Sentenza n. 100 del 1967
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SENTENZA N. 100

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107 bis, sulla "Dotazione organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato e lo stato giuridico e il trattamento economico del personale" riapprovata in seguito a rinvio il 16 dicembre 1966, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 2 gennaio 1967, depositato in cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 2 del Registro ricorsi 1967.

Visto l'atto di Costituzione della Regione Friuli- Venezia Giulia;

udita nell'udienza pubblica del 10 maggio 1967 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avv. Vezio Crisafulli, per la Regione Friuli- Venezia Giulia.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto notificato il 2 gennaio 1967 il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso, ha proposto ricorso alla Corte costituzionale contro la Regione Friuli-Venezia Giulia in persona del Presidente della Giunta regionale, chiedendo che venga dichiarata la illegittimità costituzionale della legge regionale 16 dicembre 1966, n. 107 bis, ed in particolare degli artt. 2, 7, 8, 10, 12, 22, 26, 29, 30, 32 e 34, nonché - per quanto possa occorrere - anche dell'art. 42, perché in contrasto con il combinato disposto degli artt. 68, secondo comma, e 4, n. 1, dello Statuto speciale della Regione stessa, approvato con legge costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963.

Nel ricorso si premette che con la legge n. 21 del 18 ottobre 1965 la Regione aveva istituito un "Ente per lo sviluppo dell'artigianato" (E.S.A.), dotato di personalità giuridica, pubblica, disponendo, fra l'altro, che l'assunzione del personale, salvo quello necessario per il primo impianto degli uffici dell'Ente, avrebbe dovuto essere fatta per concorso, mentre si rinviava ad una successiva legge regionale la determinazione dell'organico dell'Ente e la disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico del personale.

La Regione aveva inteso poi provvedere in merito con un disegno di legge del 26 ottobre 1966, n. 107, il quale venne, peraltro, rinviato alla Regione stessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai fini del riesame di numerose disposizioni, le quali avevano dato luogo a dubbi di legittimità.

Sennonché la Regione aveva riapprovato il provvedimento con deliberazione in data 16 dicembre 1966, n. 107 bis, senza apportarvi alcuna modificazione, provocando in conseguenza la impugnativa della legge davanti alla Corte costituzionale, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 22 dicembre 1966, in base ad una serie di considerazioni esposte nel ricorso depositato dalla Avvocatura generale dello Stato.

In tale ricorso si premette che il provvedimento regionale consta di quattro capi, i quali prevedono rispettivamente le norme per la classificazione e l'ordinamento delle carriere (artt. 1-9), l'accesso a tali carriere (artt. 10- 19), lo svolgimento delle carriere stesse (artt. 20-33) e, infine, le disposizioni concernenti la sistemazione del personale assunto per il primo impianto (artt. 34-42).

Vi si osserva poi che:

1) l'inizio dello sviluppo di carriera non é stabilito in conformità di quello del corrispondente personale statale, ma direttamente alla qualifica superiore;

2) l'ammissione ai concorsi della carriera direttiva e di concetto del personale immediatamente inferiore non corrisponde alle condizioni previste per gli statali;

3) per il conseguimento delle promozioni non é richiesta l'anzianità nella qualifica e nella carriera pari a quella prevista per il personale dello Stato;

4) il conferimento al personale già in servizio delle qualifiche superiori a quelle iniziali dovrebbe essere subordinato al possesso di una congrua anzianità di servizio, prestato anche presso enti pubblici con funzioni analoghe a quelle relative alla carriera cui appartiene la qualifica da conferire, il che non é previsto dalle norme in questione;

5) per la determinazione dei compensi da attribuire ai componenti delle commissioni esaminatrici non sono state osservate le disposizioni contenute nel D.P.R. 11 gennaio 1965, n. 5;

6) agli oneri derivanti dall'attuazione del disegno di legge, nonché a quelli relativi al funzionamento dell'Ente si dovrebbe far fronte, ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 18 ottobre 1965, n. 21, con il complesso delle entrate dell'Ente stesso e non esclusivamente mediante i contributi della Regione;

7) dovendosi ormai ritenere superata la fase di primo impianto dell'Ente, non avrebbe più ragione di essere la possibilità dell'assunzione di altro personale senza concorso.

La Regione, in persona del Presidente della Giunta, si é costituita tempestivamente in giudizio, depositando nella cancelleria della Corte in data 24 gennaio 1967 le proprie deduzioni.

La difesa della Regione premette in linea di principio che la disposizione dell'art. 68, secondo comma, dello Statuto regionale, che essa definisce quale unico fondamento del ricorso, sarebbe del tutto inconferente nella specie. Osserva in proposito che, a norma dell'art. 4, n. 1, dello Statuto, la Regione ha competenza legislativa piena o primaria nella materia dello "Ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto". Sostiene poi che la legge in esame é senza alcuna possibilità di dubbio rivolta a disciplinare lo stato giuridico ed economico del personale di un ente dipendente dalla Regione, e quindi rientrante fra i cosiddetti enti para-regionali, ai quali non sarebbero applicabili le norme dettate per il personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato.

In quanto all'art. 68 dello Statuto regionale, si fa presente che le norme contenute nel secondo comma di esse riguardano lo stato giuridico ed economico del personale del "ruolo regionale", contestando che una disposizione riferentesi in modo specifico al ruolo stesso possa valere "comunque" per i ruoli di un ente diverso dalla Regione e dipendente da questa. Si conclude pertanto nel senso che si deve ammettere che lo svolgimento delle carriere non debba e non possa, per natura di cose, corrispondere puntualmente a quella degli impiegati civili dello Stato e che di conseguenza non debbano neppure corrispondere in ogni dettaglio le disposizioni regolanti il passaggio da una ad altra qualifica, da una ad altra carriera, con che cadrebbero in tal modo anche le relative censure.

