Sentenza n. 23 del 1967
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 SENTENZA N. 23

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale siciliana 18 marzo 1966 recante "Interpretazione autentica dell'art. 28 della legge regionale 10 agosto 1965, n. 21, concernente trasformazione dell'E.R.A.S. in E.S.A." promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 26 marzo 1966, depositato in cancelleria il 5 aprile successivo ed iscritto al n. 7 del Registro ricorsi 1966.

Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1966 la relazione del Giudice Antonio Manca;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Commissario dello Stato, e l'avv. Pietro Virga, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato al Presidente della Regione siciliana il 26 marzo 1966, il Commissario dello Stato impugnava la legge approvata dall'Assemblea regionale il 18 marzo 1966, interpretativa dell'art. 28 della precedente legge regionale del 10 agosto 1965, n. 21, concernente la trasformazione dell'E.R.A.S. nell'E.S.A. (Ente sviluppo agricolo).

Il Commissario deduceva tre motivi:

1) la legge impugnata avrebbe carattere innovativo di quella precedente, perché non farebbe riferimento ai principi dell'impiego statale, come previsto dall'art. 28 della precedente legge del 1965;

2) la legge, per stabilire il trattamento economico del personale, si riporterebbe, nel suo contenuto, ad atti amministrativi (fra i quali le deliberazioni dell'E.R.A.S.) non conosciuti, così da consentire il controllo costituzionale anche ai fini del maggior onere finanziario a carico della Regione;

3) la mancanza della previsione di tale onere importerebbe anche la violazione dell'art. 81 della Costituzione.

L'Avvocatura dello Stato, regolarmente costituita in questa sede, ha depositato una memoria in data 15 novembre 1966 ad illustrazione del ricorso. Sostiene che la legge impugnata, e specialmente l'art. 2, sarebbe innovativa e non già interpretativa dell'art. 28 della precedente legge del 1965. Rileva, al riguardo, che, mentre in base a questa disposizione, il trattamento giuridico ed economico del personale impiegatizio e salariato dell'E.S.A. (eccetto che per il direttore generale), avrebbe dovuto ispirarsi ai principi dell'impiego statale, con salvezza, in via transitoria del trattamento goduto alla data della trasformazione dell'ente nella legge impugnata, invece, si farebbe riferimento, per determinare tale trattamento ad atti amministrativi (e deliberazioni dell'E.R.A.S.) non conosciuti, e, per di più, con una riserva di fatto a favore di ciascun dipendente per il trattamento economico in concreto attribuitogli all'atto della trasformazione dell'Ente.

In tutto ciò la difesa dello Stato riscontra motivo di incostituzionalità, in quanto le Regioni, neppure nell'esercizio della competenza legislativa, così detta esclusiva, potrebbero emanare norme con efficacia retroattiva, violando il principio fondamentale dell'ordinamento (art. 11 delle preleggi) secondo il quale la legge ha effetti per l'avvenire.

Secondo l'Avvocatura sussisterebbe anche la violazione dell'art. 81 della Costituzione, perché mancherebbe ogni previsione per la copertura delle nuove e maggiori spese, a carico del bilancio regionale. A nulla rilevando che si tratterebbe di spese a carico di un ente diverso dalla Regione, perché sarebbe la Regione ad assumere quasi interamente le spese stesse, come risulterebbe dagli artt. 33 e 34 della legge 10 agosto 1965, n. 21. Conclude quindi perché, in accoglimento del ricorso, si dichiari l'illegittimità della legge impugnata.

Resiste al ricorso la Regione, rappresentata dall'avv. Pietro Virga che ha depositato le deduzioni il 23 aprile 1966.

Quanto al primo motivo ne eccepisce preliminarmente l'inammissibilità, perché non sarebbe dedotta alcuna violazione di disposizioni della Costituzione o dello Statuto, bensì, in sostanza, un contrasto con una precedente legge, emanata dalla stessa Regione nella sua competenza legislativa primaria. Si conferma trattarsi di legge interpretativa e si aggiunge che comunque, se anche si trattasse di una legge innovativa e non interpretativa, ciò non importerebbe alcun vizio di incostituzionalità.

Nel merito il motivo sarebbe infondato, perché l'art. 28 della citata legge regionale del 1965, avrebbe fatto riferimento, ai principi dell'impiego statale soltanto per la posizione giuridica del personale del nuovo Ente, mentre il trattamento economico si riferirebbe a quello già fatto dall'E.R.A.S., e questo, a sua volta, sarebbe conforme ai criteri seguiti dalla Regione (e non contestati) per il trattamento economico per i suoi dipendenti. Sarebbe pertanto logico in conseguenza che a questo ultimo trattamento si sia ispirata anche la legge del 1965 e quella interpretativa del 1966. Le quali, d'altra parte, non conterrebbero altro che le direttive a cui, per il trattamento stesso, dovrebbe uniformarsi l'amministrazione dell'Ente nella cui competenza rientrerebbe ogni provvedimento da emanare al riguardo.

Anche il secondo motivo sarebbe inammissibile o comunque infondato.

Inammissibile, perché nessuna censura di incostituzionalità potrebbe riscontrarsi nell'avere la legge richiamato e fatti propri atti amministrativi regolarmente approvati.

Sarebbe d'altra parte infondato, perché, con la legge impugnata, non si sarebbero richiamati atti amministrativi sconosciuti, bensì il regolamento organico dell'E.R.A.S. e si sarebbero dettati, precisandoli in relazione all'art. 28 della legge regionale del 1965, i principi ispiratori ed i limiti per il nuovo trattamento economico del personale, che é riservato all'Ente, mentre la legge regionale si sarebbe limitata ad indicare i principi stessi.

