Sentenza n. 55 del 1962
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SENTENZA N. 55

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19 dicembre 1961 concernente "Modifica dell'art. 2 della legge 12 settembre 1960, n. 40", promulgata come legge 7 febbraio 1962, n. 1, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 27 dicembre 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 5 gennaio 1962 ed iscritto al n. 2 del Registro ricorsi del 1962.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nella pubblica udienza del 16 maggio 1962 la relazione del Giudice Mario Cosatti;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il ricorrente, e l'avvocato Enrico Restivo, per la Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

Con ricorso notificato il 27 dicembre 1961 al Presidente della Regione siciliana e depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 5 gennaio 1962, il Commissario dello Stato per la Regione ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 19 dicembre 1961 (di poi promulgata come legge 7 febbraio 1962, n. 1) concernente "Modifica dell'art. 2 della legge 12 settembre 1960, n. 40".

Del deposito del ricorso é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 20 gennaio 1962 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 3 del 15 gennaio 1962.

Ai fini di una esatta valutazione dell'impugnato provvedimento il Commissario dello Stato premette: a) che con la legge 12 settembre 1960, n. 40, la Regione siciliana, allo scopo di dare sistemazione al personale assunto temporaneamente per mansioni connesse con i servizi delle finanze e del demanio, aveva disposto (artt. 3, 4 e 5) l'inquadramento del detto personale dapprima in ruoli speciali transitori, di poi, in ruoli organici;

b) che contro tale legge veniva presentato ricorso deciso con la sentenza n. 17 del 23 marzo 1961, con la quale la Corte dichiarava la illegittimità costituzionale dei citati artt. 3, 4 e 5 della legge;

c) che in data 11 luglio 1961 l'Assemblea regionale approvava una nuova legge (di poi promulgata come legge 18 agosto 1961, n. 16) concernente la istituzione di uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio, nei cui ruoli si proponeva sistemare il personale in parola;

d) che anche contro questa seconda legge veniva proposto ricorso in data 17 luglio 1961.

Osserva il Commissario che la nuova legge, oggetto della presente impugnativa, si presenta come organicamente connessa con quella testé citata, approvata dall'Assemblea nel luglio 1961, e che essa, disponendo che al personale di cui trattasi deve essere corrisposto il trattamento economico fissato per le qualifiche iniziali delle carriere del personale statale soltanto secondo il titolo di studio posseduto e non più in relazione al titolo di studio e alle mansioni effettivamente esplicate (così come era stabilito nell'art. 2 della precedente legge 12 settembre 1960, n. 40), viola l'art. 36 della Costituzione, il quale sancisce il criterio della commisurazione della retribuzione alla qualità e quantità del lavoro prestato, e i principi generali della legislazione italiana in materia di pubblico impiego che a detto criterio si uniformano.

Invero, rileva il Commissario, il possesso di un titolo di studio può essere valido per il conferimento di un determinato posto e per l'ammissione ad una determinata carriera, ma non ai fini della retribuzione che viene sempre determinata in diretta correlazione alle attribuzioni proprie del posto coperto dall'impiegato.

Il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Restivo ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell'avv. Giuseppe Bartoli, si é costituito in giudizio con atto depositato in cancelleria il 12 gennaio 1962.

La difesa della Regione osserva che con la legge approvata nella seduta del 19 dicembre 1961 non si intende affermare, ai fini della determinazione della retribuzione, il principio di una prevalenza del titolo di studio sulle mansioni effettivamente espletate, ma solo risolvere la particolare situazione di un personale già utilizzato presso gli uffici finanziari della Sicilia e da inquadrarsi nei ruoli organici degli uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio istituiti con la legge approvata nella seduta dell'11 luglio 1961.

Conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare infondato il ricorso.

