Sentenza n. 25 del 1968
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SENTENZA N. 25

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 180, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (protezione del diritto di autore ed altri diritti connessi al suo esercizio), promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1966 dal giudice conciliatore di Milano nel procedimento civile vertente tra Pappalettera Nicola e la Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), iscritti al n. 107 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 156 del 25 giugno 1966.

Visti gli atti di costituzione di Pappalettera Nicola e della S.I.A.E.;

udita nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1968 la relazione del Giudice Angelo De Marco;

uditi l'avv. Piero Schlesinger, per il Pappalettera, e l'avvocato Antonio Sorrentino, per la S.I.A.E.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto 15 luglio 1963, Nicola Pappalettera, domiciliato in Milano, conveniva davanti al giudice conciliatore di quella città la S.I.A.E. perché sentisse convalidare l'offerta reale di lire 6.070, da esso Pappalettera effettuata e, conseguentemente sentisse dichiarare l'offerente libero da ogni altro obbligo a titolo di diritti di autore, in dipendenza della installazione e del funzionamento di due elettrogrammofoni a gettone, in due esercizi pubblici, da esso gestiti in Milano, rispettivamente, in Via Mecenate 2 ed in Via Ajaccio 1.

Nel corso del giudizio, così instaurato, il giudice adito, con ordinanza 21 marzo 1966 dichiarava non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la eccezione di incostituzionalità, per contrasto con l'art. 18 della Costituzione, dell'art. 180, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, sollevata dal patrocinio del Pappalettera.

Più precisamente, il giudice conciliatore, riteneva non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità, considerando che l'art. 180, nel comma richiamato, riconosce alla S.I.A.E. il diritto esclusivo di rappresentare gli autori e, quindi, impedisce a costoro di riunirsi in altre associazioni, che li possano rappresentare, costringendoli, in conseguenza o ad agire direttamente per far valere i loro diritti o ad iscriversi alla S.I.A.E. se, ritengono più opportuno farsi rappresentare, nel che ravvisa violazione della libertà di associazione garantita dall'art. 18 della Costituzione.

In ordine alla rilevanza, poi, il giudice conciliatore, rigettava l'eccezione di difetto d'interesse nel Pappalettera a proporre la questione di incostituzionalità, perché non autore e considerava che, invece, se l'art. 180 fosse riconosciuto incostituzionale, la S.I.A.E. sarebbe automaticamente privata della legittimazione passiva e necessariamente il processo non potrebbe essere definito.

Eseguite le notificazioni e pubblicazioni di legge, si sono costituiti in giudizio il Pappalettera, patrocinato dagli avvocati Francesco Amoia di Milano ed Emanuele Guerrieri di Roma, in unione con l'avv. prof. Piero Schlesinger di Milano e la S.I.A.E., patrocinata dagli avvocati Antonio Sorrentino ed Achille Chiocci di Roma.

Con le deduzioni di costituzione, il Pappalettera si riporta, approvandone ed illustrandole, alle considerazioni contenute nell'ordinanza di rinvio per motivare la non manifesta infondatezza delle proposte questioni di illegittimità costituzionale.

Alla sua volta, il patrocinio della S.I.A.E. con le deduzioni di costituzione, chiariti i termini della controversia, nel corso della quale é stata emessa l'ordinanza di rinvio, eccepisce:

a) in via pregiudiziale, l'insussistenza della rilevanza, rilevabile prima facie in quanto il Pappalettera, non essendo autore, non era legittimato a lamentare la violazione dell'art. 18 della Costituzione, in quanto, avendo la S.I.A.E. agito in base ad un mandato affidatogli dagli autori interessati, era pienamente legittimata ad agire per la realizzazione dei diritti dei suoi mandanti, senza che in alcun modo potesse venire in rilievo la libertà di associarsi di questi; in quanto, avendo il Pappalettera instaurata la lite, non aveva alcun interesse a contestare la legittimazione passiva della S.I.A.E., che esso stesso aveva chiamata in giudizio;

b) nel merito l'evidente infondatezza della questione di incostituzionalità sollevata, in quanto l'art. 18 della Costituzione pone alla libertà di associazione il limite che i fini perseguiti non siano vietati agli associati dalla legge penale e l'art. 172 della legge sul diritto di autore, la cui costituzionalità non viene posta in discussione in questa sede, dispone che é punito con l'ammenda chiunque eserciti l'attività di intermediario in violazione degli artt. 180 e 181 della legge stessa.

