Sentenza n. 126 del 1963
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SENTENZA N. 126

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei DD.PP.RR. 27 dicembre 1952, nn. 3473 e 3474, promosso con ordinanza emessa il 1 giugno 1962 dal Tribunale di Bari nel procedimento civile vertente tra Granatiero Antonio e Ugo e la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania, iscritta al n. 164 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1962.

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Granatiero Antonio e Ugo e della Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania;

udita nell'udienza pubblica del 22 maggio 1963 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi l'avv. Ferdinando D'Atena, per i Granatiero, e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Simi, per l'Ente di riforma.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto del 17 febbraio 1955 i signori Granatiero Antonio e Ugo convenivano innanzi al Tribunale di Bari la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania per sentirla condannare alla restituzione dei beni di loro proprietà espropriati con i decreti presidenziali nn. 3473 e 3474 del 27 dicembre 1952, o in subordine al risarcimento dei danni, assumendo che i decreti dovevano considerarsi affetti da illegittimità costituzionale per eccesso di delega, sulla base di cinque diversi motivi, nel corso del giudizio ridotti a tre.

Il Tribunale ha ritenuto non manifestamente infondati solo due di questi. E precisamente, in primo luogo, quello relativo al D.P.R. n. 3473, risultando che oggetto del medesimo, per l'Agro, di Manfredonia, sono anche i terreni di cui alle particelle 9 e 11 del foglio di mappa 63 e della partita catastale 2127, i quali, secondo le informazioni del Consorzio generale per la bonifica e trasformazione fondiaria in data 11 aprile 1961, non ricadono nel comprensorio di bonifica della Capitanata, cui solamente, a tenore dell'art. 1, n. 3, del D.P.R. 7 febbraio 1951, n. 67, é da limitare l'applicazione delle leggi di riforma. In secondo luogo ugualmente non manifestamente infondata ha ritenuto l'allegata violazione degli artt. 8 e 9 della legge stralcio n. 841 del 1950, avendo l'Ente erroneamente considerata tardiva la domanda dei proprietari espropriati rivolta a ottenere la conservazione del terzo residuo, poiché il termine stabilito dall'art. 9 per la presentazione di tale domanda decorre solo dalla data di pubblicazione dei piani di esproprio, pubblicazione che nella specie non può ritenersi avvenuta alla data del 27-31 dicembre 1951 poiché essa si riferiva a piani che, non contenendo la definitiva determinazione dei terreni da espropriare, non rendevano possibile la presentazione della domanda stessa, accompagnata dal piano particolareggiato delle opere di trasformazione da eseguire. L'amministrazione avrebbe dovuto procedere ad una nuova pubblicazione dei piani particolareggiati rettificati, ciò che non ha fatto, mentre ha invece tramutato senz'altro questi ultimi nei decreti di esproprio impugnati.

Avendo ritenuto le indicate questioni rilevanti per la risoluzione del giudizio sottopostogli, il Tribunale, con sua ordinanza del 1 giugno 1962, ha deliberato di sospendere il provvedimento in corso e disposto il rinvio degli atti a questa Corte. L'ordinanza ritualmente comunicata e notificata é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre 1962, n. 273.

Nel giudizio avanti alla Corte costituzionale si sono costituiti il 26 settembre 1962 Granatiero Antonio e Ugo, con la rappresentanza e difesa degli avv. Ferdinando D'Atena e Gabriele Pansa; si é costituita altresì il 3 settembre 1962, la Sezione speciale per la riforma fondiaria, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nelle sue deduzioni la difesa delle parti private si ricollega alle argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione e sostiene l'illegittimità dei DD.PP.RR. 27 dicembre 1952, nn. 3473 e 3474, per avere espropriato beni posti fuori del comprensorio di riforma fondiaria, e altresì per avere dichiarato Granatiero Antonio decaduto dal beneficio del "terzo residuo" senza una preventiva nuova pubblicazione dei piani particolareggiati modificati, che si rendeva necessaria.

L'Avvocatura dello Stato, nelle sue deduzioni, riconosce che effettivamente il decreto di esproprio n. 3473 ha compreso due particelle non incluse nel comprensorio di bonifica della Capitanata e che, pertanto, tale decreto, entro questi limiti, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.

