Sentenza n. 2 del 1965
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SENTENZA N. 2

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale siciliana 27 novembre 1961, n. 22, promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1963 dal Tribunale di Patti nel procedimento civile vertente tra Crisà Gino e l'Ufficio delle imposte di consumo di Patti, iscritta al n. 38 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 91 dell'11 aprile 1964 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 15 del 28 marzo 1964.

Visti l'atto di intervento del Presidente della Regione siciliana e l'atto di costituzione in giudizio dell'Ufficio delle imposte di consumo di Patti;

udita nell'udienza pubblica del 2 dicembre 1964 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;

uditi gli avvocati Antonio Sangiorgi e Pietro Virga, per l'Ufficio imposte di consumo, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente della Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ingiunzione notificata il 10 luglio 1962 l'Ufficio delle imposte di consumo di Patti intimava al signor Gino Crisà il pagamento del quinto della imposta dovuta sui materiali impiegati nella costruzione di un edificio in quella città ultimato nell'anno 1962. E ciò ai sensi dell'art. 5, primo comma, lettera a, della legge 2 febbraio 1960, n. 35, contenente agevolazioni tributane in materia di edilizia.

Contro tale ingiunzione produceva opposizione il Crisà assumendo che dovesse essere applicata, non già la legge statale n. 35 del 1960, ma la legge regionale 27 novembre 1961, n. 22, con la quale la esenzione dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione, già prorogata al 31 dicembre 1961, era stata ulteriormente prorogata al 31 dicembre 1965.

Avendo la difesa del convenuto dedotto la illegittimità della legge regionale della quale l'attore aveva chiesto l'applicazione, il Tribunale, con ordinanza 18 aprile 1963, sollevava la questione di legittimità costituzionale di detta legge in riferimento agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto della Regione siciliana.

Nella ordinanza il Tribunale, dopo aver ricordato che la potestà legislativa tributaria della Regione incontra dei limiti nei principi fondamentali e interessi generali cui si informa la legislazione statale, per ogni singolo tributo e infine, in materia di finanza locale, nell'autonomia finanziaria riconosciuta ai Comuni, ha rilevato che la Regione siciliana prorogando, con la legge 27 novembre 1961, n. 22, al 31 dicembre 1965 l'esenzione dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione, si é discostata notevolmente dalla legge statale n. 35 del 1960 con la quale é stato invece adottato il criterio di pervenire gradualmente, entro la stessa data, al ripristino dell'imposta in favore dei Comuni.

Ravvisando pertanto dubbi sulla legittimità della legge regionale, ha sospeso il giudizio in corso rimettendo gli atti a questa Corte.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 15 del 28 marzo 1964 e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 91 dell'11 aprile 1964.

Nel giudizio davanti alla Corte si é costituito soltanto l'Ufficio delle imposte di consumo di Patti rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Virga ed é intervenuto il Presidente della Regione siciliana rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nell'atto di intervento e in una successiva memoria depositati il 18 marzo e il 2 settembre 1964, l'Avvocatura dello Stato sostiene che la legge regionale impugnata non é in contrasto con gli artt. 15, 17 e 36 dello Statuto.

L'Avvocatura osserva che l'unico divario oggi esistente in ordine all'esenzione dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione tra la legge regionale e la legge nazionale consiste solo nelle modalità della sua soppressione, istantanea nella prima, progressiva nella seconda. Identità assoluta vi é per contro sia sulla natura che sulla durata dell'agevolazione tributaria in esame.

Tale lieve differenza di regolamentazione, secondo l'Avvocatura, non importa l'esorbitanza dai limiti posti dall'ordinamento alla potestà legislativa della Regione in materia, e trova giustificazione in particolari esigenze locali quali la realizzazione di un piano di ricostruzione edilizia ben più esteso in Sicilia che non nel restante territorio nazionale.

Nega inoltre l'Avvocatura che la legge impugnata abbia violato l'autonomia finanziaria dei Comuni, osservando che il potere di imposizione di tali enti va coordinato con i principi della finanza statale e regionale e deve essere, per conseguenza, subordinato a quelle esigenze di carattere generale, il soddisfacimento delle quali, importando l'elevamento del tenore di vita di tutti i cittadini, si risolve in definitiva anche in un vantaggio degli stessi Comuni.

L'Avvocatura pertanto conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale.

La difesa dell'Ufficio delle imposte di consumo, nelle deduzioni e nella successiva memoria depositati in cancelleria il 24 aprile e 11 novembre 1964, dopo aver affermato che la competenza legislativa e amministrativa nella materia riguardante l'imposta di consumo sui materiali da costruzione spetta esclusivamente allo Stato in quanto incide sull'ordinamento tributario della finanza locale, osserva che la legislazione nazionale e quella regionale nella detta materia, sono state sostanzialmente uguali sino al 31 dicembre 1961. A partire da tale data, invece, si é verificato tra le stesse un divario sostanziale e ingiustificato, perché mentre la legge nazionale ha abolito la esenzione sostituendola con una riduzione graduale dell'imposta, quella regionale, invece, ha mantenuto ferma la esenzione dal tributo.

