Sentenza n. 94 del 1966
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SENTENZA N. 94

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 6, quarto comma, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, recante "Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche", promossi con ordinanza emessa il 3 febbraio 1965 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra l'Ente nazionale per l'energia elettrica (E.N.EL.), la Società emiliana esercizi elettrici (S.E.E.E.), la Società Edison, Guazzo Aldo e Vicini Giuseppe, e con tre ordinanze emesse l'8 febbraio 1965 dal Tribunale di Genova nei procedimenti civili vertenti tra l'E.N.EL., la Società Edison, la Società Compagnia imprese elettriche liguri (C.I.E.L.I.) e la Società italiana partecipazioni industriali (ITAL.P.I.), iscritte ai nn. 94, 98, 99 e 100 del Registro ordinanze 1965 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 19 giugno 1965.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione dell'E.N.EL., delle Società Edison, S.E.E.E., C.I.E.L.I. e ITAL.P.I., di Guazzo Aldo e Vicini Giuseppe;

udita nell'udienza pubblica del 31 maggio 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

uditi gli avvocati Giuseppe Ferri, Rosario Nicolò e Antonio Sorrentino, per le società elettriche e per Guazzo Aldo e Vicini Giuseppe, gli avvocati Francesco Santoro Passarelli, Mario Nigro, Leopoldo Piccardi ed Ercole Graziadei, per l'E.N.EL., ed il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Ente nazionale per l'energia elettrica (E.N.E.L.) conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Parma la Società emiliana esercizi elettrici (S.E.E.E.) e la Società Edison per ottenere, previe le declaratorie del caso, il pagamento della somma di lire 583.431.558, saldo di un conto che la S.E.E.E. aveva costituito presso la Società Edison, disponendo che dovesse intendersi ad ogni effetto vincolato a favore degli aventi diritto. A sostegno della domanda, l'E.N.E.L. adduceva trattarsi per la maggior parte di somma ad esso spettante perché accantonata, in base a deliberazione assembleare del 3 aprile 1963 per la distribuzione agli azionisti di utili dell'esercizio sociale 1962, eccedenti il limite del 5,50 per cento disposto dal quarto comma dell'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643.

Costituitesi in giudizio le società convenute, ed intervenuti anche gli azionisti della S.E.E.E. ing. Aldo Guazzo e signor Giuseppe Vicini, costoro contestavano la fondatezza della domanda ed in particolare - contro la pretesa dell'E.N.E.L. avanzata sulla quota accantonata dei dividendi eccedenti il suindicato limite legale - eccepivano l'incostituzionalità del quarto comma del ripetuto art. 6, in quanto il divieto di distribuzione di una parte degli utili attuerebbe una espropriazione senza indennizzo, in danno degli azionisti.

Con ordinanza del 3 febbraio 1965, il Tribunale di Parma, dichiaratane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del quarto comma dell'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in riferimento agli artt. 42, 43, 47 e 3 della Costituzione.

Secondo l'ordinanza, la norma denunziata inciderebbe direttamente sul diritto individuale degli azionisti al dividendo: essendo gli azionisti i naturali e necessari destinatari degli utili realizzati con l'attività sociale, ove si addivenga al riparto, soltanto i soci (e non soggetti diversi quali l'E.N.E.L.) ne possono fruire. Essi divengono, appena posto in essere l'atto formale della deliberazione di distribuzione, creditori della Società ai sensi degli artt. 2247 e 2350 del Codice civile, anche nel caso in cui la deliberazione di approvazione del bilancio per l'esercizio del 1962, e di distribuzione degli utili sia posteriore al trasferimento delle imprese elettriche all'E.N.E.L.

Dopo avere confutato la tesi dell'E.N.E.L. , secondo cui: a) la norma limitativa della distribuzione degli utili dell'esercizio 1962 non sarebbe altro che un aspetto del sistema di indennizzo per la espropriazione avente ad oggetto tutta l'impresa; b) e troverebbe il suo corrispettivo in una disposizione largamente riequilibratrice quale é quella dell'assunzione a carico dell'E.N.E.L. , delle eventuali perdite dell'ultimo esercizio precedente la espropriazione dell'impresa elettrica, l'ordinanza pone in rilievo che occorre tenere presente l'estraneità, alla impresa espropriata, degli utili maturatisi nel 1962 ed acquisiti a favore degli azionisti; e conclude che la norma impugnata concreta una sostanziale espropriazione di beni in danno degli azionisti. Pertanto, essa violerebbe:

