Sentenza n. 61 del 1967
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SENTENZA N. 61

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 505 del Codice di procedura penale;

b) degli artt. 74 e 398 del Codice di procedura penale, nelle parti in cui conferiscono al pretore il potere di esercitare l'azione penale, di istruire il relativo processo e di pronunziarsi in sede istruttoria sull'azione penale dallo stesso promossa;

c) degli articoli compresi nel libro terzo, titoli primo e secondo, capi primo, secondo e terzo del Codice di procedura penale, nelle parti in cui conferiscono al pretore il potere di emettere il decreto di citazione per il giudizio, di dirigere il dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per i reati per i quali ha iniziato l'azione penale e svolto la relativa istruttoria; promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 24 luglio 1965 dal Pretore di Prizzi nel procedimento penale a carico di Provenzano Michele, iscritta al n. 200 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 27 novembre 1965;

2) ordinanza emessa il 15 luglio 1966 dal Pretore di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Spinello Gaetano, iscritta al n. 170 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 del 24 settembre 1966.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri.

udita nell'udienza pubblica del 15 marzo 1967 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con due ordinanze del 24 luglio 1965 e, rispettivamente, del 15 luglio 1966, il Pretore di Prizzi, nel corso del procedimento penale contro Provenzano Michele, e il Pretore di Caltanissetta, nel corso del procedimento penale contro Spinello Gaetano, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del Codice di procedura penale, concernenti il procedimento, sia nella fase istruttoria che in quella dibattimentale, davanti al pretore.

Nel primo giudizio la difesa dell'imputato aveva eccepito la illegittimità costituzionale dell'art. 505 che, nei giudizi direttissimi per i reati di competenza del pretore, attribuisce a questo ultimo i poteri conferiti al pubblico ministero e al giudice dagli artt. 502 e seguenti. Si era osservato al riguardo che la diversità di garanzie riservate dalla Costituzione al giudice e al pubblico ministero non consentirebbe di cumulare nella persona di uno stesso magistrato le due funzioni.

Il Pretore ha ritenuto non manifestamente infondata la censura di incostituzionalità della norma in riferimento agli artt. 101, comma secondo, 102, comma primo, 107, commi primo e quarto, 112 della Costituzione. Secondo l'ordinanza, il complesso dei principi sanciti da tali articoli, sottolineando la diversità delle funzioni attribuite rispettivamente al giudice e al pubblico ministero, postula la necessità che le relative funzioni siano conferite ad organi distinti, scaturendo dalla loro diversa natura la esigenza, anch'essa riconosciuta dalla Costituzione, di garanzie di indole e grado diversi, più intense, in particolare, per il giudice in vista della necessità di assicurare a questo piena indipendenza. Dal sistema su descritto emergerebbe, d'altra parte, il diritto per l'imputato di essere giudicato da un organo "che nel procedimento sia, e sia stato, soltanto giudice", che cioè non abbia in precedenza svolto altre funzioni che possano comunque limitargli e condizionargli il giudizio. Questi principi, osservati dalla legge ordinaria per quanto concerne i reati di competenza dei tribunali e delle Corti di assise, per i quali le due funzioni sono attribuite ad organi distinti, sarebbero invece violati per i reati di competenza del pretore. Nell'ordinanza si osserva infine che il contrasto costituzionale però, stante la formulazione dell'art. 505 del Codice di procedura penale, deve essere posto in via alternativa: o con quella parte della norma che conferisce al pretore funzioni di pubblico ministero, o con quella che gli attribuisce funzioni di giudice.

I dubbi sulla legittimità costituzionale delle norme che cumulano in un unico magistrato le funzioni di giudice e quelle di pubblico ministero sono stati ripresi nella seconda ordinanza, nella quale però é stata sollevata questione, in riferimento alle medesime norme costituzionali, degli artt. 74 e 398 nella parte in cui attribuiscono al pretore il potere in genere di esercitare l'azione penale, di istruire il relativo processo e di emettere sentenze istruttorie.