Con memoria illustrativa, depositata in termini, il patrocinio del Pappalettera a confutazione delle eccezioni sollevate dal patrocinio della S.I.A.E. deduce, in sostanza, quanto segue:

a) in ordine alla rilevanza:

poiché nel corso del giudizio instaurato dal Pappalettera non era emerso né chi fossero gli autori delle composizioni registrate negli elettrogrammofoni, né tanto meno che si trattasse di autori che avevano dato mandato alla S.I.A.E. di rappresentarli, la legittimazione passiva della detta S.I.A.E. veniva posta in discussione, non soltanto ai fini meramente processuali, ma anche a quelli sostanziali, in quanto si contestava la esclusiva attribuita alla S.I.A.E. e, quindi, l'accoglimento dell'eccezione di incostituzionalità dell'art. 180, che tale esclusiva accorda, faceva venire meno anche il diritto a richiedere più di quanto il Pappalettera aveva offerto;

b) in ordine alla fondatezza:

richiamata la sentenza 26 giugno 1962, n. 69, di questa Corte, circa la natura sia positiva sia negativa del diritto di associazione, si pone in rilievo che l'art. 180 viola sia il diritto di associarsi, sia quello di non associarsi.

Quello di associarsi, in quanto vieta agli autori di associarsi, anche al fine di far valere i loro diritti attraverso un intermediario diverso dalla S.I.A.E. ed il sostenere, che tale fine sia contrario alla legge penale costituisce un manifesto sofisma, dato che l'art. 172 punisce chi viola l'art. 180, cosicché dichiarato incostituzionale questo articolo, viene meno l'oggetto del reato.

Quello di non associarsi, in quanto, esclusa la possibilità di ricorrere ad altro intermediario, essendo pressoché impossibile, in linea di fatto, far valere direttamente i propri diritti, l'autore, per farli valere é costretto ad iscriversi alla S.I.A.E., ed a subire tutte le imposizioni, che tale iscrizione comporta.

Anche il patrocinio della S.I.A.E. ha depositato una memoria illustrativa, con la quale si insiste nelle eccezioni già sollevate con le deduzioni di costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Anzitutto deve essere esaminata la pregiudiziale sollevata dal patrocinio della S.I.A.E., con la quale si sostiene l'inammissibilità della questione proposta con l'ordinanza di rinvio, per difetto della rilevanza nel giudizio de quo, che sarebbe accertabile prima facie in questa sede.

É ben vero che la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 14 del 1964, n. 13 del 1965, n. 43 del 1966, n. 118 del 1967) ha ammesso, in casi di estrema evidenza, un siffatto principio, ma é vero anche, che non é stata, con ciò, negata la regola generale della insindacabilità nel merito del giudizio di rilevanza, congruamente motivato, contenuto nell'ordinanza di rinvio.

Nella specie tale giudizio é stato espresso ed é stato motivato in modo tale, che non si può disattenderlo prima facie, occorrendo, invece, a tal fine, una indagine così intima e penetrante, anche in relazione alle deduzioni svolte dai patroni delle parti in questa sede, che andrebbe ad incidere, necessariamente, nel merito del giudizio di rilevanza, che l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, riserva al giudice a quo.

La proposta pregiudiziale, pertanto, si appalesa infondata.

