Sentenza n. 69 del 1961
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SENTENZA N. 69

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe Castelli AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 54 e 57 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16, e della tabella allegata al quadro n. 79 del medesimo decreto, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 17 novembre 1959 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, su ricorso di Crisci Tommaso ed altri contro il Ministero delle finanze, nonché contro Gaglianone Giovanni ed altri, iscritta al n. 74 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 216 del 3 settembre 1960;

2) ordinanza emessa il 17 novembre 1959 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, su ricorso di Cocchiara Mario, Ravallese Arturo ed altri contro il Ministero delle finanze, nonché contro Sulpizii Luigi ed altri, iscritta al n. 75 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 10 settembre 1960.

Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1961 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per Crisci Tommaso e Ravellese Arturo, e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Simi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per il Ministro delle finanze.  

Ritenuto in fatto 

1. - Nel corso di alcuni giudizi pendenti davanti alla VI Sezione del Consiglio di Stato, fu sollevata la questione della legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 54 e 57 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16, e della tabella allegata al quadro n. 79 di questo medesimo decreto. Di questi articoli, il primo (art. 54) stabilisce che "le carriere del personale degli uffici periferici per i quali sono attualmente stabiliti per le medesime funzioni ruoli di gruppo A e B, si distinguono nelle carriere direttive e di concetto, secondo l'ordinamento previsto dagli allegati quadri numeri 78, 79 e 80" e indica quali qualifiche comprendano rispettivamente le carriere direttive e quelle di concetto. A sua volta l'art. 57 dispone che "gli impiegati appartenenti ai ruoli di gruppo A e B previsti dal primo comma del precedente art. 54 sono inquadrati, secondo l'ordine di anzianità di grado posseduta nel ruolo di provenienza", nella qualifica indicata nel medesimo articolo, il quale, per le carriere direttive, prevede che nelle qualifiche di direttore di 1 classe ed equiparato, direttore di 2 classe ed equiparato, vice direttore ed equiparato, siano inquadrati rispettivamente gli impiegati di gruppo A e B del grado 6, gli impiegati di gruppo A e B del grado 7, gli impiegati di gruppo A e B del grado 8. Il medesimo art. 57 stabilisce, inoltre: 1) che l'inquadramento così previsto avviene per gli impiegati del gruppo B "previo giudizio favorevole del Consiglio d'amministrazione in base alle funzioni esercitate ed ai precedenti di servizio"; 2) che codesti impiegati "non potranno essere scrutinati per la promozione alla qualifica superiore sino a quando non avranno maturato l'anzianità prescritta per la promozione medesima i pari grado provenienti dal ruolo di gruppo A"; 3) che gli impiegati di gruppo B già inquadrati nel gruppo A e non promossi al grado superiore per mancanza di posti, qualora i pari grado rimasti al gruppo B con eguale o minore anzianità abbiano conseguito tale promozione, possono essere promossi, anche in soprannumero, al grado superiore e inquadrati secondo la previsione del primo comma di questo medesimo art. 57. Il quadro 79, infine, elenca le qualifiche delle carriere direttive e di concetto e i posti di organico, a ciascuna qualifica corrispondenti, dell'Amministrazione provinciale delle imposte dirette, di quella delle tasse e imposte indirette sugli affari, e dell'Amministrazione delle dogane e delle imposte indirette.

2. - Codeste norme, secondo i ricorrenti davanti al Consiglio di Stato, avrebbero ecceduto dai limiti segnati dalla legge di delegazione 20 dicembre 1954, n. 1181, e, pertanto, sarebbero viziate di illegittimità costituzionale. In particolare, codesto eccesso dalla legge di delegazione si concreterebbe sotto un triplice profilo, dando luogo a tre distinte questioni di legittimità costituzionale. Il Consiglio di Stato ha ritenuto manifestamente infondata la prima, non manifestamente infondate le altre e con ordinanza del 17 novembre 1959 ha sospeso il giudizio e ha rimesso le questioni a questa Corte perché le risolva. Esse sono formulate così nell'ordinanza di rinvio. L'art. 57 del decreto n. 16 del 1956, già riferito, altera "i precostituiti rapporti di anzianità relativa posseduti da ciascun soggetto in seno al gruppo di provenienza", e di conseguenza per molti impiegati già del gruppo A, altera "la posizione giuridica e le relative aspettative di avanzamento". Esso, così disponendo, si pone in contrasto con l'art. 2, n. 17, della legge di delegazione, giusta il quale "l'inquadramento del personale nelle varie carriere e nei gradi o nelle qualifiche delle stesse", deve avere luogo "con le opportune norme transitorie dirette ad attuare il graduale passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, garantendo, comunque, agli impiegati la piena valutazione del servizio prestato e la conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite".