L'Avvocatura sostiene poi che non deve invece ritenersi consentito fare valere in un giudizio di legittimità costituzionale doglianze (come quella relativa alle determinazione adottate dall'Ente di riforma in materia di "terzo residuo") che investono non i decreti presidenziali, bensì l'attività amministrativa dell'Ente di riforma preparatoria alla pubblicazione del piano di esproprio. Le eventuali lesioni che tale attività abbia determinato devono essere fatte valere con i modi stabiliti dal sistema. Sia che si tratti di diritto soggettivo o di interesse legittimo, e quale che sia il giudice competente ad offrire la relativa tutela, non si può contestare la validità e l'esecutorietà degli atti amministrativi preparatori, sino a quando non ne sia stata dichiarata l'illegittimità in sede competente. Dal che consegue che i decreti di esproprio nn. 3473 e 3474 non potevano nella specie non adeguarsi alla deliberazione presa in data 18 aprile 1952 dalla Sezione speciale per la riforma fondiaria, nella quale l'inapplicabilità degli artt. 8 e 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, é fatta derivare dalla mancata richiesta degli interessati nel termine stabilito e se ne afferma l'illegittimità per difetto di alcuni presupposti. A conferma della tesi sostenuta invoca le sentenze di questa Corte nn. 59 e 63 del 1957 e conclude chiedendo che, per quest'ultimo punto, sia dichiarata non fondata la questione proposta dal Tribunale di Bari.

 

Considerato in diritto

 

1. - La prima delle questioni sollevate dall'ordinanza é fondata. Infatti risulta dagli atti, e non é contestato neanche dall'Avvocatura dello Stato, che il D.P.R. n. 3473 ha compreso nel provvedimento espropriativo emesso nei confronti della ditta Granatiero anche alcune particelle (e precisamente quelle di cui ai numeri 9 e 11 del foglio di mappa 63 e partita catastale 2127) le quali, pur ricadendo nel territorio del Comune di Manfredonia, non sono, incluse nel comprensorio generale di bonifica della Capitanata. E poiché l'art. 1, n. 3, del D.P.R. del 7 febbraio 1951, n. 67, limita l'applicabilità delle norme sulla riforma fondiaria solo a quelle parti del Comune su menzionato, le quali facciano parte del predetto comprensorio, non appare dubbio l'eccesso di potere in cui il decreto impugnato é incorso per questa parte della sua statuizione.

Nessun ostacolo a tale conclusione é deducibile dal fatto che l'eccesso riscontrato si riferisce non già alla legge delegante ma. ad un decreto delegato cui la prima rinvia, e precisamente al citato D.P.R. n. 67 che ha proceduto alla determinazione dei territori suscettibili di trasformazione ai sensi dell'art. 1 della legge n. 841, poiché, come la Corte ha già avuto occasione di decidere con la sua

sentenza n. 25 del 1961, l'inosservanza nei singoli decreti di esproprio delle prescrizioni relative alle zone territoriali fissate da decreti delegati configura anch'esso un vizio di incostituzionalità, in quanto si risolve in una violazione della legge di delegazione, perché questa, deferendo ad altro atto con forza di legge la determinazione dell'ambito entro cui gli Enti di riforma avrebbero potuto esplicare la loro attività, ha conferito alla medesima carattere definitivo e vincolante per singoli decreti espropriativi.

2. - Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 9 della legge n. 841 del 1950, nella considerazione che il termine da esso fissato per la presentazione della domanda di conservazione del terzo residuo da parte dei proprietari espropriati é stato fatto decorrere da una data alla quale non era stato ancora pubblicato, il piano particolareggiato definitivo dei terreni da scorporare.

