Sentenza n. 133 del 1967
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SENTENZA N. 133

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4164, promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1966 dal Tribunale di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Berliri Zoppi di Zolasco Carlo e Maria Teresa e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritta al n. 165 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 del 24 settembre 1966.

Visto l'atto di costituzione dell'Ente Maremma;

udita nell'udienza pubblica del 18 ottobre 1967 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

udito l'Avv. Guido Astuti, per l'Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un giudizio promosso avanti al Tribunale di Grosseto da Carlo e Maria Teresa Beriri Zoppi di Zolasco avverso l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, per ottenere la restituzione dei beni da questi espropriati in virtù del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4164, con la condanna al risarcimento dei danni, o, in via subordinata, alla restituzione della quota di circa 38 ettari, espropriata in eccesso, gli attori sollevavano questione d'illegittimità costituzionale del decreto predetto, allegando: 1) che l'Ente convenuto, dopo avere pubblicato un primo piano di esproprio, con il quale, con riferimento alla consistenza della proprietà al 15 novembre 1949, veniva espropriata una quota, per lire 15.402,35 (di cui lire 5.134,12 per quota terzo residuo) successivamente, in applicazione dell'art. 2 n. 3 della legge n. 339 del 1952, annullava detto piano sostituendolo con altro, pubblicato il 30 settembre 1952, nel quale la consistenza della proprietà venne determinata in base al reddito catastale al 30 settembre 1952, elevando la quota espropriabile a lire 18.164,50, senza aver provveduto sul terzo residuo; 2) che, avendo essi istanti proposto ricorso avverso il nuovo provvedimento, denunciando l'errore di calcolo dell'area espropriabile e l'omessa pronuncia sulla richiesta relativa al terzo residuo, l'Ente prese atto dell'istanza di concessione del terzo residuo ed assegnò un termine di 60 giorni per la presentazione, del piano di trasformazione, ma prima della scadenza di tale termine, emise il decreto di esproprio, senza provvedere sulla domanda del terzo residuo.

Il Tribunale, dopo aver affermato la rilevanza delle questioni sollevate al fine delle decisioni della causa, ritenne non manifestamente infondata la denunciata violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione. A suffragio di tale opinione ha rilevato in primo luogo che, a tenore della costante giurisprudenza di questa Corte, la formazione del piano particolareggiato deve prendere a base le risultanze catastali alla data del 15 novembre 1949, ed é indifferente accertare se le modifiche apportate successivamente a tale data si riferiscano ad accertamenti eseguiti prima o dopo di essa, mentre la sola circostanza rilevante é che il reddito dominicale al 1949 sia diverso ed inferiore a quello tenuto presente nel piano di esproprio, con la conseguenza di una maggiore quota di esproprio. Quanto poi alla concessione del terzo residuo, il tribunale ha osservato che la richiesta relativa era stata fatta dagli attori nel termine prescritto dallo stesso Ente, sicché deve ritenersi irregolare l'esproprio disposto senza attendere la scadenza del medesimo e senza provvedere in merito alla richiesta. Infine ha rilevato che il piano ritualmente pubblicato prevede l'esproprio di ettari 146.39.93 mentre il decreto ne dispone uno per ettari 142.90.44 sulla base di un piano mai pubblicato, in contrasto con quanto ha statuito questa Corte con la sentenza n. 39 del 1962. In conseguenza, con ordinanza del 10 giugno 1966, ha disposto la sospensione della causa e l'invio degli atti a questa Corte. L'ordinanza debitamente notificata e comunicata é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 24 settembre 1966.

La difesa degli attori ha prodotto nel giudizio avanti alla Corte atto di costituzione e deduzioni, in data 2 dicembre 1966, e cioè oltre il termine di cui all'art. 25 della legge n. 87 del 1953, dato che l'ordinanza era stata notificata agli attori medesimi il 13 luglio dello stesso anno, e pertanto la costituzione deve ritenersi non avvenuta.

