Sentenza n. 85 del 1965
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SENTENZA N. 85

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 30 luglio 1959, n. 559, promosso con ordinanza emessa il 28 aprile 1964 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di La Spezia sul ricorso della Società in nome collettivo "Ing. Nino Ferrari" contro l'Ufficio delle imposte dirette di La Spezia, iscritta al n. 134 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 212 del 29 agosto 1964.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 14 ottobre 1965 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza del 28 aprile 1964 la Commissione distrettuale delle imposte dirette e indirette di La Spezia ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 30 luglio 1959, n. 559, avente per oggetto la concessione di condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale.

Secondo quanto risulta dalla citata ordinanza l'ufficio imposte di La Spezia aveva rettificato, con atto del 2 marzo 1955, in lire 111.500.000 il patrimonio tassabile agli effetti della imposta straordinaria sul patrimonio della Società in nome collettivo "Ing. Nino Ferrari", accertando la relativa sopratassa per infedele dichiarazione in lire 2.230.000. A seguito di ricorso della Società interessata, il Comitato direttivo per gli agenti di cambio di Genova, con pronuncia del 20 ottobre 1959, determinò il valore del patrimonio in lire 35.000.000. Con istanza del successivo 9 novembre diretta all'ufficio imposte di La Spezia, la Società chiese di essere ammessa ai benefici di amnistia e condono rispettivamente previsti dal D.P.R. 11 luglio 1959, n. 460, e dalla legge sopra ricordata. La istanza non fu presa in considerazione dall'ufficio, essendosi questo a sua volta appellato contro la decisione del Comitato direttivo degli agenti di cambio, appello che venne respinto dalla Commissione provinciale, sezione speciale di Genova, con decisione del 23 novembre 1961, risultando il patrimonio tassabile definitivamente accertato secondo la determinazione del Comitato direttivo degli agenti di cambio.

A seguito di ciò l'ufficio imposte di La Spezia, prendendo in esame la istanza per l'applicazione del condono, la respinse rilevando che non si era realizzata una delle condizioni richieste dall'art. 2, cioè la definizione dell'accertamento entro l'anno dall'entrata in vigore della legge n. 559. A sua volta la Società interessata produsse ricorso contro la iscrizione a ruolo della sopratassa per infedele dichiarazione, rilevando di avere tempestivamente prodotto la istanza per l'applicazione del condono e di averne ripetutamente sollecitata la definizione sulla base dell'imponibile valutato dal Comitato direttivo degli agenti di cambio. La Società "Nino Ferrari" chiedeva, in ogni caso, che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale del citato art. 2 in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La Commissione, con l'ordinanza suindicata, accoglieva la istanza, rilevando che la norma impugnata farebbe in definitiva dipendere il riconoscimento del beneficio dal fatto che intervenga o no tempestivamente la definizione amministrativa dell'accertamento, con un conseguente diverso trattamento da contribuente a contribuente.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e comunicata, e risulta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, n. 212 del 29 agosto 1964. Si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri con atto di intervento e deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato depositato il 27 luglio 1964.

L'Avvocatura premette alcuni rilievi in ordine alla finalità della norma impugnata, osservando in particolare che il beneficio da essa preveduto non darebbe luogo ad un vero e proprio atto di clemenza, ma sarebbe piuttosto diretto a stimolare i contribuenti alla sollecita definizione degli accertamenti. E in questo senso andrebbe quindi interpretata la funzione del termine e delle condizioni preveduti dalla norma stessa.

L'Avvocatura osserva inoltre che, nel caso in esame, dinanzi alla Commissione distrettuale la non tempestiva definizione dell'accertamento dipese non da inerzia dell'Ufficio delle imposte di La Spezia, ma dal fatto che, a seguito dei reclami prodotti da entrambe le parti, non fu possibile addivenire al concordato nel termine prescritto dalla legge. D'altra parte, in via di conclusione, l'Avvocatura osserva che la vera causa di eventuali differenze di trattamento non andrebbe ricercata nella norma impugnata, ma piuttosto in situazioni di fatto cui quella legge rimane estranea. Si fa richiamo a tal proposito alla sentenza di questa Corte n. 171 del 1963.

 

Considerato in diritto

 

Non é dubbio che dalla condizione imposta dal comma terzo dell'art. 2 della legge 30 luglio 1959, n. 559, cioè che per l'applicazione del condono concorra l'intervento della definizione amministrativa dell'accertamento tributario entro l'anno dall'entrata in vigore della legge stessa, derivi una disparità nel trattamento dei contribuenti; dei quali, soltanto taluni riescono a veder definito l'accertamento entro l'anno, mentre gli altri, per i quali l'accertamento rimane tuttavia pendente, non possono avvalersi del beneficio. Tale disparità non trova, ad avviso della Corte, un fondamento di ragionevolezza. I rilievi circa le finalità della norma, la quale - ad avviso dell'Avvocatura dello Stato - sarebbe stata diretta a stimolare i contribuenti per la sollecita definizione degli accertamenti, se valgono in certo modo a rivelare gli originari motivi della disposizione impugnata, non sono idonei a fornire una soddisfacente e razionale spiegazione della lamentata disparità. Né vale il richiamare la sentenza di questa Corte n. 171 del 1963, con la quale fu dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 151 del Codice penale e del provvedimento di amnistia previsto dalla legge 23 gennaio 1963, n. 2. Come la Corte ebbe ad osservare, la diversità di situazione in cui vengono a trovarsi coloro che sono stati giudicati e condannati prima rispetto a coloro che sono giudicati dopo il provvedimento di amnistia é una disparità di fatto cui rimane estranea la legge, e deriva dalla diversa condizione nella quale inevitabilmente si trovano condannati e imputati al momento della entrata in vigore del provvedimento stesso. Nel caso in esame, invece, é proprio la norma impugnata che, mediante la condizione disposta per l'applicazione del condono, viene a creare la disparità di trattamento. La quale é da ritenersi priva di ogni ragionevolezza, in considerazione delle varie e molteplici cause di ogni genere, non imputabili ai contribuenti, che possono accelerare o ritardare la definizione amministrativa degli accertamenti tributari. Sussiste per conseguenza la denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione, e la disposizione impugnata deve dichiararsi costituzionalmente illegittima.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2, comma terzo, della legge 30 luglio 1959, n. 559, nella parte in cui stabilisce che la definizione amministrativa dell'accertamento tributario deve intervenire entro un anno dalla entrata in vigore della legge, come condizione per l'applicazione del condono di cui ai numeri 1 e 2 del primo comma dello stesso articolo.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 1965.