Sentenza n. 54 del 1963
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 54

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del D.P.R. 30 novembre 1954, n. 1496, annesso all. A, tabella VI, riguardante il trasferimento ad altre Amministrazioni del personale del soppresso Ministero dell'Africa italiana, promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1960, dal Consiglio di Stato in s.g. - Sezione IV - su ricorso di Fiumi Guido contro il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, iscritta al n. 171 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 280 dell'11 novembre 1961.

Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e l'atto di costituzione in giudizio di Fiumi Guido;

udita nell'udienza pubblica del 6 febbraio 1963 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per Fiumi Guido, e il sostituito avvocato generale dello Stato Valente Simi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Un'ordinanza emessa il 23 novembre 1960 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione IV - su ricorso del dott. Guido Fiumi contro il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha denunciato a questa Corte l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del D.P.R. 30 novembre 1954, n. 1496, annesso all. A, tabella VI, riguardante il trasferimento ad altre Amministrazioni del personale del soppresso Ministero dell'Africa italiana. Ha rilevato il Consiglio di Stato che la norma predetta viola i principi ed i criteri direttivi stabiliti nell'art. 18 della legge 29 aprile 1953, n. 430, e nell'art. 11 della legge 9 luglio 1954, n. 431, ed all'uopo ha considerato che, mentre la legge di delegazione prevedeva l'inquadramento del personale coloniale nei ruoli ordinari o in ruoli aggiunti, con l'istituzione del ruolo aggiunto del personale dei commissari tecnici per l'Oriente, la norma delegata creò un ruolo nuovo, essendosi conferito a coloro che dovevano inquadrarvisi, funzioni istituzionali diverse da quelle spettanti al personale del ruolo ordinario dei predetti commissari, secondo il R.D. 5 settembre 1940, n. 1497. Di più, ai dipendenti immessi nel ruolo aggiunto, non fu garantita la conservazione della posizione giuridica acquisita, ivi compreso il diritto di svolgere funzioni corrispondenti a quelle espletate o inerenti ai ruoli di provenienza, e la piena parificazione al personale della nuova Amministrazione: infatti, i dipendenti suddetti furono esclusi dalle funzioni direttive della carriera diplomatica, e inseriti in un ruolo destinato a sistemare personale proveniente da ruoli diversi e diversamente rilevanti, quali erano il ruolo direttivo di governo e quello degli interpreti tecnici, e con funzioni diverse dalle funzioni originarie o in atto espletate.

2. - L'ordinanza del Consiglio di Stato é stata regolarmente notificata il 25 agosto 1961 al dott. Guido Fiumi, comunicata al Ministero degli affari esteri e al Presidente del Consiglio dei Mini stri rispettivamente in data 21 e 22 agosto 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 280 dell'11 novembre 1961. Innanzi alla Corte si é costituito il Fiumi ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri; entrambi hanno presentato deduzioni e memorie.

3. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri contesta l'assunta illegittimità delle norme impugnate sotto un duplice profilo:

a) il R.D. 5 settembre 1940, n. 1497, consente di incaricare i commissari tecnici per l'Oriente di funzioni consolari nei Paesi di cui conoscono la lingua: l'incarico non può essere dato ad un numero di dipendenti superiore al sesto del totale dell'organico, e la norma delegata altro non ha fatto che sopprimere questo limite del sesto, il che non vuoi dire istituire un ruolo nuovo. Peraltro, l'art. 11 della legge 9 luglio 1954, n. 431, che il Consiglio di Stato ha ritenuto determinativa di criteri di delegazione aggiuntivi a quelli previsti nell'art. 18 della precedente legge 29 aprile 1953, n. 430, ha stabilito soltanto direttive per l'inquadramento individuale, onde non ha modificato i limiti della delegazione originaria;

b) la legge delegante non assicurava la conservazione delle funzioni, fra l'altro, impossibile dopo la perdita delle colonie e lo scioglimento del Ministero dell'Africa italiana: garantiva soltanto grado, anzianità di servizio e parificazione al personale dei ruoli ordinari, lasciando arbitro il Governo di attuare la ripartizione del personale secondo le esigenze delle varie Amministrazioni. Il predetto art. 11 della legge 9 luglio 1954, n. 431, se pure avesse modificato il contenuto della delegazione originaria, non avrebbe dettato un criterio tassativo per l'inquadramento del personale, solo "di massima" ammettendo che si potesse tener conto delle funzioni istituzionali dei ruoli di provenienza e delle attitudini dei funzionari.

