Sentenza n. 94 del 1967
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SENTENZA N. 94

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 72 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, sulla legge del registro, promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1966 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra Germani Marcello e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 34 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 105 del 30 aprile 1966.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato e di Germani Marcello;

udita nell'udienza pubblica del 12 aprile 1967 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Amministrazione finanziaria dello Stato.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 21 gennaio 1966 e depositata il 10 febbraio successivo, nel corso della fase di appello di un giudizio civile di opposizione, proposto dal sig. Germani Marcello contro un'ingiunzione notificatagli dall'Amministrazione finanziaria dello Stato per il pagamento dell'imposta di registro (comprensiva della così detta "tassa di titolo") su una sentenza del Tribunale di Milano, non ancora passata in giudicato, la quale aveva accertato l'esistenza di un contratto non registrato relativo alla vendita di un immobile effettuata dalla società per azioni Petroli d'Italia al Germani e aveva dichiarato risolto il contratto stesso per colpa di quest'ultimo, la Corte d'appello di Milano ha rimesso a questa Corte la questione della legittimità costituzionale dell'art. 72 della legge del registro approvata con R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

La Corte milanese ha ritenuto che la risoluzione dell'anzidetta questione sia rilevante ai fini del giudizio di sua spettanza poiché dalla disposizione denunciata - la quale, per la registrazione delle sentenze che pronuncino su domande basate su convenzioni non risultanti da un titolo registrato, impone il pagamento all'erario di una somma proporzionale al valore della convenzione-dipende "la sussistenza per l'ufficio del registro del potere di gravare la sentenza delle imposte proporzionali e delle sopratasse prima del suo passaggio in cosa giudicata".

Ha motivato, poi, in ordine alla non manifesta infondatezza della questione osservando che la disposizione dell'art. 72, con l'esigere il pagamento dell'imposta proporzionale di registro anche per le sentenze non ancora passate in giudicato, "consente, in concreto, la tassazione di convenzioni che, ancora controverse fra le parti in ordine alla loro stessa giuridica esistenza, potrebbero, nei successivi giudizi di impugnazione, essere ritenute neppure sorte o radicalmente nulle": ciò, "con la conseguenza, per il caso di mancato pagamento anticipato del tributo preteso, di porre l'intimato nella condizione di non potere avere rilasciata, dal cancelliere, copia della sentenza soggetta alla registrazione (art. 117 della legge di registro), e, quindi, di non potere inserire tale copia nel fascicolo della causa di appello promossa contro la sentenza tassata (art. 347, secondo comma, del Codice di procedura civile); con l'effetto ulteriore di avere preclusa, in tal modo, la possibilità di adire validamente il giudice di appello per fare definitivamente accertare la inesistenza stessa della convenzione (art. 348, secondo comma, del Codice di procedura civile), e di conseguire, pertanto, la piena tutela dei propri diritti, che é garantita dalla Costituzione (art. 24, primo comma)". In sostanza l'ordinanza lamenta che la disposizione impugnata incide negativamente sul diritto dei cittadini di agire e difendersi in giudizio. Al qual riguardo, attraverso un riferimento alla sentenza n. 21 del 1961 di questa Corte, l'ordinanza di rimessione adombra una condizione di particolare sfavore dei meno abbienti in ordine a tale diritto, e perciò l'incompatibilità della disposizione denunciata con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

L'ordinanza é stata notificata alle parti in causa il 10 febbraio 1966 e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 14 febbraio successivo. Di essa é stata data comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento il 10 febbraio. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale é avvenuta il 30 aprile 1966 (S.U. n. 105).

Davanti a questa Corte si é costituito il Germani con deduzioni depositate il 20 maggio 1966, nelle quali si ribadiscono, sostanzialmente, gli argomenti contenuti nell'ordinanza.

Si é altresì costituito, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e dell'Amministrazione finanziaria, l'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 19 aprile 1966, sostenendo l'infondatezza della questione.

Ricordato che la questione ora proposta é già stata dichiarata infondata da questa Corte con sentenza n. 82 del 1963, l'Avvocatura osserva che la c.d. tassa di titolo non sarebbe una tassa giudiziale, ma la "normale imposta di registro" dovuta sulle convenzioni non registrate; che l'art. 72, dato che si basa sulla esistenza di fatti rivelatori di una capacità contributiva, e data la possibilità di invocare il gratuito patrocinio, non può essere considerato lesivo dell'art. 3 della Costituzione; che esso non contrasta con l'art. 24 della Costituzione, in quanto non pone nessun divieto alla "instaurazione di ulteriori giudizi qualora non vengano corrisposte la "tassa giudiziaria" o la "tassa di titolo"; che non lede nemmeno l'art. 113 della Costituzione, poiché non nega la possibilità di far valere nelle sedi competenti l'illegittimità dell'applicazione del tributo. Nega poi che la possibilità di pretendere il tributo, nonostante il mancato passaggio in giudicato della sentenza, possa esser considerata lesiva degli artt. 24 e 113: il tributo mira infatti a colpire le convenzioni accertate, per le quali l'imposta di registro avrebbe dovuto esser corrisposta in precedenza; e l'andamento dell'amministrazione finanziaria sarebbe sicuramente compromesso se dovesse attendersi il passaggio in giudicato delle sentenze che abbiano preceduto all'accertamento, mentre, qualora nelle ulteriori fasi giudiziarie dovesse risultare l'inesistenza o la nullità delle convenzioni o l'obbligo di altri di far fronte al tributo, la restituzione di questo varrebbe a ripianare la situazione di chi avesse dovuto indebitamente corrisponderlo.