1) l'art. 43, in quanto la devoluzione all' E.N.E.L. , della quota eccedente il 5,50 per cento non potrebbe giustificarsi se non col considerare la quota stessa come elemento patrimoniale dell'impresa trasferita, il che non sembra giuridicamente esatto;

2) l'art. 42, perché l'espropriazione degli utili suddetti non sarebbe giustificata da motivi di interesse generale (così come é stato ritenuto per le imprese elettriche) e perché la norma in esame concreterebbe un esproprio senza indennizzo e, comunque, una forma aleatoria e non seria e concreta di indennizzo;

3) l'art. 47, che assegna allo Stato il compito di tutelare il risparmio e di favorire l'accesso del risparmio popolare allo investimento azionario dei grandi complessi produttivi del paese. E l'inclusione coattiva nella impresa degli utili del 1962, imporrebbe all'azionista un sacrificio non necessario, oltre che estraneo agli interessi tutelati dall'art. 47;

4) l'art. 3, in quanto la norma creerebbe disparità di trattamento rispetto alle società miste, che sono quelle che non esercitano in via esclusiva e principale l'attività elettrica, per le quali non vige il divieto di cui trattasi e rispetto alle società per azioni non quotate in borsa, alle quali non si dovrebbe applicare il divieto stesso.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 19 giugno 1965.

Nel giudizio dinanzi questa Corte, si sono costituiti la Società emiliana esercizi elettrici, la Edison, l'E.N.E.L. , e gli azionisti sig. Guazzo e sig. Vicini. É intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

In altri analoghi procedimenti civili, promossi dall'E.N.E.L. , contro la Società Compagnia imprese elettriche liguri (C.I.E.L.I.) e la Società Edison; e contro la Società italiana partecipazioni industriali (ITAL.P.I.) e la Edison, il Tribunale di Genova con ordinanze dell'8 febbraio 1965, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dello stesso quarto comma dell'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in riferimento però soltanto all'art. 42 della Costituzione.

Premesse considerazioni analoghe a quelle dell'ordinanza del Tribunale di Parma, e dopo avere affermato che la limitazione degli utili spettanti ai soci delle imprese elettriche trasferite all'E.N.E.L. , concreta una vera espropriazione senza indennizzo, il Tribunale osserva che, in riferimento agli artt. 41, 43, 47 e 3 della Costituzione la questione é manifestamente infondata. Essa sarebbe invece fondata in riferimento all'art. 42, per le medesime ragioni addotte dal Tribunale di Parma.

Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 19 giugno 1965. E, nel giudizio innanzi questa Corte, si sono costituite le Società C.I.E.L.I., ITAL.P.I., Edison e l'E.N.E.L.

Con gli atti di costituzione e con la memoria del 16 maggio 1966 i difensori della Edison e delle altre Società elettriche rilevano che le censure di incostituzionalità hanno per presupposto che la legge, stabilendo il divieto di attribuzione agli azionisti di un dividendo superiore al 5,50 per cento abbia disposto l'avocazione della differenza all'E.N.E.L. Il che non sarebbe esatto, perché, in conformità ad analoghe precedenti limitazioni disposte per legge di utili spettanti agli azionisti, la parte non distribuita dovrebbe rimanere nel patrimonio e nella disponibilità della società. Anche la Commissione ministeriale, formata a norma dell'art. 5 della legge di nazionalizzazione delle imprese elettriche per esaminare i ricorsi contro le liquidazioni effettuate dall'E.N.E.L. , con la decisione n. 76 del 16 ottobre 1965, ha stabilito che "la quota di utili non distribuiti si traduce in un apporto coatto (ex lege) di quote di capitale da parte degli azionisti, che ne erano i destinatari, a favore della società; apporto che va computato in applicazione dell'art. 5 n. 3, prima parte, della legge di nazionalizzazione".

Questa interpretazione della norma impugnata farebbe cadere automaticamente ogni questione di legittimità costituzionale.

Esaminando le questioni di legittimità proposte dall'ordinanza, gli stessi difensori osservano che, dal coordinamento degli artt. 4, n. 11 e 6, n. 4 della legge di nazionalizzazione nonché dell'art. 5 del D.P.R. n. 342 del 18 marzo 1965 si deduce che l'esercizio dell'anno 1962 é di pertinenza delle società, e che quindi gli utili conseguiti in tale esercizio non sono compresi nella espropriazione delle imprese elettriche. Perciò la pretesa dell'E.N.E.L. , di far propria la differenza di utili superiore al 5,50 per cento si traduce in una confisca a danno degli azionisti con la conseguente violazione degli artt. 42, 47 e 3 della Costituzione.

