Sentenza n. 169 del 1963
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SENTENZA N. 169

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 14 luglio 1959, n. 741, e del D.P.R. 28 agosto 1960, n. 1271, promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1962 dal Pretore di Troina nel procedimento penale a carico di Saggio Ernesto, iscritta al n. 21 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 del 9 febbraio 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale contro Saggio Ernesto, il Pretore di Troina, con ordinanza del 15 novembre 1962, ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale della legge 14 luglio 1959, n. 741, e del D.P.R. 28 agosto 1960, n. 1271, in riferimento agli artt. 70 e 25 della Costituzione.

Nell'ordinanza, premesso che si ignora come questa Corte abbia deciso la medesima questione, in precedenza sollevata sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 39, 71, 76 e 77 della Costituzione, si afferma che la stessa questione non appare infondata neppure con riferimento agli artt. 70 e 25 della Costituzione.

La legge n. 741 del 1959, col prescrivere che "nella emanazione delle norme il Governo dovrà uniformarsi a tutte le clausole dei singoli accordi economici e contratti collettivi, anche intercategoriali, stipulati dalle associazioni sindacali anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge", avrebbe violato l'art. 70 della Costituzione, secondo il quale la funzione legislativa é esercitata collettivamente dalle due Camere. E ciò perché la funzione legislativa non si esaurisce nel dare in via preventiva forza di legge ad un complesso di norme future, ma deve comprendere anche la posizione dei singoli imperativi che obbligheranno i consociati. Nella specie, invece, mancando nel Governo delegato ogni potere discrezionale di variare il contenuto del contratto collettivo reso obbligatorio, il precetto normativo non sarebbe stato deliberato né dal Parlamento né dal Governo delegato, ma dalle associazioni sindacali.

Secondo il detto Pretore, il procedimento seguito determinerebbe dei pericoli, che anche il legislatore delegante ha tenuto presenti, come sarebbe dimostrato dall'art. 5 della legge, col quale é stata esclusa la eventualità che il giudice debba punire come reato dei comportamenti leciti in forza di norme imperative di legge. Senonché le norme della legge delega sarebbero rivolte al Governo delegato, e, nel caso in cui sia data efficacia di legge ad un contratto collettivo contenente disposizioni contrarie a norme imperative, tali disposizioni, poste in essere da privati avrebbero efficacia superiore a quelle di un regolamento governativo, e, siccome legge, vincolerebbero appieno il magistrato, salva denunzia di illegittimità costituzionale.

Nell'ordinanza si rileva inoltre, per quanto attiene più specificatamente all'art. 8 della legge, che la norma in esso contenuta appare in contrasto con l'art. 25 della Costituzione. Il principio della riserva di legge, si argomenta, attiene tanto alla sanzione che al precetto normativo. Ma nella specie, esso sarebbe stato rispettato soltanto per la sanzione, in quanto per il precetto non solo non sarebbe stato posto alcun criterio direttivo per la relativa determinazione, ma anzi questa sarebbe stata rimessa praticamente all'arbitrio delle private associazioni stipulatrici dei contratti collettivi resi obbligatori.

L'ordinanza é stata notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 9 febbraio 1963.

Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato con atto depositato in cancelleria l'11 gennaio 1963.

In tale atto si assume che i profili parzialmente nuovi dedotti nell'ordinanza del Pretore di Troina consistono nel ritenere che la legge impugnata contempli nell'art. 8 una norma in bianco e attribuisca alle associazioni sindacali il potere di porre norme giuridiche, in violazione dell'art. 70 della Costituzione.

Circa la prima censura, si osserva che non sì é in presenza di, un precetto punitivo in bianco, ma, se mai, di una norma di rinvio, ad altra disposizione di legge perfettamente legittima. Peraltro, la sanzione penale a carico di coloro che non osservano le disposizioni attinenti alla disciplina collettiva minima del rapporto di lavoro ha un suo precedente nell'art. 509 del Codice penale, già ritenuto da questa Corte non viziato di illegittimità costituzionale.

Circa la seconda censura, si rileva che questa Corte ha di già chiarito che il potere e l'iniziativa legislativa non sono affatto trasferiti alle associazioni sindacali, ma restano prerogative del potere legislativo delegante e delegato; che il Governo delegato si é uniformato alle clausole dei contratti collettivi già esistenti al momento della entrata in vigore della legge del 1959, e che il deposito del contratto collettivo é soltanto un presupposto per l'attuazione della delega.

