Sentenza n. 117 del 1963
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SENTENZA N. 117

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 82, secondo comma, del T.U. delle leggi di p.s. approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1962 dal Pretore di Molfetta nel procedimento penale a carico di Minervini Ignazio, iscritta al n. 208 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 26 gennaio 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 12 giugno 1963 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa all'udienza del 3 dicembre 1962 nel procedimento penale a carico di Minervini Ignazio, il Pretore di Molfetta, ritenendone la rilevanza ai fini del predetto procedimento, ha rimesso a questa Corte la questione di legittimità costituzionale (considerata non manifestamente infondata) dell'art. 82, secondo comma, del T.U. di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, per incompatibilità con gli artt. 27, secondo comma, e 102, primo comma, della Costituzione.

Con riferimento ai casi di tumulti, disordini, o pericoli, nel corso di pubblici spettacoli in cui l'autorità di pubblica sicurezza abbia dovuto disporre, ai sensi del primo comma del citato art. 82, la soppressione o cessazione dello spettacolo o lo sgombero del locale, la disposizione impugnata statuisce che, qualora il disordine che diede causa al provvedimento, sia avvenuto "per colpa di chi dà o fa dare lo spettacolo", "gli ufficiali o gli agenti possono ordinare che sia restituito agli spettatori il prezzo d'ingresso".

Ritiene il Pretore che, quando il disordine consegua (come nel caso) alla violazione di una norma penale, l'anzidetto potere (cui "difficilmente" potrebbe riconoscersi natura "meramente cautelare") "può apparire in contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione, che vieta di considerare colpevole l'imputato sino alla condanna definitiva". E aggiunge che, a prescindere da ciò, esso dà luogo a un sommario giudizio di responsabilità per inadempienze del rapporto contrattuale sussistente tra titolare del locale e spettatori: il che "può apparire in contrasto con l'art. 102, primo comma, della Costituzione".

Osserva poi il Pretore che "la tutela dell'ordine pubblico, a cui é diretta la norma in discussione, potrebbe anche ritenersi sufficientemente assicurata dai poteri attribuiti all'autorità di p.s. col primo comma dell'art. 82 del citato R.D.", mentre per quanto concerne la soluzione dei contrasti privatistici tra spettatori e titolare del locale sarebbe sufficiente l'esplicazione da parte dell'autorità di p. s. dei poteri di bonaria composizione previsti dall'art. 1 del T.U. e dall'art. 6 del regolamento.

L'ordinanza é stata notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 14 dicembre 1962; comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento l'11 dicembre 1962; pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 1963, n. 24.

Innanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocato generale dello Stato, il quale nell'atto d'intervento depositato il 3 gennaio 1963 osservava con riferimento al primo dei due profili sotto cui la questione di legittimità costituzionale é stata prospettata, che "la valutazione che l'ufficiale o l'agente di polizia fa circa la colpa nella determinazione del disordine non ha alcuna rilevanza agli effetti penali"(l'unica cui ha riguardo l'art. 27 della Costituzione), ma solo a quelli della restituzione del prezzo d'ingresso agli spettatori, rimanendo il giudice penale pienamente libero nell'accertamento dei fatti contravvenzionali contemplati dall'art. 82. Con riferimento al secondo profilo l'Avvocatura dello Stato osserva poi che la funzione della disposizione impugnata é quella di "prevenire più gravi turbative dell'ordine pubblico": quello previsto dalla norma é un provvedimento amministrativo e non un atto giurisdizionale, ed é soggetto a tutti i controlli di legittimità propri dei provvedimenti amministrativi: pertanto l'art. 102 della Costituzione é fuori causa.

 

Considerato in diritto

 

Entrambi i profili sotto i quali il Pretore di Molfetta ha sollevato dubbi circa la legittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 82 del T.U. di pubblica sicurezza appaiono privi di fondamento.

Esattamente l'Avvocatura dello Stato, con riferimento al primo di essi, osserva che l'art. 27, secondo comma, della Costituzione é fuori causa, giacché, mentre questo esclude che la sottoposizione a un procedimento penale possa determinare alcuna presunzione di reità, nessuna presunzione di reità é alla base del provvedimento amministrativo previsto dalla disposizione impugnata.

La norma della cui legittimità si discute si limita a conferire, infatti, ai funzionari di pubblica sicurezza il potere di ordinare all'impresario la restituzione agli spettatori del prezzo d'ingresso, quando uno spettacolo a pagamento non abbia potuto aver luogo o sia stato sospeso in relazione a disordini cui i funzionari stessi ritengono che l'impresario o il personale addetto allo spettacolo, abbiano contribuito a dare, colpevolmente, causa.

Come la stessa ordinanza di rimessione ammette, il provvedimento consentito dal secondo comma dell'art. 82 del T.U. di pubblica sicurezza ha la sua ragion d'essere in esigenze di tutela dell'ordine pubblico (e non - come é proprio della giurisdizione in disinteressate e neutrali esigenze di tutela dell'ordinamento giuridico). Esso non ha poi la sua giustificazione nell'assoggettamento del destinatario a un procedimento penale, e neanche in un accertamento, sia pure meramente delibativo, di una qualche sua responsabilità penale. Si tenga, tra l'altro, presente che il provvedimento é ammesso non solo quando i funzionari di pubblica sicurezza ritengano sussistente una qualche "colpa" di chi "fa dare" lo spettacolo, ma anche quando ritengano sussistente una qualche "colpa" di chi lo "dà": onde chi "fa dare" lo spettacolo - e cioé l'impresario - può essere obbligato alla restituzione del prezzo d'ingresso anche quando il funzionario di polizia non attribuisca a lui personalmente alcuna responsabilità degli inconvenienti verificatisi. La giustificazione del provvedimento risiede cioé in una valutazione assolutamente autonoma, compiuta sul piano amministrativo, o in vista di una misura di carattere puramente amministrativo, da parte dell'autorità amministrativa, circa la sussistenza di elementi di colpa, non decisivi sul piano penalistico, a carico dell'impresario o di altri di cui egli debba rispondere. Il provvedimento non muove perciò da una presunzione di colpevolezza penale, e tanto meno da una presunzione di reità del soggetto obbligato, né comporta conseguenze nel campo del diritto penale e degli status di diritto penale.

Si tratta, poi di un atto indubbiamente soggetto, sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo dei presupposti di fatto e di diritto, alla disciplina e ai controlli amministrativi e giurisdizionali (in sede civile, penale e amministrativa) comuni agli altri provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza.

Quanto si é detto, particolarmente circa la funzione che il provvedimento é chiamato ad assolvere, la quale non ha nulla in comune con la funzione giurisdizionale, é sufficiente anche ai fini della dimostrazione dell'assoluta estraneità del potere previsto dal secondo comma dell'art. 82 del T.U. di pubblica sicurezza rispetto alla materia regolata dall'art. 102, primo comma, della Costituzione, che riserva in via di principio ai magistrati ordinari l'esercizio della funzione giurisdizionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe relativa alla legittimità costituzionale dell'articolo 82, secondo comma, del T.U. di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, in riferimento agli artt. 27, secondo comma, e 102, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

ALDO SANDULLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1963.