Sentenza n. 74 del 1963
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SENTENZA N. 74

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del T. U. delle leggi di p. s., 18 giugno 1931, n. 773, che conferisce all'autorità di p. s. la facoltà di sottoporre a rilievi segnaletici determinate categorie di persone, promosso con ordinanza emessa il 28 luglio 1961 dal Pretore di Siderno nel procedimento penale a carico di Prochilo Giuseppe, iscritta al n. 153 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 245 del 30 settembre 1961.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 3 aprile 1963 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza del 28 luglio 1961, emessa nel procedimento penale a carico di Prochilo Giuseppe, il Pretore di Siderno ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del T. U. delle leggi di p. s., 18 giugno 1931, n. 773, che conferisce all'autorità di p. s. la facoltà di sottoporre a rilievi segnalatici determinate categorie di persone, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 1961, n. 245, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 3 agosto dello stesso anno e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento il 31 luglio dell'anno medesimo.

Per quanto concerne il contrasto con l'art. 13 della Costituzione, nell'ordinanza si osserva che " rilevamento segnaletico "ed " ispezione personale "sono due operazioni che si trovano tra di loro in rapporto strumentale e funzionale in quanto indispensabile e preliminare ad ogni rilevamento segnaletico é la ispezione del corpo umano. E ciò, a norma della Costituzione, non può essere disposto se non dall'autorità giudiziaria, nei casi consentiti dalla legge e con provvedimento motivato. Comunque, il rilevamento segnaletico importa una forma di restrizione della libertà personale, che la Costituzione egualmente tutela e circonda di idonee garanzie.

In ordine al prospettato contrasto con l'art. 3 della Costituzione, il giudice a quo rileva che solo all'autorità giudiziaria parrebbe potersi affidare la valutazione di quelle condizioni personali, quali la sospettabilità e la pericolosità, che, per l'art. 3 della Costituzione, non dovrebbero valere a turbare il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, mentre la facoltà consentita all'autorità di pubblica sicurezza potrebbe creare una discriminazione fra cittadino e cittadino.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto nel giudizio a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, osserva, nelle deduzioni depositate il 16 agosto 1961, che i rilievi segnaletici di cui al citato art. 4, nelle loro varie forme di rilievi fotografici, descrittivi, dattiloscopici, ecc. non comportano una ispezione corporale del soggetto sottoposto ai rilievi, secondo il significato che alla nozione di ispezione corporale é da attribuirsi ai sensi dell'art. 310 del Codice di procedura penale. E l'ispezione "personale" di cui parla la Costituzione non é altro che l'ispezione che dal Codice di procedura penale viene definita corporale.

Il problema va ricondotto, in pratica, entro questi limiti: il sottoporre a rilievi segnaletici non si risolve sempre e necessariamente in una ispezione corporale ai sensi dell'art. 310 del Codice di procedura penale; e se ciò eccezionalmente avviene, trattasi di condotta abusiva del pubblico ufficiale, penalmente illecita, con conseguente responsabilità a norma dell'art. 509 del Codice penale.

Quanto poi al prospettato contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'Avvocatura dello Stato, premesso che l'istituto del rilevamento segnaletico mira a soddisfare gli interessi non solo della collettività, ma anche degli stessi segnalati (come nei casi di persone che non siano in grado, per demenza o altra causa, di provare la propria identità), osserva che la Costituzione non ha, né direttamente né indirettamente, posto vincoli all'attività di prevenzione da esplicare a fini di polizia giudiziaria, attività nella quale si inquadra quella che tende alla identificazione personale. Per cui non sembra che si possa invocare l'art. 3 della Costituzione per dedurre la incostituzionalità della disposizione denunziata.

Comunque, se distinzione c'é tra persone e persone, essa non trova origine in ragioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, ma in situazioni particolari nelle quali versano coloro nei cui confronti ci si avvale della facoltà prevista dall'art. 4 del T. U. delle leggi di pubblica sicurezza. Ed é costituzionalmente legittimo che a situazioni giuridicamente diverse corrispondano disposizioni giuridiche diverse.

