Sentenza n. 77 del 1967
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SENTENZA N. 77

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 176 e 188 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico sulle imposte dirette), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanze emesse il 15 luglio 1965 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di Milano su due ricorsi di Minoletti Giulio contro l'Ufficio delle imposte di Milano, iscritte ai nn. 69 e 70 del Registro ordinanze 1966 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 118 del 14 maggio 1966;

2) ordinanza emessa il 13 aprile 1966 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di Crotone sul ricorso di Sanguedolce Romolo contro l'Ufficio delle imposte di Crotone, iscritta al n. 116 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 17 agosto 1966;

3) ordinanza emessa il 14 luglio 1966 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di Acireale sul ricorso di Licciardello Alfio contro l'Ufficio delle imposte di Acireale, iscritta al n. 193 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 12 novembre 1966;

4) ordinanze emesse il 5 maggio 1966 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di Milano sui ricorsi di Bedeschi Giulio, Margstahler Franco e Dal Verme Carlo contro l'Ufficio delle imposte di Milano, iscritte ai nn. 205, 206 e 207 del Registro ordinanze 1966 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 del 26 novembre 1966;

5) ordinanza emessa il 21 giugno 1966 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di Asti sul ricorso di Giazzi Corrado contro l'Ufficio delle imposte di Asti, iscritta al n. 213 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 del 24 dicembre 1966.

Visti gli atti di costituzione di Minoletti Giulio, Bedeschi Giulio, Margstahler Franco, Dal Verme Carlo e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 31 maggio 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi gli avvocati Mario Casella, Carlo Dal Verme e Mario Pogliani, per Minoletti, Bedeschi, Margstahler e Dal Verme, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'Amministrazione finanziaria dello Stato

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di procedimenti aperti su ricorso del sig. Minoletti, la Commissione distrettuale imposte dirette e indirette di Milano, con due ordinanze del 15 luglio 1965, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 176 e 188 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. sulle imposte dirette), in riferimento agli artt. 53, 76 e 113 della Costituzione.

L'art. 176 del testo unico, poiché prevede l'iscrizione a ruolo, per l'anno in corso, di redditi del secondo anno precedente o di quello immediatamente precedente, violerebbe il principio della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione): questa, infatti, quale parametro di tassazione del cittadino, si riferisce a redditi reali, non a redditi ipotetici (cioè a redditi di due anni prima presunti eguali per l'anno in corso). Inoltre quell'articolo, contenuto in una legge delegata, si scosterebbe dalla legislazione preesistente, e perciò sconfinerebbe dai limiti posti al Governo nella legge di delegazione (5 gennaio 1956, n. 1).

Quanto all'art. 188 (la seconda delle due disposizioni impugnate), esso, compromettendo la facoltà di ricorrere contro l'iscrizione provvisoria nei ruoli, sottrarrebbe al contribuente una parte della tutela garantita dall'art. 113 della Costituzione.

L'art. 176 é stato inoltre denunciato dalla Commissione distrettuale di Crotone con ordinanza 16 aprile 1966 su ricorso Sanguedolce; dalla Commissione distrettuale di Acireale con ordinanza 14 luglio 1966 su ricorso Licciardello; dalla Commissione distrettuale di Milano con ordinanza 5 maggio 1966 su ricorsi Bedeschi, Margstahler, Dal Verme, anche in riferimento agli artt. 70, 71 e 81 della Costituzione; nonché dalla Commissione distrettuale di Asti con ordinanza 21 giugno 1966 su ricorso di Giazzi, anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione: la norma, colpendo redditi supposti, "mette in forse la parità dei cittadini", secondo la quale, invece, "a redditi eguali debbono corrispondere eguali imposizioni".

Le ordinanze sono state ritualmente notificate e pubblicate.

2. - La difesa del Minoletti, con atto depositato il 1 giugno 1966, insiste per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle due disposizioni.

