Sentenza n. 9 del 1963
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 9

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 29 novembre 1952, n. 2635, promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1961 dal Tribunale di Bari nel procedimento civile vertente tra Capone Spalluti Domenico e la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania, iscritta al n. 96 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 23 giugno 1962.

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Capone Spalluti Domenico e dell'Ente di riforma;

udita nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1962 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per l'Ente di riforma.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il dott. Domenico Capone Spalluti convenne dinanzi al Tribunale di Bari la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania, deducendo la illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, del D.P.R. 29 novembre 1952, n. 2635, con cui era stata disposta a suo danno l'espropriazione di ettari 6.50.63 di terreni in agro di Gravina, e chiedendo la retrocessione della maggior quota di terreno espropriato o il pagamento del controvalore.

Secondo il Capone Spalluti l'Ente convenuto, nel predisporre il piano particolareggiato di esproprio, si era riferito ai dati catastali risultanti alla data del 15 novembre 1949, i quali recavano, tra l'altro, alla partita 7994, mappali 2, 5, 25 e 38 del foglio 73, una variazione di reddito da lire 3.961,36 a lire 9.613,58, apportata con nota del 1 settembre 1950 dell'Ufficio tecnico erariale a seguito della verificazione periodica quinquennale eseguita nel 1947, ed in base alla quale parte dei detti terreni erano stati qualificati non più come pascoli ma come seminativi.

Sempre secondo il Capone Spalluti, l'Ente non aveva tenuto conto che, a seguito del reclamo tempestivamente da lui pro posto avverso la detta variazione, la Commissione comunale censuaria di Gravina aveva, con decisione del 23 ottobre 1952, riconosciuto erronee, in parte, le variazioni suddette, per cui il relativo reddito dominicale era stato definitivamente determinato in lire 6.516,67.

Essendo così diminuito il reddito complessivo e quello medio per ettaro della intera proprietà, da tenere presente ai fini dello scorporo, ne derivava, secondo il Capone Spalluti, che egli col decreto impugnato era stato espropriato di una maggior quota di ettari 6.20.27 rispetto a quella che avrebbe dovuto essere determinata a norma dell'art. 4 della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841. La situazione da tener presente ai fini dello scorporo non era pertanto quella che appariva, alla data del 15 novembre 1949, dai dati catastali risultanti dalla prima variazione, bensì quella reale rispecchiata dalla decisione della Commissione censuaria comunale di Gravina sopra richiamata.

Il Tribunale, con ordinanza del 28 novembre 1961, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione, disponeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione di competenza.

L'ordinanza, notificata il 26 marzo 1962, e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 23 giugno 1962.

2. - Dinanzi alla Corte costituzionale si é costituito il Capone Spalluti, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Borraccia, il quale ha depositato le proprie deduzioni in cancelleria il 12 aprile 1962.

Con esse si insiste nell'affermare che la consistenza dei terreni da espropriare avrebbe dovuto essere determinata non in base ai dati catastali sia pure risultanti alla data del 15 novembre 1949, ma rivelatisi erronei, ma in base al definitivo ed esatto accertamento di cui alla decisione della Commissione censuaria comunale, rispecchiando solo quest'ultima la effettiva situazione dei terreni alla data suddetta.

La difesa della parte privata conclude quindi chiedendo di chiarirsi costituzionalmente illegittimo il decreto impugnato.

3. - Si é costituita altresì la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le proprie deduzioni in cancelleria il 7 maggio 1962.

L'Avvocatura non contesta che la tesi della parte privata trovi fondamento su varie decisioni della Corte costituzionale, con le quali sono state considerate illegittime le espropriazioni per riforma fondiaria condotte sulla base di risultanze catastali rivelatesi erronee, o in relazione a dati non definitivi al 15 novembre 1949. Perciò conclude rimettendosi alla giustizia della Corte, non senza, peraltro, osservare che, nella specie, non essendosi ancora avuta, al tempo dell'emanazione del decreto di esproprio, una pronuncia sul reclamo della parte, l'Ente di riforma avrebbe dovuto o violare la legge, lasciando scadere il termine per l'espropriazione, o usurpare le attribuzioni della Commissione censuaria, decidendo esso stesso il reclamo del Capone Spalluti, o prendere atto dei dati catastali precedenti alla verificazione periodica, che in ogni caso potevano considerarsi in vigore al momento dell'espropriazione.

Da ciò discenderebbe, secondo l'Avvocatura, che tutte le espropriazioni per riforma fondiaria, anche perché basate sul principio della personalità dell'esproprio, in contrapposto al principio oggettivo desumibile in materia dall'art. 16 della legge generale sulla espropriazione per pubblica utilità del 1865, presenterebbero, come l'Avvocatura si esprime, "una componente di aleatorietà che, forse, non risponde ai fini della legge di delegazione".

