Sentenza n. 75 del 1963
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SENTENZA N. 75

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 13 maggio 1957, n. 853, promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1961 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Trapani nel procedimento penale a carico di Ingoglia Mattia, iscritta al n. 181 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 24 novembre 1962.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 3 aprile 1963 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale avanti il Tribunale di Trapani a carico di tale Ingoglia Mattia, imputata del reato di falsità in scrittura privata e truffa a danno dello Stato, per avere fatto risultare con dichiarazione resa all'Ufficio contributi unificati in agricoltura, ed allo scopo di essere sgravata dell'onere dei contributi stessi, che tale La Vite Giacomo conduceva a mezzadria dei terreni di sua proprietà, il Giudice istruttore, con sua ordinanza del 28 novembre 1961, in accoglimento della eccezione sollevata dal P. M., ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, sospendeva il giudizio e rinviava gli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di incostituzionalità della legge delegata 13 maggio 1957, n. 853, relativa alla determinazione dei contributi unificati in agricoltura per l'anno 1957, perché in contrasto con l'art. 76 della Costituzione per eccesso di delega rispetto alla legge delegante 28 novembre 1938, n. 2138.

L'ordinanza, regolarmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 novembre 1962, n. 300. Innanzi alla Corte si é costituito solo il Presidente del Consiglio dei Ministri, che, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, ha depositato le proprie deduzioni in cancelleria il 29 ottobre 1962. Con esse si deduce, preliminarmente, che la questione non é stata ritualmente proposta, data la mancanza di qualsiasi accenno all'avvenuta valutazione del presupposto della rilevanza della questione stessa al fine della decisione di merito, ed altresì perché la denuncia di incostituzionalità é formulata in blocco ed in modo generico per l'intera legge delegata, e per tutta la legge delegante, sicché manca la possibilità di individuare il vizio di eccesso denunciato. Ciò anche se si volesse risalire ai motivi enunciati nella requisitoria del P. M., poiché in questa non si rinviene traccia di eccezioni rivolte alla legge n. 2138 del 1938.

Nel merito, si mette in rilievo l'infondatezza della questione, dato che nei confronti della legge delegante ora ricordata del 1938, anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, l'esame di legittimità deve esaurirsi nell'accertamento dell'effettiva esistenza della delega e della corrispondenza della materia della medesima con quella della legge delegata: accertamento dal quale nella specie non emerge alcuna ragione di invalidità. Si aggiunge che l'infondatezza sarebbe da confermare, anche se fosse richiesta l'osservanza dei requisiti di cui all'art. 76, poiché questi si riscontrano nella legge di delegazione. Conclude chiedendo, in via principale, che la questione sia dichiarata inammissibile, e, in via subordinata, che se ne affermi l'infondatezza.

Con successiva memoria depositata il 20 marzo 1963 l'Avvocatura, mentre ribadisce le precedenti deduzioni in ordine alla inammissibilità (a sostegno delle quali invoca la statuizione di questa Corte nelle sentenze nn. 69 del 1957 e 65 del 1962) fa osservare, nel merito, che l'articolo unico della legge delegante del 1938 conteneva due distinte deleghe: una per la determinazione delle modalità di accertamento e riscossione dei contributi, delega esercitata con il R. D. 24 settembre 1940, n. 1949, i cui artt. 4 e 5 sono stati dichiarati incostituzionali da questa Corte, l'altra relativa alla determinazione annuale della misura dei contributi stessi che venne esercitata con successivi decreti. Che però, nel frattempo, la materia é stata regolata con nuove disposizioni le quali hanno sostituito il decreto del 1938. Ciò é avvenuto prima per opera della legge n. 861 del 1949 e successivamente della legge 14 aprile 1956, n. 307, la quale si adegua in tutto alle prescrizioni dell'art. 76 della Costituzione, contenendo sia il termine della delega, sia i principi e i criteri direttivi. Ciò a tacere del fatto che la misura di molti contributi era stata nel frattempo fissata direttamente dalla legge. E poiché il decreto denunciato nell'ordinanza, n. 853 del 1957, é stato emesso in dipendenza di quest'ultima legge, e non già di quella del 1938 ormai divenuta inoperante, e d'altra parte il decreto medesimo nell'indicare i contributi base della maggior parte delle assicurazioni si limita ad una mera riproduzione delle misure fissate direttamente dalla legge, viene meno la censura di illegittimità sollevata dall'ordinanza. Insiste, pertanto, nelle conclusioni prese.