Infatti, proprio per la Corte costituzionale (sentenza n. 50 del 1965), capacità contributiva non é altro che idoneità soggettiva all'obbligo tributario rivelata dal suo presupposto, cioè dal reddito al quale la prestazione sia effettivamente collegata: l'art. 176 del T.U. invece consente di iscrivere nei ruoli un reddito futuro, cioè non ancora prodotto, desunto arbitrariamente dal reddito maturato in un altro periodo di imposta (quello del "secondo anno solare precedente"): il principio della capacità contributiva esigerebbe, al contrario, la commisurazione del tributo ad un reddito che sia stato realmente prodotto. A chi dicesse che la norma s'appoggia su "una capacità contributiva presunta", la difesa del contribuente replicherebbe che nei rapporti umani non si può dedurre un evento (reddito) futuro da un fatto (reddito) passato; per chi poi ricordasse che si tratta di iscrizione provvisoria, dettata da necessità e suscettibile di successiva correzione, la risposta sarebbe che la capacità contributiva é quella che é in concreto, senza che si possa distinguere tra effetti provvisori ed effetti definitivi dell'imposizione; la violazione dell'art. 53 della Costituzione, norma precettiva, apparirebbe dunque evidente.

L'art. 176, inoltre, avrebbe introdotto con carattere di stabilità un principio ignoto alla legislazione precedente, quello della imposizione ante rem: cosa che il Governo non poteva fare mantenendosi nei limiti della potestà (delegata) di semplificazione tributaria e di razionale organizzazione dei servizi. Il sistema, secondo la difesa della parte privata, é assolutamente nuovo, rivoluzionario, ignoto perfino agli artt. 3, 19 e 20 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, che pure riguardano iscrizioni provvisorie; non apporta razionalità nell'organizzazione dei servizi poiché anzi ne appesantisce le funzioni; infine "non semplifica l'applicazione dei tributi" poiché istituisce, accanto alla iscrizione definitiva, un nuovo tipo ordinario di iscrizione, quella provvisoria.

Questi argomenti sono ripresi con atti depositati il 15 dicembre 1966, dalla difesa dei sigg. Bedeschi, Margstahler e Dal Verme; secondo la quale, inoltre, la norma denunciata contrasterebbe coi principi che presiedono allo stesso T.U., di cui fa parte (eguaglianza dei contribuenti, determinazione dell'imponibile a consuntivo: artt. 2, 3, 4, 173), di modo che l'una e gli altri non potrebbero coesistere: violato sarebbe pertanto anche l'art. 23 della Costituzione; d'altronde prima che si correggano le cifre dell'iscrizione provvisoria prevista dall'art. 176 potrebbero passare tanti anni da renderla praticamente definitiva; senza contare che essa dà luogo a sperequazioni fra cittadino e cittadino trattando allo stesso modo il reddito prodotto e il reddito supposto.

L'art. 176 violerebbe l'art. 81 della Costituzione: mentre questo esige l'equilibrio fra le entrate e le spese, quello invece lo rende fittizio ed effimero poiché registra entrate ipotetiche; e il deficit, che ne risulta, viene poi artificiosamente colmato con accertamenti ipertrofici e illogici.

Infine le due norme denunciate colpirebbero anche l'art. 113 della Costituzione; infatti l'art. 188, primo comma, lett. c, dà il rimedio giurisdizionale contro le iscrizioni definitive ma non contro quelle provvisorie; sotto le quali non c'é niente, poiché il reddito non s'é ancora prodotto, e contro il niente non é possibile ricorso. Prodottosi il reddito, il contribuente potrà reclamare, ma intanto ha già pagato: si genera dunque, conclude la parte privata, una situazione analoga a quella del solve et repete, che urta con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

3 - Il Presidente del Consiglio dei Ministri é intervenuto, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, in causa Minoletti con atti depositati il 31 marzo 1966 e nella causa Sanguedolce con atti depositati il 6 luglio, mentre l'Amministrazione finanziaria si é costituita, in causa Giazzi, il 13 ottobre 1966.

In questi scritti si nega che la norma denunciata violi gli artt. 53 e 3 della Costituzione: essa prevede soltanto un'iscrizione provvisoria subordinata all'accertamento definitivo, applicabile a tutti i cittadini, giustificata dall'interesse pubblico alla preventiva riscossione della imposta, fondata su quel principio della periodicità tributaria per cui l'obbligazione si rinnova ogni anno sino a che non intervenga un fatto estintivo. Del resto la capacità contributiva, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 45 del 1965 e n. 50 del 1965), deve porsi in relazione non con la concreta capacità di ogni contribuente, ma col presupposto al quale é collegata la prestazione tributaria: presupposto che può consistere anche in un reddito presunto.