L'E.N.E.L. , chiede, in primo luogo, che gli atti siano rimessi al giudice a quo per un riesame della rilevanza della questione di legittimità costituzionale per la decisione dei processi principali. Tale rilevanza sarebbe insussistente per un duplice motivo.

L'E.N.E.L. , aveva proposto soltanto una azione di restituzione di somme depositate presso terzi. Le società sono creditrici della Edison delle somme depositate, ed essendo siffatti crediti caduti nel trasferimento all'E.N.E.L. dei "rapporti giuridici" delle imprese elettriche, l'E.N.E.L. , é diventato, in forza di tale trasferimento, creditore della Edison. Poiché sul deposito é stato imposto unilateralmente un vincolo a favore degli aventi diritto (gli azionisti) il giudice deve decidere se siffatto vincolo abbia validità ed efficacia oppure no.

La rilevanza sarebbe insussistente anche sotto un altro aspetto. La norma impugnata si presenta come un elemento della complessa operazione espropriativa delle imprese elettriche, una modalità necessaria e consequenziale al sistema adottato di determinazione dell'indennizzo, previsto dagli artt. 4, 5 e 6. Pertanto l'esame di legittimità della stessa può trovare ingresso soltanto nel caso in cui il giudice debba decidere questioni relative all'indennizzo; ma nessuna domanda del genere é stata proposta dall'E.N.E.L.

L'E.N.E.L. , contesta infine che la norma impugnata possa configurare un caso di espropriazione di un bene in danno degli azionisti. Effettuando dei depositi presso la Società Edison, le varie società elettriche hanno costituito in loro favore un diritto di credito che continua ad essere un elemento del loro patrimonio sociale. La qualificazione del deposito non poteva produrre l'effetto di separare, di distaccare la somma dal patrimonio della società e di trasferirla agli azionisti, perché gli utili della società non possono assumere una loro individualità. Essi invece si concretano in una differenza di valore del patrimonio sociale da un esercizio all'altro, e non possono costituire altro che un diritto di credito dell'azionista nei confronti della società per il pagamento del dividendo. Dunque, la norma impugnata non può configurare un'espropriazione, ma, limitando la libera disponibilità di ciò che é stato trasferito all'E.N.E.L. , essa regola i rapporti fra imprese espropriare ed E.N.E.L.

Non sussistono pertanto le denunziate violazioni di norme costituzionali, neppure in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal momento che la legge ha stabilito un metodo di indennizzo completamente diverso, a seconda che le società per azioni siano o non siano quotate in borsa oppure non esercitino in modo esclusivo o prevalente l'attività elettrica.

Anche l'avvocato generale dello Stato chiede che, ove la Corte non ritenga di dovere rimettere gli atti al giudice a quo per il riesame della rilevanza, dichiari non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta. É d'avviso che la norma impugnata si inserisce nel sistema di determinazione e di pagamento dell'indennizzo, tanto che la percentuale di utili spettanti agli azionisti non va calcolata sul valore nominale delle azioni, ma sul valore di indennizzo in base ai criteri indicati dall'art. 5, n. 1, della legge di nazionalizzazione; che il diritto di credito, derivante dal deposito delle somme presso la Edison, é compreso fra i rapporti giuridici trasferiti all'E.N.E.L. ; che la limitazione dei dividendi dell'esercizio 1962 non é altro se non una misura cautelare atta a garantire e conservare la consistenza della impresa fino al momento del trapasso, e che la norma impugnata va posta in relazione con le disposizioni dell'art. 12 della legge di nazionalizzazione, aventi lo scopo di tutelare la conservazione e manutenzione degli impianti, la buona gestione delle imprese, e la conservazione del patrimonio e della efficienza produttiva delle stesse fino al momento in cui non vengono consegnate all'E.N.E.L.

 

Considerato in diritto

 

1. - Tanto l'ordinanza del Tribunale di Parma quanto quelle del Tribunale di Genova sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale del quarto comma dell'art. 6 della legge di nazionalizzazione delle imprese elettriche 6 dicembre 1962, n. 1643, nella parte in cui dispone che le società azionarie relative ad imprese assoggettate a trasferimento, esercenti in via esclusiva o principale attività elettriche, non possono - per l'esercizio 1962 - distribuire dividendi superiori al 5,50 per cento, calcolati sul valore di indennizzo dell'impresa: la prima, denunzia la violazione degli artt. 42, 43, 47 e 3 della Costituzione, le altre, la violazione del solo art. 42. Trattandosi della stessa questione le cause vanno riunite e decise con unica sentenza.

