Sentenza n. 150 del 1967
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SENTENZA N. 150

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 16 delle disposizioni generali annesse al R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, nel testo modificato dal R.D. L. 2 dicembre 1923, n. 2682, e degli artt. 4 del R. D. L. 15 marzo 1923, n. 692; 8 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955; e 1 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, con riferimento alle disposizioni di cui al n. 25 della tabella approvata con quest'ultimo decreto (riposo settimanale dei lavoratori), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 giugno 1966 dal Tribunale di Trento nel procedimento civile vertente tra Salomon Donato e la Società Automobilistica Atesina, iscritta al n. 224 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 del 14 gennaio 1967;

2) ordinanze emesse il 27 settembre 1966 dal Tribunale di Terni in due procedimenti civili promossi da Giovannetti Gastone e Scibinetti Alberto contro la Società Polymer Industrie Chimiche, iscritte ai nn. 39 e 40 del Registro ordinanze 1967 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 dello 8 aprile 1967;

3) ordinanze emesse il 27 settembre 1966 dal Tribunale di Terni in dodici procedimenti civili promossi da Ceccarelli Ennio ed altri, Bernabei Guerrino ed altri, Bonifazi Mario ed altri, Petrelli Benito ed altri, Rischia Letterio ed altri, Pelosi Vito ed altri, Pisani Fiorenzo ed altri, Cardinali Francesco ed altri, Censi Anselmo ed altri, Cavalieri Paolo ed altri, Conti Pietro ed altri e Sapora Domenico ed altri contro la Società Terni per l'industria e l'elettricità, iscritte ai nn. da 41 a 52 del Registro ordinanze 1967 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 dell'8 aprile 1967.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione di Salomon Donato, di Cavalieri Paolo e delle società Polymer e Terni;

udita nell'udienza pubblica del 16 novembre 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

uditi gli avvocati Luciano Ventura, Lamberto Ravagni e Benedetto Bussi, per i lavoratori, gli avvocati Antonio Sorrentino, Cesare Tumedei e Franco Guidotti, per le società Polymer e Terni, ed i sostituti avvocati generali dello Stato Michele Savarese e Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza del 30 giugno 1966, emessa nel procedimento civile vertente fra Salomon Donato e la Società Automobilistica Atesina, il Tribunale di Trento, premesso che l'autista Salomon osservava un orario di lavoro di 56 ore settimanali, anziché di 48, per cinque settimane su sei, sicché godeva di un giorno di riposo l'ottavo giorno, anziché il settimo, e rilevato che ciò é conforme a quanto dispone l'art. 16 delle disposizioni generali annesse al R.D. L. 19 ottobre 1923, n. 2328, estese al personale delle autolinee dalla legge 24 maggio 1952, n. 628, ha sollevato questione di legittimità costituzionale di detto art. 16 in riferimento all'ultimo comma dell'art. 36 della costituzione, secondo il quale il lavoratore ha diritto al riposo settimanale, e non può rinunziarvi.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 del 14 gennaio 1967. Nel presente giudizio si é costituito il Salomon, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

2. - La difesa del Salomon rileva che la questione é connessa ai più recenti sviluppi giurisprudenziali sul concetto di riposo settimanale, caratterizzato da una rigorosa periodicità, in forza della quale, esso deve cadere dopo non più di sei giorni di lavoro. Anche secondo le convenzioni internazionali, il regime di riposo settimanale può ritenersi osservato solo se nessun periodo di sette giorni, comunque calcolato, risulti privo di un giorno di riposo. Ed anche ai fini del giudizio di legittimità costituzionale dovrebbe considerarsi riposo settimanale quello che cade dopo non più di sei giorni di lavoro.

