Sentenza n. 54 del 1966
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SENTENZA N. 54

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, promosso con ordinanza emessa il 26 giugno 1965 dal Pretore di Rovato nel procedimento penale a carico di Vezzoli Mario Gabriele, iscritta al n. 189 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 30 ottobre 1965.

Udita nella camera di consiglio del 3 marzo 1966 la relazione del Giudice Michele Fragali.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 26 giugno 1965 il Pretore di Rovato, nel corso del procedimento penale a carico di Vezzoli Mario, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 del R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore, sotto il profilo della violazione degli artt. 24 e 33 della Costituzione.

L'ordinanza é stata notificata all'imputato il 1 settembre 1965, al pubblico ministero il 12 agosto 1965 e al Presidente del Consiglio dei Ministri il giorno 13 successivo; é stata comunicata ai Presidenti delle due Camere il 9 agosto 1965; ed é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 30 ottobre 1965, n. 273.

Nessuno si é costituito innanzi a questa Corte, la quale ha quindi proceduto ai sensi dell'art. 9 delle Norme integrative per i giudizi di legittimità costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - La norma predetta é denunciata in quanto dispone che i procuratori legali possono esercitare la professione avanti le preture solo se fanno parte del distretto in cui é compreso il tribunale al quale sono assegnati; e il Pretore ha ritenuto che essa non soltanto limita il diritto di difesa sul piano concreto, perché non consente all'imputato la libertà di scegliere procuratori di sua fiducia, ma viola l'art. 33, quarto comma, della Costituzione, in base al quale, superato l'esame di Stato e ottenuta l'iscrizione nell'albo, il procuratore legale dovrebbe potere esercitare senza limiti territoriali, come é per gli avvocati e per gli altri professionisti.

L'ordinanza contiene divagazioni non conferenti alla questione di costituzionalità; ma, pur ridotta nei limiti convenienti, la questione si rivela prima facie priva di qualsiasi base.

2. - La limitazione territoriale della competenza del procuratore legale, più che essere di ostacolo all'esercizio del diritto di difesa, lo agevola, perché pone a disposizione della parte un professionista che, avendo l'obbligo di risiedere nel capoluogo del circondario del tribunale al quale é assegnato o, se autorizzato a risiedere in altra località, avendo l'obbligo di avervi un ufficio presso un altro procuratore (art. 10 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578), é meglio idoneo a svolgere con la necessaria tempestività l'attività processuale di cui la parte é onerata, spesso collegata al rispetto di termini perentori, e a rappresentare al giudice con la necessaria immediatezza ogni esigenza della difesa; né si vede come sia ipotizzabile il caso in cui la parte o il giudice non riescano ad esercitare il potere di scelta di un difensore tra gli iscritti in un albo locale. Il Pretore non spiega come si sia trovato in difficoltà del genere nel processo a quo, dato che l'art. 130, secondo e terzo comma, del Codice di procedura penale gli dava poteri il cui esercizio rende possibile avvisare ad ogni rimedio del caso; ma, a parte ciò, egli ha denunciato, se mai, inconvenienti dell'attuale ordinamento della professione legale, non vizi di legittimità costituzionale.

3. - La norma denunciata non rivela vizi di tal natura nemmeno sotto il profilo dell'art. 33 della Costituzione; il quale non va più in là dal richiedere un esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, e non esclude perciò che la legge ordinaria possa dettare limiti territoriali a quell'esercizio, nell'interesse del buon ordinamento della professione, per rendere possibile una ripartizione degli incarichi professionali fra gli abilitati, per rispondere ad esigenze particolari della professione o di coloro che richiedono l'opera degli abilitati. E questa discrezionalità appare nella specie esplicata in un modo coerente ai diritti costituzionali cui il Pretore si é richiamato.

4. - Rimane assorbita l'analoga questione proposta in merito all'art. 6 dello stesso decreto; al quale il Pretore si é riferito, nei motivi, ai soli fini dell'applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, contenente norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, proposta dal Pretore di Rovato con ordinanza 26 giugno 1965, in riferimento agli artt. 24 e 33 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 17 maggio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1966.