Sentenza n. 116 del 1963
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SENTENZA N. 116

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 208 e 209 del T.U. delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 24 ottobre 1962 dal Pretore di Biella nel procedimento civile vertente tra Maggia Pericle, Maggia Giovanni e Giuseppe e l'Esattoria consorziale di Biella, iscritta al n. 205 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 del 19 gennaio 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 12 giugno 1963 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - I signori Giovanni e Giuseppe Maggia, intervenuti nel giudizio di opposizione all'esecuzione esattoriale, promosso dal sig. Pericle Maggia davanti al Pretore di Biella, sollevarono la questione di legittimità costituzionale degli artt. 175 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, e 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione e, successivamente, degli artt. 208 e 209 del medesimo T.U., in riferimento all'art. 102 della Costituzione.

Il Pretore ha ritenuto non manifestamente infondata soltanto la questione di legittimità degli artt. 208 e 209 ora ricordati e in conseguenza, con ordinanza 24 ottobre 1962, ha sospeso il giudizio e trasmesso gli atti a questa Corte. L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 19 gennaio 1963.

2. - I motivi che l'ordinanza espone per dimostrare la non manifesta infondatezza della sollevata questione sono tre: a) non sarebbe dubbio che l'Intendente di finanza, adito a norma dell'art. 208 del T.U. citato, eserciti "una vera e propria funzione giurisdizionale"; b) la Corte costituzionale ha ritenuto non perentorio il termine di cinque anni stabilito dalla VI disposizione transitoria della Costituzione per la revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti, ma é certo che la decisione della Corte non si riferisce agli organi creati con leggi posteriori all'entrata in vigore della Costituzione; c) la funzione giurisdizionale dell'Intendente di finanza, anche se prevista da leggi anteriori, deve ritenersi istituita ex novo dal citato art. 208, in conseguenza della espressa abrogazione delle leggi preesistenti.

3. - Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Nell'atto di intervento depositato il 4 dicembre dello scorso anno, l'Avvocatura respinge la tesi dell'ordinanza, che i provvedimenti dell'Intendente abbiano carattere "giurisdizionale", richiamando soprattutto proprio il testo dell'art. 208, il quale qualifica definitivi i provvedimenti dell'Intendente e dispone la riduzione a sessanta giorni del termine per il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Conclude per la dichiarazione di non fondatezza della questione.

4. - All'udienza del 12 giugno 1963 la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri si é rimessa agli scritti difensivi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Nel sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 208 e 209 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione all'art. 102 della Costituzione, il Pretore di Biella muove dal presupposto che l'Intendente di finanza, adito a norma dell'ora citato art. 208, eserciti "una vera e propria funzione giurisdizionale".

Ora codesto presupposto, come esattamente ha osservato l'Avvocatura dello Stato, é inesatto. I provvedimenti che l'Intendente di finanza emana su ricorso dei soggetti elencati nel primo comma dell'art. 208, sono provvedimenti amministrativi che la legge qualifica definitivi, e contro i quali si può proporre ricorso in sede giurisdizionale o, in via straordinaria, al Capo dello Stato, con la sola riduzione, in quest'ultimo caso, del termine per ricorrere a sessanta giorni. Né può valere a conferire la qualifica di "funzione giurisdizionale" a questa attività dell'Intendente di finanza, soggettivamente e oggettivamente amministrativa, il fatto che il detto ricorso sia il solo mezzo di cui disponga il contribuente contro l'esecuzione esattoriale. La Corte, alla quale la questione di legittimità dei due articoli é stata già sottoposta in relazione ad altri precetti costituzionali, ha ritenuto che il ricorso all'Intendente si inserisce in un sistema complesso di tutela dei diritti e degli interessi del contribuente, della cui conformità ai precetti costituzionali non si può dubitare (sentenza n. 87 del 3 luglio 1962 e ordinanze nn. 101 e 102 del 15 novembre 1962) e ha già così, implicitamente, risolto anche la questione ora per la prima volta esplicitamente proposta.

2. - Stando così le cose, venuto meno cioé il presupposto, perdono ogni valore il richiamo alla VI disposizione transitoria della Costituzione e l'affermazione dell'ordinanza che la pretesa funzione giurisdizionale dell'Intendente, pur prevista da leggi anteriori all'entrata in vigore della Costituzione, debba ritenersi istituita ex novo dal ricordato art. 208 del T.U. e quindi non al riparo dal divieto costituzionale di creare giudici straordinari o speciali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 208 e 209 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, in riferimento all'art. 102 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

GIOVANNI CASSANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1963.