L'Avvocatura dello Stato ritiene invece infondata la questione. Essa non riguarda la necessità del riposo settimanale che é fuori discussione, ma soltanto la identificazione del termine settimanale, che può essere inteso anche in modo da consentire brevi allungamenti del periodo lavorativo, purché, nella media, sia rispettato il principio del riposo ogni sette giorni. Benché il testo della norma contenuta nell'ultimo comma dell'art. 36 della costituzione possa far propendere per una interpretazione rigida del concetto di riposo settimanale, non sembrano tuttavia da sottovalutare, secondo l'Avvocatura dello Stato, altre e diverse finalità di ordine costituzionale (esempio: eguaglianza dei lavoratori) oppure, comunque, di interesse pubblico, che potrebbero dare a quel concetto una specificazione più elastica, senza snaturarne la portata o la funzione. In tal caso la questione di legittimità costituzionale non avrebbe ragion d'essere.

Inoltre, la norma contenuta nell'art. 16 del R.D. del 1923 si limita a stabilire la media dei riposi settimanali nell'anno, fissata nel numero di 52, ma non vieta affatto di distribuire tale media con scadenza esattamente ogni sette giorni. Di conseguenza, tale norma nella sua astrattezza e generalità, offre certamente la possibilità di una interpretazione conforme al precetto costituzionale.

Anche nelle memorie, tanto il Salomon quanto l'Avvocatura dello Stato hanno ripetuto ed ampiamente trattato questi stessi argomenti.

3. - Con diverse ordinanze del 27 settembre 1966, emesse nei procedimenti civili fra la Società "Polymer Industrie Chimiche" e Giovannelli Gastone ed altri, e fra la Società "Terni per l'industria e l'elettricità" e Ceccarelli Ennio ed altri, il Tribunale di Terni, rilevando che gli operai addetti a lavorazione industriale in modo continuativo per turni di squadre compiono - per una settimana su tre - 56 ore di lavoro, pari a sette giorni consecutivi, ha ritenuto violato l'ultimo comma dell'art. 36 della costituzione ed ha sollevato di ufficio la questione di legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 4 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, 8 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, ed 1 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, con riferimento alla disposizione di cui al n. 25 della tabella ad esso allegata, ordinando la sospensione dei procedimenti e la rimessione degli atti a questa Corte.

Secondo le ordinanze, la settimana, cui fa riferimento la legge n. 370 del 1934 é quella di calendario; ed in ordine alle attività previste dall'art. 5 della detta legge, per le quali il riposo di 24 ore consecutive può essere attuato mediante turni al personale, l'obbligo del riposo settimanale può ritenersi adempiuto ogni qual volta sia stato concesso fra le ore zero del lunedì e le ore 24 della domenica successiva, con esclusione del rispetto di qualsiasi cadenza fissa. Però, il compimento da parte dei turnisti di ciascuna squadra di 56 ore per una settimana, nel ciclo di tre settimane, ferma restando la media di 48 ore settimanali, viola il principio del riposo settimanale, giacché le 56 ore sono raggiungibili col lavoro in tutti i sette giorni della settimana, con la conseguenza di dovere concedere un giorno di riposo compensativo in altra settimana per raggiungere la media dell'orario di 48 ore settimanali di lavoro effettivo.

Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 dell'8 aprile 1967.

Nel presente giudizio si sono costituiti la Società Polymer Industrie Chimiche, la Società Terni, e Cavalieri Paolo. É intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

4. - La difesa della Società Polymer osserva che il decreto n. 1955 del 1923 ha natura regolamentare, e non può quindi formare oggetto di sindacato costituzionale; che dubbi possono sorgere anche sul R.D. 1957 dell'anno 1923, che potrebbe essere un decreto legislativo delegato, oppure un atto amministrativo di portata generale, ma che comunque le norme di esso sono conformi alla previsione legislativa del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, ed anzi ne specificano il contenuto. Rileva quindi che la questione si riduce ad esaminare se é consentito lo spostamento - durante brevi cicli di lavorazione - del giorno di riposo dall'una all'altra settimana.