4. - Il Fiumi ribadisce le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato:

a) che la norma impugnata, nella prima parte, ammette in modo esplicito che il personale può essere chiamato a svolgere funzioni istituzionalmente diverse da quelle del corrispondente ruolo ordinario, e pertanto non può essere intesa soltanto come diretta ad eliminare quel limite del sesto cui allude il Presidente del Consiglio dei Ministri; il R.D. 5 settembre 1940, n. 1497, solo straordinariamente consentiva che potessero affidarsi funzioni consolari ai commissari per l'Oriente, e comunque non avrebbe potuto applicarsi ai dipendenti ex Africa, i quali conoscono le lingue africane e non quelle orientali;

b) che la garanzia della conservazione della posizione giuridica acquisita non poteva dirsi assicurata quando coloro che svolgono istituzionalmente funzioni diplomatiche e consolari vengono equiparati agli interpreti;

c) che l'art. 11 della legge 9 luglio 1954, n. 431, da criteri di massima circa l'esigenza di tener conto delle condizioni dei funzionari soltanto per le singole assegnazioni ai ruoli, non per la creazione di nuovi posti in base alla delegazione; in ogni caso si riferisce al personale già comandato, ed é stato violato in modo flagrante, perché presso il ruolo dei commissari tecnici per l'Oriente, al quale é stata destinata la quasi totalità dei dipendenti ex Africa, non preesisteva alcun comando; e, se veramente avesse inteso attribuire all'amministrazione la discrezione alla quale allude il Presidente del Consiglio, l'art. 11 predetto sarebbe incostituzionale, per aver omesso la specificazione dei principi direttivi;

d) che la legge delegata ha riconosciuto che i dipendenti ex Africa erano idonei a svolgere le funzioni diplomatiche e consolari presso i Paesi africani o in connessione con i problemi africani, ma ha conservato ad essi tali funzioni malgrado la illegittima assegnazione ad un ruolo istituzionalmente destinato allo svolgimento di compiti diversi.

5. - All'udienza del 6 febbraio 1963 il Fiumi e il Presidente del Consiglio dei Ministri hanno illustrato i rispettivi assunti.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non sussiste il denunciato eccesso di delegazione per nessuna delle ragioni prospettate dal Consiglio di Stato.

2. - É esatto che l'art. 18 della legge 29 aprile 1953, n. 430, poneva al Governo il limite della istituzione di posti aggiunti ai ruoli ordinari o di separati ruoli aggiunti; ma non é parimenti esatto che il D.P.R. 30 novembre 1954, n. 1496, con la creazione del ruolo aggiunto del personale dei commissari tecnici per l'Oriente, sia andato oltre quel limite, istituendo, in realtà, un ruolo nuovo.

Parte del personale del soppresso Ministero dell'Africa italiana assegnato al Ministero degli affari esteri era già stato inquadrato nel ruolo diplomatico-consolare; e non si contesta che questo ruolo si era accresciuto di ben 34 nuovi posti, soddisfacendo ogni esigenza inerente alle relative funzioni, né, del resto, su questo punto, si può negare l'esistenza di una discrezionalità amministrativa. Non si contesta nemmeno che il Ministero degli affari esteri aveva necessità di disporre di funzionari ai quali fosse stato possibile affidare compiti amministrativi anche presso gli uffici diplomatici e consolari e presso l'amministrazione centrale; e l'esigenza di trarre questo personale dal ruolo coloniale non avrebbe potuto essere soddisfatta se non assimilandolo ai commissari tecnici per l'Oriente, che, in virtù del R.D. 5 settembre 1940, n. 1497, avevano attribuzioni miste. L'assimilazione al ruolo diplomatico-consolare non avrebbe appagato quella necessità, perché tale ruolo ha funzioni rigorosamente definite e ristrette.

