Sentenza n. 24 del 1965
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 24

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 84 del T.U. delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, promosso con ordinanza emessa il 30 gennaio 1964 dal Pretore di Iglesias nel procedimento penale a carico di Bisio Alessandro e D'Ascanio Giuseppe, iscritta al n. 41 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 91 dell'11 aprile 1964.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 20 gennaio 1965 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;

udito il vice avvocato generale dello Stato Dario Foligno, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale dinanzi al Pretore di Iglesias a carico di Bisio Alessandro e D'Ascanio Giuseppe, imputati della contravvenzione prevista dall'art. 84, ultimo comma, del T.U. delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, per avere gestito in Iglesias una scuola per conducenti di veicoli a motore senza la prescritta autorizzazione del Ministero dei trasporti, la difesa degli imputati sollevava eccezione di illegittimità costituzionale del citato art. 84, in riferimento agli artt. 33 e 41 della Costituzione.

Il Pretore, ritenuta la questione rilevante ai fini della decisione della causa, con ordinanza 30 gennaio 1964, disponeva la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Muovendo dalla premessa che la norma contenuta nell'art. 84 del Codice della strada, disciplini una attività di insegnamento (teorico-pratico per conducenti di veicoli a motore), il Pretore ha ravvisato dubbi sulla sua legittimità costituzionale in riferimento all'art. 33 della Costituzione il quale assicura la libertà d'insegnamento. La norma impugnata - secondo l'ordinanza - mentre da un lato prevede determinati, specifici requisiti per conseguire l'autorizzazione all'esercizio di una scuola guida, dall'altro - con le espressioni: la autorizzazione "può essere rilasciata" e "può essere negata", usate rispettivamente nei commi secondo e quarto - lascia al Ministero dei trasporti la possibilità di accordare o meno la richiesta autorizzazione, attribuendo in tal modo alla pubblica Amministrazione una discrezionalità talmente ampia da snaturare il diritto alla libertà di insegnamento garantito dalla Costituzione.

Ravvisando, poi, nella gestione di scuole-guida la sussistenza di una attività imprenditoriale, il Pretore ha ritenuto sussistente il contrasto anche con l'art. 41 della Costituzione che sancisce il principio della libertà della iniziativa economica privata, in quanto anche tale libertà può trovare limiti nella legge, ma non nel potere discrezionale della pubblica Amministrazione.

L'ordinanza, ritualmente comunicata ai Presidenti delle Camere e notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 91 dell'11 aprile 1964.

Nel presente giudizio le parti private non si sono costituite, ma é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deposito di deduzioni in cancelleria in data 23 aprile 1964.

In ordine alla pretesa violazione dell'art. 33 della Costituzione, l'Avvocatura osserva che l'insegnamento tecnico-pratico impartito nei corsi di addestramento per conducenti di veicoli a motore, non si configura come situazione giuridica costituzionalmente garantita dal primo comma di detto articolo, ma rientra nella sfera del legislatore ordinario che può liberamente classificarlo come situazione di diritto soggettivo, perfetto o affievolito o di interesse legittimo.

La norma costituzionale, ad avviso dell'Avvocatura, tende a garantire la libertà di insegnamento di tutte quelle materie che attengono alla formazione culturale e professionale dell'individuo; essa, pertanto, si riferisce alla scuola propriamente detta che ha per compito l'istruzione e l'educazione e non riguarda, invece, quei corsi preparatori o di addestramento, come quello in esame, nel quale vengono impartiti elementi nozionistici e soprattutto pratici al fine di preparare gli allievi per il conseguimento di una patente di guida.

In ordine poi alla denunciata violazione dell'art. 41 della Costituzione l'Avvocatura contesta che la norma impugnata lasci adito al dubbio interpretativo rilevato dal Pretore sulla attribuzione di una assoluta discrezionalità alla pubblica Amministrazione per il rilascio dell'autorizzazione, dovendosi, per contro, intendere la norma nel senso che la pubblica Amministrazione sia tenuta a concedere detta autorizzazione dopo avere accertato il possesso da parte dei richiedenti di tutti i requisiti prescritti.