La Società Terni, che svolge attività industriale a processo continuativo organizzato in turni di tre squadre quotidiane, con ciclo di lavorazione articolato su sette settimane (la settimana di 56 ore cade una volta ogni sette settimane sicché in 49 giorni di lavoro si effettuano 42 giornate di lavoro e sette di riposo) adduce gli stessi argomenti difensivi della predetta società.

La difesa del Cavalieri osserva che le norme denunziate dal Tribunale di Terni sarebbero viziate di illegittimità costituzionale non in riferimento all'ultimo comma dell'art. 36 della costituzione ma in riferimento al secondo comma dello stesso articolo (orario di lavoro giornaliero).

L'Avvocatura generale dello Stato osserva che il Tribunale di Terni denunzia la norma contenuta nell'art. 4 del R.D.L. del 1923, la quale non riguarda il riposo settimanale, bensì la misura delle ore di lavoro. Vero é che si denuncia anche l'art. 8 del R.D. n. 1955 del 1923 e l'art. 1 del R.D. 1957 dello stesso anno 1923, ma le norme contenute in questi due articoli sfuggono al sindacato costituzionale, avendo carattere regolamentare. Comunque, la sola norma da esaminare é quella contenuta nell'art. 1 del R.D. 1957 del 1923 in relazione al n. 25 della annessa tabella: e detta norma non impone affatto l'unica determinata applicazione ritenuta dal giudice a quo; né interferisce con l'obbligo del riposo settimanale in modo da renderlo impossibile. E prospetta delle ipotesi nelle quali il lavoro continuo può essere organizzato, dando ad ogni operaio il riposo nel corso della settimana.

Osserva per ultimo che, nella sentenza n. 76 del 1962, la Corte ha rilevato che il riposo settimanale degli addetti alla pastorizia brada può essere regolato in maniera diversa da quello prescritto dalla legge n. 370 del 1934. Dal che dovrebbe desumersi, sempre secondo l'Avvocatura dello Stato, che il riposo settimanale può essere regolato dalla legge in modo da armonizzare il precetto costituzionale con le esigenze della produzione, ai fini dell'interesse generale.

Le parti hanno infine presentato memorie difensive per illustrare ciascuna la propria tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza del Tribunale di Trento e quelle del Tribunale di Terni prospettano le stesse questioni di legittimità in merito al diritto dei lavoratori al riposo settimanale, sicché i vari procedimenti possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La norma dell'ultimo comma dell'art. 36 della costituzione che fissa il principio del diritto inderogabile del lavoratore al riposo settimanale, distinguendo questo riposo da quello giornaliero e da quello annuale, impone - per ragioni di ordine umano e sociale - una alternanza periodica fra lavoro e riposo, concretata nella interruzione del lavoro per 24 ore consecutive ogni settimana.

Il precetto costituzionale non dice altro e, soprattutto, non regola l'esercizio del diritto. Orbene la questione, che é di decisiva importanza per la risoluzione della presente controversia, riguarda precisamente l'esercizio di siffatto diritto, perché attiene alla attuazione del precetto costituzionale: se cioè questo imponga una rigorosa periodicità, in forza della quale il riposo deve cadere dopo non più di sei giorni di lavoro, come ritiene l'ordinanza del Tribunale di Trento, oppure se consenta una periodicità diversa.