2. - Si può, quindi, passare all'esame della proposta questione di costituzionalità.

La norma denunziata, con riferimento all'art. 18 della Costituzione, é l'art. 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, con il primo comma del quale é riservata in via esclusiva all'E.I.D.A. (Ente italiano per il diritto di autore) ora S.I.A.E. (Società italiana per gli Autori ed Editori) "l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per i diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate".

Si sostiene, più precisamente, che con tale norma si viola la libertà di associazione, garantita dal citato art. 18, sia in quanto non si consentirebbe agli autori di associarsi per il fine di esercitare i loro diritti, senza avvalersi dell'intermediazione della S.I.A.E., sia in quanto, praticamente, per fare valere tali diritti, detti autori sarebbero costretti ad associarsi alla S.I.A.E.

Ma, nei termini nei quali é stata proposta, la questione non può riconoscersi fondata.

La legge 22 aprile 1941, n. 633, come risulta dalla sua intitolazione, ha per oggetto "la protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio".

Di significativo rilievo é, al riguardo, il capo terzo del titolo terzo, riguardante le "difese e sanzioni giudiziarie", diviso in due sezioni, la prima disciplinante le "difese e sanzioni civili" la seconda le "difese e sanzioni civili" la seconda le "difese e sanzioni penali". In questa seconda sezione é, infatti, compreso l'art. 172, che contempla la punizione con l'ammenda fino a lire 10.000, tra l'altro, per chiunque eserciti l'attività di intermediario in violazione del disposto degli artt. 180 e 183.

Dal complesso delle norme contenute nella legge in esame, fino al titolo quinto, di cui si parlerà in seguito, risulta, quindi, in modo non equivoco, che il legislatore ha ritenuto la tutela e l'esercizio del diritto di autore di tale rilevanza di interesse generale, e, quindi, pubblico, da non esitare a prevedere particolari forme di reato, che, espressamente, sono predisposte ad assicurarne la difesa. Evidentemente, allo stesso scopo sono predisposte le norme contenute nel titolo quinto, che s'inizia appunto col contestato art. 180 e che si intitola: "Enti di diritto pubblico per la protezione e l'esercizio del diritto di autore".

Dunque, l'attribuzione in via esclusiva alla S.I.A.E., sicuramente Ente di diritto pubblico, non importa indagare, ai fini del giudizio, se a carattere istituzionale o a carattere associativo, é determinata esclusivamente dalla esigenza di assicurare, nel modo evidentemente ritenuto migliore dal legislatore, la protezione e l'esercizio del diritto di autore.

Così chiarito il contenuto e la finalità della norma denunziata, risulta in modo evidente che non può ritenersi in contrasto con l'art. 18 della Costituzione.

In primo luogo, come esattamente oppone il patrocinio della S.I.A.E., dall'art. 180 non é affatto limitato il diritto degli autori di associarsi come meglio credono, per la tutela del loro diritti e del loro interessi, anche, ad esempio, al fine di controllare se la S.I.A.E. eserciti legittimamente l'attività di intermediazione ad essa riservata in esclusiva.

Né può dirsi che la riserva alla S.I.A.E. dell'attività in questione sia lesiva dell'art. 18 della Costituzione, dato che tale norma non esclude, che certe attività siano riservate a pubblici poteri e che, come nella specie, tale riserva sia protetta penalmente.

D'altra parte, non é esatto che, comunque, l'art. 180 violerebbe il citato art. 18, nel senso, che obbligherebbe gli autori, che volessero far valere i loro diritti a mezzo di intermediario, ad associarsi alla S.I.A.E.: come risulta dagli artt. 4 e 17, comma primo, del suo statuto, la S.I.A.E., infatti, può esercitare la sua attività di intermediario, anche per autori non soci o non iscritti, che gliene conferiscano il mandato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 180, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, con riferimento all'art. 18 della Costituzione, sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 1968.

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI  - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 17 aprile 1968.