La difesa della Regione ha depositato in cancelleria in data 2 maggio 1962 una memoria, nella quale enuncia deduzioni a sostegno della legittimità costituzionale della legge impugnata, richiamando le sentenze della Corte n. 17 del 1961 e n. 14 del 1962 riguardanti il personale di cui si discute.

In particolare rileva che con la sentenza n. 17 del 1961 la Corte ha già riconosciuto che non danno luogo a illegittimità costituzionale le disposizioni contenute negli artt. 1 e 2 della legge n. 40 del 1960, che riguardano la permanenza in servizio del personale ed il miglioramento del trattamento economico ad esso corrisposto; e che con la successiva sentenza n. 14 del 1962, pur dichiarando la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale l'11 luglio 1961 concernente "Istituzione degli uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio", la Corte ha osservato che spetta alla Regione competenza legislativa in materia di stato giuridico ed economico del proprio personale e che la Regione stessa può emanare disposizioni per mantenere in servizio gli avventizi già assunti.

La difesa deduce che la legge ora impugnata, proprio in adempimento del precetto dell'art. 36 della Costituzione in base al quale la retribuzione deve essere non solo proporzionata alla quantità a qualità del lavoro prestato (criterio oggettivo), ma anche tale da permettere un'esistenza libera e dignitosa (criterio soggettivo), ha inteso assicurare un equo trattamento economico a un personale che si trova in situazione del tutto particolare.

Trattasi, invero, di personale che viene utilizzato presso gli uffici dell'Amministrazione regionale per straordinarie esigenze di lavoro; dal che consegue la impossibilità di assegnarlo con carattere continuativo presso un determinato ufficio e di attribuire ad esso mansioni ben determinate.

In tale situazione di fatto l'Assemblea regionale, non potendo disporre dell'elemento oggettivo delle mansioni espletate, ha sostituito allo stesso il criterio del titolo di studio, il quale, se non é un preciso equipollente del primo, rappresenta pur sempre un elemento certo e costituisce chiara indicazione delle mansioni espletate da coloro che sono provvisti del titolo medesimo.

La difesa insiste, pertanto, per il rigetto del ricorso.

L'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio in rappresentanza del Commissario dello Stato, ha depositato in cancelleria il 3 maggio 1962 una memoria, nella quale, dopo essersi riferita alle citate sentenze, n. 17 del 1961 e n. 14 del 1962, rileva:

a) che la Regione, in armonia a quanto stabilito con la sentenza n. 14 del 1962, non può allo stato attuale, creare un proprio apparato di amministrazione finanziaria né disporre sullo stato giuridico ed economico degli impiegati da destinare ai servizi finanziari e demaniali nel territorio regionale;

b) che il semplice possesso di un titolo di studio non può legittimare la corresponsione di un maggior trattamento economico, poiché la Costituzione (art. 36) dispone che la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato;

c) che con la legge impugnata la Regione ha proceduto ad altro tentativo di arbitraria sistemazione del personale avventizio.

L'Avvocatura generale conclude insistendo per l'accoglimento del ricorso.

Alla udienza pubblica, il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni e l'avv. Enrico Restivo hanno svolto le deduzioni enunciate negli scritti difensivi e confermato le prese conclusioni.

Considerato in diritto 

Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha nel suo ricorso posto in rilievo, come ulteriore argomento a sostegno della illegittimità della legge impugnata, che essa é organicamente connessa con la precedente legge approvata dall'Assemblea regionale l'11 luglio 1961 (promulgata come legge 18 agosto 1961, n. 16); legge allora impugnata e di poi dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza della Corte n. 14 del 7 marzo 1962.

La Corte ravvisa in detto rilievo ragioni decisive per risolvere la questione sottoposta al suo esame.

La legge ora in discussione si inserisce, come terzo momento, nell'iter legislativo che ha avuto inizio con la legge 12 settembre 1960, n. 40, e successivo svolgimento con la legge 18 agosto 1961, n. 16; si presenta, infatti, strettamente connessa con le citate leggi e viene a contrastare in modo insanabile, come sarà di seguito precisato, con i principi affermati e i punti stabiliti dalla Corte nelle sentenze con le quali sono stati definiti i ricorsi prodotti avverso le precedenti leggi.