Vero é che i commissari tecnici per l'Oriente potevano soltanto per un sesto dei posti essere destinati a mansioni consolari; ma la restrizione così disposta serviva a tutelare gli interessi del personale diplomatico-consolare, senza disconoscere che i commissari avessero le attitudini a svolgere quelle mansioni in alternativa con le altre di ordine amministrativo. Sotto tal riflesso non a torto l'Avvocatura dello Stato sostiene che il "nota bene" posto in calce alla tabella IV, all. A, dal D.P.R. 30 novembre 1954, n. 1496, nella sostanza, non ha fatto altro che togliere, dall'art. 1, secondo comma, del R.D. 5 settembre 1940, n. 1497, e per il personale del ruolo aggiunto, il limite del sesto stabilito per quello del ruolo ordinario. E sotto uguale profilo non può essere, invece, condiviso l'assunto per cui l'assimilazione del personale del soppresso Ministero dell'Africa italiana, che aveva funzioni di governo, a quello dei commissari tecnici, che aveva assorbito l'antico ruolo degli interpreti (art. 8 del R.D. 5 settembre 1940, n. 1497), ha determinato, nel primo, un pregiudizio al diritto di conservare la posizione giuridica acquisita. Al ruolo dei commissari tecnici possono accedere pure coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza, in scienze politiche ed amministrative, in scienze economiche e commerciali, in scienze coloniali; il che dimostra che la funzione di esperto tecnico, propria del ruolo, non é soltanto quella di interprete, tanto più che l'approfondita conoscenza di lingue, secondo il predetto decreto del 1940, é necessaria per la formazione dei gruppi indicati nello art. 3, non per l'accesso alla carriera.

3. - L'ordinanza del Consiglio di Stato afferma, altresì, che la norma delegata contrasta con il diritto, che la legge di delegazione assicurava al personale da sistemare, di svolgere funzioni corrispondenti a quelle in atto espletate o a quelle inerenti ai ruoli di provenienza. Ma nulla al riguardo si desume dalla citata legge.

Essa assicurava soltanto la conservazione della anzianità di servizio, il grado, l'anzianità di grado, la parificazione al personale dei ruoli di destinazione, un normale sviluppo di carriera. La successiva legge 9 luglio 1954, n. 431, che regolò esclusivamente il modo di assegnazione dei singoli funzionari nei ruoli di destinazione, e non si può, quindi, intendere come modificatrice di quella anteriore o essa stessa ulteriore legge di delegazione, statuì che soltanto di massima si doveva tener conto delle funzioni o mansioni istituzionali dei singoli funzionari e di quelle effettivamente esercitate. Pertanto, questa seconda legge, se pure fosse idonea a chiarire la prima, non si può assumere che abbia vietato all'Amministrazione di tener conto anche delle esigenze di servizio nel procedere all'equiparazione del personale nuovo al personale antico. La specialità delle funzioni spettanti al personale del soppresso Ministero dell'Africa italiana rendeva possibile, del resto, un trasferimento solo in ruoli affini non in ruoli identici, e la valutazione di questo rapporto di somiglianza non era vincolata ad alcun limite di legge.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione proposta dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con l'ordinanza del 23 novembre 1960 sulla legittimità costituzionale dell'art. 6 del D.P.R. 30 novembre 1954, n. 1496, e dell'annesso all. A, tabella VI, in relazione all'art. 18 della legge 29 aprile 1953, n. 430, e all'art. 11 della legge 9 luglio 1954, n. 431, e in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 3 maggio 1963.