Sentenza n. 135 del 1967
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SENTENZA N. 135

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 136, lett. b, del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette) promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1966 dalla Commissione provinciale delle imposte di Genova sul ricorso di Vianson Giorgio contro l'Ufficio delle imposte di Genova, iscritta al n. 183 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 258 del 15 ottobre 1966.

Udita nella camera di consiglio del 18 ottobre 1967 la relazione del Giudice Antonio Manca.

 

Ritenuto in fatto

 

L'ingegnere Giorgio Vianson con atto 10 dicembre 1962, proponeva ricorso davanti alla Commissione distrettuale delle imposte di Genova contro l'accertamento, ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1960, del reddito imponibile di lire 55.500.000, lamentando che la competente Amministrazione finanziaria non avesse accordato la detrazione della somma di lire 4.197.225, pagata all'erario a titolo di imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

Il ricorrente deduceva che la richiesta detrazione avesse fondamento nella disposizione dell'art. 8 del decreto 30 dicembre 1923, n. 3062, istitutivo dell'imposta complementare, illegittimamente modificato, in violazione dell'art. 76 della costituzione, dalla contraria norma dell'art. 136, lett. b, del Testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato dal D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645. Norma che si assumeva eccedesse dai limiti stabiliti dall'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, concernente la delega legislativa conferita al Governo per il coordinamento della legislazione in materia di imposte dirette, e rispetto alla quale disposizione si chiedeva fosse sollevata incidente di costituzionalità.

Il ricorso, respinto in prima istanza, era riproposto in secondo grado davanti alla Commissione provinciale delle imposte di Genova, la quale, accogliendo l'eccezione di illegittimità costituzionale prospettata dal contribuente, con ordinanza 20 novembre 1964, disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte per la soluzione della questione predetta.

Questa Corte, a seguito della pubblica udienza di discussione del 30 marzo 1966, con ordinanza n. 36 del 20 aprile successivo, considerato che l'art. 136 del Testo unico sopracitato é stato sostituito dall'art. 5 della legge 4 dicembre 1962, n. 1682, e che di questa nuova norma non risultava che il giudice del merito avesse tenuto conto nella pronunzia di rimessione, disponeva la restituzione degli atti per un riesame della rilevanza della questione con particolare riguardo all'abrogazione della disposizione impugnata.

Con ordinanza 8 luglio 1966 la Commissione provinciale delle imposte di Genova trasmetteva nuovamente gli atti a questa Corte, chiarendo che la rilevanza della dedotta questione di legittimità costituzionale sussistesse tuttora riguardo alla decisione della controversa fattispecie, ancorché la norma impugnata sia stata sostituita dall'art. 5 della legge n. 1682 del 1962. L'abrogazione dello art. 136, lett. b, del Testo unico del 1958, infatti, secondo i principi generali, non inciderebbe retroattivamente sul rapporto di imposta, per il quale é sorta contestazione ed al quale rimarrebbe applicabile la sola disciplina normativa vigente al tempo del rapporto medesimo.

Con detta ordinanza, é prospettato, nei confronti dell'art. 136, lett. b, del Testo unico, del 1958, il vizio di eccesso di delega in riferimento all'art. 76 della costituzione ed in relazione all'art. 63 della ricordata legge n. 1 del 1956.

La norma impugnata stabilisce, tra l'altro, che dalla somma dei redditi valutati in sede di accertamento dell'imposta complementare, oltre agli interessi passivi a carico del contribuente (lett. a), alle somme ritenute o versate per fini previdenziali o assicurativi (lett. c), alle spese, alle passività o alle perdite inerenti alla produzione dei redditi oggetto di imposizione (lett. d), sono detratte "le imposte afferenti i redditi, singolarmente e nel loro complesso, ad esclusione della imposta complementare, iscritte nei ruoli, la cui riscossione ha inizio nell'anno, ovvero pagate per ritenuta nel corso dello stesso".

Secondo l'interpretazione che ne ha dato il Ministero delle finanze con circolare del 22 febbraio 1961 (n. 500038) dalla disposizione in esame é esclusa la detrazione delle somme corrisposte dai contribuenti a titolo d'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, trattandosi di tributo non afferente al reddito, ma commisurato alla consistenza patrimoniale del soggetto obbligato.

Nei termini accennati la disposizione impugnata deroga al diverso principio sancito nell'art. 8 del decreto 30 dicembre 1923, n. 3062, istitutivo della imposta complementare, il quale espressamente (n. 2) consentiva la detrazione delle "imposte e tasse di ogni specie, compresa quella straordinaria sul patrimonio", fatta esclusione per quella complementare. Essa quindi esorbiterebbe (secondo quanto si assume nell'ordinanza a motivo della non manifesta infondatezza della questione posta), dai limiti della delega legislativa di cui all'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1. Con la quale il Coverno é stato "autorizzato ad emanare testi unici concernenti le diverse imposte dirette, le disposizioni generali nonché le norme sulla riscossione, eliminando le disposizioni in contrasto con i principi della legge 11 gennaio 1951, n. 25, e della presente legge, apportando oltre alle modifiche utili per un migliore coordinamento, quelle necessarie per l'attuazione dei seguenti criteri:

1) adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi ed a quella di una razionale organizzazione dei servizi;

2) perfezionamento delle norme concernenti l'attività della amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi".