Il motivo é fondato. Infatti risulta dagli atti, e non é contestato, che nella specie i piani particolareggiati riguardanti i terreni di proprietà dei sigg. Granatiero, quali erano stati pubblicati il 27-31 dicembre 1951, comprendevano una superficie da scorporare per complessivi ettari 103,85,81. Tali piani vennero successivamente modificati, apportandosi una notevole riduzione della superficie predetta, ma, senza che si procedesse a nuova pubblicazione, si fece luogo all'emanazione dei decreti di esproprio n. 3473 e n. 3474 in data 27 dicembre 1952. In questa situazione il termine del 5 aprile 1952, che era stato fissato per la produzione della domanda pel terzo residuo e del relativo piano dettagliato di trasformazione dalla Sezione speciale per la riforma fondiaria di Bari con nota in data 31 dicembre 1951, non poteva ritenersi idoneo a determinare la decadenza dal diritto, non essendo allora intervenuta nessuna determinazione definitiva in ordine all'entità dello scorporo, e risultando testualmente che il riferimento alla consistenza catastale del terzo residuo ed alle direttive di massima per la trasformazione era stato fatto dalla Sezione stessa tenendo presenti i piani particolareggiati pubblicati il 27 dicembre dello stesso anno 1951.

Infatti é chiaro che il termine di 60 giorni prescritto dall'art. 9 della citata legge n. 841 deve farsi decorrere dalla data di pubblicazione di quello stesso piano particolareggiato che poi é assunto a contenuto del decreto di espropriazione. Nel caso che il progetto di piano venga, prima della sua approvazione, a subire delle modifiche in ordine alla quantità e qualità dei terreni ritenuti suscettibili di espropriazione, si rende necessario procedere ad una nuova pubblicazione del medesimo, e solo da quest'ultima può farsi decorrere il termine per la presentazione della richiesta di conservazione dei terreni costituenti il terzo. Non é dubbio che la redazione del piano dettagliato delle opere da eseguire per la trasformazione e l'appoderamento dei terreni medesimi, il quale deve, a pena di decadenza, accompagnare la richiesta stessa, presupponga necessariamente la conoscenza della estensione dei terreni compresi nel progetto di esproprio, nonché della loro localizzazione e natura, cioé di tutti quegli elementi cui il piano medesimo deve adeguarsi.

L'Avvocatura dello Stato ha eccepito che la censura di cui all'ordinanza non può essere elevata sul piano costituzionale poiché la deliberazione di considerare i proprietari espropriati rinunciatari al beneficio della conservazione del terzo residuo per tardività della loro domanda rispetto al predetto termine del 5 aprile 1952 era stata presa con provvedimento di un'autorità amministrativa, quale la Presidenza della Sezione speciale di riforma, regolarmente comunicata agli interessati, e contro di essa si sarebbero dovuti esperire i rimedi consentiti contro gli atti amministrativi lesivi di diritti o interessi legittimi. Tale eccezione non può però essere attesa poiché compete alla Corte sindacare l'osservanza delle condizioni poste dalla legge delegante per il valido esercizio del potere di disporre mediante atti con forza di legge l'espropriazione dei terreni soggetti a riforma.

Non contraddicono a tale principio le

sentenze nn. 59 e 63 del 1957 invocate dall'Avvocatura poiché con esse la Corte ha escluso che l'omissione di alcune operazioni da parte degli enti di riforma (e precisamente la predisposizione del programma di trasformazione fondiaria di tutti i territori ritenuti suscettibili di trasformazione, ai sensi dell'art. 3 della legge stralcio, che nulla ha a che fare con il piano particolareggiato relativo ai singoli terreni soggetti a scorporo), preliminari alla emanazione dei decreti di esproprio, potesse incidere sulla legittimità di questi, e ciò nella considerazione che la legge delegante non le considera necessarie alla valida formazione dei medesimi.

Poiché la domanda di conservazione di una parte dei terreni riguardava entrambi i piani particolareggiati, l'eccesso di delega rilevato invalida tutti e due i decreti presidenziali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara:

a) la illegittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3473 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 3 della Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1953, n. 14) in relazione agli artt. 1, 4 e 13 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e art. 1, n. 3, del D.P.R. 7 febbraio 1951, n. 67, con riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto ha incluso nei terreni dei quali ha disposto l'esproprio particelle facenti parte di territori non suscettibili di trasformazione fondiaria;

b) la illegittimità costituzionale del predetto D.P.R. n. 3473 e di quello n. 3474, come sopra pubblicato, in relazione agli artt. 3 e 4 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e artt. 1, 8, 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, con riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto essi hanno dichiarato la decadenza dei proprietari espropriati dal beneficio della conservazione del terzo residuo senza che si fosse proceduto alla previa pubblicazione dei piani particolareggiati modificati.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

COSTANTINO MORTATI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1963.