Sentenza n. 72 del 1966
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SENTENZA N. 72

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 ottobre 1965, recante "Modifiche alla legge regionale 13 aprile 1959, n. 15, concernente il personale optante inquadrato in soprannumero nei ruoli dell'Amministrazione regionale", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 2 novembre 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9 successivo ed iscritto al n. 29 del Registro ricorsi 1965.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 30 marzo 1966 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e l'avv. Enzo Silvestri, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 2 novembre 1965, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 27 novembre e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 52 della stessa data, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato davanti alla Corte costituzionale una legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 ottobre 1965, recante "Modifiche alla legge regionale 13 aprile 1959, n. 15, concernente il personale optante inquadrato in soprannumero nei ruoli dell'Amministrazione regionale".

Nel ricorso si osserva che la legge suddetta persegue essenzialmente il fine di consentire ad un limitato numero di dipendenti regionali la progressione in carriera. Le sue disposizioni sarebbero peraltro illegittime per violazione dei principi dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, non essendo fondate su obbiettive considerazioni di servizio, in quanto gli impiegati in soprannumero verrebbero promossi a qualifiche superiori senza limitazione nel numero dei posti. Ciò darebbe ai "soprannumerari" la possibilità di conseguire promozioni senza limiti, determinando a loro favore posizioni più vantaggiose rispetto al personale inquadrato nei ruoli organici, la cui promovibilità é condizionata dalla disponibilità di posti, con violazione conseguente anche del principio di eguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione.

Si aggiunge che non viene posta al provvedimento alcuna limitazione per quanto concerne la sua eventuale retroattività né si prevede alcuna copertura per gli oneri che deriverebbero anche in seguito dalla sua applicazione, come richiesto dall'art. 81 della Costituzione.

Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 22 novembre 1965 si é costituito in giudizio il Presidente della Regione siciliana, contestando i presupposti e le conclusioni del Commissario dello Stato.

Nelle deduzioni della Regione si assume che la legge impugnata ha invece il fine di eliminare una disparità di trattamento fra gli impiegati del ruolo ordinario e quelli in soprannumero, soprattutto nei casi in cui vi fossero posti disponibili, ma mancassero concorrenti appartenenti al ruolo ordinario, promovibili alla pari dei "soprannumerari". Perciò la nuova legge, anziché determinare disuguaglianze, attuerebbe i principi di imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione, in quanto le sue disposizioni, disciplinando la progressione di carriera per gli appartenenti ad un ruolo speciale, i quali non potrebbero mai andare ad occupare i posti che si rendessero vacanti nel ruolo organico, troverebbero piena giustificazione nelle peculiarità particolari presentate dallo status di questi.

Si afferma quindi che non sussiste alcuna violazione dell'art. 3 della Costituzione. Si aggiunge che il legislatore non ha affatto ritenuto di dare alla legge efficacia retroattiva e che la legge non doveva provvedere ad assicurare la copertura degli oneri per la sua applicazione, trattandosi di definizione di situazioni sul piano prettamente giuridico di sviluppo di carriera, come avevano del resto già messo in rilievo i presentatori del disegno di legge.

L'Avvocatura generale dello Stato ha replicato alle deduzioni della difesa della Regione con le "Brevi note" depositate in cancelleria il 4 febbraio 1966. Inesse si afferma che la legge regionale in discussione viola anzitutto l'art. 97 della Costituzione, essendo stata emanata evidentemente allo scopo di favorire un gruppo - invero molto ristretto - di dipendenti, non per una migliore organizzazione degli uffici ed al fine di assicurarne il buon andamento; che anzi, favorendo ingiustamente alcuni dipendenti rispetto ad altri, essa ostacolerebbe il buon andamento dell'amministrazione regionale, creando evidenti e giustificati malcontenti, anche perché i componenti del ruolo soprannumerario perverrebbero tutti e in breve tempo ai massimi gradi della gerarchia senza alcun riferimento alla situazione degli organici.

La difesa del Commissario dello Stato insiste poi sul difetto della indicazione dei mezzi per far fronte alle nuove o maggiori spese, anche facenti carico ad esercizi successivi a quello in corso, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale; aggiunge peraltro di prendere atto della dichiarazione fatta ex adverso, secondo la quale la legge non avrebbe alcun effetto retroattivo, augurandosi che la Corte voglia sanzionare tale interpretazione.

Anche la difesa della Regione ha depositato, in data 16 marzo 1966, le sue "note difensive", intese ad esporre anzitutto i difetti della legislazione precedente e gli scopi della legge impugnata, diretta a ristabilire una situazione di equilibrio fra gli appartenenti al ruolo in soprannumero e quelli del ruolo ordinario. Essa contesta che si siano provocate ragioni di malcontento, sia perché, in caso di promozione, i dipendenti optanti rimarrebbero inquadrati in soprannumero, sia perché la nuova disciplina non avrebbe modificato il sistema delle promozioni introducendovi deroghe a favore dei dipendenti optanti, ma solo impedito che la normale progressione di carriera di questi ultimi fosse ingiustamente ostacolata.

La difesa della Regione esclude poi che si possa sostenere la violazione delle norme della Costituzione (artt. 3 e 97) invocate dalla parte attrice e conclude con l'osservazione che "la riforma del sistema di promozione era ormai indispensabile, in quanto con la vecchia disciplina i posti dei gradi più elevati erano permanentemente vacanti". Insiste quindi nella richiesta del rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 30 marzo 1966 i difensori delle parti hanno ribadito le proprie argomentazioni ed insistito sulle conclusioni già formulate.

 

Considerato in diritto

 

La Corteritiene fondate le censure mosse dal Commissario dello Stato alla legge impugnata. É patente infatti che le disposizioni di essa sono in contrasto con le norme contenute negli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Il principio di eguaglianza affermato nell'art. 3 non consente di ritenere legittima la differenza di trattamento introdotta dal provvedimento legislativo fra il personale in ruolo e quello fuori ruolo a favore dei componenti di questo.

Si deve ravvisare peraltro anche la violazione dell'art. 97 della Costituzione, poiché non sembra dubbio che le condizioni preferenziali introdotte dalla legge regionale a favore del personale fuori ruolo, anziché assicurare il buon andamento della amministrazione, opererebbero in senso del tutto opposto, provocando notevole malcontento nel personale del ruolo ordinario e rendendo più difficile la collaborazione necessaria.

Queste considerazioni sembrano sufficienti a determinare la dichiarazione di illegittimità della legge regionale denunciata, rendendo superfluo l'esame dell'ultimo motivo di censura addotto dal ricorrente in relazione alla asserita violazione dell'art. 81 della Costituzione, che rimane assorbito; né vi é ragione di pronunciare nei riguardi della dichiarazione resa dalla difesa della Regione, la quale, a richiesta dell'Avvocatura dello Stato, ha escluso che si intendesse dare alle norme della legge impugnata anche un effetto retroattivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana, approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 26 ottobre 1965, recante "Modifiche alla legge regionale 13 aprile 1959, n. 15, concernente il personale optante inquadrato in soprannumero nei ruoli dell'Amministrazione regionale", in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 14 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 21 giugno 1966.