Sentenza n. 53 del 1967
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SENTENZA N. 53

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, e dell'art. 1, lett. b. del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1965 dal Tribunale militare territoriale di Padova, nel procedimento penale a carico di Zardo Serafino, iscritta al n. 229 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 del 12 febbraio 1966.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 1 marzo 1967 la relazione del Giudice Aldo Sandulli:

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale a carico di Zardo Serafino, già cittadino italiano e dal 1963 cittadino australiano, imputato del reato di cui all'art. 151 del Codice penale militare di pace, per non aver ottemperato alla chiamata alle armi indetta per l'11 gennaio 1965, il Tribunale militare territoriale di Padova, con ordinanza emessa il 3 dicembre 1965, ha sottoposto a questa Corte, considerandola rilevante ai fini del giudizio, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza italiana, e dell'art. 1, lett. b, del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, sulla leva e il reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nella aeronautica, in relazione all'art. 52 della Costituzione. Un contrasto tra le disposizioni impugnate, in base alle quali, in taluni casi in esse considerati, persone che abbiano perduto la cittadinanza italiana sono nondimeno tenute a prestare il servizio militare, e il menzionato articolo della Costituzione, in base al quale la difesa militare é "sacro dovere del cittadino", potrebbe infatti inerire, secondo l'ordinanza, al fatto che l'obbligatorietà del servizio militare, "indispensabile presupposto affinché quel dovere possa essere bene adempiuto", importerebbe che la prestazione del servizio stesso non possa esser richiesta se non a coloro che si trovino nel possesso dello stato di cittadino italiano, "tanto più che tale possesso da parte del militare in servizio costituisce, sotto il profilo morale, garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi compiti che egli può essere chiamato a svolgere, di dedizione e di spirito di sacrificio".

Stante la contumacia e l'irreperibilità dell'imputato - ripartito dall'Italia prima ancora di aver ricevuto la notifica del decreto di citazione a giudizio - , l'ordinanza gli é stata notificata il 13 dicembre 1965 nelle forme dell'art. 170 del Codice di procedura penale. L'ordinanza é stata inoltre notificata al Pubblico Ministero nella stessa data e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 16 dicembre 1965. In data 15 e 16 dicembre 1965 essa é stata comunicata rispettivamente al Presidente della Camera dei deputati e a quello del Senato, e in data 12 febbraio 1966 é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (n. 38, ed. spec.).

Davanti a questa Corte si é costituito soltanto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto di intervento dell'Avvocatura generale dello Stato depositato il 1 marzo 1966. Inesso si contesta la fondatezza della questione, osservando che la disposizione costituzionale invocata, se impegna tutti i cittadini al dovere in essa enunciato, non significa anche che la legge non possa imporre obblighi militari a particolari categorie di non cittadini, come gli ex cittadini o i residenti nel paese. Si aggiunge che le ulteriori considerazioni contenute nell'ordinanza attengono al merito, e per di più sono inconferenti nella specie in esame, dato che l'art. 9, n. 1, della legge sulla cittadinanza italiana stabilisce che chi - come l'imputato - abbia perduto la cittadinanza a norma degli artt. 7 e 8 la riacquista se presti servizio militare in Italia.

All'udienza di trattazione della causa l'Avvocato dello Stato ha insistito nelle precedenti conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il raffronto tra le disposizioni impugnate (art. 8, secondo comma, legge 13 giugno 1912, n. 555, e art. 1, lett. b, D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237) - dalle quali risulta che, in via di principio, chi abbia perduto, col concorso della propria volontà, la cittadinanza italiana, ai sensi del primo comma dell'art. 8 della legge n. 555 del 1912, citata, non si sottrae perciò all'obbligo del servizio militare - e i precetti dell'art. 52 della Costituzione, secondo i quali "la difesa della Patria é sacro dovere del cittadino" e "il servizio militare é obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge", non rivela, ad avviso della Corte, alcuna incompatibilità.

Il primo comma dell'art. 52 della Costituzione, nel proclamare che la difesa della Patria é sacro dovere del cittadino, fa una affermazione di altissimo significato morale e giuridico. Essa comporta che per tutti i cittadini, senza esclusioni, la difesa della Patria - che é condizione prima della conservazione della comunità nazionale - rappresenta un dovere collocato al di sopra di tutti gli altri, e che nessuna legge potrebbe fare venir meno. Si tratta di un dovere, il quale, proprio perché "sacro" (e quindi di ordine eminentemente morale), si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza alla comunità nazionale identificata nella Repubblica italiana (e perciò alla cittadinanza). così inteso esso trascende e supera lo stesso dovere del servizio militare.

L'esistenza, per i cittadini, di un dovere così caratterizzato costituzionalmente, non comporta però, per sé sola, l'esclusione della possibilità che una legge ordinaria imponga anche a soggetti non cittadini, o addirittura stranieri, in particolari condizioni (l'attuale legislazione la prevede soltanto per gli stranieri già cittadini italiani e per gli apolidi residenti nella Repubblica), la prestazione del servizio militare.

Questo servizio - nel quale, come si é detto, non si esaurisce, per i cittadini, il dovere "sacro" di difesa della Patria, e che per i non cittadini, appunto perché tali, non può esser considerato, diversamente che per i primi, strumentale rispetto a quello della difesa della Patria - ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere patriottico contemplato dal primo comma dell'art. 52.

A proposito di esso il secondo comma dell'articolo si limita a disporre che "é obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge". E ciò non esclude, sempre che siano osservati i precetti dell'art. 10 della Costituzione e non siano violati altri precetti costituzionali, che una legge possa imporlo, quando concorrano interessi che il legislatore consideri meritevoli di tutela, anche a soggetti non in possesso della cittadinanza italiana.

2. - Con riferimento poi all'affermazione della ordinanza di rimessione, secondo la quale il possesso della cittadinanza da parte di chi presta il servizio militare "costituisce, sotto il profilo morale, garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi compiti che egli può esser chiamato a svolgere, di dedizione e di spirito di sacrificio", osserva la Corte che essa investe un profilo di politica legislativa e non di legittimità costituzionale. L'esame della fondatezza dell'assunto (é ben noto che l'argomento ha dato luogo a contrasti, tanto in sede legislativa, come in sede dottrinale) esula perciò dalla competenza della Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe, nei confronti dell'art. 8, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza italiana, e dell'art. 1, lett. b, del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, sulla leva e il reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nella aeronautica, in riferimento all'art. 52 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI

 

Depositata in cancelleria il 24 aprile 1967.