Tanto l'Avvocatura generale dello Stato quanto la difesa della Regione Friuli- Venezia Giulia hanno depositato memorie per ribadire le tesi già esposte nelle deduzioni precedenti. La prima ha insistito soprattutto sulla necessità di interpretare la norma contenuta nel secondo comma dell'art. 68 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia anche in relazione alle disposizioni vigenti negli ordinamenti delle altre regioni a statuto speciale, nonché sugli inconvenienti che deriverebbero dalla concessione di trattamenti diversi al personale della Regione ed al personale di altri enti, cosiddetti para-regionali.

La difesa della Regione ha invece sottolineato particolarmente il rapporto che sussisterebbe fra le due norme contenute rispettivamente nell'art. 4, n. 1, e nell'art. 68, secondo comma, dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, insistendo nella tesi - opposta a quella sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato - concernente la possibilità che la seconda norma sia suscettibile di applicazione a tutto quanto riguarda l'organizzazione, l'ordinamento delle carriere e lo stato giuridico ed economico di personale, che non sia qualificabile come appartenente al "ruolo regionale".

Nella discussione orale alla pubblica udienza i difensori delle parti hanno ribadito gli argomenti esposti negli atti scritti e ripetuto le conclusioni già formulate.

 

Considerato in diritto

 

La prima e più rilevante questione discussa fra le parti, e sulla quale ritiene di dovere anzitutto soffermarsi la Corte, concerne il rapporto fra la norma contenuta nell'art. 4, n. 1, dello Statuto della Regione Friuli- Venezia Giulia e l'altra sancita nel secondo comma dell'art. 68 dello Statuto stesso.

Tanto la difesa dello Stato quanto quella della Regione hanno discusso ampiamente sulla questione, come si é riferito nella esposizione del fatto; ma riguardo a questo punto la Corte non ritiene che sussista alcun dubbio che le due disposizioni non soltanto non si trovano in contrasto, ma anzi si integrano reciprocamente, e quindi debbono essere applicate entrambe, dato che quella del secondo comma dell'art. 68 é stata evidentemente inserita nel testo dello Statuto proprio al fine di chiarire e completare la disposizione contenuta nell'art. 4, n. 1, onde evitare ogni rischio che gli enti così detti para-regionali, e in particolare i loro dipendenti, potessero ottenere trattamenti privilegiati di qualsiasi specie in confronto a quelli normali spettanti al personale della Regione.

L'argomento addotto dalla difesa della Regione stessa, che nella specie si tratterebbe di un Ente tanto modesto e di così scarsa importanza e limitato personale, non superiore a 24 dipendenti, da non potere dar luogo ad inconvenienti di alcun genere, non può influire in alcun modo ai fini della decisione della Corte, cui spetta identificare ed interpretare i principi costituzionali che devono essere osservati e non già prevedere e valutare le eventuali conseguenze in linea di fatto dell'una o dell'altra disposizione legislativa sottoposta al suo esame e quindi delle proprie decisioni sulla legittimità costituzionale di esse. Non mette conto, pertanto, soffermarsi né sull'argomento che si vorrebbe desumere dallo scarso numero dei componenti il personale dell'Ente in questione, né su quello opposto deducibile dal fatto che la previsione di un contributo della Regione agli oneri dell'Ente stesso nella misura di 425 milioni di lire all'anno (vedi art. 42 della legge in esame) potrebbe far nascere qualche dubbio sulla modesta struttura dell'istituto in questione affermata dalla difesa della Regione.

Gli aspetti rilevanti ai fini della decisione sono ben altri: si tratta - ed é perfino superfluo ricordarlo - di accertare se la Regione, approvando la legge denunciata dallo Stato, abbia o no osservato ed applicato le norme costituzionali in vigore. E nel caso in esame la Corte non può non rilevare una patente violazione dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, più o meno evidente nei riguardi delle singole disposizioni della legge regionale, ma facilmente ravvisabile nelle intenzioni, nello spirito e nelle singole applicazioni dei principi assunti come base del provvedimento.

Considerato poi che le disposizioni dettate dal legislatore regionale sono interdipendenti e rispondono ad uno stesso fine, la Corte ritiene fuori luogo procedere ad un esame circostanziato di ciascuna di esse, tanto più in quanto la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una parte del testo legislativo che includerebbe necessariamente proprio le norme di principio che informano tutta la legge, avrebbe come conseguenza necessaria di rendere inoperante ogni altra disposizione dettata ai fini dell'applicazione delle prime.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'intero testo della legge impugnata, oggetto della domanda proposta in via principale dal Presidente del Consiglio dei Ministri, importerà invece la conseguenza di consentire alla Regione, sempre che lo ritenga opportuno, di elaborare ed approvare un nuovo testo legislativo destinato a disciplinare in modo unitario e coerente la materia, beninteso entro i limiti e nei modi adeguati ai principi stabiliti dalla Costituzione della Repubblica e dallo Statuto della Regione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni sollevate dalla difesa della Regione,

dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107 bis, sulla "Dotazione organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato e lo stato giuridico e il trattamento economico del personale" riapprovata in seguito a rinvio il 16 dicembre 1966, in riferimento agli artt. 4, n. 1, e 68, secondo comma, dello Statuto speciale della Regione Friuli- Venezia Giulia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

Depositata in cancelleria il 8 luglio 1967.