 

Considerato in diritto

 

1. - Come risulta dall'ordinanza di rinvio, é pacifico che la valutazione della consistenza della proprietà terriera del Capone Spalluti, al fine della espropriazione disposta con il decreto impugnato, é stata effettuata in base ai dati catastali esistenti dopo la prima variazione apportata a seguito della verifica periodica (lustrazione) avvenuta nel 1947. Dati che, come pure é accertato, subirono una sostanziale modifica a seguito della pronuncia della Commissione censuaria comunale di Gravina, con la quale fu parzialmente accolto il ricorso del Capone Spalluti.

É noto che la pronuncia definitiva nel procedimento contenzioso così instaurato attiene all'accertamento dello stato di fatto dei terreni al momento della verifica: tanto é vero che, a norma dell'art. 131 del R.D. 8 dicembre 1938, n. 2153, gli aumenti e le diminuzioni delle rendite catastali in dipendenza delle verificazioni periodiche hanno effetto nei riguardi delle imposte e delle sovrimposte (e cioè rispetto alla materia per la quale il sistema catastale principalmente, ma non esclusivamente, é preordinato) dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello destinato per la verifica. Il che vuol dire, appunto, che l'accertamento delle variazioni in via definitiva, anche se eventualmente stabilito in esito al procedimento contenzioso in epoca di molto posteriore al momento della verifica, retroagisce, allo scopo evidente di rendere il più possibile aderente alla realtà di fatto l'applicazione delle imposte.

2. - La Corte costituzionale, nelle sentenze pronunciate in materia di riforma fondiaria, tenendo ferma la data 15 novembre 1949, alla quale per legge bisogna far riferimento per stabilire la consistenza della proprietà terriera soggetta a scorporo, ha però avuto sempre presente lo scopo della legge, che vuol colpire la proprietà stessa appartenente ad un determinato soggetto giuridico, a quella data, nella sua consistenza effettiva. Ha pertanto affermato il principio, in aderenza al sistema delle leggi catastali - principio che va applicato anche nel caso in esame -, che i dati catastali da tenersi presenti, per l'assoggettabilità allo scorporo e per la determinazione del quantitativo di terreno da scorporare, devono essere quelli che corrispondono alla realtà di fatto al 15 novembre 1949 (v. sentenza 16 maggio 1957, n. 81). E, in un caso analogo a quello in esame, ha esplicitamente ritenuto che le variazioni catastali apportate di ufficio in epoca antecedente al 15 novembre 1949, e non divenute definitive alla data del decreto di esproprio, non potevano essere considerate efficaci ai fini dello scorporo (sentenza 25 giugno 1960, n. 56).

In conseguenza la Corte, riaffermando il concetto che il legislatore ha voluto che fosse colpita la proprietà terriera, a quella data, nella sua consistenza reale e non già in quella apparente, ha ritenuto che "l'efficacia retroattiva riconosciuta dalla legge ad eventi o atti successivi al 15 novembre 1949 e collegati a situazioni in via di formazione anteriormente alla detta data, non trova ostacolo nella norma dell'art. 4 della legge stralcio" (sentenza 12 maggio 1961, n. 25).

E evidente perciò che per la valutazione della quota da espropriare in danno del Capone Spalluti si sarebbe dovuto tener conto dei dati catastali determinati a seguito della decisione della Commissione censuaria, che rappresentavano l'effettiva e reale situazione dei terreni alla data del 15 novembre 1949.

3. - L'Avvocatura dello Stato, pur riconoscendo l'esattezza di siffatti principi, ne ha rilevato gli inconvenienti, risultandone intralciata l'opera degli Enti di riforma ogni qual volta siano da reputarsi non definitivamente acquisiti alla data del 15 novembre 1949 gli estimi catastali. Ma questi inconvenienti - che peraltro riflettono casi particolari o, come sul dirsi, marginali - non possono indurre a modificare i principi posti in sede di legittimità costituzionale, riflettendo questi il sistema della legge secondo il suo inquadramento razionale nell'ordinamento giuridico e gli scopi di essa. Se qualche inconveniente si é verificato, é da porre in relazione alla brevità del termine entro cui (31 dicembre 1952) il potere di espropriazione poteva essere esercitato; brevità però necessaria, fra l'altro, ai fini della certezza della libertà della proprietà terriera dall'onere conseguente alla riforma fondiaria. Le difficoltà e gli inconvenienti che codesta brevità può aver provocato non possono modificare o deformare il sistema della legge (citata sentenza n. 25 del 1961).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 novembre 1952, n. 2635, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto nel procedimento di scorporo a carico del dott. Capone Spalluti Domenico il terreno scorporato é stato determinato in superficie maggiore alla effettiva consistenza alla data 15 novembre 1949.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta. il 7 febbraio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CAPPI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1963.