Si é costituito l'Ente Maremma, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Astuti, che, con deduzioni prodotte in data 14 ottobre 1966, ha fatto osservare, in primo luogo, che la rivalutazione dei redditi, anche se fatta dopo il novembre 1949, si riferiva ad accertamenti eseguiti dall'Ufficio tecnico prima di tale data, rispecchiando pertanto la situazione reale dei fondi all'epoca predetta; situazione cui occorre avere riguardo, secondo ha statuito questa Corte con le sentenze 87 del 1957, 57 del 1959, 9 e 104 del 1963. Quanto poi alla concessione del terzo residuo la difesa stessa fa presente che, come é stato provato nel giudizio di merito, la ditta espropriata, benché sollecitata a presentare i progetti definitivi, non aveva ottemperato, sicché l'Ente, in virtù dell'art. 9, primo comma, della legge n. 841 del 1950, ha proceduto di ufficio alla redazione dei piani di trasformazione chiedendo all'interessata d'impegnarsi alla loro realizzazione. La mancata assicurazione di tale impegno deve considerarsi revoca della domanda di concessione del terzo residuo, sicché l'Ente, non potendo procedere a revisione del piano dopo il 30 settembre 1952, ha dato corso all'esproprio. Infine sulla mancata pubblicazione del piano definitivo la difesa osserva che, ai sensi dell'art. 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, l'obbligo di ripubblicazione é imposto solo nel caso di sostituzione di terreni con altri, o di estensione dell'esproprio a superficie prima non considerate, mentre nella specie la modifica consistette nella riduzione della consistenza patrimoniale, in accoglimento della richiesta dell'interessata. Conclude chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Con successiva memoria del 16 maggio 1967 la stessa difesa ribadisce le argomentazioni prima dedotte, richiamando sul primo motivo anche le più recenti decisioni di questa Corte nn. 97, 98, 99 del 1966, nelle quali si é affermato che i dati accertati e non contestati in occasione della formazione del nuovo catasto possono essere utilizzati al fine di determinare se la consistenza della proprietà risultante dal vecchio catasto non rispecchiasse quella effettiva al 15 novembre 1949. Aggiunge che, se pure fosse accertato che il reddito corrispondente a tale consistenza a detta data era inferiore a quello computato nel decreto, non ne potrebbe conseguire l'invalidità totale dell'esproprio ma solo la sua illegittimità parziale, per la quota scorporata in più.

In ordine alla questione del terzo residuo ribadisce le deduzioni già riferite, aggiungendo che l'invito fatto dall'Ente all'esproprianda, dopo il termine di legge del 30 settembre 1952, a produrre un proprio progetto potrà integrare, se mai, un'illegittimità amministrativa, per violazione dell'art. 2 della legge n. 339, non già un'illegittimità costituzionale del decreto di esproprio.

Dopo avere osservato, sull'ultimo motivo, che incostituzionalità, per mancata pubblicazione del piano rettificato, si sarebbe avuta se si fosse decretato l'esproprio di particelle non comprese nel piano mentre invece la modifica riguardava l'esclusione dallo scorporo di alcune particelle, su richiesta della stessa interessata, conclude rinnovando la richiesta di rigetto dell'eccezione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Col primo dei motivi di illegittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4164, si denuncia la violazione dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, nella quale il legislatore sarebbe incorso perché nella formazione del piano particolareggiato, che é servito di base per l'espropriazione disposta di una quota dei beni terrieri dei signori Berliri Zoppi di Zolasco, l'Ente di riforma ha tenuto conto non già, come avrebbe dovuto, delle risultanze catastali alla data del 15 novembre 1949, bensì anche delle modificazioni censuarie apportate dall'Ufficio tecnico erariale in epoca successiva, e notificate alla parte del 1951, determinando così la quota di esproprio in misura superiore a quella che si sarebbe disposta se si fosse effettuata il computo ai sensi di legge.