 

Considerato in diritto

 

L'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura, per l'omissione da parte del giudice a quo di ogni pronuncia sulla rilevanza della questione di costituzionalità per la decisione della controversia a lui deferita non é da ritenere fondata, poiché in realtà l'ordinanza ha messo in rilievo in modo espresso la pregiudizialità della medesima rispetto ad ogni altra questione di merito, e se detta affermazione non appare corredata da apposita motivazione ciò é avvenuto perché, avendo espressamente richiamata la requisitoria del P. M. che aveva sollevato la questione in esame, ha evidentemente inteso adottare l'ampia argomentazione svolta a sostegno dell'asserita rilevanza . In proposito la Corte deve riaffermare quanto ha altre volte statuito circa la validità della motivazione in ordine a tale punto (e parimenti all'altro della non manifesta infondatezza) allorché essa, anziché direttamente, venga formulata mediante rinvio alle deduzioni della parte che ha proposto la eccezione di incostituzionalità (v. sentenza n. 7 del 1962).

Del pari infondata é l'obiezione desunta dalla mancata individuazione dei vizi da cui si ritengono affette le norme denunciate. Infatti, se pure é vero che impropriamente l'ordinanza, sulla scorta della citata requisitoria, qualifica come eccesso di delega il vizio addebitabile alle medesime, risulta tuttavia chiaramente da quest'ultima (contrariamente a quanto assume l'Avvocatura dello Stato) che la violazione dell'art. 76 della Costituzione é riferita alla legge delegante 28 novembre 1938, n. 2138, e si fa consistere nel fatto che questa, oltre a non contenere principi e criteri direttivi, non fissa alcun limite di tempo al potere che viene delegato al Governo (ai sensi dell'art. 3, n. 1, della legge n. 100 del 1926) di stabilire annualmente la misura dei contributi unificati in agricoltura. Non può invocarsi, per contrastare tale conclusione, la sentenza di questa Corte n. 65 del 1962, cui l'Avvocatura si richiama, poiché nella specie la censura si rivolge all'intera legge delegante, per l'allegato difetto delle condizioni generali prescritte per la sua validità, e non può quindi richiedersi che siano specificate quelle fra le sue singole parti ritenute affette da incostituzionalità.

Fondata é, invece, la denuncia che l'Avvocatura fa dell'errore in cui é incorso il giudice di merito nel ritenere che la legge delegata 13 maggio 1957, n. 853, contenente la determinazione della misura dei contributi da versare nell'anno 1957 (nel quale ebbe a verificarsi il comportamento delittuoso della prevenuta, che intendeva sottrarsi al loro pagamento) fosse stata emessa in dipendenza della legge denunciata 28 novembre 1938, n. 2138, risultando, invece, la sopravvenuta sostituzione di questa, in un primo tempo per effetto della legge 22 novembre 1949, n. 861, e successivamente dell'altra 14 aprile 1956, n. 307, in esecuzione della quale é stato emanato il menzionato decreto n. 853 del 1957. É da ritenere che se il giudice del processo principale avesse tenuto conto della circostanza ora messa in rilievo avrebbe proposto in termini diversi il problema della rilevanza della questione di legittimità costituzionale, senza riferirla ad una norma che era venuta meno e che, quindi, non regolando il caso da decidere, non poteva dar luogo alla questione di incostituzionalità denunciata.

Di conseguenza si deve ritenere necessaria una nuova valutazione sul punto della rilevanza rispetto al giudizio principale della questione sottoposta alla Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina che gli atti siano restituiti al Giudice istruttore penale del Tribunale di Trapani.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 30 maggio 1963.