Sentenza n. 31 del 1965
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SENTENZA N. 31

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 aprile 1964 dal Tribunale di Bassano del Grappa nel procedimento penale a carico di Thiesmann Bernard Karl, iscritta al n. 102 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Thiesmann Bernard Karl;

udita nell'udienza pubblica del 17 marzo 1965 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito l'avv. Emanuele Solenni, per il Thiesmann.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale contro Thiesmann Bernard Karl, il Tribunale di Bassano del Grappa, con ordinanza del 16 aprile 1964, ha sollevato - su richiesta della difesa - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del Codice di procedura penale in quanto dispone che il Pubblico Ministero od il Pretore, nel dare avviso del procedimento all'imputato dimorante all'estero, lo invita "a dichiarare od eleggere domicilio per la notificazione degli atti nel luogo ove si procede". Poiché, ai sensi dell'art. 171 stesso codice, l'elezione di domicilio può farsi in qualsiasi luogo del territorio nazionale, la norma impugnata creerebbe disparità per i cittadini residenti all'estero e per gli stranieri non residenti in Italia, rispetto al trattamento previsto "per la generalità dei cittadini imputati in procedimenti penali". Secondo l'ordinanza la norma impugnata violerebbe il precetto dell'art. 3 della Costituzione, che sancisce l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di condizioni personali, e violerebbe altresì il precetto dell'art. 10, che implicitamente imporrebbe equiparazione di trattamento tra il cittadino straniero e quello italiano.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.

Nel presente giudizio si é costituito soltanto il Thiesmann rappresentato e difeso dall'avv. Emanuele Solenni, depositando in cancelleria le proprie deduzioni. Nelle quali, si osserva che la formalità cui viene sottoposto l'imputato dimorante all'estero (sia esso cittadino italiano o straniero) pone in essere una limitazione dei suoi diritti e provoca altresì un ostacolo al libero svolgimento della professione forense, garantito dalla Costituzione. Obbligando l'imputato dimorante all'estero ad eleggere domicilio nel luogo in cui si procede, che il più delle volte é diverso da quello da cui egli proviene ed in cui ha conoscenze, od anche diverso da quello in cui risiede il difensore prescelto, si creerebbe la necessità di un doppio affidamento, o quanto meno di un incarico domiciliare ad una persona, che difficilmente accetterà tale incombenza senza essere compensata. Il diritto di ogni individuo di recarsi liberamente ovunque creda nel territorio nazionale od all'estero verrebbe - se non contrastato od impedito - reso più difficile per tutti coloro che stabiliscano la loro residenza all'estero.

La norma impugnata violerebbe pertanto gli artt. 2 e 3 della Costituzione, e cioè la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo come singolo in relazione alla eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. La illegittimità costituzionale della stessa norma si profilerebbe inoltre in relazione al principio di reciprocità enunciato nell'art. 10 della Costituzione, in quanto allo straniero residente fuori del territorio della Repubblica Italiana verrebbe praticato un trattamento diverso - ai fini della notificazione di atti penali - di quello che, ad esempio, la Repubblica federale tedesca, o il Regno d'Olanda od il Regno di Danimarca, riservano ai cittadini italiani residenti in Italia (perciò all'estero) cui debba essere contestata, in tali paesi, una imputazione. E la difesa conclude sollevando perfino il dubbio che possa sussistere anche una violazione del principio di libera circolazione dentro e fuori del territorio della Repubblica, dato che al cittadino che stabilisce la sua temporanea dimora all'estero viene imposto un obbligo che prima di questo trasferimento non gli incombeva.

 

Considerato in diritto

 

Secondo l'ordinanza di rimessione la norma dell'art. 177 bis del Codice di procedura penale, la quale per l'imputato dimorante all'estero limita la facoltà di elezione di domicilio al "luogo in cui si procede" sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ed altresì col principio, implicitamente ammesso dall'art. 10 della Costituzione, di equiparazione del trattamento dello straniero a quello del cittadino italiano.

Esaminata con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione é fondata. Stabilendo che gli imputati dimoranti all'estero (siano essi cittadini italiani o stranieri) hanno facoltà di eleggere domicilio soltanto nel luogo ove si procede, la norma impugnata detta per costoro una disciplina diversa rispetto agli altri imputati, i quali possono eleggere domicilio in qualsiasi località del territorio nazionale, ai sensi dell'art. 171 del Codice di procedura penale.

Siffatto diverso trattamento non é sorretto da una diversità di situazioni, che valga a legittimarlo, apparendo evidente che, nella materia regolata dalle norme in esame, gli imputati si trovano in condizioni soggettive ed Oggettive identiche, dovunque essi abbiano dimora.

Ed invero, l'elezione di un domicilio speciale per le notifiche ha lo scopo di consentire all'ufficio che procede di portare a conoscenza dell'imputato determinati atti, onde metterlo in condizioni di adempiere ai suoi obblighi verso la giustizia, di provvedere alla sua difesa e di tutelare in genere i suoi interessi. Queste essendo le finalità dell'atto, la libertà di scelta del luogo, che l'interessato preferisce per ricevere le notifiche, a seconda delle sue esigenze, delle sue relazioni, dei rapporti di affari e di altri contingenti motivi, é elemento essenziale in quanto rappresenta il mezzo più idoneo perché la elezione di domicilio raggiunga in pieno i suoi effetti. Dal che deriva che ogni limitazione in proposito che non sia collegata ad altre apprezzabili esigenze, finisce col menomare inutilmente la portata e l'efficienza del mezzo stesso.

Orbene, non é dato individuare quali siano le ragioni per le quali siffatta libertà di scelta viene negata all'imputato dimorante all'estero. La norma assume quale criterio di differenziazione la dimora all'estero, ma questo é elemento secondario, accidentale ed ininfluente rispetto alla manifestazione di volontà e rispetto agli scopi ed agli effetti, che l'atto deve raggiungere. Non militano ragioni di sorta a favore dell'Ufficio che procede, per il quale é indifferente notificare l'atto in un luogo piuttosto che in un altro del territorio nazionale; non si può ritenere che la dimora all'estero sia considerata con disfavore; né sussistono altri ragionevoli motivi, idonei a dare una giustificazione della disposizione per la quale l'imputato dimorante all'estero, può eleggere domicilio soltanto nel luogo "in cui si procede".

Pertanto, appare fuor di dubbio che - sotto questo profilo - tutti gli imputati, ovunque abbiano dimora, sono in condizioni di perfetta parità, quando, rispettando il principio generale della territorialità della giurisdizione penale, eleggono domicilio nell'ambito del territorio nazionale; e la diversità di trattamento giuridico, non giustificata da plausibili motivi, ma fondata su una irrilevante differenza di situazione, viola il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Rimane assorbita l'altra questione, proposta dall'ordinanza di rimessione, in riferimento all'art. 10 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 177 bis del Codice di procedura penale, nella parte "nel luogo in cui si procede", in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 1965.