua, in misura equivalente al valore dell'area trasferita (art. 7, primo comma). Cosicché in effetti egli, mediante la riduzione del contributo suddetto, viene ad essere indennizzato per la perdita patrimoniale subita.

Il Comune, in forza dell'art. 1 del R. D.L. 17 ottobre 1935, n. 1987, é tenuto ad imporre questo contributo; e pertanto non é supponibile che in concreto il diritto del proprietario resti pregiudicato; tanto più che il logico presupposto della legge é che il contributo di miglioria sulla parte della proprietà che rimane dopo il trasferimento, sia di somma superiore o uguale al valore della parte trasferita.

É il caso di aggiungere che l'art. 24, primo comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, invece dell'obbligo di cui si tratta, statuisce che il Comune può imporre il trasferimento a scomputo del contributo di miglioria; e, pur essendo vero che la norma non si applica in relazione al piano regolatore di Roma del 1931, essa potrebbe financo lasciare arguire che la disposizione impugnata stia fuori dall'orbita dell'art. 42 della Costituzione, per essere un modo di adempimento dell'obbligazione inerente al contributo di miglioria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del R. D. L. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva il Piano regolatore della città di Roma e le norme per la sua attuazione, sollevata dal Consiglio di Stato con ordinanza 7 aprile 1967, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1968.

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA  - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI  - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI  

 

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1968.