Sentenza n. 51 del 1967
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SENTENZA N. 51

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, recante "Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie esercitate in regime di concessione", promosso con ordinanza emessa il 9 giugno 1965 dal Pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di Basilico Rocco (parti civili Cirella Agostino e D'Avino Michele), iscritta al n. 203 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 27 novembre 1965.

Visti gli atti di costituzione di Cirella Agostino e D'Avino Michele e di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 1 marzo 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi l'avv. Giuseppe Di Stefano, per Cirella e D'Avino, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaele Bronzini, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento penale apertosi a carico del sig. Rocco Basilico, il Pretore di Napoli, con ordinanza del 9 giugno 1965, sollevava questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, per contrasto con gli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 41, secondo comma, della Costituzione.

La legge impugnata disciplina il rapporto tra società concessionarie di ferrovie e assuntori di stazioni, di fermate e di passaggi a livello come un rapporto di lavoro autonomo: con la conseguenza che gli assuntori sono tenuti personalmente (ancorché con danaro dell'impresa) ad osservare nei confronti dei loro "coadiutori" tutti gli obblighi, a cui soggiacciono, in virtù delle norme di tutela, previdenza e assistenza del lavoratore, i datori di lavoro.

In tal modo la legge trasformerebbe in rapporto di lavoro autonomo quello che é invece, secondo il Pretore di Napoli, un rapporto di lavoro subordinato, trasformerebbe cioè gli assuntori, da prestatori di lavoro dell'impresa concessionaria, in datori di lavoro: con ciò violerebbe l'art. 35 della Costituzione poiché appesantirebbe la posizione del lavoratore subordinato; l'art. 41, secondo comma, (che "nel quadro dell'iniziativa economica privata tutela la dignità umana") poiché consente la stipulazione di contratti in cui un prestatore d'opera (assuntore) viene elevato "al rango di datore di lavoro" d'un suo collega (coadiutore); l'art. 38 poiché fa gravare la responsabilità delle assicurazioni sociali dei coadiutori su chi é in definitiva un loro compagno di lavoro; infine l'art. 36 poiché accede alla tesi tradizionale delle imprese concessionarie di regolare i rapporti cogli assuntori attraverso singoli contratti d'assuntoria.

La difesa dei sigg. D'Avino e Cirella (parti civili nel processo penale), costituitasi con atto depositato il 17 dicembre 1965, riassume le denuncie contenute nell'ordinanza del Pretore affermando che la legge impugnata viene a frodare i lavoratori subordinati dei diritti loro riconosciuti dall'ordinamento e dall'indirizzo politico della Costituzione.

2. - Il Presidente del Consiglio é intervenuto con atto depositato il 31 agosto 1965 dall'Avvocatura dello Stato.

Secondo l'Avvocatura dello Stato l'ordinanza non indica quali disposizioni dell'intera legge n. 14 del 1965 siano affette da vizio di costituzionalità; comunque, poiché il giudizio a quo riguarda l'omesso versamento di contributi assicurativi, apparirebbero censurate soltanto quelle norme (artt. 8 e 9) che li disciplinano.

Nel merito l'Avvocatura osserva che, vigendo il R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (art. 7, lett. b), le società concessionarie regolavano i loro rapporti cogli assuntori a mezzo di contratti di assuntoria, cioè di contratti ritenuti analoghi all'appalto o comunque al lavoro autonomo; ma, dopo la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, che vieta l'appalto di mere prestazioni di lavoro, una parte (non prevalente) della giurisprudenza cominciò a qualificare i rapporti tra società concessionaria, da un lato, e assuntori e coadiutori, dall'altro, come rapporti di lavoro subordinato. Ne derivò una situazione d'incertezza, di modo che dovette intervenire il legislatore emanando appunto la legge che ora viene impugnata.

Questa legge ha esteso agli assuntori molte provvidenze di carattere sociale da cui sono assistiti i lavoratori subordinati, ma contiene anche disposizioni che sono tipiche del rapporto di appalto o, comunque, del rapporto di lavoro autonomo (articoli 4, 7, 8, 12, 16): i coadiutori vengono assunti, sia pure con il consenso dell'impresa concessionaria, dagli assuntori, che sono responsabili del loro operato e delle prestazioni assicurative; a differenza del lavoratore subordinato l'assuntore percepisce il canone dall'impresa anche nei periodi di malattia, nei quali ha facoltà di designare la persona che lo sostituisca; infine gli si possono concedere, anche in locazione, locali o suolo adiacente all'impianto. Insomma l'assuntore ha ora una posizione intermedia tra quella del lavoratore autonomo e quella del lavoratore subordinato.

Dato ciò, secondo l'Avvocatura, non c'é contrasto con l'articolo 35 della Costituzione poiché gli assuntori godono dei vantaggi dei lavoratori subordinati e, in più, di alcuni vantaggi dei lavoratori autonomi (v. artt. 7, 12, 16 citati); se rispondono dell'operato e dell'assicurazione dei coadiutori é perché questi vengono assunti da loro e perché nella determinazione del canone pagato dall'impresa concessionaria si tiene conto del salario dovuto ai coadiutori e "dei relativi oneri fiscali" (art. 7, quarto comma).

Né c'é violazione della dignità umana (art. 41 della Costituzione) nel fatto che datore di lavoro (assuntore) e lavoratore (coadiutore) svolgono in concreto una stessa attività o che la retribuzione del coadiutore sia versata dall'impresa concessionaria mentre gli ispettorati della motorizzazione stabiliscono, nell'interesse dei coadiutori, il loro numero per ciascuna assuntoria.