Nessuna violazione, d'altra parte, si riscontrerebbe in riferimento all'art. 81 della Costituzione, perché la legge, dato il suo carattere interpretativo, nessun aggravio porterebbe al bilancio regionale, oltre la spesa già preveduta dalla precedente legge del 1965; essendo da considerare, d'altra parte, che si é in presenza di un bilancio autonomo come quello dell'Ente, sebbene vi contribuisca anche la Regione; ed essendo da tenere presente altresì la funzione stessa attribuita alla nuova legge, che escluderebbe di per sé un aumento di spesa. Conclude in conseguenza perché si dichiari inammissibile o comunque infondato il ricorso.

La difesa della Regione ha depositato, il 21 novembre 1966, anche una memoria illustrativa delle tesi enunciate nelle deduzioni, confermando le conclusioni adottate. Insiste nell'assunto che la legge impugnata avrebbe soltanto le finalità di precisare quale dovrebbe essere il trattamento economico preveduto nel primo comma della legge del 1965.

Per quanto attiene alla dedotta violazione dell'art. 81 della Costituzione, conferma il concetto che, nella specie, date le accennate finalità della nuova legge, non sussisterebbe una maggiore spesa gravante sul bilancio della Regione, poiché gli oneri finanziari riguardanti il personale dell'E.S.A. graverebbero invece sul bilancio dell'Ente, distinto da quello della Regione. La legge impugnata, per questa parte, non ha fatto che confermare e specificare l'onere cui si riferisce l'art. 28 della citata legge del 1965: situazione che si verificherebbe anche se si ammettesse, in ipotesi, il carattere innovativo della legge impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. - É opportuno premettere che la censura mossa dal Commissario dello Stato con il primo motivo del ricorso, non riguarda la questione, sollevata dall'Avvocatura, se alla Regione sia consentito o meno emanare, anche nella sua competenza legislativa primaria, leggi con efficacia retroattiva.

La censura invece si limita a dedurre che la legge impugnata, approvata dall'Assemblea regionale il 18 marzo 1966, anziché interpretativa (come indicata nell'intestazione), sarebbe innovativa rispetto all'art. 28 della precedente legge regionale n. 21 del 10 agosto 1965 (concernente la trasformazione dell'E.R.A.S. nell'E.S.A.). Ciò perché, per il trattamento del personale, non farebbe riferimento ai principi del rapporto di impiego dello Stato, come sarebbe prescritto dal detto art. 28.

La censura peraltro non ha fondamento, in quanto, anche se la legge impugnata avesse il carattere sostenuto dal Commissario ricorrente, non ne risulterebbe violata alcuna norma o principio costituzionale.

Dati quindi i termini nei quali é stato formulato il motivo del ricorso, non può ritenersi richiamato a proposito l'art. 11 delle preleggi; a parte il rilievo che il principio della non retroattività della legge é stato, com'é noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (art. 25 della Costituzione).

2. - É pure infondato il secondo motivo. Lo é se la censura si considera per se stessa, perché non é dato riscontrare alcuna illegittimità costituzionale nel fatto che una legge faccia riferimento anche ad atti o documenti di carattere amministrativo.

Ciò potrà se mai rendere meno agevole l'interpretazione della legge stessa, ma non pone in essere questione di costituzionalità.

La censura, d'altra parte, appare altresì infondata, se la si collega col terzo motivo (che riguarda la violazione dell'art. 81 della Costituzione), in quanto cioè l'accennata formulazione, secondo l'assunto del ricorrente, non consentirebbe di accertare la rilevanza del maggior onere finanziario, che verrà eventualmente ad assumere direttamente l'Ente e indirettamente la Regione, per i contributi che deve erogare al riguardo.

Tale censura infatti resta superata dal considerare che, nella legge impugnata, non si riscontra la violazione del citato art. 81. Non si contesta, infatti, che l'E.S.A. (già E.R.A.S.) costituisca un ente pubblico, con amministrazione e bilancio distinti da quelli della Regione. La quale, come risulta dall'art. 33 della legge regionale n. 21 del 1965, non assume direttamente l'onere finanziario relativo all'attuazione dei compiti affidati all'Ente, ma vi contribuisce con erogazioni a carico del proprio bilancio, nei limiti e nei modi indicati dal predetto art. 33, e che qui non vengono in discussione.

Ciò posto, se nella legge impugnata, come si assume nel terzo motivo del ricorso, non é preveduta alcuna copertura per la maggiore spesa eventualmente derivante dalle nuove disposizioni, ciò non importa illegittimità costituzionale. La maggiore spesa, infatti, data l'autonomia del bilancio del nuovo Ente, graverà sul bilancio del medesimo; e soltanto se tale maggior onere renderà necessario un maggior contributo finanziario da parte della Regione, questa, con apposita legge, potrà provvedere all'aumento del contributo medesimo ed alla necessaria copertura.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni proposte dal Commissario dello Stato presso la Regione siciliana, con ricorso del 26 marzo 1966, notificato in pari data al Presidente della Regione siciliana, sulla legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale il 18 marzo 1966, intrepretativa dell'art. 28 della legge regionale 10 agosto 1965, n. 21, concernente trasformazione dell'E.R.A.S. in E.S.A., in riferimento all'art. 81 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 febbraio 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI 

 

Depositata in cancelleria il 9 marzo 1967.