Sentenza n. 95 del 1964
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SENTENZA N. 95

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 27 marzo 1952, n. 349, promosso con ordinanza emessa il 6 novembre 1963 dalla Giunta provinciale amministrativa di Roma su ricorso di d'Ayala Valva Giovanna contro il Comune di Roma, iscritta al n. 15 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 54 del 29 febbraio 1964.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;

udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1964 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

udito l'avv. Renato Zampini, per il Comune di Roma.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un giudizio davanti alla Giunta provinciale amministrativa di Roma, tra la signora Giovanna d'Ayala Valva e il Comune di Roma, la ricorrente sollevò la questione di legittimità costituzionale della legge 27 marzo 1952, n. 349, intitolata:

"Ratifica del decreto legislativo 26 marzo 1948, n. 261, concernente l'assetto della finanza delle Provincie e dei Comuni", sostenendo che questa legge fosse in contrasto con l'ultimo comma dell'art. 77 della Costituzione, secondo il quale i provvedimenti adottati dal Governo in casi straordinari di necessità e di urgenza "perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione". La Giunta provinciale non ritenne fondata questa tesi, ma affermò che, nel caso in esame, occorreva far riferimento all'art. 6 del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98, giusta il quale i provvedimenti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente devono essere sottoposti alla ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dall'entrata in funzione di questo. Così considerata, la questione di legittimità costituzionale della legge impugnata non poteva essere ritenuta manifestamente infondata, perché, si legge nell'ordinanza, "non si hanno elementi per poter stabilire se il decreto legislativo in questione fu presentato al Parlamento per la ratifica entro l'anno dalla sua convocazione", mentre "é certo che la legge di ratifica fu adottata dal Parlamento dopo quattro anni dalla sua convocazione, e cioè il 27 marzo 1952".

L'ordinanza, emessa il 6 novembre 1963, é stata regolarmente notificata e comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 54 del 29 febbraio 1964.

2. - Nel presente giudizio si é costituito il Comune di Roma, rappresentato e difeso dagli avvocati Colamartino e Zampini, con deduzioni depositate il 16 marzo 1964. La difesa del Comune sostiene che i termini stabiliti dal decreto legislativo 16 marzo 1946 furono osservati, in quanto il decreto legislativo 26 marzo 1948 fu presentato per la ratifica alla Camera il 4 maggio 1949, vale a dire entro l'anno dall'entrata in funzione del primo Parlamento della Repubblica (8 maggio 1948), come risulta dagli atti parlamentari.

Aggiunge che la norma contenuta nell'art. 6 del citato decreto legislativo 16 marzo 1946 non richiede che i provvedimenti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente siano ratificati entro l'anno dall'entrata in funzione del Parlamento, ma soltanto che entro questo termine di un anno siano sottoposti al Parlamento per la ratifica. Nulla quindi toglie alla legittimità della legge impugnata la circostanza, alla quale la G.P.A. fa riferimento, che il procedimento legislativo giunse a termine il 27 marzo 1952. Conclude perché la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

3. - In una memoria depositata il 23 ottobre 1964, la difesa del Comune di Roma ha ribadito le tesi ora esposte e ha richiamato una sentenza di questa Corte che, in un caso analogo, avrebbe dichiarata non fondata la questione di costituzionalità.

4. - All'udienza del 5 novembre 1964 la difesa del Comune si é rimessa agli atti scritti e ha insistito nelle conclusioni già prese.

 

Considerato in diritto

 

Esattamente la G.P.A. di Roma ha respinto l'eccezione sollevata dalla difesa della signora d'Ayala Valva, giusta la quale la legge impugnata dovrebbe essere dichiarata incostituzionale perché in contrasto con l'art. 77, ultimo comma, della Costituzione. Tale contrasto, infatti, é del tutto insussistente, stante che il decreto legislativo 26 marzo 1948, n. 261, fu emanato dal Governo sulla base dei poteri legislativi eccezionali e temporanei che, nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo regime costituzionale, gli erano stati conferiti dal decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98. E perciò, esattamente, la stessa G.P.A. sottopone alla Corte soltanto il quesito se le modalità stabilite dall'art. 6 del decreto ora richiamato - presentazione da parte del Governo per la ratifica al nuovo Parlamento entro un anno dall'entrata in funzione di questo - siano state rispettate. Ora, malgrado i dubbi che la G.P.A. manifesta nell'ordinanza, codeste modalità sono state puntualmente osservate. Il precetto contenuto in quell'art. 6 ha espressamente per destinatario il Governo, non già il Parlamento; e, come ha dimostrato la difesa del Comune, il Governo osservò quel precetto, presentando alle Camere per la "ratifica" il decreto in questione il 4 maggio 1949, prima, perciò, della scadenza dell'anno dall'entrata in funzione del Parlamento repubblicano, che s'insediò l'8 maggio 1948. Né può avere rilievo la circostanza che la legge di ratifica fosse promulgata soltanto il 27 marzo 1952, perché, prescindendo dalla natura del termine contenuto nell'art. 6 del decreto 16 marzo 1946, già citato, la previsione della norma si é verificata con la presentazione del decreto al Parlamento, e con questa presentazione si é esaurita, non avendo essa norma posto alcun termine al legislatore. Tanto che questa Corte ha ritenuto validamente ratificati anche quei decreti che, presentati al Parlamento nel termine previsto, furono, sciolte le prime Camere repubblicane, ripresentati alle seconde, e soltanto da queste finalmente ratificati con la legge 17 aprile 1956, n. 561 (sentenza n. 46 del 23 giugno 1960), affermando che "il ritardo delle Camere nel procedere alla ratifica non ha rilevanza", stante che il termine dell'art. 6 del decreto n. 98 del 1946 "non riguardava, né poteva riguardare, l'attività del Parlamento" (cfr. anche la sentenza n. 103 del 25 giugno 1957).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, sollevata con ordinanza 6 novembre 1963 dalla G.P.A. di Roma, sulla legittimità costituzionale della legge 27 marzo 1952, n. 349, intitolata "Ratifica del decreto legislativo 26 marzo 1948, n. 261, concernente l'assetto della finanza delle Provincie e dei Comuni", in riferimento all'art. 6 del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 1964.