Per quanto in particolare riguarda la disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 84, l'Avvocatura rileva che con essa il legislatore ha inteso attribuire all'amministrazione la facoltà di stabilire se le qualità negative delle persone, indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, siano di tale gravità ed intensità da non consentire il rilascio dell'autorizzazione.

L'Avvocatura chiede, pertanto, che la questione sia dichiarata infondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza di rimessione denuncia l'illegittimità costituzionale dell'intero art. 84 del T.U. del Codice della strada, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, che, nel disciplinare la materia delle scuole per conducenti di veicoli a motore, subordina l'apertura delle scuole stesse alla preventiva autorizzazione del Ministero dei trasporti.

Segnatamente, però, le censure di illegittimità vengono mosse ai commi secondo e quarto della citata norma i quali rispettivamente dispongono che l'autorizzazione "può essere rilasciata a chi possiede adeguata capacità finanziaria" e "può essere negata" alle persone indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.

Dette disposizioni - secondo il Pretore - attribuiscono all'autorità amministrativa, in sede di accertamento e valutazione dei requisiti economici e morali attinenti alla persona del richiedente l'autorizzazione, un margine di discrezionalità troppo ampio sì che, dovendosi ravvisare nella gestione delle scuole guida una attività tanto di insegnamento, quanto imprenditoriale, sussisterebbe contrasto tra la norma in esame e gli artt. 33 e 41 della Costituzione che garantiscono la libertà d'insegnamento e della iniziativa economica privata.

2. - Quantunque nell'ordinanza si parli di libertà d'insegnamento e non già di libertà della scuola, e cioé del diritto di aprire scuole, deve ritenersi che il Pretore abbia inteso riferirsi al terzo e non già al primo comma dell'art. 33 della Costituzione.

Ciò premesso - a prescindere dalla questione se per le scuole che, come quelle in esame, non trovano corrispondenza nelle scuole istituite dallo Stato sia o meno pertinente il riferimento al terzo comma dell'art. 33 della Costituzione - la Corte ritiene sufficiente ai fini del decidere ricordare come, sia nel campo della libertà della scuola, sia in quello della libertà della iniziativa economica privata, si é avuto occasione di affermare che il riconoscimento di tali diritti da parte della Costituzione non può intendersi come preclusione per il legislatore ordinario di dettare disposizioni che, da un canto specifichino limiti e condizioni di esercizio del diritto stesso e, dall'altro, attribuiscano all'autorità amministrativa poteri di controllo il cui margine di discrezionalità, tuttavia, non sia eccessivamente ampio.

Gli affermati principi valgono, a maggior ragione, per le scuole guida disciplinate dall'art. 84 del Codice della strada. Trattasi, come é evidente, di un settore di particolare delicatezza e pericolosità, strettamente connesso alla tutela della pubblica incolumità, in quanto insegnar guida di autoveicoli non significa semplicemente impartire nozioni teoriche e tecniche sul funzionamento dei motori e sulle norme che regolano la circolazione stradale, ma vuole dire soprattutto istruire gli allievi alla pratica della guida, alla effettiva conduzione cioè dei veicoli su strade pubbliche.

Ora é evidente che siffatta attività non poteva essere lasciata all'incontrollata e illimitata iniziativa dei privati e ben si giustifica l'intervento del legislatore diretto a dettar norme che, specificando condizioni e ponendo limiti all'esercizio di tale attività, contemperino e armonizzino il diritto dei singoli con le esigenze della collettività.