La legge n. 40 del 1960, con gli artt. 3, 4 e 5, prevedeva, per il personale di cui trattasi, l'inquadramento in ruoli speciali transitori e la istituzione di ruoli organici per i servizi periferici delle finanze e del demanio. La Corte, con sentenza n. 17 del 23 marzo 1961, ha dichiarato illegittime le disposizioni contenute nei citati articoli poiché non poteva consentirsi alla Regione di predisporre i detti ruoli transitori e organici prima dell'emanazione delle norme di attuazione in materia.

Con la successiva legge 18 agosto 1961, n. 16, venivano istituiti uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio - riservando ad altra legge di specificare le attribuzioni dei singoli uffici e stabilirne l'ordinamento - e venivano creati ruoli periferici per la prima organizzazione dei predetti uffici.

Con la sentenza n. 14 del 7 marzo 1962 la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'intera legge n. 16 del 1961; ha rilevato che, non essendo stato attuato un completo e definitivo passaggio alla Regione delle funzioni ad essa attribuite in materia finanziaria e non essendosi provveduto alla emanazione di norme di attuazione in materia (esigenza quest'ultima non ignorata dalla stessa Regione, poiché ad essa era stato fatto riferimento fin dall'art. 5 della legge n. 40 del 1960), la Regione nella considerata situazione non poteva esercitare la potestà legislativa di cui all'art. 14, lettera q, dello Statuto speciale, creando un proprio apparato di amministrazione finanziaria e disponendo sullo stato giuridico ed economico degli impiegati da destinarvi.

Ciò premesso, chiaro appare che con la legge ora impugnata si procede nello stesso indirizzo che la Corte ha dichiarato illegittimo, in quanto si viene a precostituire un assetto del personale in parola, classificandolo fin d'ora, per quanto concerne il trattamento economico, in base al solo titolo di studio ed omettendo ogni riferimento alle mansioni effettivamente esercitate o da esercitare. Nelle relazioni all'Assemblea siciliana (relazione al disegno di legge e relazione della Commissione legislativa affari interni ed ordinamento amministrativo) leggesi che al personale sono state attribuite funzioni "senza alcuna uniformità di criterio" e che si intende sottrarre "l'attribuzione del trattamento economico alla valutazione delle mansioni espletate". Nella stessa memoria difensiva della Regione si dichiara che si é verificata "la impossibilità di attribuire (al personale) mansioni ben specifiche e determinate" e che in tale situazione l'Assemblea regionale, non potendosi basare sull'elemento obiettivo delle mansioni espletate, ha sostituito allo stesso il criterio del titolo di studio.

Si tende, pertanto, a sostanzialmente anticipare una sistemazione del personale, selezionandolo, sia pure - allo stato delle cose - sotto il solo profilo economico, nelle varie categorie di un ruolo inesistente e che non può per ora essere congegnato e attuato senza contraddire i criteri fissati dalla Corte nella sentenza n. 14 del 1962 e che la Regione con la legge impugnata tende a trascurare e valicare, in quanto persiste nella violazione del principio secondo il quale non é dato predisporre siffatti provvedimenti prima dell'emanazione di norme di attuazione.

Restano, pertanto, assorbiti gli altri motivi enunciati nel ricorso; é per le ragioni esposte, la legge approvata dall'Assemblea il 19 dicembre 1961 e promulgata come legge 7 febbraio 1962, n. 1, deve essere dichiarata nel suo complesso costituzionalmente illegittima.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19 dicembre 1961 concernente "Modifica dell'art. 2 della legge 12 settembre 1960, n. 40", promulgata come legge 7 febbraio 1962, n. 1.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 14 giugno 1962.