Sentenza n. 31 del 1968
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SENTENZA N. 31

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 (n. 1 e 2), 15, 18, 22, 24 e 29 del R D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni; dell'art. 7 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047; dell'art. 10 della legge 4 luglio 1959, n. 463; degli artt. 54 e 56 del testo unico approvato con D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni; degli artt. 7 e 10 del D.L. L. 9 novembre 1945, n. 788, e successive modificazioni; e degli artt. 15, 24 e 27 della legge 11 gennaio 1943, n. 138, e successive modificazioni, promosso con l'ordinanza emessa il 29 aprile 1966 dal pretore di Agropoli nel procedimento penale contro Lordi Nicola, iscritta al n. 110 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 23 luglio 1966.

Visto l'atto di costituzione di Lordi Nicola; udita nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1968 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

udito l'avv. Nicola Crisci, per Lordi Nicola.

 

Ritenuto in fatto

 

Con vari rapporti, tutti datati 22 dicembre 1965, l'Ispettorato del lavoro di Salerno denunciava al pretore di Agropoli Lordi Nicola per una serie di contravvenzioni alle norme della legislazione sociale del lavoro, e precisamente per la mancata registrazione sui libri matricola e paga del lavoro svolto dal dipendente Comite Antonio e per l'omesso versamento del vari tipi di contributi assicurativi in relazione al medesimo lavoratore.

Nel corso del procedimento penale che ne seguiva, il difensore dell'imputato, avv. Nicola Crisci, sollevava questione di legittimità costituzionale delle norme che regolano la composizione degli organi dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.M., nella parte in cui stabiliscono che di essi devono far parte rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro designati dalle rispettive organizzazione sindacali più rappresentative a carattere nazionale, per violazione degli artt. 39 e 97, primo comma, della Costituzione. Egli faceva presente, a questo fine, che il Lordi é iscritto all'Associazione Piccole e Medie Industrie di Salerno, aderente alla Confederazione Nazionale Piccola e Media Industria, e che, né l'una, né l'altra di queste hanno alcun rappresentante in seno agli organi dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.M., competenti a decidere sulle istanze di conciliazione amministrativa delle contravvenzioni del tipo di quelle contestate al suo cliente.

Con ordinanza dibattimentale in data 29 aprile 1966, il pretore di Agropoli osservava innanzi tutto che la questione sollevata non appariva manifestamente infondata e ciò perché le norme impugnate darebbero luogo ad una patente violazione delle norme costituzionali di cui agli artt. 39, primo comma, e 97, primo comma.

La legge ordinaria, infatti, introducendo i criteri della "maggiore rappresentatività" e della "base nazionale" delle organizzazioni sindacali, determinerebbe l'assoluta obliterazione della prima norma costituzionale, ed una evidente menomazione della seconda, come si desumerebbe anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 17 marzo 1966, espressamente richiamata nell'ordinanza.

A dimostrazione della rilevanza della questione il pretore osserva che gli organi, la cui composizione é regolata dalle norme impugnate, hanno poteri di ingerenza e di decisione sulle istanze di conciliazione amministrativa per reati come quelli per cui si procede nel giudizio in corso; che la facoltà di effettuare l'oblazione, concessa all'imputato, é un onere in senso tecnico e costituisce condizione di prosecuzione dell'azione penale; che non può legittimamente ritenersi non adempiuto l'esercizio di tale facoltà quando, per una disfunzione costituzionale della legge, l'imputato non ha possibilità di adempiervi in condizioni di parità con gli altri consociati, nel rispetto dell'art. 3 della Costituzione; che, infine, anche il potere di chiedere l'oblazione deve essere compreso fra quelle attività - previste dall'art. 185, n. 3, del Codice di procedura penale - la cui inibizione dà luogo a nullità assoluta.

Disposta conseguentemente la sospensione del giudice penale e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, l'ordinanza, debitamente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 23 luglio 1966.