Quanto all'"eccesso di delega", il sistema dell'iscrizione provvisoria vigeva per i soggetti tassabili in base al bilancio fin dal 1936 (art. 12 della legge 8 giugno 1936, n. 1231) ed era stato esteso a tutti i contribuenti con gli artt. 3, 10, 20 e 46 della legge 11 gennaio 1951, n. 25; aveva ed ha lo scopo di avvicinare il più possibile, per ogni periodo d'imposta, i due momenti della produzione del reddito e della riscossione del tributo; non rappresenterebbe pertanto una novità.

L'Avvocatura dello Stato conclude che l'art. 188 del T.U. disciplina, sì, la materia dei ricorsi contro le iscrizioni a ruolo, ma non limita la tutela del contribuente che assuma l'inesistenza totale o parziale del reddito e della relativa obbligazione.

4. - L'Avvocatura dello Stato ha depositato il 18 maggio 1967 una memoria nella quale ricorda che, ai fini dell'iscrizione provvisoria, non si tiene conto di componenti eccezionali del reddito del penultimo anno precedente; che l'iscrizione provvisoria é fatta nella base d'un imponibile effettivo dichiarato dal debitore d'imposta, sia pure il penultimo anno; che la Corte costituzionale ha già sancito la legittimità delle iscrizioni provvisorie (sentenza n. 30 del 1961); che, quanto all'art. 188 del T.U., esso contiene una tutela adeguata del contribuente, anche se soggetta a condizioni ed a termini.

5. - Nella discussione orale si sono riaffermate e sviluppate le opposte tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le cause, avendo ad oggetto le stesse questioni di legittimità costituzionale, vengono decise con unico giudizio.

2. - É stato denunciato innanzi tutto l'art. 176 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. sulle imposte dirette), secondo cui nel ruolo relativo ad ogni periodo d'imposta si iscrive a titolo provvisorio il tributo corrispondente all'imponibile del penultimo o dell'ultimo anno precedente. La disposizione, poiché consente l'iscrizione d'un imponibile che non é quello dell'anno a cui si riferisce il tributo, violerebbe gli artt. 3, 53, 70, 71, 76, 81 della Costituzione.

La questione é infondata.

Il sistema vigente di tassazione é quello cosiddetto a consuntivo. Rispetto ad ogni periodo (anno solare o, per gli enti tassabili in base a bilancio, esercizio sociale), l'imposta é dovuta per il reddito che si produce quell'anno, e durante quell'anno dovrà essere pagata. Ne deriva che il tributo viene iscritto sui ruoli prima del tempo a cui si riferisce, vale a dire in un'epoca nella quale la misura precisa del reddito, non ancora maturata, é inconoscibile e si può soltanto presumere.

Il sistema, che riposa in gran parte su norme non impugnate (artt. da 3 a 5 del T.U.), é indubbiamente discutibile, ma non é irrazionale sia in generale, sia in particolare, rispetto alla presunzione su cui l'iscrizione si fonda: in generale, poiché la iscrizione provvisoria per il reddito dell'anno successivo evita di regola la formazione di ruoli suppletivi (resi necessari molto spesso dal sistema previgente); in particolare, poiché, se si guarda al quod plerumque accidit, non é arbitrario ritenere in via del tutto provvisoria che il reddito denunciato dal contribuente per un periodo d'imposta si produca, almeno nella stessa misura, anche nei due periodi successivi: permanendo la fonte produttiva, non sembra irragionevole prevedere la formazione d'un imponibile per lo meno eguale nell'anno o nei due anni seguenti. Perciò non si può negare che l'obbligazione tributaria sia collegata a quello che é il suo presupposto.