Anche a voler per ipotesi riconoscere alla Regione siciliana una propria autonoma legislazione in materia di imposta di consumo non v'ha dubbio - prosegue la difesa - che essa debba essere esercitata entro limiti molto ristretti. Tali limiti, nel caso di specie, sono stati superati dalla legge impugnata in primo luogo perché la esenzione dall'imposta non corrisponde a un tipo attuale di esenzione statale; in secondo luogo perché non sussiste il preteso particolare interesse regionale che giustifichi l'esenzione e cioè la necessità di realizzare un piano di ricostruzione edilizia più esteso in Sicilia che non nel rimanente territorio dello Stato; ed infine perché palese é la violazione dell'autonomia finanziaria garantita dall'art. 15 dello Statuto ai Comuni dell'Isola le cui finanze vengono ad essere gravemente danneggiate dalla perdita - senza corrispettivo di sorta - di una entrata fra le più cospicue.

La difesa dell'Ufficio imposte di consumo conclude pertanto, chiedendo che la Corte voglia dichiarare incostituzionale la legge impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale é fondata.

La legge regionale 27 novembre 1961, n. 22, prorogando al 31 dicembre 1965 le agevolazioni tributarie previste dalla legge 18 ottobre 1954, n. 37, ha concesso, per altri quattro anni, la esenzione dall'imposta di consumo sui materiali impiegati nelle nuove costruzioni edilizie. Così provvedendo la Regione non ha tenuto conto delle profonde modificazioni che al regime tributario delle nuove costruzioni erano state apportate con la legge statale 2 febbraio 1960, n. 35.

L'art. 5 di detta legge ripristina infatti l'imposta in esame limitandosi a concedere, per il periodo al quale si riferisce la legge impugnata, delle semplici riduzioni dell'ammontare del tributo.

La legge regionale é quindi illegittima in riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto poiché la esenzione dall'imposta non corrisponde ai principi ai quali si ispira la legislazione statale in materia, né a un tipo esistente nella legislazione stessa.

Secondo la difesa della Regione tra l'agevolazione tributaria regionale e quella statale vi sarebbe identità di tipo e di durata, e la sola differenza consisterebbe nel fatto che lo Stato ha soppresso gradualmente l'esenzione, mentre la Regione ha proceduto alla soppressione istantanea con decorrenza dal 1 gennaio 1966.

É facile osservare in contrario che l'esenzione é un'agevolazione tributaria di tipo diverso dalla riduzione e che per quanto riguarda la durata non é esatto che la legge regionale abbia soppresso l'esenzione a far tempo dal 1 gennaio 1966.

Con la legge 27 novembre 1961, n. 22, il legislatore regionale - analogamente a quanto aveva disposto con le precedenti leggi 19 luglio 1957, n. 46, e 19 novembre 1959, n. 29 - ha ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1965 la esenzione dal tributo in esame.

Dalla stessa legge non é dato desumere che intendimento della Regione sia stato quello di concedere un'ultima e definitiva proroga e di ripristinare per conseguenza il tributo dal 10 gennaio 1966.

L'indiscriminata proroga al 31 dicembre 1965 di tutte le agevolazioni fiscali sta, invece, a dimostrare che il legislatore regionale non ha tenuto presente la necessità di ritornare, sia pure gradualmente, alla normalità del regime tributario per gli edifici di nuova costruzione, necessità ampiamente dimostrata - soprattutto per quanto riguarda le imposte che interessano gli enti locali - nei lavori preparatori della legge 2 febbraio 1960, n. 35.

L'Avvocatura dello Stato assume che l'esenzione concessa con la legge impugnata sarebbe legittima perché corrisponderebbe ad uno specifico interesse regionale mentre ciò viene contestato dalla difesa dell'Ufficio delle imposte di consumo.

Orbene non v'ha dubbio che nell'esercizio della potestà legislativa concorrente in materia tributaria possano essere emanate leggi per soddisfare particolari esigenze della Regione. Tali leggi, però, debbono osservare i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato. E poiché la legge in esame non ha rispettato tali limiti, l'indagine sulla sussistenza o meno di uno specifico interesse regionale che con l'esenzione dal tributo sarebbe stato soddisfatto si palesa superflua.

2. - La legge impugnata é anche illegittima in riferimento all'art. 15 dello Statuto. Ed invero, sottraendo un cespite tributario così importante ai Comuni, la Regione ha violato quell'ampia autonomia finanziaria che con detto articolo é stata ad essi riconosciuta.

Se a ciò si aggiunge che a decorrere dal 1962 é stata soppressa per tutti i Comuni della Repubblica l'imposta sul consumo del vino, risulterà evidente il maggior danno che i Comuni dell'Isola hanno subito nei confronti degli altri con il mantenimento in vigore dell'esenzione dall'imposta sui materiali da costruzione.

E poiché la Regione - a differenza di quel che ha fatto in altre contingenze - non ha posto a carico del proprio bilancio la spesa occorrente per compensare i Comuni della mancanza di un'entrata così rilevante, il danno arrecato alla finanza locale si traduce in definitiva in un maggior onere per lo Stato al quale spetta provvedere alla integrazione dei bilanci deficitari dei Comuni.

E mancato quindi, nel caso in esame, quel coordinamento tra finanza statale, regionale e comunale, sulla cui necessità la Corte ha avuto più volte occasione di pronunciarsi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale siciliana 27 novembre 1961, n. 22, contenente "proroga delle agevolazioni fiscali per le nuove costruzioni edilizie stabilite con la legge 18 ottobre 1954, n. 37", nella parte relativa alla proroga dell'esenzione dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione, in riferimento agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1965

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 1965.