2. - L'E.N.E.L. , ha chiesto preliminarmente che gli atti vengano restituiti al giudice a quo per un riesame della rilevanza della questione, ma la Corte non può accogliere questa domanda, dal momento che le ordinanze espongono, con adeguata e sufficiente motivazione, le ragioni per le quali si ritiene che, per decidere la controversia fra le parti, occorra applicare la norma, sulla quale sorgono dubbi di legittimità costituzionale. E questa Corte conformemente ad un principio costantemente affermato non ha motivo di sindacare le ragioni addotte a sostegno di tale giudizio.

3. - Va innanzi tutto osservato che la questione di legittimità costituzionale é prospettata esclusivamente sotto il profilo dei diritti degli azionisti sulle eccedenze rispetto al limite legale dei dividendi, nel senso che la quota di utili sottratta in tal modo ai soci delle imprese elettriche trasferite all'E.N.E.L. concreta una sostanziale espropriazione senza indennizzo. Di conseguenza tale prospettazione, che segna precisi limiti alla indagine di questa Corte, preclude che i rapporti fra società espropriate ed E.N.E.L. , siano presi in esame anche limitatamente alle eccedenze di utili.

Solo per il fatto che le parti hanno discusso e proposto subordinate domande anche attinenti a tali rapporti, é opportuno rilevare che - non avendo le ordinanze proposto alcuna questione di legittimità delle norme riguardanti l'indennizzo attribuito alle società - l'indagine se le asserite eccedenze di utili spettino all'E.N.E.L. , oppure alle società si riduce all'esame se siano, oppure no, comprese fra i beni espropriati, esame questo che non investe alcun problema di costituzionalità.

4. - La questione é infondata.

Non può porsi in dubbio che, per le società interessate nel presente giudizio, l'esercizio relativo all'anno 1962 é considerato di transizione, nella complessa procedura di trasferimento dell'impresa all'E.N.E.L.

Dalla norma del numero 1 dell'art. 5 che stabilisce l'indennizzo in misura pari alla media dei valori del capitale azionario secondo le quotazioni di borsa del triennio 1 gennaio 1959-31 dicembre 1961, e dalle altre norme le quali dispongono il trasferimento della gestione all'E.N.E.L. , a decorrere dal 1 gennaio 1963, deriva la necessità di disciplinare la gestione stessa nel periodo intermedio, compreso fra il momento della determinazione dell'indennizzo e quello dell'effettivo trasferimento dell'impresa, tenendo anche di mira la finalità di evitare eventuali diminuzioni della consistenza economica e patrimoniale della società.

Il carattere di transitorietà di tale gestione, che era esplicito nel progetto di legge, é rimasto - per le suindicate ragioni - anche dopo le modifiche apportate al progetto, in sede parlamentare, allorquando - in considerazione dello scorrimento di un semestre del trasferimento - si é disposto che le società di cui trattasi provvedano alla redazione del bilancio e del conto profitti e perdite, per l'esercizio 1962 con il divieto di distribuire utili superiori al 5,50 per cento.

5. - Il limite si spiega con un duplice ordine di considerazioni. Da un canto l'E.N.E.L. , assumeva a proprio carico il rischio di eventuali perdite nel corso dell'esercizio del 1962, come risulta e dai lavori preparatori e dalla norma dell'art. 5, n. 3, della legge di nazionalizzazione; la quale, soltanto per le società diverse da quelle con azioni quotate in borsa, dispone che dal valore d'indennizzo siano portate in detrazione le perdite attinenti agli esercizi successivi al 1960.

D'altro canto, sia per il Codice civile che per la legge 4 marzo 1958, n. 151, la formazione del bilancio e la determinazione degli utili comportano complesse valutazioni delle assemblee delle singole società, di cui, per la loro natura, sarebbe stato difficile un sostanziale controllo; onde la necessità di fissare un limite al potere deliberativo di quelle assemblee, superato il quale avrebbe potuto sorgere il pericolo di vedere diminuita la consistenza economica del complesso trasferibile all'E.N.E.L. , mediante un eccessivo distacco di beni, o mediante un qualunque altro accorgimento contabile.

La limitazione disposta dalla norma impugnata fa parte di quel sistema, cui si ispira la legge, inteso ad ovviare al pericolo predetto, ed immediatamente realizzato con le misure cautelari previste dall'art. 12; responsabilità dei legali rappresentanti delle società soggette a trasferimento per la conservazione e manutenzione degli impianti, nonché per la buona gestione delle imprese stesse; e nullità degli atti in qualsiasi forma compiuti dopo il 31 dicembre 1961, che abbiano comunque diminuito la consistenza economica e patrimoniale o l'efficienza produttiva e tecnica delle imprese stesse. Tale sistema, protettivo delle finalità perseguite dalla legge di nazionalizzazione, non può qualificarsi di carattere espropriativo, come invece hanno ritenuto le ordinanze di rimessione.