La Corte non si nasconde che la rigida applicazione del sistema potrebbe portare talvolta a conseguenze ingiuste; ma anche in questi casi il pericolo é sensibilmente ridotto innanzi tutto dalla possibilità di evitare l'iscrizione provvisoria se vi sia stata cessazione della fonte di reddito; in secondo luogo dal fatto che, nell'applicazione pratica, l'iscrizione viene contenuta in limiti ragionevoli se nel penultimo anno precedente alla formazione del reddito abbiano "concorso componenti di carattere eccezionale" o se, nell'anno dell'iscrizione, siano intervenuti mutamenti radicali nella situazione economica del debitore d'imposta: applicazione pratica che sembra trovare conforto nel sistema della legge.

A ogni modo, se l'imponibile dovesse risultare inferiore a quello registrato provvisoriamente, il debitore d'imposta potrà ottenere il rimborso in sede di conguaglio: e questo é il motivo per cui solo in certi casi il diritto di ricorrere é riconosciuto da quella norma (art. 188, lett. c, del T.U.), che, valendo anche per le iscrizioni provvisorie, lungi dal violare l'art. 113 della Costituzione, come pretendono invece alcune ordinanze di rinvio, é applicazione del principio che lo ispira. In ultima istanza il contribuente paga l'imposta sul reddito accertato, cioè in ragione della sua capacità contributiva. Perciò l'art. 53 della Costituzione non riceve offesa dalla legge.

3. - Ma neanche l'art. 3 appare violato: il fatto che per legge un reddito presunto sia tassato (provvisoriamente) come un reddito reale non dà luogo a problemi di eguaglianza, per lo stesso motivo per cui non risulta leso l'art. 53 della Costituzione.

Una delle parti ha sostenuto che con le iscrizioni provvisorie si registrano entrate ipotetiche e che ciò renderebbe fittizio quell'equilibrio fra le entrate e le spese su cui deve poggiare il bilancio dello Stato (art. 81 della Costituzione); ma può rispondersi che il bilancio, ovviamente, é formato su previsioni, non su certezze, e che, come s'é detto, previsioni ragionevoli sono quelle fondate sui redditi dell'anno o degli anni precedenti.

Inoltre, poiché é legge anche la così detta legge delegata, gli artt. 70 e 71 della Costituzione, come l'art. 23 richiamato in corso di causa, sono stati male addotti.

4. - Infine pare alla Corte che il Governo si sia tenuto nei limiti della potestà attribuitagli dalla legge di delegazione.

Prima dell'emanazione del T.U., per gli enti tassabili in base al bilancio (redditi di cat. A, B) e, a discrezione degli uffici, per i percettori di redditi di cat. C/2 vigeva il sistema dell'iscrizione provvisoria sulla base dell'imponibile dell'anno precedente (art. 12 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, e art. 1 R.D.L. 3 dicembre 1934, n. 1979); per gli altri contribuenti, invece, si provvedeva con iscrizioni definitive: l'imposta era dovuta per l'esercizio finanziario (1 luglio - 30 giugno) e commisurata sui redditi dell'anno solare precedente (art. 18 della legge 11 gennaio 1951, n. 25).

Il Governo non ha ritenuto di mantenere i due tipi d'esazione, dato che gli si chiedevano coordinamento e semplificazione (art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1), ed ha esteso a tutti i soggetti il sistema vigente per gli enti tassabili in base al bilancio: facendo questa scelta invece di quella opposta ha esercitato un potere che la legge genericamente gli aveva conferito.

In verità la norma impugnata contiene anche un'altra innovazione: per i soggetti non tassabili sul bilancio l'iscrizione provvisoria é fatta sul reddito del penultimo anno precedente, mentre, in passato, si fondava, là dov'era in vigore, sull'imponibile dell'ultimo anno precedente; ma l'innovazione é stata necessaria poiché, essendosi portato ad anno solare il periodo d'imposta, normalmente gli uffici, allorché formano i ruoli, non sono ancora in possesso delle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 176 e 188 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. delle leggi sulle imposte dirette) proposta, in relazione all'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, e in riferimento agli artt. 3, 53, 70, 71, 76, 81 e 113 della Costituzione, con le ordinanze 15 luglio 1965 e 5 maggio 1966 della Commissione distrettuale di Milano, 16 aprile 1966 della Commissione distrettuale di Crotone, 21 giugno 1966 della Commissione distrettuale di Asti e 14 luglio 1966 della Commissione distrettuale di Acireale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI 

 

 

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1967.