Onde l'Avvocatura dello Stato chiede che la Corte dichiari la questione manifestamente infondata.

 

Considerato in diritto

 

La questione di legittimità costituzionale della legge 14 luglio 1959, n. 741, viene sottoposta di nuovo all'esame di questa Corte, dopo che la sentenza n. 106 dell'11 dicembre 1962 l'ha dichiarata non fondata con riferimento agli artt. 39, 71, 76 e 77 della Costituzione.

In questa sentenza la Corte ha disatteso la tesi che la fonte regolatrice dei rapporti di lavoro non fosse la legge delegata, bensì il contratto collettivo, essendo il legislatore delegato privato di ogni potere discrezionale, ed essendo il regolamento dei rapporti di lavoro affidato sostanzialmente alla volontà dei singoli sindacati non registrati.

Secondo l'ordinanza del Pretore di Troina con la quale é stato promosso il presente giudizio, sussisterebbe un altro profilo di illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 70 della Costituzione, perché l'obbligo imposto al Governo delegato di uniformarsi a tutte le clausole dei singoli accordi economici e contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, violerebbe il principio costituzionale seconda, il quale la funzione legislativa é esercitata collettivamente dalle due Camere. Dovendosi intendere la funzione legislativa come posizione di un precetto e di una sanzione, il Parlamento o il Governo delegato avrebbero deliberato soltanto la sanzione lasciando che la norma fosse in definitiva posta dalle private associazioni stipulatrici dei contratti collettivi.

É agevole rilevare che, avendo il legislatore fatto ricorso nel caso specifico ad una legge di delegazione, le censure che nel primo giudizio furono riferite esattamente agli artt. 76 e 77 investono nel complesso la funzione legislativa ed assorbono tutte le questioni ad essa relative.

Il Pretore ha ritenuto di prospettare un diverso profilo della questione di legittimità costituzionale facendo richiamo al concetto di norma giuridica contenente un comando imperativo ed una sanzione, mentre ciò non altro rappresenta che una argomentazione a sostegno della tesi che la norma sia stata in definitiva posta dalle private associazioni stipulatrici dei contratti collettivi invece che essere vagliata e deliberata dal legislatore. Il che significa contrastare che la fonte regolatrice dei rapporti di lavoro sia la legge.

Il vizio logico dell'ordinanza più chiaramente si rileva allorché si consideri che il Pretore adduce la mancanza di discrezionalità dell'organo delegato, e muove quindi censura che attiene direttamente alla funzione legislativa delegata.

Nella ripetuta sentenza n. 106, la Corte ha altresì spiegato le ragioni per le quali deve ritenersi che spetta al giudice ordinario di disapplicare le clausole dei contratti collettivi contrastanti con norme imperative di legge, ai sensi dell'art. 5, il quale "si pone fuori dei confini della delega, non ne rappresenta un limite. Esso agisce direttamente sui contratti ai quali il Governo deve uniformare le proprie norme, non ha come destinatario il Governo". Onde non sussistono affatto quei pericoli, che il Pretore si é prospettati, ritenendo senza alcun fondamento che una norma debba necessariamente, ed in ogni caso, essere rivolta al legislatore delegato solo per il fatto che si trovi inserita in una legge di delegazione.

La seconda questione sollevata dall'ordinanza riguarda la riserva di legge contenuta nell'art. 25 della Costituzione, riserva che, nell'art. 8 della legge n. 741, sarebbe stata rispettata soltanto per quanto attiene alla sanzione, ma non per il precetto, che sarebbe stato posto dalle associazioni sindacali invece che dal legislatore delegato. Dimostrata la infondatezza della premessa da cui muove l'ordinanza, la riserva di legge risulta pienamente rispettata. E l'art. 8 non contiene un precetto punitivo in bianco, come sostiene il Pretore, ma rappresenta piuttosto una norma di ricezione, atta a sanzionare la obbligatorietà delle norme concernenti la disciplina dei rapporti di lavoro. Esso rientra nella categoria delle norme penali imperfette od incomplete, in quanto debbono essere integrate da altre norme giuridiche.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge 14 luglio 1959, n. 741, e del D.P.R. 28 agosto 1960, n. 1271, proposta con ordinanza 15 novembre 1962 dal Pretore di Troina in riferimento agli artt. 70 e 25 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

GIUSEPPE VERZÌ, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1963.