La Corte ritiene che il precetto costituzionale, sostanziandosi necessariamente in una ampia formulazione di un principio di carattere generale, non é limitato alla sola forma di periodicità che più comunemente si verifica, ma comprende anche quelle altre che sono previste da norme ordinarie in conseguenza delle esigenze dettate dalla grande varietà di regimi di lavoro nel campo dell'industria, del commercio, e dell'agricoltura, dei trasporti ecc. ed in relazione alle varie specie di attività lavorativa caratterizzate da peculiari circostanze (industrie con lavoro a processo continuo a squadre, lavoranti nel proprio domicilio, personale navigante o viaggiante, lavori in agricoltura a periodi stagionali, ecc.). Né si può negare che l'emanazione di norme particolari - le quali nello spirito di adattamento alle esigenze della produzione, delle industrie o dell'agricoltura regolano l'esercizio del diritto - rispondano agli interessi del mondo del lavoro, quando non si discostano dai principi di ragionevolezza, dei quali non si può non tenere conto nella valutazione della legittimità costituzionale. L'importante si é che le ipotesi di concessione del riposo dopo più di sei giornate lavorative siano ristrette ai casi di evidente necessità a tutela di altri interessi apprezzabili, e che, soprattutto, non siano tali da snaturare od eludere il precetto costituzionale. Dal che deriva la legittimità di quelle norme che, nei limiti strettamente indispensabili, di volta in volta, autorizzano il riposo ad intervalli più lunghi di una settimana ponendo la condizione che nel ciclo di lavoro di un certo periodo di tempo rimanga ferma la media di ventiquattro ore di riposo dopo sei giornate lavorative.

3. - La questione sollevata dall'ordinanza del Tribunale di Trento é fondata. L'art. 16 del R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, disponendo che "fra i riposi continuati in residenza ve ne debbono essere cinquantadue all'anno della durata di ventiquattro ore, senza pregiudizio del congedo regolamentare" consente, per la imprecisa e vaga formulazione, che i 52 riposi periodici vengano concessi al lavoratore addirittura tutti insieme nel corso dell'anno. Onde ne va dichiarata la illegittimità. É appena il caso di avvertire che tale dichiarazione non significa che, ai casi considerati dall'art. 15, si deve applicare la regola del riposo settimanale dopo sei giornate lavorative. É ovvio, infatti, che anche per essi, il precetto costituzionale va inteso nel senso sopra chiarito.

4. - Le ordinanze del Tribunale di Terni impugnano:

1) l'art. 4 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692;

2) l'art. 8 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955;

3) l'art. 1 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, in relazione al n. 25 della tabella allegata.

La seconda e la terza norma sono comprese in regolamenti emanati con regi decreti per disciplinare la limitazione dell'orario di lavoro secondo le prescrizioni della legge n. 692. Sulla natura regolamentare del decreto n. 1955 anche le parti sono d'accordo, mentre per quello n. 1957 é stato sollevato qualche dubbio. Ritiene la Corte che siffatto dubbio non abbia fondamento, se si tiene conto, non soltanto del contenuto sostanziale di una tabella indicante le industrie e le altre specie di lavorazioni autorizzate al prolungamento dell'orario di lavoro giornaliero, quanto - e specialmente - del fatto che non risulta in alcun modo che l'art. 4 del R.D.L. n. 692 abbia inteso conferire all'autorità governativa la potestà di dettare disposizioni aventi forza di legge. Pertanto la questione deve essere dichiarata inammissibile.

L'art. 4 del R.D.L. n. 692 del 1923, poi, non é volto alla disciplina del riposo settimanale. Esso riguarda la possibilità di superare le otto ore di lavoro giornaliero e le 48 ore settimanali, rispettando una durata media entro determinati periodi. Come esattamente affermano l'Avvocatura generale dello Stato e la difesa di Cavalieri Paolo, questa norma rimane del tutto estranea alla questione che é stata sollevata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 16 delle disposizioni generali annesse al R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, nel testo modificato dal R.D.L. 2 dicembre 1923, n. 2682 (riposo settimanale dei lavoratori dipendenti dalle aziende esercenti le ferrovie concesse, tranvie ecc.);

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, ed 1 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, proposta con le ordinanze indicate in epigrafe del Tribunale di Terni;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del R. D. L. 15 marzo 1923, n. 692, relativo alla limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, sollevata con le ordinanze del Tribunale di Terni indicate in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.

 

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA -  Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

 

Depositata in cancelleria il 15 dicembre 1967.