La legge, mediante la limitazione contenuta nella norma denunciata, ha compiuto una valutazione approssimativa di ciò che (in base agli accertamenti degli utili conseguiti negli anni precedenti al 1962, di quelli concernenti gli utili distribuiti negli anni stessi, e dell'andamento della gestione di transizione) era prevedibile che si potesse distribuire. E tenute nel debito conto le esigenze delle società e le finalità della legge di nazionalizzazione, ha utilizzato un rimedio, quale é quello della limitazione del potere dell'assemblea di ripartire utili ai soci, che, a scopi diversi, altra volta l'ordinamento giuridico ha predisposto, senza che mai si sia ricondotto all'istituto della espropriazione, o più genericamente a quello del trasferimento coattivo; e che, nemmeno nell'applicazione fattane mediante la norma denunciata, ha assunto carattere ablativo. Il limite corrisponde per altro ad una media corrente, e segue l'indirizzo della legge speciale, rapportandosi a quel 5,50 per cento che l'E.N.E.L. , deve corrispondere come interessi sull'indennizzo a decorrere dal 1 gennaio 1963, data di inizio della sua gestione.

La limitazione di cui si discute si inserisce, se mai, fra quelle che la legge può apportare ai diritti individuali per assicurarne l'esercizio secondo una funzione sociale; funzione che - nella specie - si realizza in quei fini di utilità generale che la legge si é proposta di raggiungere.

6. - Dimostrato che la gestione dell'esercizio 1962 si caratterizza come gestione transitoria fra quella propriamente privata delle società e quella pubblica dell'E.N.E.L. , la Corte rileva che nel determinare la particolare necessaria disciplina nei modi e nelle forme che sono stati ricordati e per i fini che sono rilevabili dalla medesima legge di nazionalizzazione, il legislatore ha operato nell'esercizio di una non arbitraria discrezionalità, senza urtare alcun principio costituzionale, e senza violare alcuno dei precetti che la Costituzione pone a tutela della proprietà privata, della libera iniziativa economica e del risparmio individuale. Discutendo di dividendi, di espropriazione senza indennizzo, e di eccedenze di utili, le parti hanno invece modificato i termini della controversia, omettendo di tenere conto della singolarità dell'esercizio delle imprese elettriche per l'anno 1962, e della conseguente specialità della disciplina normativa.

7. - Anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione la questione é infondata.

Come bene osserva l'Avvocatura dello Stato, il quarto comma dell'art. 6 pone il divieto di attribuire utili superiori al 5,50 per cento per tutte le società indicate nel n. 1 dell'art. 4, con "imprese assoggettate a trasferimento che esercitano in via esclusiva o principale attività elettriche" senza distinguere affatto fra società per azioni quotate in borsa o non quotate. Poiché il richiamo alle società quotate in borsa é fatto soltanto in riferimento al calcolo della percentuale del 5,50, la norma é stata interpretata ed applicata nel senso che il divieto si riferisce a tutte indistintamente le società per azioni. Dal che deriva che non sussiste di fatto un diverso trattamento fra le due forme di società. Ma, in ogni caso, tenendo conto del differente modo di calcolare l'indennizzo fra le imprese indicate nel n. 1 e quelle indicate nel n. 2 dell'art. 5 della legge di nazionalizzazione, il diverso trattamento sarebbe pur sempre giustificato.

Per questo stesso motivo, non é di certo violato il principio di eguaglianza, rispetto alle società miste per le quali l'indennizzo é determinato mediante stima diretta dei beni con le modalità stabilite dal decreto di esproprio. Infatti, la stima diretta dei beni al momento del trasferimento esclude la necessità di qualsiasi intervento dell' E.N.E.L. , e quindi di qualsiasi limitazione nelle gestioni degli anni precedenti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, quarto comma, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti industrie elettriche), nella parte in cui esso pone il divieto di distribuzione di dividendi superiori al 5,50 per cento per l'esercizio 1962 delle società per azioni quotate in borsa; questione sollevata con ordinanza del Tribunale di Parma del 3 febbraio 1965 in riferimento agli artt. 42, 43, 47 e 3 della Costituzione e con ordinanze del Tribunale di Genova dell'8 febbraio 1965 in riferimento all'art. 42 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI  Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

 

Depositata in cancelleria il 11 luglio 1966.