Sentenza n. 39 del 1964
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SENTENZA N. 39

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n. 1706, contenente interpretazione autentica della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, in materia di accertamento di valore nei trasferimenti di fondi rustici, promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 1963 dal Tribunale di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra Mazza Gregorio e Valentina contro il Ministero delle finanze, iscritta al n. 182 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 281 del 26 ottobre 1963.

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Mazza Gregorio e Valentina e del Ministero delle finanze;

udita nell'udienza pubblica del 4 marzo 1964 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi l'avv. Elio Fazzalari, per i Mazza, e il sostituto avvocato generale dello Stato Piero Peronaci, per il Ministero delle finanze.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Pronunziando in causa vertente fra Gregorio e Valentina Mazza contro il Ministero delle finanze per opposizione ad ingiunzione fiscale relativa ad imposta di registro, il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza 14 luglio 1963, ha ritenuto che contrasti con l'art. 3 della Costituzione la disposizione dell'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n. 1706, contenente interpretazione autentica della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, in materia di accertamento di valore nei trasferimenti di fondi rustici; la disposizione doveva applicarsi alla controversia perché questa si riferiva ad una donazione 15 febbraio 1961, di data quindi anteriore alla norma interpretativa, ma posteriore a quella interpretata.

La norma interpretativa ha disposto che all'accertamento su basi tabellari, previsto nella predetta legge del 1954 ed applicato alle imposte di registro in virtù dell'art. 3 della legge 27 marzo 1959, n. 355, si deve procedere soltanto ove "nella denuncia di successione o nell'atto fra vivi soggetto a registrazione non sia dichiarato per i fondi rustici valore alcuno agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro e indipendentemente dall'indicazione del prezzo contrattuale e qualora non sia espressamente dichiarato che i fondi stessi hanno un valore inferiore a quello risultante dall'applicazione dell'art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044".

Il Tribunale ha rilevato che, in realtà, la norma denunziata prescrive la espressa dichiarazione che i fondi hanno un valore inferiore a quello risultante dall'applicazione dell'art. 1 della citata legge 20 ottobre 1954, n. 1044, mentre quella che essa intendeva interpretare richiedeva che il contribuente avesse dichiarato, agli effetti fiscali, un valore che fosse risultato inferiore a quello tabellare. In tal modo, secondo il Tribunale, la norma interpretativa ha posto coloro che avevano già compiuto atti di trasferimento prima della sua entrata in vigore nelle condizioni di dover rispondere delle conseguenze della inosservanza di una legge alla quale non avrebbero potuto uniformarsi perché non esisteva. Questo fatto, ad avviso del Tribunale, induce una disparità di trattamento fra tali contribuenti e quelli che hanno compiuto atti traslativi dopo il 22 novembre 1962, i quali invece alla nuova norma potevano e dovevano uniformarsi.

L'ordinanza é stata notificata alle parti il 15 luglio 1963 e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 26 luglio successivo; nella stessa data ne é stata data comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 26 ottobre 1963, n. 281.

2. - Gregorio e Valentina Mazza, nella comparsa di costituzione del 16 ottobre 1963, dopo avere rilevato che la norma denunciata violava il principio di irretroattività della legge, che deve ascriversi fra i principi costituzionali, hanno ribadito le considerazioni svolte nell'ordinanza del Tribunale.

Il Ministero delle finanze, nelle sue deduzioni 8 novembre 1963 e nella memoria depositata il 20 febbraio 1964, ha anzitutto osservato che preliminari alla questione proposta erano due eccezioni da esso sollevate innanzi al giudice a quo: con le medesime si prospettava l'infondatezza di una questione di decadenza avanzata dai contribuenti, sia perché postulava l'applicazione di un sistema incompatibile con quello nuovo, fondato su regole di accertamento tabellare, sia perché la decadenza era stata evitata con la notificazione dell'avviso di liquidazione del complemento di imposta. Nel merito il Ministero delle finanze ha contestato che la norma presa in esame dal Tribunale di Catanzaro intendesse richiedere una solenne e formale dichiarazione del contribuente, per giunta formulata con le medesime parole da essa usate; la norma ha richiesto soltanto una indicazione di valore non incerta né equivoca, idonea a consentire all'ufficio fiscale di riscontrare se il valore risulti inferiore ai valori tabellari, tanto vero che l'art. 2 della legge soltanto a questa dichiarazione chiara e priva di incertezze si riferisce e non ad una dichiarazione formalmente identica alla formulazione dell'art. 1.