Il Pretore di Caltanissetta insiste soprattutto nel rilevare che il regime delle garanzie connesse, secondo la disciplina costituzionale, alle due funzioni é nettamente diverso, onde la impossibilità di un cumulo di queste ultime nella stessa persona del pretore. Da ciò infatti deriverebbe, per esempio, la impossibilità per questo magistrato di godere come pubblico ministero della posizione di inamovibilità riconosciutagli invece per la sua qualità di giudice. Non senza considerare, altresì, la difficoltà di cogliere il limite entro il quale a siffatto magistrato sarebbe applicabile il principio costituzionale che subordina i giudici soltanto alla legge; e la impossibilità di applicare del pari l'altro principio che riserva al pubblico ministero, in quanto magistrato diverso dal giudice, la funzione di esercitare l'azione penale.

Nella ordinanza del detto Pretore viene altresì sollevata questione di legittimità costituzionale degli "articoli di cui al libro terzo, titolo primo, titolo secondo, capo I, capo II, capo III del Codice procedura penale nelle parti in cui conferiscono il potere al pretore di emettere il decreto di citazione, di dirigere il dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per fatti - reato su cui egli ha promosso l'azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore in relazione con gli artt. 74, 398, 61 e 64, primo comma, n. 6, del Codice di procedura penale", in riferimento all'art. 3 della Costituzione. A tal proposito si osserva in sostanza che l'accentramento nella persona del pretore, sia pure attraverso "fasi concettualmente distinte", delle funzioni di pubblico ministero, di giudice istruttore e di giudice del dibattimento, dà luogo a una situazione che, in ogni altro procedimento, costituirebbe motivo di incompatibilità ai sensi dell'art. 61 del Codice di procedura penale e, quindi, di ricusazione del giudice ai sensi del successivo art. 64. Onde la violazione del principio di eguaglianza, data la diversità di trattamento riservata a situazioni del tutto analoghe nella funzione e nei principi regolatori.

Le due ordinanze sono state regolarmente notificate e comunicate. Risultano pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 297 del 27 novembre 1965 e, rispettivamente, n. 239 del 24 settembre 1966. In entrambi i giudizi, si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atti di intervento e deduzioni depositati in cancelleria il 21 ottobre 1965 e il 13 ottobre 1966.

L'Avvocatura dello Stato, con varie argomentazioni, sostiene la infondatezza delle prospettate questioni di legittimità costituzionale. Si rileva in sostanza che il cumulo di funzioni diverse nella persona di un solo magistrato nello stesso giudizio trova il proprio divieto e la propria sanzione, per i procedimenti diversi da quello pretoriale, solo nei principi di diritto processuale sanciti dagli artt. 61 e 64, ma non viola, in realtà, alcuna delle norme costituzionali richiamate nelle due ordinanze. Né il sistema che regola il procedimento avanti al pretore dà luogo a una ingiustificata disparità di trattamento in violazione del principio di eguaglianza, perché é pienamente giustificato dalla indole delle materie soggette a quella competenza, senza per altro determinare alcuna lesione delle garanzie dei diritti di difesa.

 

Considerato in diritto

 

Data l'identità della materia, le questioni sollevate dalle due ordinanze del Pretore di Prizzi e del Pretore di Caltanissetta possono decidersi con unica sentenza.

Le questioni sono del tutto prive di fondamento. Le funzioni miste che la legge assegna al Pretore nel processo penale, conferendogli la potestà, oltre che di procedere al giudizio per i reati di sua competenza, di promuovere l'azione penale, e di compiere, quando occorrano, atti istruttori, non contengono elemento alcuno di contrasto con gli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, e 112 della Costituzione: norme di cui appare palesemente forzato il richiamo. Fermo rimane, infatti, anche per il Pretore, il principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101, secondo comma); non é dubbio, inoltre, che il Pretore sia magistrato ordinario che esercita le sue funzioni secondo le norme dell'ordinamento giudiziario (art. 102, secondo comma); e che gli spetti, come agli altri giudici, la garanzia della inamovibilità (art. 107, primo comma).