Non ci sarebbero infine né violazione dell'art. 38 poiché, se l'obbligo di assicurare i coadiutori grava sull'assuntore, ciò é conseguenza del fatto che questi é la controparte nel rapporto di lavoro, né violazione dell'art. 36 poiché, siccome la legge non fissa il canone dovuto agli assuntori, non c'é materia perché se ne possa giudicare l'adeguatezza.

3. - La difesa dei sigg. D'Avino e Cirella ha depositato una memoria il 14 febbraio 1967. Inessa si precisa, contro l'obiezione dell'Avvocatura dello Stato, che la denuncia riguarda l'intera legge 1965, n. 14, che del resto l'ordinanza di rinvio indica chiaramente le norme su cui principalmente si appunta il sospetto di incostituzionalità e che quella legge "crea una complessa confusione fra il concetto di lavoro autonomo e quello di lavoro subordinato".

 

Considerato in diritto

 

1. - É stata denunciata la legge 3 febbraio 1965, n. 14, perché essa, trasformando un rapporto di lavoro subordinato in rapporto di lavoro autonomo, sottrarrebbe agli assuntori di stazioni e di passaggi a livello una parte dei diritti garantiti ai lavoratori subordinati dagli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 41, secondo comma, della Costituzione.

La questione é infondata.

Innanzi tutto occorre rilevare come una legge non possa essere tacciata di illegittimità costituzionale per il solo fatto che regoli un rapporto di lavoro in modo diverso da come era disciplinato precedentemente: essa può mutarne radicalmente il contenuto sia che ciò porti l'interprete a qualificare sotto altro tipo il rapporto sia che lo costringa a vedervi un rapporto di tipo misto. Né si può dire che certe prestazioni abbiano per natura la caratteristica del rapporto di lavoro subordinato, sì che una diversa regolamentazione legislativa apparisca di per sé violatrice dei principi costituzionali: il tipo del rapporto giuridico infatti non é necessariamente quello che viene imposto da una certa concezione o da una determinata prassi economico - sociale, ma quello che risulta dalla disciplina a cui il legislatore, nell'esercizio del suo potere politico, lo ha voluto piegare. Su questa linea, del resto, tanto meno é censurabile una legge che ha avuto lo scopo e l'effetto, riconosciuti da ogni parte, di migliorare le condizioni di assuntori e coadiutori.

La violazione di norme costituzionali può derivare piuttosto da una disciplina talmente ibrida che, mentre al lavoratore si impongono prestazioni d'un certo tipo, gli si neghino i vantaggi ad esse collegati. Questo é in fondo il senso della denuncia contenuta nell'ordinanza di rinvio.

2. - Perciò non é affatto necessario che si esamini il problema se il rapporto di lavoro disciplinato dalla legge n. 14 del 1965 sia da qualificarsi come lavoro autonomo o subordinato oppure misto. L'importante é che essa, sottoponendo gli assuntori o i coadiutori ad oneri tipici del lavoro subordinato, non tolga loro alcuni dei diritti che vi sono costituzionalmente connessi. Sotto questo aspetto le disposizioni, che hanno fatto sorgere il dubbio nel giudice a quo, sono quelle riguardanti la responsabilità dell'assuntore per l'operato e per la tutela, segnatamente previdenziale e assistenziale, dei propri coadiutori (artt. 4 e 8); ma in realtà nessuna delle due disposizioni (v. anche art. 13, primo comma) ha un contenuto che offenda principi o norme costituzionali.

Infatti che il lavoratore, sia pure subordinato, risponda del comportamento d'un altro lavoratore (tanto più se assunto da lui) non é raro né abnorme (ad es. si pensi a prestatori d'opera legati fra loro da rapporto gerarchico); né é un onere di cui possa dirsi che avvilisca la personalità del primo o del secondo o che sia sproporzionato al compenso a cui l'assuntore ha diritto (v. artt. 35, 36 della Costituzione): compenso, del quale la legge non dà la misura, ma garantisce l'adeguatezza (art. 7), e che perciò non abbandona all'arbitrio del concessionario, ma ne esige la determinazione, in primo luogo, col mezzo degli accordi collettivi.

Quanto poi all'obbligo di previdenza e assistenza verso i propri coadiutori, si può escludere che esso appesantisca eccessivamente la posizione dell'assuntore poiché é certo che non importa per lui sacrifici economici: i contributi assicurativi infatti sono pagati dal concessionario, sì che l'art. 36 della Costituzione é fuori causa; e, siccome tanto l'assuntore quanto il coadiutore sono assicurati a spese dello stesso concessionario neanche l'art. 38 é colpito dalla legge denunciata. Né, riguardo ai coadiutori, data la natura del servizio, incombono altri obblighi di particolare gravità.

L'ordinanza di rinvio vede un'offesa alla dignità umana nel fatto che un lavoratore (l'assuntore) sia trattato o considerato in qualche modo come datore di lavoro di chi svolge analoghe funzioni (coadiutore); ma la dignità umana può essere offesa dalla esiguità della retribuzione o dalla sconvenienza o durezza del luogo o delle condizioni di lavoro; non dall'esistenza di per sé d'un rapporto di preminenza fra lavoratore e lavoratore o d'un certo grado di responsabilità dell'uno per l'operato e nei confronti dell'altro né dalla semplice qualifica del primo come datore di lavoro del secondo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, recante norme sulla "Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie esercitate in regime di concessione", proposta, in riferimento agli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 41, secondo comma, della Costituzione, con l'ordinanza del Pretore di Napoli citata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1967.

 

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI  

 

 

Depositata in cancelleria il 24 aprile 1967.