Sentenza n. 130 del 1963
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SENTENZA N. 130

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del R.D. L. 20 luglio 1934, n. 1404, e degli artt. 45 e 46 del Codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 ottobre 1962 dal Pretore di Avellino nel procedimento penale a carico di Valentino Clelia ed altri, iscritta al n. 193 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 323 del 29 dicembre 1962;

2) ordinanza emessa il 1 ottobre 1962 dal Pretore di Gallarate nel procedimento penale a carico di Mastorgio Pietro ed altro, iscritta al n. 199 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 29 dicembre 1962;

3) ordinanza emessa l'11 dicembre 1962 dalla Corte di assise di Milano nel procedimento penale a carico di Re Fraschini Enrico ed altri, iscritta al n. 1 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 26 gennaio 1963;

4) ordinanza emessa l'8 novembre 1962 dalla Corte di assise di appello di Cagliari nel procedimento penale a carico di Loi Paolo ed altri, iscritta al n. 19 del Registro ordinanze 1963 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 5 giugno 1963 la relazione del Giudice Michele Fragali;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - I Pretori di Gallarate e di Avellino (ordinanze rispettivamente del 1 e 30 ottobre 1962) e le Corti di assise di Cagliari e di Milano (ordinanze rispettivamente dell'8 novembre e dell'11 dicembre 1962), pronunciando nel corso di procedimenti penali nei quali erano imputati maggiorenni e minorenni, sollevavano il dubbio sulla legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del R.D. L. 20 luglio 1934, n. 1404, che esclude dalla competenza del Tribunale per i minorenni i procedimenti per reati commessi dai minori degli anni 18 quando vi siano coimputati maggiori, a meno che il Procuratore generale presso la Corte d'appello, con suo provvedimento insindacabile, non deliberi che a carico dei coimputati maggiori degli anni 18 si proceda separatamente.

Veniva rilevato che la determinazione del giudice competente deve avvenire in forza della legge, senza dipendere da scelte affidate al potere discrezionale di un organo giudiziario, come avviene in base alla norma denunciata; in modo che questa contrastava con la norma dell'art. 25 della Costituzione, secondo l'interpretazione che ad essa aveva dato questa Corte con la sentenza 3 luglio 1962, n. 88.

Il Pretore di Gallarate osservava che l'illegittimità denunciata non veniva meno sol perché, in definitiva, essendosi determinata la competenza del giudice precostituito per i maggiori degli anni 18 nel caso di coimputati minori, l'esercizio della facoltà concessa al Procuratore generale presso la Corte d'appello comporta il ritorno del minore al suo giudice naturale; il principio della rigorosa predeterminazione della competenza rimane violato, avendo il legislatore attribuito al giudice, competente per gli imputati maggiori, poteri giurisdizionali anche per i coimputati minori.

La Corte di assise di Cagliari denunciava altresì l'illegittimità costituzionale delle norme degli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale, sulla competenza per connessione.

2. - L'ordinanza del Pretore di Gallarate veniva notificata il 7 novembre 1962 al Pubblico Ministero, l'8 e il 26 novembre successivi agli imputati, il 9 ottobre 1962 al Presidente del Consiglio dei Ministri; comunicata il 4 ottobre 1962 ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 29 dicembre 1962.

L'ordinanza del Pretore di Avellino veniva notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 12 novembre 1962, comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati il 2 novembre 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 29 dicembre 1962.

L'ordinanza della Corte di assise di Cagliari veniva notificata agli imputati nei giorni 14, 18, 23 e 30 dicembre 1962, al Presidente del Consiglio dei Ministri il 22 novembre 1962; comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati il 17 novembre 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1963.

L'ordinanza della Corte di assise di Milano veniva notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 19 dicembre 1962; comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati rispettivamente il 14 e il 15 dicembre 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 26 gennaio 1963.

3. - Nel procedimento promosso dalla Corte di assise di Cagliari é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri ed ha rilevato che:

a) nessuna motivazione della pretesa illegittimità costituzionale degli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale, é contenuta nell'ordinanza che ha promosso il giudizio;

b) in sede istruttoria si era provveduto alla riunione dei vari procedimenti per connessione, che la sentenza di rinvio a giudizio qualifica soggettiva, e quindi si é fatta applicazione dell'art. 45, n. 3, del Cod. proc. penale; se mai si ha, nella specie, un errore commesso dal giudice penale nel raffigurare l'ipotesi come caso di connessione, non una illegittimità costituzionale dell'art. 45 del Cod. proc. penale;

c) nei casi di connessione di procedimenti non si é in presenza di una deroga alla competenza, ma di un diverso criterio normativo per la determinazione di questa: sussistendo le condizioni richieste dalla legge, il procedimento principale attrae quello connesso perché il giudice del primo é quello precostituito dalla legge ed egli non fa che accertare la sussistenza dei requisiti obbiettivi della connessione;

d) la regola per cui, nel caso di coimputati maggiori e minori, la competenza é determinata secondo le regole ordinarie, attua la riserva di legge diretta alla determinazione del giudice naturale; nella specie il Procuratore generale presso la Corte d'appello non ha ritenuto di disporre la separazione dei procedimenti e di nulla ha da lamentarsi il minore;

e) la prima parte del secondo comma dell'art. 9 citato non contrasta perciò con l'art. 25, primo comma, della Costituzione; la legittimità costituzionale della seconda parte potrebbe essere presa in considerazione solo nella ipotesi in cui della norma medesima si fosse fatta specifica, positiva applicazione.