I contribuenti, nella memoria depositata il 20 febbraio 1964, hanno anzitutto contestato il carattere pregiudiziale, sulla questione di legittimità costituzionale, dell'eccezione di decadenza da essi opposta all'accertamento dell'imposta. Hanno inoltre dichiarato di non avere interesse ad opporsi all'interpretazione correttiva propugnata dal Ministero delle finanze; ma hanno rilevato che la Corte, ove ritenesse di accogliere questa interpretazione, non potrebbe esimersi dal dichiarare illegittima la norma conseguente all'interpretazione esposta dal giudice a quo, per le considerazioni da questo svolte.

3. - All'udienza del 4 marzo 1964 i difensori delle parti hanno ribadito le rispettive tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte ritiene che il Tribunale di Catanzaro, per quanto non esplicitamente, abbia chiaramente affermato il carattere preliminare della questione di legittimità costituzionale sulle altre inerenti all'assunta decadenza della Amministrazione finanziaria dall'accertamento della imposta. Il Tribunale infatti ebbe presente queste ultime eccezioni, perché vi si riferì prima ancora di occuparsi di quella di legittimità costituzionale; e così determinò un ordine di precedenza fra le varie deduzioni, che ha poi comportato la sospensione dell'esame di quella relativa alla decadenza. La decadenza é comminata dalla legge 7 agosto 1936, n. 1639; e il Tribunale implicitamente opinò che le questioni che vi si riferivano avrebbero potuto porsi soltanto se fosse stata applicabile la predetta legge, per non essere i signori Mazza tenuti all'osservanza degli obblighi formali imposti da quella del 22 novembre 1962, n. 1706, a causa della illegittimità costituzionale della loro statuizione.

In questa sede non é ripetibile la discussione sulla fondatezza di siffatto apprezzamento, come chiede l'Avvocatura dello Stato.

2. - Non sussiste l'assunta illegittimità costituzionale dello art. 4 della citata legge 22 novembre 1962, n. 1706.

Al riguardo il Tribunale di Catanzaro ha avuto dubbi perché ha creduto che la legge suddetta imponesse al contribuente di dichiarare, nella denuncia di successione e nell'atto soggetto a registro, in un modo solenne e sacramentale, che i fondi hanno un valore inferiore al valore risultante dalle tabelle formate ai sensi della legge 20 ottobre 1954, n. 1044. É vero che nell'art. 1 della suddetta legge del 1962 si richiede una espressa dichiarazione; ma intuitivamente esso non vuole esigere più che una enunciazione di valore chiara e inequivoca, secondo la nozione comune di dichiarazione espressa, come risulta, del resto, dal successivo art. 2, che al valore dichiarato si richiama nel riassumere il contenuto dell'art. 1, non ad un valore dichiarato con formula solenne. E come, del resto, era anche detto nel primo comma di quell'art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, che la norma denunciata si proponeva di interpretare; ove si voleva che il valore dichiarato non risultasse inferiore a quello tabellare, evidentemente perché si esigeva una dichiarazione che non offrisse dubbi, al fine di poterla raffrontare agevolmente all'indicazione tabellare, e così rendere più facile l'accertamento tributario, eliminandosi le controversie sulla stima o riducendosene il numero.

D'altra parte, la legge del 1954 aveva fatto sorgere incertezze di interpretazione, non sul contenuto, ma sugli effetti della dichiarazione del contribuente: si era discusso se, l'avere essa contemplata la sola ipotesi di dichiarazione di valore non inferiore a quello tabellare come circostanza escludente il ricorso all'accertamento fisso, implicasse che a questo dovesse farsi capo, quando il valore dichiarato fosse uguale o superiore, esclusivamente per determinare i casi in cui si dovesse procedere a stima; in modo che la stima, e non la tabella, dovesse servire a determinare l'imponibile ove il valore dichiarato fosse stato inferiore al modulo. La norma denunciata risolse tale questione, ed essa sola. Ciò emerge dalla relazione che ne accompagnò la proposta, ma più si desume dalla irrazionalità che essa rivestirebbe ove si ritenesse che avesse richiesto, per un atto formatosi anteriormente, un contenuto diverso da quello che la norma del tempo aveva ritenuto sufficiente secondo un significato non discusso; un contenuto cioè che non era più modificabile, né più si consentiva di modificare. Soltanto allora la norma si rivelerebbe violatrice del principio di eguaglianza: avrebbe infatti assoggettato ad una identica disciplina legislativa situazioni diverse (sentenza n. 53 del 9 luglio 1958), pareggiando, a quella di coloro che sono in grado di uniformarsi alla norma nuova, perché compiono l'atto successivamente alla sua entrata in vigore, la condizione di coloro i quali, per avere formato l'atto anteriormente a tale legge, invece non avrebbero potuto osservarla;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal tribunale di Catanzaro con ordinanza 14 luglio 1963, in relazione all'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n. 1706, contenente interpretazione autentica della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, in materia di accertamento di valore nei trasferimenti di fondi rustici, e in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 1964.