Criteri e limiti ai quali non potrebbe essere ricondotta la deroga al principio suddetto della detraibilità delle quote d'imposta sul patrimonio versato dal contribuente nell'anno cui si riferisce l'accertamento dell'imposta complementare, non avendo la deroga medesima attinenza con la particolare finalità del miglior coordinamento delle disposizioni vigenti.

L'ordinanza in oggetto, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 15 ottobre 1966.

Davanti a questa Corte non vi é stata costituzione di parti e la causa é stata iscritta nel ruolo della camera di consiglio del 18 ottobre 1967, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 9 delle Norme integrative 16 marzo 1956.

 

Considerato in diritto

 

1. - Come si é in precedenza accennato, la Commissione provinciale delle imposte di Genova, con la seconda ordinanza de1l'8 luglio 1966, ha riaffermato che, per la decisione della controversia, la rilevanza della disposizione impugnata (art. 136, lett. b, del Testo unico sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. del 29 gennaio 1958, n. 645) é da ritenere tuttora sussistente, nonostante l'emanazione della legge del 4 dicembre 1962, n. 1682, la quale, con l'art. 5, ha sostituito, confermandone il contenuto, la disposizione del Testo unico sopra accennato. I giudici del merito hanno giustificato il nuovo rinvio, rilevando che alla disposizione della legge del 1962 (non denunziata per vizio d'incostituzionalità, restando quindi impregiudicata ogni questione al riguardo) non é da attribuire carattere interpretativo, ma innovativo del precedente sistema inerente alle detrazioni. La legge stessa quindi non avrebbe alcuna incidenza nel rapporto controverso, che resterebbe regolato dalla norma del Testo unico sopra ricordata.

Tale giudizio motivato sulla rilevanza circoscrive l'ambito della controversia in questa sede, dovendosi esaminare soltanto se la esclusione della detrazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio, ai fini dell'accertamento della imposta complementare, costituisca eccesso della delega contenuta nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, sulla perequazione tributaria.

Al quesito occorre dare risposta affermativa.

2. - É vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedansi specialmente le sentenze nn. 30 del 1961 e 114 del 1963) il contenuto della delega é stato ritenuto ampio e comprensivo, in quanto autorizza il Governo, nella compilazione di Testi unici concernenti le diverse imposte dirette, ad eliminare le disposizioni in contrasto con i principi contenuti nella legge dell'11 gennaio 1951, n. 25, e nella stessa legge di delegazione; ed inoltre a modificare la legislazione precedente per attuare i criteri direttivi, indicati nel menzionato art. 63, ai fini di un migliore coordinamento delle varie disposizioni, di una semplificazione nell'applicazione dei tributi, di una razionale organizzazione dei servizi e di un perfezionamento delle norme concernenti l'attività dell'amministrazione finanziaria nell'accertamento dei tributi.

3. - Sennonché tali facoltà attribuite al Governo, per quanto largamente intese, non possono razionalmente estendersi fino a comprendervi anche quella di modificare, aggravandola, l'obbligazione tributaria, già stabilita in base al sistema accolto dalla legislazione precedente, come ha già rilevato questa Corte con la sentenza n. 114 del 1963: aggravamento che, nella specie in esame, deriva indubbiamente dalla soppressione, nel Testo unico, della detrazione sopra indicata, ai fini dell'accertamento dell'imposta complementare. Tale soppressione, invero, non può trovare giustificazione nell'autorizzata eliminazione, nel Testo unico, delle disposizioni che apparissero contrastanti con la legge n. 25 del 1951, sopra ricordata e con la stessa legge di delega. La detrazione, infatti, della imposta straordinaria sul patrimonio, é preveduta espressamente sia nella legge n. 3062 del 1923 (art. 8, n. 2), istitutiva dell'imposta complementare, sia nel successivo decreto del 10 settembre 1936, n. 1933 (art. 44).

E, d'altra parte, al sistema vigente circa le detrazioni si fa riferimento nella menzionata legge del 1951, la quale, nell'art. 2, dispone che, per quanto attiene all'accertamento dell'imposta complementare, la dichiarazione del contribuente deve indicare gli oneri deducibili e gli altri titoli di detrazione previsti dalla legge relativa.

Riferimento che é pure contenuto nella legge di delegazione che, nell'art. 48, ai fini dell'accertamento delle imposte di ricchezza mobile e complementare, dispone che debbono essere espresse al lordo e al netto delle detrazioni.

Né l'accennata eliminazione della detrazione, di cui si discute, in quanto incide, come si é detto, sull'obbligazione tributaria con pregiudizio del contribuente, può fondatamente ritenersi rispondente all'esigenza di attuare gli accennati criteri direttivi contenuti nella legge di delega, né ad esigenze di armonizzazione di norme tra loro contrastanti, per renderne più agevole l'interpretazione e l'applicazione concreta; né, tanto meno, ad esigenze di semplificazione nell'applicazione dei tributi e di organizzazione dei servizi degli uffici finanziari al fine dell'accertamento dell'imponibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 136, lett. b, del Testo unico delle leggi sulle imposte dirette (approvato con decreto del 29 gennaio 1958, n. 645) nella parte in cui, tra gli oneri detraibili nell'accertamento dell'imposta complementare, non comprende l'imposta straordinaria sul patrimonio.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.

 

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

Depositata in cancelleria il 15 dicembre 1967.