Nel giudizio avanti alla Corte si é costituito per il Lordi l'avv. Nicola Crisci il quale, con deduzioni in data 11 agosto 1966, dopo aver richiamato le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, ha prospettato alla Corte l'opportunità di chiedere, ai sensi dell'art. 13 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'acquisizione di elementi relativi all'applicazione delle norme impugnate da parte della pubblica amministrazione ed in particolare l'attuale composizione (con indicazione delle organizzazioni sindacali designanti) dei seguenti organi: Consiglio di amministrazione dell'I.N.P.S.; Comitato esecutivo dell'I.N.P.S.; Collegio dei sindaci dell'I.N.P.S.; Comitato speciale per l'assicurazione per la tubercolosi; Comitato speciale per l'assicurazione sulla disoccupazione; Comitato speciale per gli assegni familiari; Collegio del sindaci per la Cassa unica per gli assegni familiari; Comitato speciale per la Cassa integrazione guadagni operai dell'industria; Consiglio di amministrazione dell'I.N.A.M.; Comitato esecutivo dell'I.N.A.M.; Comitati di esecuzione dell'I.N.A.M.; Collegio sindacale dell'I.N.A.M.; Comitati provinciali dell'I.N.A.M.

Dopo avere richiamato alcune decisioni del Consiglio di Stato ed un'opinione dottrinale, nonché la sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 16 dicembre 1965, il difensore insiste per la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

Nella discussione orale ha illustrato i motivi già dedotti e confermate le richieste formulate.

 

Considerato in diritto

 

Risulta dalla precedente esposizione che la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di legge denunciate é stata dal pretore considerata rilevante, al fine della decisione a lui demendata sui reati imputati a Lordi Luigi, nella considerazione che l'ostacolo posto dalle disposizioni predette all'esercizio, in condizioni di parità con gli altri consociati, della facoltà di fare oblazione, produttiva di estinzione dell'azione penale, é tale (a causa del vizio di costituzione dell'organo che avrebbe dovuto pronunciare sulla richiesta relativa) da aver reso necessaria l'omissione della facoltà stessa, con la conseguenza di inficiare di nullità assoluta il rapporto processuale, ai sensi del n. 3 dell'art. 185 del Codice di procedura penale.

Non si può concordare in tale tesi, essendo evidente che il ritenere incostituzionale la composizione di un organo non giova in nessun caso a giustificare l'astensione dal tempestivo compimento di atti necessariamente richiesti per la tutela dei diritti i quali esigano l'intervento dell'organo stesso, dato che, anche in mancanza di istituti analoghi a quelli della ricusazione, rimane sempre aperta la possibilità di una successiva impugnativa avverso la pronuncia eventualmente contraria dell'organo stesso.

Pertanto, apparendo prima facie evidente che la soluzione della questione prospettata non avrebbe alcuna influenza sulla decisione del giudizio a quo, deve dichiararsi la inammissibilità della medesima riguardo ai reati come sopra rubricati.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione sulla legittimità costituzionale degli artt. 11, n. 1, e 2 R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827, art. 15 stesso R.D.L.; art. 18 sostituito dall'art. 1 del D.L.C.P.S.. 13 maggio 1947, n. 436; art. 22, art. 24, art. 29 delle citate disposizioni; art. 7 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047; art. 10 legge 4 luglio 1959, n. 463; art. 54, 56 del T.U. delle norme concernenti gli assegni familiari D.P.R. 30 maggio 1955 n. 797, modificato con leggi successive; art. 7 D.L.L. 9 novembre 1945, n. 788 con modificazioni successive, nonché art. 10; artt. 15, 24 e 27 legge 11 gennaio 1943, n. 138 modificati dal D.L.C.P.S. 13 maggio 1947, n. 435 e dal D.L. 15 aprile 1948, n. 548, sollevata con ordinanza del 29 aprile 1966 del pretore di Agropoli, in riferimento agli artt. 39 e 97, comma primo, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1968.

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo TRIMARCHI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 20 aprile 1968.