Sentenza n. 82 del 1963
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SENTENZA N. 82

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 72 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1962 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra De Lorenzi Antonio e Monfrini Adriano, iscritta al n. 107 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 30 giugno 1962.

Udita nella camera di consiglio del 7 maggio 1963 la relazione del Giudice Aldo Sandulli.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento civile promosso contro De Lorenzi Antonio e Canzi Giulio innanzi al Tribunale di Milano da Monfrini Adriano, il quale si assumeva creditore nei confronti di entrambi del compenso per l'opera di mediazione prestata in occasione di un negozio tra essi stipulato, avendo il Tribunale dichiarato l'esistenza del negozio e condannato i convenuti al pagamento del richiesto compenso, e avendo il De Lorenzi proposto appello per far dichiarare l'inesistenza del negozio, senza depositare peraltro copia della sentenza di primo grado in forma autentica, la Corte d'appello di Milano, con ordinanza 20 marzo 1962, deferiva a questa Corte, a seguito di eccezione del De Lorenzi, la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 72 della legge di registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269), il quale dispone che "quando le sentenze pronunziano su domande che si basano su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura se fosse stata precedentemente registrata".

Osserva l'ordinanza che "il vigente ordinamento, pur non imponendo esplicitamente l'onere del pagamento della tassa di titolo come condizione di procedibilità del gravame, perviene a stabilirlo come requisito implicito mediante l'onere di acquisire al giudizio di appello una copia autentica della sentenza appellata (artt. 347, comma secondo, e 348, comma secondo, del C. P. C.) e l'obbligo del cancelliere del giudice a quo di non rilasciare tale copia se non sia stata eseguita la registrazione della sentenza (artt. 117 della legge di registro e 473 del C.P.C.)". Ed aggiunge che "l'obbligo imposto alla parte (oltre al pagamento della tassa di sentenza, su di che non vi é questione) di corrispondere la così detta tassa di titolo, prevista dall'art. 72 della legge di registro, anche su sentenze non passate in giudicato e neppure (come nel caso) provvisoriamente esecutive, implica, logicamente e praticamente, un onere del tutto simile all'istituto (previsto dal secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) del solve et repete, non essendo consentita la procedibilità dell'appello mediante il quale il cittadino può ottenere l'accertamento dell'inesistenza della convenzione in tal modo tassata, se non dopo aver provveduto a pagare la relativa tassa; quanto dire che per accertare l'inesistenza dell'obbligazione tributaria attraverso l'accertamento dell'inesistenza della convenzione sottoposta a tassazione (ciò che non é possibile esperire se non mediante il giudizio di impugnazione) il cittadino deve innanzitutto corrispondere il tributo al fine di rendere procedibile, mediante la produzione di copia autentica della sentenza gravata, l'impugnazione; salvo poi, nel caso di esito favorevole del gravame (che accerti l'inesistenza della convenzione) ripetere, come dalla prevalente interpretazione si afferma, la somma pagata".

l'ordinanza precisa che la sollevata questione di legittimità costituzionale "non investe l'art. 72 della legge di registro nella sua totalità, ma limitatamente alla sua applicazione alle sentenze non passate in cosa giudicata (ovvero, gradatamente, non provvisoriamente esecutive)".

L'ordinanza é stata notificata ai procuratori delle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Pubblico Ministero presso la Corte d'appello di Milano rispettivamente in data 14, 16 e 17 maggio 1962; inoltre ne é stata data comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento in data 10 maggio 1962. Essa é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 giugno 1962, n. 164.

Nessuno si é costituito nel giudizio innanzi a questa Corte; onde ne é stata disposta la trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

 

Considerato in diritto

 

L'art. 72 della legge di registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269) dispone: "Quando le sentenze pronunziano su domande che si basano su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo le sua natura se fosse stata precedentemente registrata".

L'ordinanza della Corte d'appello di Milano ha deferito all'esame di questa Corte la disposizione anzidetta, considerandola in contrasto col principio, risultante dagli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini, senza distinzioni, hanno il diritto di agire in giudizio in difesa dei propri diritti e interessi legittimi. A tal fine essa argomenta dal fatto che, in base alla legge di registro, nel caso di impugnativa di sentenze, le quali, pronunziando su domande che si basino su una convenzione non ridotta in iscritto o per la quale non siano stati enunciati titoli registrati, abbiano dichiarato l'esistenza della convenzione stessa, il rilascio in forma autentica della copia della sentenza impugnata, occorrente per depositarla, al fine di non incorrere in inammissibilità o improcedibilità, nel giudizio d'impugnazione - strumento unico e indispensabile per conseguire la dichiarazione di inesistenza della convenzione -, non può essere effettuato dall'ufficio competente, qualora non sia stata pagata, oltre alla tassa di registro cui é soggetta (ai sensi degli artt. 68-71 della legge di registro) la sentenza, altresì l'imposta di registro sul titolo posto a base della sentenza e formante oggetto della contestazione (così detta "tassa di titolo"). Di conseguenza, oltre che condizionare gli ulteriori gradi di giudizio volti a ottenere la dichiarazione di inesistenza della convenzione, il pagamento del tributo viene a condizionare la stessa azione giudiziaria volta a far affermare l'inesistenza del debito tributario, concretando un vero e proprio solve et repete.

Osserva però questa Corte che l'effetto (inammissibilità o improcedibilità dell'impugnativa) dal quale muove l'ordinanza, per desumerne la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con essa sollevata, non discende dall'impugnato art. 72, il quale si limita a disporre la così detta "tassa di titolo", senza nulla statuire in ordine alle conseguenze del mancato assolvimento dell'obbligazione tributaria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe, dell'art. 72 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

ALDO SANDULLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 8 giugno 1963.