É poi evidente che il principio della obbligatorietà dell'azione penale (tale essendo il principio fissato dall'art. 112, e non che il promovimento dell'azione spetti esclusivamente al pubblico ministero) debba avere, ed abbia, la sua piena attuazione anche nei procedimenti davanti al Pretore.

Per ciò che riguarda il concorso nello stesso organo, nella fase anteriore al giudizio, delle funzioni di giudice e di pubblico ministero, va ricordato che questa Corte, in più sentenze, ha riconosciuta la legittimità di norme nelle quali talune deviazioni dalle regole generali del processo penale trovano fondamento, senza lesione alcuna di principi costituzionali, nel principio della economia processuale. É indispensabile infatti che taluni istituti, nell'interesse del sollecito andamento della giustizia, trovino possibilità di svolgersi con una propria e particolare disciplina. Recentemente, con la sentenza n. 46 del 1967, la Corte ha considerato, nel dichiarare infondate le relative questioni, che taluni poteri conferiti al Pretore sono conseguenza necessaria del carattere particolare che, nel sistema processuale penale, assume il relativo procedimento, e delle esigenze di rapidità e semplicità cui esso si ispira. Di qui anche quella varietà di funzioni che a torto si vorrebbe presentare come costituzionalmente illegittima. Perfino in tema di diritto di difesa la citata sentenza ha ribadito che esso, senza violare il precetto costituzionale, bene può armonizzarsi con i vari tipi di procedimento.

Nemmeno ha alcun rilievo, ai fini della legittimità costituzionale, la diversità delle garanzie stabilite per il giudice e per il pubblico ministero, non potendo sostenersi che sia contrastante con la Costituzione il fatto che le garanzie del Pretore in quanto giudice finiscano con l'involgere il Pretore anche nelle sue funzioni non giudicanti. Altri aspetti dell'ordinamento dell'ufficio del Pretore, come la non ricusabilità del giudicante che abbia compiuto anche atti istruttori (nel caso di specie si trattava di atti istruttori che si era ritenuto di compiere sulla imputazione di pascolo abusivo) sono deroghe al sistema processuale, che stabiliscono eccezioni, ma non ledono alcun principio costituzionale. Non é poi il caso di indugiare sull'art. 3 della Costituzione, cui fa riferimento una delle due ordinanze, in quanto le stesse ragioni innanzi accennate costituiscono il fondamento della razionalità di tutte le norme impugnate, e quindi della loro legittimità anche in relazione al principio di eguaglianza, troppe volte invocato a rincalzo di altre deboli argomentazioni.

E infine, anche al di fuori del profilo strettamente costituzionale della questione, non é fuori luogo considerare i servigi che all'ordinamento della giustizia sono stati resi, attraverso lunga tradizione, dall'ufficio del Pretore, così come attualmente regolato; nonché l'entità degli assurdi sconvolgimenti che si pretenderebbe operare nell'istituto, in un momento nel quale si fanno sempre più imperiose le esigenze della rapidità e semplicità degli ordinamenti processuali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Pretore di Prizzi con ordinanza del 24 luglio 1965, dell'art. 505 del Codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, 112 della Costituzione;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Pretore di Caltanissetta con ordinanza del 15 luglio 1966:

a) degli artt. 74 e 398 del Codice di procedura penale nelle parti in cui conferiscono al Pretore il potere di esercitare l'azione penale, di istruire il relativo processo e di pronunziarsi in sede istruttoria sull'azione penale dallo stesso promossa, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, 112 della Costituzione;

b) degli articoli compresi nel libro terzo, titoli primo e secondo, capi primo, secondo e terzo del Codice di procedura penale, nelle parti in cui conferiscono al Pretore il potere di emettere il decreto di citazione per il giudizio, di dirigere il dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per i reati per i quali ha iniziato l'azione penale e svolto la relativa istruttoria in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1967.