Sentenza n. 124 del 1963
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SENTENZA N. 124

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1962 dal Tribunale di Venezia nel procedimento civile vertente tra Dei Rossi Sebastiano e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 203 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 29 dicembre 1962.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Dei Rossi Sebastiano;

udita nell'udienza pubblica dell'8 maggio 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito l'avv. Benedetto Bussi, per il Dei Rossi.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento civile vertente fra Sebastiano Dei Rossi e l'I.N.P.S., il Tribunale di Venezia - con ordinanza del 28 giugno 1962 - ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, per eccesso di delega in relazione agli artt. 25 e 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Si rileva dalla ordinanza che il Del Rossi assume di avere diritto alla pensione di vecchiaia perché ha raggiunto il 60 anno di età, e perché può beneficiare della disposizione dell'art. 25 della legge 4 aprile 1952, n.218, la quale - per coloro che si valgono della facoltà di prosecuzione volontaria - riduce i minimi contributivi necessari per ottenere la pensione nella misura stabilita per l'anno nel quale l'assicurato presenta la domanda di autorizzazione alla prosecuzione volontaria. Sostiene l'I.N.P.S. che la disposizione dell'art. 25 suindicato si riferisce soltanto all'ipotesi in cui la domanda di autorizzazione alla prosecuzione volontaria sia stata presentata successivamente al verificarsi dell'evento assicurato (compimento dei 60 anni oppure invalidità); e non può quindi applicarsi al Dei Rossi che non si trova in quelle condizioni, avendo prima presentato la domanda di prosecuzione volontaria e dopo qualche anno raggiunto l'età pensionabile. Sostiene che non altrimenti può interpretarsi la disposizione dell'art. 25, onde evitare che all'assicurato obbligatorio venga fatto un trattamento di gran lunga più sfavorevole di quello cui avrebbe diritto chi abbia presentato la domanda di autorizzazione alla prosecuzione volontaria. A confermare siffatto assunto, starebbe anche il secondo comma dell'art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, per il quale la disposizione dell'art. 25 della legge del 1952 si applica nei confronti degli assicurati che compiano i 60 anni o siano riconosciuti invalidi nel periodo fra il 1952 ed il 1961, ma che, al verificarsi di dette circostanze, siano in possesso di uno dei requisiti richiesti dai commi secondo e quarto dell'art. 5 della legge del 1952, cioé possano far valere, nel quinquennio precedente, un determinato numero di effettivi contributi, a seconda della categoria di appartenenza.

Aggiunge l'I.N.P.S. che la norma dell'art. 20 non apporta nuovi elementi, ma é soltanto interpretativa dell'art. 25.

Avendo il Dei Rossi sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, per eccesso di delega, il Tribunale ha ritenuto che "non può certamente ritenersi meramente interpretativa una norma che limita l'ambito di applicazione di una disposizione della legge delegante". Ha quindi considerato la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione e, sospeso il giudizio, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte.

L'ordinanza regolarmente notificata e comunicata é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 29 dicembre 1962.

Nel presente giudizio si é costituito soltanto il Dei Rossi rappresentato e difeso dall'avv. Benedetto Bussi, il quale nelle deduzioni presentate in cancelleria ribadisce che l'impugnato art. 20, secondo comma, stabilisce una condizione del tutto nuova, non prevista né esplicitamente né implicitamente dalle norme vigenti, per il conseguimento della pensione di invalidità e vecchiaia, nei casi che rientrano nella previsione dell'art. 25 della legge del 1952.

 

Considerato in diritto

 

Allo scopo di attuare gradualmente la nuova regolamentazione prevista dalla legge 4 aprile 1952, n. 218, relativamente ai periodi minimi di contribuzione necessari per conseguire il diritto alla pensione di invalidità e di vecchiaia, l'articolo 25 di detta legge, lasciando immutato il requisito di quindici anni di anzianità di iscrizione nell'assicurazione, riduce i suddetti periodi, per la durata di 10 anni, in misura progressivamente inferiore. Per la pensione di vecchiaia, stabilisce una aliquota che per l'anno 1952 é di un quindicesimo e per l'anno 1961 raggiunge i tredici quindicesimi.

Lo stesso articolo, nell'ultimo comma, prescrive che per coloro i quali si avvolgono, nel cennato decennio, della facoltà di prosecuzione volontaria nell'assicurazione, i minimi contributivi, ai fini del diritto alla liquidazione della pensione, sono quelli stabiliti per l'anno nel quale l'assicurato presenta la domanda di autorizzazione per tale prosecuzione.

É problema di mera interpretazione stabilire se la norma contenuta in detto comma abbia inteso circoscrivere - come sostiene l'I.N.P.S. - il beneficio dell'aliquota ridotta all'ipotesi in cui nel ripetuto decennio si sia verificato il rischio assicurato (compimento dell'età pensionabile o insorgenza dell'invalidità) e la domanda di autorizzazione per la prosecuzione volontaria sia stata presentata successivamente al realizzarsi di tali eventi. E siffatto problema, come tale, sfugge alla competenza di questa Corte. La quale invece, é chiamata ad esaminare se il secondo comma dell'art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, abbia ecceduto dai limiti della delega di cui all'art. 37 della legge n. 218 del 1952. Ed in questa, indagine, é ovvio che la Corte non può essere vincolata ad una determinata interpretazione del sopracitato art. 25.

L'ordinanza del Tribunale di Venezia, affermando che "non può ritenersi meramente interpretativa una norma che limita l'ambito di applicazione di una disposizione della legge delegante" indirizza l'indagine verso un terreno diverso e cioé verso la sussistenza o meno, nella norma impugnata, di limiti o di requisiti nuovi che non rientrino fra quelli necessari per attuare o coordinare la nuova legge del 1952 con le altre esistenti, o che siano addirittura contrari ai criteri ed ai principi di detta legge.

Ciò posto, non é dubbio che il primo periodo del secondo comma dell'art. 20 del D.P.R. n. 818 del 1957, stabilendo che l'ultimo capoverso dell'art. 25 si applica soltanto nei confronti degli assicurati per i quali si verifichi il rischio assicurato nel periodo transitorio 1952-61 pone un limite che non sussiste nella legge del 1952. Esso intende stabilire un collegamento fra l'anno in cui l'assicurato chiede l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria e l'anno del pensionamento, per riportare nel periodo transitorio entrambi gli eventi, ma nel tempo stesso crea un nuovo requisito, che esclude un certo numero di assicurati dal beneficio della riduzione di aliquota per i minimi contributivi onde ottenere la pensione.

Ben più chiaro appare il vizio di legittimità del secondo periodo del ripetuto comma, nel quale la disciplina della prosecuzione volontaria dell'assicurazione viene alterata e modificata agli effetti della riduzione di aliquota dei minimi contributivi. Si prescrive, infatti, che i minimi di contribuzione necessari per ottenere l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria debbono sussistere nel momento in cui si verifica il rischio assicurato, mentre l'art. 5 della legge del 1952 subordina la concessione dell'autorizzazione stessa alla sussistenza, in quel momento, dei minimi contributivi. Chiaro é il contrasto fra l'art. 5 della legge del 1952 e la norma impugnata.

Va, pertanto, riconosciuto che il secondo comma dell'art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, ha violato i limiti posti dall'articolo 37 della legge delegante 4 aprile 1952, n. 218.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, in relazione agli artt. 25 e 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

GIUSEPPE VERZÌ, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1963.