4. - All'udienza del 5 giugno 1963 l'avvocato dello Stato ha sviluppato le deduzioni svolte nell'atto di intervento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Tutti i procedimenti riguardano l'art. 9 del R.D. 20 luglio 1934, n. 1404; quello cui si riferisce l'ordinanza della Corte di assise di Cagliari concerne pure gli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale.

La Corte rileva che le questioni proposte hanno reciproche attinenze; e perciò ritiene di dover pronunciare sulle medesime una sola sentenza.

2. - É sprovvista di qualsiasi fondamento la questione di legittimità costituzionale degli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale.

Questi regolano la competenza per connessione; e, senza plausibile motivo, viene sostenuto che, nelle ipotesi previste, la cognizione dei reati resta sottratta al giudice naturale.

La connessione é un criterio fondamentale di attribuzione della competenza, perché provvede alla esigenza di evitare che la cognizione distinta di più processi produca incoerenze di decisioni o incompletezze di esame.

Le norme denunciate fissano con precisa chiarezza, tanto i casi in cui é imposto al giudice un processo simultaneo quanto gli effetti della connessione processuale. In nessuno dei casi regolati é dato al giudice un potere svincolato da limiti, e pertanto non si versa in quei casi di determinazione di competenza affidata ad una scelta insindacabile, ai quali si é riferita la Corte nella sentenza del 3 luglio 1962, n. 88, invocata dai Pretori di Avellino e di Gallarate, e in quella successiva del 7 giugno 1963, n. 110.

3. - Parimenti infondato é il dubbio sulla legittimità costituzionale della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 9 del R.D. 20 luglio 1934, n. 1404, per cui é esclusa la competenza del Tribunale dei minorenni quando nel procedimento vi siano coimputati maggiori dei diciotto anni.

É evidente in questa disposizione l'ispirazione alla necessità del simultaneus processus per il motivo della connessione; onde valgono anche in argomento le osservazioni prospettate con riferimento agli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale. Ad attrarre il minore nella competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni diciotto ha influito, secondo la ratio della norma, la considerazione che la speciale composizione del Tribunale dei minorenni rende questo meno idoneo a giudicare i coimputati maggiori; e questa Corte non può sindacare siffatto apprezzamento.

Può però rilevare che, in virtù della seconda parte dello stesso comma dell'articolo suddetto, é con provvedimento insindacabile che il Procuratore generale presso la Corte di appello decide che si proceda separatamente a carico del coimputato maggiore dei diciotto anni. L'ipotesi configura allora una designazione del giudice competente fatta dopo il sorgere della regiudicanda e contraddice perciò al dettato dell'art. 25 della Costituzione. Questo contrasto non si elimina osservando che il provvedimento del Procuratore generale, nella sostanza, riporta il minore degli anni diciotto alla competenza del Tribunale dei minorenni: il Procuratore generale non può creare le ipotesi che permettono di ricollegare il processo a quel Tribunale e comunque l'insindacabilità del suo provvedimento impedisce non solo di conoscere quali siano le ragioni che impongono di escludere o di mantenere ferma la competenza del Tribunale dei minorenni, ma anche di controllare la congruità di quelle ragioni. Le quali potrebbero essere contestate anche dall'imputato maggiore degli anni diciotto, per l'interesse che egli può avere ad affermare o contestare la connessione della sua posizione con quella del minore.

La Corte deve riconfermare il giudizio, altre volte espresso, per cui risponde alla volontà della Costituzione che la legge enunci preventivamente i fatti cui ritiene di dar efficacia determinatrice della competenza di un giudice diverso da quello competente secondo le regole generali, e che l'accertamento della sussistenza dei presupposti legali non sia il frutto di una valutazione non suscettibile di sindacato.

4. - La Corte giudica che il secondo comma del predetto art. 9 sia scindibile nelle sue proposizioni, e pertanto che se ne possa dichiarare la illegittimità limitatamente alla parte che riguarda il cennato potere del Procuratore generale, salva la nuova disciplina della materia nei sensi su esposti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i procedimenti, per la decisione con unica sentenza,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 45 e 46 del Cod. proc. penale, in riferimento all'art. 25 della Costituzione;

dichiara l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 9 del R.D. 20 luglio 1934, n. 1404, concernente l'istituzione e il funzionamento del Tribunale per i minorenni, nella parte in cui, fino a quando non sia per la prima volta aperto il dibattimento, si dà facoltà al Procuratore generale della Corte di appello di deliberare, con suo provvedimento insindacabile, che nei casi in cui sono coimputati maggiori e minori dei diciotto anni, si proceda separatamente a carico dei primi.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

MICHELE FRAGALI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 13 luglio 1963.