L'Avvocatura dello Stato conclude chiedendo che la questione sollevata dal Pretore di Siderno sia dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione relativa al contrasto tra l'art. 4 della legge di pubblica sicurezza e l'art. 13 della Costituzione é stata definita da questa Corte con la sentenza n. 30 del 22 marzo 1962, con la quale la disposizione denunziata é stata dichiarata illegittima nella parte in cui prevede rilievi segnaletici che comportino ispezioni personali ai sensi dell'art. 13 della Costituzione.

Le osservazioni esposte nell'ordinanza in esame rispetto al contrasto con l'art. 13, conformi sostanzialmente a quelle dell'ordinanza che diede luogo al precedente giudizio, sono state tutte vagliate dalla dichiarata sentenza ed accolte per quanto di ragione; onde la disposizione denunziata fu ritenuta illegittima, in quanto essa ammetteva la possibilità di limitazioni alla libertà personale. Nello stesso tempo la decisione dichiarava che non potevano considerarsi limitazioni alla libertà personale, ai sensi dell'art. 13 della Costituzione, quei rilievi segnaletici che riguardano l'aspetto esteriore della persona e lasciano integra la sfera di libertà della persona stessa.

In riferimento all'art. 13 della Costituzione, la questione ora riproposta é, pertanto, manifestamente infondata sotto duplice aspetto. In quanto ha per oggetto la parte della norma dichiarata illegittima, la questione é manifestamente infondata perché si riferisce ad una disposizione già eliminata dall'ordinamento. In quanto ha per oggetto la parte della norma dello stesso art. 4 rispetto alla quale la questione di legittimità é stata dichiarata infondata, l'ordinanza in esame non adduce argomenti nuovi o diversi da quelli già esaminati dalla Corte, la quale non ha ragione di discostarsi dalla precedente decisione.

2. - É nuova e deve essere esaminata la questione relativa al dedotto contrasto fra l'art. 4, nel significato che esso ha dopo la parziale dichiarazione di illegittimità contenuta nella precedente sentenza della Corte, e l'art. 3 della Costituzione.

Il contrasto non sussiste.

Se si fosse trattato di limitazioni alla libertà personale, sarebbe stato certamente necessario che l'ordine di sottoporre una persona a rilievi segnaletici provenisse dal magistrato o fosse convalidato dal magistrato ai sensi dell'art. 13 della Costituzione. Ma dal momento che l'unica forma di identificazione di una persona, consentita dall'art. 4, é quella che non comporta limitazioni alla libertà personale, non si può sostenere, come sembra faccia il Pretore nella sua ordinanza, che, se non si applica l'art. 13 mediante l'intervento preventivo o immediatamente successivo del magistrato, resti violato l'art. 3 della Costituzione.

Le varie situazioni alle quali l'art. 4 si riferisce sono quelle che possono determinare la necessità dell'accertamento della identità di una persona.

Che a seguito di una riforma della legge di pubblica sicurezza i poteri degli organi di polizia in questa materia possano essere meglio regolati e delimitati, anche nell'intento di distinguere e precisare i poteri della polizia di sicurezza rispetto a quelli della polizia giudiziaria, é cosa auspicabile; ma, per quanto concerne la dedotta violazione del principio di eguaglianza, la norma attualmente contenuta nell'art. 4 non é censurabile. Essa non appare come fonte di irragionevoli discriminazioni se, senza permettere restrizioni della libertà personale, attribuisce i poteri occorrenti per acquisire, assicurare e conservare gli elementi necessari al fine della prevenzione dei reati e della ricerca di chi li ha commessi o al fine della protezione delle persone che, a causa di malattia, infortunio o deficienza mentale, non siano in grado di provare la propria identità.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara:

a) manifestamente infondata, rispetto all'art. 13 della Costituzione, la questione di legittimità della norma contenuta nell'art. 4 della legge di pubblica sicurezza nella parte rimasta vigente dopo la precedente sentenza del 22 marzo 1962, n. 30;

b) non fondata la questione di legittimità della norma contenuta nello stesso art. 4 , in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, a Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 30 maggio 1963.