Sentenza n. 34 del 1964
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SENTENZA N. 34

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 3 ottobre 1952, n. 1599, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1963 dalla Corte di appello di Cagliari nel procedimento civile vertente tra Demuro Maria Francesca contro il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, l'Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna (E.T.F.A.S.) e Oro Sias Pietro ed altri, iscritta al n. 156 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 231 del 31 agosto 1963.

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, dell'Ente per la trasformazione fondiana e agraria in Sardegna e di Demuro Maria Francesca;

udita nell'udienza pubblica del 22 gennaio 1964 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi gli avvocati Salvatore Satta e Antonio Dettori, per la Demuro, e il sostituto avvocato generale dello Stato Luigi Tavassi La Greca, per il Ministero dell'agricoltura e delle foreste e per l'Ente di riforma.

 

Ritenuto in fatto

 

1 - Con decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1599, veniva disposto il trasferimento in proprietà all'Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna (E.T.F.A.S.) di terreni di proprietà di Maria Francesca Demuro Spada, in Comune di Montresta (Nuoro), per una superficie di ettari 61.54.31.

La signora Demuro, con atto di citazione 2 settembre 1957, conveniva davanti al Tribunale di Cagliari il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, l'Ente per la trasformazione fondiaria e il sig. Pietro Oro Sias per la revindica dei predetti terreni e, in subordine, per l'annullamento della permuta di essi, intervenuta tra l'Ente e il sig. Oro Sias, previa pronuncia della Corte costituzionale di illegittimità del decreto presidenziale, per eccesso di delega, essendo stato violato e modificato sostanzialmente il piano particolareggiato di esproprio. Il giudizio veniva successivamente integrato con la citazione degli altri fratelli Oro Sias, che però restavano contumaci.

Il Tribunale di Cagliari, con sentenza 12 aprile 1960, respinse come manifestamente irrilevante l'eccezione di illegittimità costituzionale, ritenendo che, anche nell'ipotesi che fosse annullato il decreto di scorporo, la retroattività agli effetti dell'annullamento non avrebbe pregiudicato i terzi acquirenti di buona fede a titolo oneroso (arg. ex art. 1445 del Cod. civile). Soggiungeva che l'azione di revindica non era proponibile contro l'Ente espropriante, perché prima della notifica della domanda giudiziale esso aveva trasferito i beni espropriati ai fratelli Oro Sias, con un atto di permuta; e non era proponibile contro i fratelli Oro Sias, perché non era dimostrato che essi fossero nel possesso dei beni rivendicati. Nel merito rigettava la domanda.

Contro tale sentenza la signora Demuro produceva appello, con atto 8 giugno 1960, riproponendo la questione di legittimità costituzionale.

La Corte di appello di Cagliari, con ordinanza 29 marzo 1963, regolarmente notificata, comunicata e pubblicata, modificava la pronuncia del Tribunale relativa alla questione di legittimità, osservando che erroneamente era stato richiamato l'art. 1445 del Cod. civ., che si riferisce ai negozi annullabili, mentre invece la decisione della Corte costituzionale non é di annullamento della legge incostituzionale, ma é di accertamento della nullità di essa. Comunque, prosegue l'ordinanza, l'azione di revindica poteva sempre essere proposta ed accolta nei confronti di Pietro Oro Sias, che dovrebbe considerarsi acquirente in mala fede, per effetto di diffida notificatagli prima della permuta. Osserva, infine, che esisteva una fondata presunzione che i fratelli Oro Sias, alla data di proposizione della domanda, fossero nel possesso dei beni ricevuti in permuta, e conclude nel senso che, essendo pacifico che col decreto di scorporo fu modificato il piano particolareggiato di esproprio, senza che si procedesse alla pubblicazione di un nuovo piano, la proposta questione di legittimità costituzionale deve ritenersi non manifestamente infondata.

2. - Nel presente giudizio si é costituita la signora Demuro, a mezzo degli avvocati Salvatore Satta e Antonio Dettori, con memoria depositata il 18 luglio 1963, nella, quale si riproduce la comparsa conclusionale del giudizio di appello e si insiste per la dichiarazione di illegittimità del decreto di esproprio.

