Sentenza n. 24 del 1967
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SENTENZA N. 24

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 18 giugno 1931, n. 987, promosso con ordinanza emessa il 27 luglio 1965 dal Pretore di Strambino nel procedimento penale a carico di Actis Giorgetto Felice, iscritta al n. 177 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 25 settembre 1965.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 14 dicembre 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale, promosso contro Actis Giorgetto Felice per avere posto in vendita grano da semina senza essere in possesso dell'autorizzazione prefettizia, il Pretore di Strambino ha sollevato di ufficio, con ordinanza del 27 luglio 1965, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 18 giugno 1931, n. 987, perché in contrasto col principio di libertà della iniziativa economica privata, garantito dall'art. 41 della Costituzione.

Secondo l'ordinanza non sono indicate dalla legge né sussistono le ragioni di utilità sociale che, per l'art. 41 della Costituzione, renderebbero legittima detta autorizzazione, la quale non é altro se non un limite alla libertà di iniziativa economica privata. Inoltre, sarebbe violata la riserva di legge prevista dal terzo comma dell'art. 41 poiché la norma non fissa né gli scopi perseguiti, né i requisiti, né i criteri cui deve essere informato il provvedimento del prefetto, sicché l'autorità amministrativa viene a godere di una discrezionalità illimitata.

L'ordinanza é stata notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 25 settembre 1965. Nel presente giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

L'avvocato dello Stato ritiene che la questione sia infondata dal momento che da tutto il contesto della legge in discussione possono ricavarsi sufficienti indicazioni circa i criteri che l'autorità amministrativa deve seguire per concedere o negare la ripetuta autorizzazione, mentre é facile comprendere a quali scopi di utilità sociale é preordinato il controllo.

Inoltre, dal coordinamento fra le varie norme, che compongono il testo di legge ed in modo particolare da quelle relative al parere del Commissario provinciale per le malattie delle piante ed ai successivi controlli, risulta che non fa difetto quel minimo di determinazione di criteri direttivi idonei ad evitare che l'autorità incida - compatibilmente con la natura tecnica della materia in esame - sui fondamentali diritti di libertà garantiti dall'art. 41 della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

L'art. 1 della legge 18 giugno 1931, n. 987, che prescrive l'autorizzazione prefettizia per l'impianto di vivai e per il commercio di piante e di semi, violerebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 41 della Costituzione, sia perché siffatta autorizzazione dovrebbe verificare se l'iniziativa economica sia o meno contrastante con l'utilità sociale o con gli altri interessi espressamente tutelati dal precetto costituzionale; sia perché, in ogni caso, non sarebbe rispettata la riserva di legge per delimitare la discrezionalità della pubblica amministrazione dal momento che la norma non stabilisce né i criteri né i requisiti occorrenti per il rilascio dell'autorizzazione.

La Corte rileva che l'imposizione di limiti alla libera iniziativa privata, nel caso in esame, é legittimata dalla sussistenza di particolari motivi di utilità sociale, i quali risultano dal complesso delle norme della legge impugnata, emanata allo scopo di difendere le piante ed i semi dalle "cause nemiche". Nel caso in esame il legislatore ha adottato misure particolari perché i vivai di piante ed i semi siano immuni da malattie e da parassiti diffusibili o pericolosi; ha vietato la vendita di prodotti ritenuti infetti, dei quali in taluni casi può essere ordinata la distruzione; e ha dettato norme speciali per il commercio e per l'esportazione di tali prodotti.

Per raggiungere questi scopi, i vivai e gli stabilimenti relativi vengono sottoposti alla vigilanza di speciali organi dipendenti dal Ministero dell'agricoltura, ed in relazione a tale controllo é prescritta la preventiva autorizzazione prefettizia di cui all'art. 1. Ed appare evidente che la protezione delle piante e dei semi contro le malattie e contro la diffusibilità di esse risponde all'interesse generale dell'agricoltura, nei riflessi di un continuo miglioramento della produzione, dell'aumento del reddito, e del commercio all'interno ed all'estero.

La questione non é fondata neppure sotto il profilo del rispetto della riserva di legge, quando si tratti di limitare il diritto di libertà dell'iniziativa economica privata. Come ha già deciso questa Corte, "riferendosi i limiti di cui si tratta a diritti su mezzi o su attività rivolte alla produzione economica, la riserva di legge di cui all'art. 41 in parola non esige che l'intera disciplina dei rapporti venga regolata con atto normativo del Parlamento, dovendosi ritenere sufficiente che questo determini i criteri e le direttive atte a contenere in un ambito ben delineato l'esercizio tanto dell'attività normativa secondaria quanto di quella particolare e concreta di esecuzione affidata al Governo, evitando che esse si svolgano in modo assolutamente discrezionale" (sentenza n. 4 del 1962).

E la norma impugnata soddisfa a questa esigenza. Il provvedimento del Prefetto non soltanto deve essere circoscritto dai limiti segnati dagli scopi che la legge si prefigge e che costituiscono criteri precisi per dirigere l'attività della pubblica Amministrazione; ma deve altresì essere emesso su parere favorevole del Commissario provinciale per le malattie delle piante. Questo parere, evidentemente di carattere tecnico, collegato con la segnalazione della concessione al Ministero dell'agricoltura per il successivo controllo, appare sufficiente a delimitare la sfera di discrezionalità amministrativa in ordine ai requisiti che debbono essere tenuti presenti ai fini del rilascio o meno dell'autorizzazione. Ed é soltanto nell'ambito di siffatti criteri che la legge consente una limitazione degli operatori economici del settore, in funzione di un più efficiente controllo volto ad evitare preventivamente che siano posti in commercio piante e semi deteriorati.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 18 giugno 1931, n. 987 (norme per la difesa delle piante coltivate e dei prodotti agrari dalle "cause nemiche"), sollevata in riferimento all'art. 41 della Costituzione, con ordinanza del Pretore di Strambino del 27 luglio 1965.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 febbraio 1967.

 

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI  

 

Depositata in cancelleria il 9 marzo 1967.