A presidio di queste pubbliche finalità l'art. 84 subordina l'apertura di una scuola-guida ad una autorizzazione che presuppone l'accertamento e la valutazione da parte dell'amministrazione della esistenza ed idoneità di due ordini di requisiti: il primo inerente alla capacità economica e alle qualità morali del richiedente (commi secondo e quarto), il secondo attinente alla organizzazione e alla attrezzatura tecnica della scuola (commi quinto e sesto).

In ordine ai requisiti del primo gruppo la norma é stata indubbiamente formulata in modo da attribuire all'autorità amministrativa una certa discrezionalità nel potere di valutazione ma, ad avviso della Corte, trattasi di una discrezionalità sufficientemente circoscritta.

Per quanto riguarda in particolare la capacità finanziaria é evidente che non si sarebbe potuta legislativamente predeterminarla in una espressione costante nel tempo e fissa nella misura. Tale capacità, infatti, deve essere valutata tenendo conto di diversi elementi, quali il centro dove la scuola deve sorgere, l'organico e cioè il numero degli insegnanti e degli istruttori, l'entità della pigione da corrispondersi per i locali che non siano di proprietà del richiedente, l'attrezzatura tecnica e didattica della scuola, la spesa occorrente per l'assicurazione dei veicoli destinati alle esercitazioni e così via.

Giustamente perciò il legislatore ha stabilito che la capacità finanziaria sia adeguata e cioè proporzionata alla attività per la quale é richiesta. L'adeguatezza funziona da limite efficace al potere di valutazione dell'autorità amministrativa di modo che l'autorizzazione non può non essere rilasciata a chi abbia dimostrato di possedere una capacità finanziaria adeguata alla scuola che intende gestire.

Per quanto riguarda i requisiti morali l'art. 84 stabilisce (comma terzo) che l'autorizzazione non può essere concessa ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nonché coloro che sono sottoposti alle misure di sicurezza personale o a sorveglianza speciale previste dall'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Il comma quarto invece, attribuisce all'autorità amministrativa la facoltà di negare l'autorizzazione alle persone indicate nell'art. 1 della citata legge e cioè agli oziosi e vagabondi abituali; a coloro che sono abitualmente e notoriamente dediti a traffici illeciti e che debba ritenersi che vivano con i proventi di delitti o col favoreggiamento o che siano proclivi a delinquere; a coloro che siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione, ad esercitare il contrabbando ovvero il traffico di sostanze tossiche o stupefacenti; a coloro, infine, che svolgano abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume.

Questa Corte ha già avuto occasione di stabilire (sentenza n. 23 del 1964) che le disposizioni dell'art. 1 della legge n. 1423 del 1956 non sono da considerarsi costituzionalmente illegittime in quanto le categorie di persone in esse configurate sono esattamente identificabili sulla base di criteri ed elementi oggettivi e non equivoci, puntualmente determinati dalla legge.

Nel prendere in considerazione tali categorie di persone ai fini dell'attività contemplata dall'art. 84, il Codice della strada non ha adottato la soluzione di escluderle senz'altro dalla possibilità di ottenere l'autorizzazione a gestire una scuola-guida, nel presupposto della loro generica pericolosità per la sicurezza e la pubblica moralità. Ha, invece, con disposizione indubbiamente più favorevole, attribuito all'Amministrazione la facoltà di valutare l'idoneità morale del richiedente che appartenga a tali categorie, al fine di stabilire se i suoi specifici attributi negativi siano tali, da doversi considerare incompatibili con la gestione di una scuola-guida.

A tal proposito é opportuno, tra l'altro, tener presente che le scuole in questione sono frequentate soprattutto da giovani d'ambo i sessi e perciò la facoltà di negare in alcuni casi l'autorizzazione, facoltà peraltro esercitabile solo nei confronti di persone appartenenti alle predette categorie, trova sicura ed adeguata giustificazione nei delicati compiti che i titolari di scuole-guida sono chiamati a svolgere.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 84 del T.U. delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, concernente le scuole per i conducenti di veicoli a motore, in riferimento agli artt. 33 e 41 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 14 aprile 1965.