Si sono anche costituiti l'Amministrazione dell'agricoltura e delle foreste e l'Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna (E.T.F.A.S.), rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 31 agosto 1963. In esse si sostiene l'irrilevanza della questione di legittimità costituzionale, insistendo negli argomenti già dedotti nel giudizio di merito ed esaminati nell'ordinanza di rimessione degli atti a questa Corte. Nel merito si nega che sussista, nel decreto di scorporo, eccesso dalla delega, in quanto, per l'art. 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, si richiede la pubblicazione di un nuovo piano particolareggiato solo quando vi sia stata variazione determinata da errori materiali o da omissioni, ciò che non si é verificato nel caso presente. Si sostiene, inoltre, che gli eventuali vizi del procedimento amministrativo che precede il decreto legislativo non possono condizionare o influenzare quest'ultimo, mentre, nella specie, il parere della Commissione parlamentare fu espresso sul piano di esproprio modificato, e non su quello che era stato precedentemente pubblicato. La difesa dell'Amministrazione e dell'E.T.F.A.S. si dà carico, inoltre, di contestare l'altro vizio di incostituzionalità che era stato dedotto davanti ai giudici di merito, ma di cui non é parola nell'ordinanza, e che consisterebbe nel mancato rispetto della continuità territoriale dei fondi espropriati.

Le esposte ragioni sono state ribadite in memoria dell'Avvocatura del 1 gennaio 1964, mentre ad esse si replica nelle controdeduzioni di pari data per la signora Demuro, che sopra tutto si richiamano all'ordinanza e alla comparsa conclusionale di appello.

Nella discussione orale le difese delle parti hanno insistito nelle rispettive tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza con cui la Corte d'appello di Cagliari ha rimesso a questa Corte gli atti del presente giudizio ha ampiamente preso in esame, anche con considerazioni relative a elementi di fatto, gli argomenti con i quali era stata sostenuta l'irrilevanza, ai fini del decidere, della sollevata questione di legittimità costituzionale.

Data l'adeguatezza della motivazione rispetto alle eccezioni pregiudizialmente sollevate, la questione deve considerarsi ritualmente proposta.

2. - Nel merito, la questione é fondata.

É pacifico che, nella specie, col decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1599, fu approvato un piano particolareggiato di espropriazione diverso da quello che era stato pubblicato.

In casi del tutto analoghi, questa Corte ha affermato che, ove il progetto di piano, prima della sua approvazione, venga a subire delle modifiche, si rende necessaria una nuova pubblicazione, la cui eventuale mancanza dà luogo a vizio di legittimità costituzionale (sentenze n. 39 del 1962 e n. 126 del 1963).

Non vale invocare in contrario l'art. 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, che prevede la pubblicazione di nuovi piani, posteriori al 31 dicembre 1951, per il caso in cui la variazione sia stata determinata da errori materiali o da omissioni; ipotesi che, nella specie, non si sarebbe verificata. La Corte ha avuto occasione di rilevare a questo proposito che il citato art. 2, disponendo una proroga per la pubblicazione del piano particolareggiato in casi tassativamente indicati, non modifica il sistema secondo il quale il piano originario deve essere ripubblicato quando per successivi eventi vi siano state apportate modifiche tali da renderlo non più rispondente al decreto di esproprio (sentenza n. 39 del 1962, precedentemente citata).

Non sussistono ragioni per discostarsi, nel caso presente, dalla richiamata giurisprudenza. Non si può, infatti, concordare con la tesi, sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, essendo il decreto di scorporo una legge delegata, non si può dedurre come vizio di esso il vizio del procedimento amministrativo che lo precede. Quale che sia la natura di tale procedimento, é certo che, nel sistema delle leggi di riforma agraria, il piano particolareggiato determina il contenuto della legge-provvedimento in cui si concreta l'attività delegata. Le prescritte forme di pubblicità, dirette a tutelare i diritti dell'espropriando e dei terzi, condizionano, pertanto, la legittimità costituzionale del decreto di esproprio, e le eventuali irregolarità che si verifichino nel relativo procedimento, che altrimenti resterebbero sottratte al controllo di legittimità, configurano un vizio di legittimità costituzionale per eccesso dalla delega.

Tale vizio va riconosciuto, in base ai non contestati elementi di fatto sopra ricordati, nel decreto presidenziale che ha dato luogo al presente giudizio.

3. - L'altra questione di legittimità costituzionale, proposta davanti ai giudici del merito in relazione alla discontinuità dei fondi espropriati, e sulla quale si é fermata l'Avvocatura dello Stato, non può essere presa in esame, perché ad essa non fa alcun riferimento l'ordinanza di rimessione a questa Corte. Comunque, sarebbe rimasta assorbita dalla decisione relativa alla questione precedentemente considerata;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1599 (pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale, n. 274 del 26 novembre 1952), in relazione agli artt. 3 e 4 della legge 12 maggio 1950, n. 230, art. 1 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e art. 1 del D.P.R. 10 aprile 1951, n. 256, e con riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 19 maggio 1964.