In una memoria depositata il 25 marzo 1967 l'Avvocatura fa richiamo alla sopravvenuta sentenza di questa Corte n. 80 del 1966, la quale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 117 della legge sul registro "nella parte in cui vieta ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che sia avvenuta la loro registrazione, copie o estratti di sentenze il cui deposito in giudizio sia condizione essenziale per la procedibilità dell'impugnativa, ai sensi dell'art. 348 del Codice di procedura civile". E osserva che gli inconvenienti lamentati con l'ordinanza di rimessione, lungi dal dipendere dal contenuto dell'art. 72-il quale in sé e per sé non limita in alcun modo la tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino -, "dipendevano, prima che intervenisse la citata sentenza n. 80/1966, dalla disposizione dell'art. 117 della stessa legge di registro", e sarebbero perciò venuti meno col venir meno di tale disposizione.

 

Considerato in diritto

 

La questione sottoposta a questa Corte investe soltanto l'art. 72 della legge del registro (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269); e la investe sotto un unico profilo. La disposizione dell'art. 72, che impone l'obbligo del pagamento della così detta tassa di titolo per la registrazione delle sentenze in cui venga accertata l'esistenza di "convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati" anche se le sentenze stesse non siano ancora passate in cosa giudicata, é stata denunciata infatti unicamente perché la sottoposizione alla "tassa di titolo" delle sentenze non ancora passate in giudicato comporterebbe un onere, il quale, anche per essere assai gravoso nel caso di convenzioni di valore elevato, sarebbe in grado di incidere in modo accentuatamente sfavorevole sul diritto di agire e di difendersi in giudizio dei meno abbienti. Perciò appunto essa vulnererebbe i precetti degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, e segnatamente dell'art. 24. L'ordinanza argomenta in proposito dall'impossibilità, risultante dall'art. 117 della legge del registro, che chi sia interessato a impugnare una sentenza ne ottenga la copia da produrre nel giudizio di impugnazione quando non sia stata pagata l'imposta di registro (e quindi la "tassa di titolo") prescritta per quella sentenza, e dalla conseguente improcedibilità, statuita dal Codice di procedura civile (artt. 347, secondo comma, e 348, secondo comma; ma V. pure l'art. 369), del giudizio di impugnazione proposto nonostante la mancata registrazione. Improcedibilità risolventesi a sua volta nell'assoluta non raggiungibilità, da parte di chi non sia in grado di pagare il tributo, del risultato della caducazione proprio di quella sentenza dalla quale, in ipotesi, avrebbe potuto derivare la sua indebita tassazione. Di qui l'accostamento alla fattispecie dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (regola del solve et repete), dichiarato illegittimo con la sentenza n. 21 del 1961 di questa Corte.

Con la sentenza n. 82 del 1963 questa Corte ebbe però ad affermare che una denuncia come quella ora riferita era malamente proposta nei confronti dell'art. 72. Questo, infatti, non diversamente dagli articoli che immediatamente lo precedono (artt. 68-71), si limita a regolare l'importo dell'imposta di registro dovuta in occasione dell'emanazione di certe categorie di sentenze; e nei confronti di tale regolamento nessuna denuncia viene sollevata. Nulla statuisce però l'articolo in ordine alle conseguenze del mancato assolvimento dell'obbligazione tributaria, e, in particolare, in ordine al divieto di rilascio di copie delle sentenze non registrate e all'improcedibilità dei giudizi d'impugnazione nel caso di mancato deposito della sentenza impugnata. Le statuizioni in questi ultimi sensi sono contenute invece in altre disposizioni (sopra ricordate) della legge del registro e del Codice di procedura civile, non denunciate né nel giudizio concluso con la sentenza n. 82 del 1963, né ora.

Per di più la sentenza di questa Corte n. 80 del 1966, intervenuta successivamente all'ordinanza che ha dato origine al presente giudizio, ha fa venir meno quella parte della disposizione dell'art. 117 della legge del registro che vietava ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che fosse avvenuta la registrazione delle sentenze, copie o estratti di esse, il cui deposito in giudizio fosse condizione essenziale per la procedibilità dell'impugnativa. Con la conseguenza che ormai gli effetti sfavorevoli denunciati dall'ordinanza di rimessione non sono, comunque, più realizzabili.

La questione proposta deve essere perciò dichiarata non fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe, relativa alla illegittimità costituzionale dell'art. 72 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, sulla legge del registro, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale. Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 8 luglio 1967.