Poiché risulta dagli atti, e non é contestata l'esattezza di quanto affermato nell'ordinanza circa il procedimento seguito dall'Ente prendendo in considerazione elementi diversi da quelli risultanti in catasto al novembre 1949, e poiché questa Corte, con costante giurisprudenza, ha escluso che si possa comunque derogare dalla condizione del riferimento alla data predetta della situazione delle proprietà assoggettabili ad esproprio, deve ritenersi fondata l'eccezione di illegittimità costituzionale del decreto predetto, per violazione del citato art. 4.

É però da soggiungere che la Corte ha anche ritenuto (come risulta da numerose sentenze, e fra le più recenti, da quelle nn. 56 del 1960

, 9 e 104 del 1963, 97, 98, 99 del 1966) che, la situazione al 15 novembre 1949, cui é da aver riguardo ai fini espropriativi, é quella non già apparente, ma effettivamente sussistente, sicché é da ritenere non solo non contrastante, ma anzi richiesto dallo art. 4 tenere conto di elementi catastali che, se pure acquisiti successivamente a quella data, siano sicuramente riferibili allo stato di fatto allora esistente, purché non siano presi in considerazione mutamenti riguardanti la qualità e classe dei terreni e rimanga esclusa ogni nuova valutazione di estimo catastale.

Compete al giudice di merito procedere agli accertamenti necessari a stabilire, nei limiti prima indicati, quale fosse al 15 novembre 1949 l'effettiva situazione dei fondi, poiché la pronuncia di incostituzionalità del decreto delegato denunciato potrà esplicare i suoi effetti solo quando risulti che tale situazione non corrispondeva di fatto a quella assunta a base dell'espropriazione decretata, e nella misura dell'eccedenza fra la quota determinata col primo piano di esproprio del 1951 e quella di cui al secondo piano del 1952.

2. - Il carattere condizionale dell'annullamento del decreto impugnato rende necessario l'esame degli altri due motivi dedotti in ordinanza. Quanto al primo riguardante il mancato riconoscimento del diritto alla conservazione del terzo residuo ex art. 9 della legge n. 841, la Corte, rilevato che per la pronuncia sul medesimo si rendono necessarie indagini di fatto, di competenza del giudice di merito, dispone, con ordinanza di data pari alla presente sentenza, l'espletamento, per opera del tribunale di Grosseto, degli accertamenti medesimi.

3. - Non fondato invece deve ritenersi l'altro motivo con cui si denuncia la violazione degli artt. 4 e 5 della legge stralcio, verificatasi pel fatto che il piano allegato al decreto di esproprio dispone il trasferimento all'ente di una quota di circa 4 ettari inferiore risultante dal piano pubblicato il 30 settembre 1952, senza che si sia preventivamente proceduto a nuova pubblicazione delle variazioni ad esso apportate. Infatti risulta dagli atti che la riduzione della quota espropriata, disposta a correzione dell'errore incorso per aver incluso in essa un terreno che fin dal 1939 aveva cessato di appartenere alla Zoppi, non realizza nessuna delle ipotesi che, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 339 del 1952, rendeva necessaria la nuova pubblicazione del piano. Nulla può desumersi contro siffatta soluzione dalla sentenza di questa Corte n. 39 del 1962, perché nel caso allora deciso, a differenza del presente, la riduzione della quota espropriabile risultava da sostanziali modifiche del piano originario, che avevano mutato la base dell'espropriazione, facendola poggiare su criteri giuridici diversi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando parzialmente sulla questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza del tribunale di Grosseto, di cui in epigrafe, dichiara:

1) l'illegittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4164, in quanto per la formazione del piano di espropriazione si é tenuto conto dei dati del nuovo catasto entrato in attuazione nella zona successivamente al 15 novembre 1949, e nei termini di cui in motivazione;

2) non fondata la questione sollevata con l'ordinanza medesima relativa alla mancata pubblicazione delle variazioni apportate al piano originario, in riferimento agli artt. 76 e 77 della costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA -  Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

 

Depositata in cancelleria il 15 dicembre 1967.