L'altra questione sorgerebbe dal fatto che sarebbe stato costituito col D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16, un nuovo ruolo in contrasto con l'art. 5 della legge di delegazione, che rinviava ad altri provvedimenti delegati, da emanare entro due anni, "la revisione degli organici degli impiegati civili dello Stato, al fine di adeguarli alle definitive esigenze del servizio". Non avrebbe peso, secondo il Consiglio di Stato, l'obiezione che l'avvenuto inquadramento comune degli impiegati di gruppo A e B rappresenti soltanto una materiale fusione dei due ruoli di origine, che ha lasciato inalterato il numero complessivo degli impiegati, perché sarebbe da ritenere che la mescolanza fra gli ordini di anzianità esistenti nell'uno o nell'altro ruolo ha alterato i rapporti di anzianità relativa in maniera sufficiente per consentire di affermare che é stato istituito un nuovo ruolo. "Ogni organico - aggiunge l'ordinanza - é costituito da due elementi: una progressione di qualifiche ed un rapporto tra la consistenza numerica di esse. Il variare uno solo di questi elementi vale a creare un nuovo organico. Ora nella specie, si é appunto verificata la modifica di quel rapporto".

3. - Le medesime tre questioni di legittimità furono sollevate nel corso di altri giudizi pendenti davanti alla medesima Sezione VI del Consiglio di Stato, la quale, con ordinanza di pari data di quella ora riferita, ha respinto la prima e ritenuto la non manifesta infondatezza delle altre con una motivazione più diffusa, ma sostanzialmente identica a quella precedente. Basterà, perciò, rilevare le differenze che la motivazione di questa ordinanza presenta rispetto alla prima. In primo luogo, essa ritiene che la possibilità di avanzamento, che é da porre in relazione alla struttura del ruolo, sia stata alterata dal fatto che, mentre é rimasto immutato l'organico degli ispettori generali (ex grado V), con la fusione dei ruoli é aumentato il numero di coloro che possono aspirarvi da 55 a 90. In secondo luogo, non sarebbe stato rispettato il rapporto di subordinazione gerarchica che é uno degli aspetti che concorrono a integrare la posizione giuridica del pubblico impiegato, e che il nuovo ordinamento definisce e regola più esattamente che non il precedente (art. 5 D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686). La fusione degli antichi ruoli di gruppo A e B sarebbe, in effetti, influente sulle posizioni gerarchiche acquisite, consentendo che impiegati provenienti dal gruppo A "risultino collocati in posizione gerarchica inferiore a quella di antichi impiegati provvisti di maggiore anzianità di grado, provenienti dal gruppo B". In terzo luogo, respinge come non influenti gli argomenti che a favore della legittimità delle norme l'Avvocatura dello Stato vuol trarre dalle disposizioni particolari, in favore dei funzionari dell'antico gruppo A, contenute nell'impugnato art. 57 e già ricordate. In quarto ed ultimo luogo, e relativamente alla seconda questione di legittimità sol levata, afferma che la fusione dei due ruoli avrebbe modificato, pur nel rispetto del numero complessivo di posti, la distribuzione delle qualifiche rispetto agli ultimi gradi, precorrendo così i tempi segnati al legislatore delegato dall'art. 5 della legge di delegazione.

4. - Nel presente giudizio si sono costituiti i signori dott. Arturo Ravallese e Tommaso Crisci tutti e due rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Sorrentino. Nelle deduzioni depositate in cancelleria il 29 luglio 1960 la difesa dei due ricorrenti adduce, a sostegno dell'affermata illegittimità costituzionale delle norme impugnate, gli argomenti riportati nelle ordinanze del Consiglio di Stato, alle quali, pertanto, é sufficiente fare riferimento.

5. - Si é costituito anche il Ministro delle finanze ed é intervenuto il Presidente del Consiglio, l'uno e l'altro rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato. Le deduzioni e l'atto di intervento sono stati depositati il 5 agosto 1960.

Premette la difesa dello Stato che un esame della legislazione relativa alle carriere speciali - da quella anteriore al R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, alla riforma attuata con questo decreto e al riordinamento disposto con la legge 25 gennaio 1940, n. 4 - persuaderebbe dell'inesistenza di ogni differenza di funzioni e di ogni distinzione gerarchica tra gli impiegati dei gruppi A e B e della esistenza della particolarità di un ruolo di gruppo A al quale si accede da un ruolo di gruppo B. Il legislatore delegato, pertanto, fondendo in uno solo i due ruoli, non avrebbe violato le norme e i criteri direttivi della delegazione. Inoltre, la norma dell'art. 2, n. 17, della legge di delegazione non porrebbe un divieto generale e assoluto di diverso trattamento o di scelta "tra categorie di impiegati o categorie di requisiti", ma soltanto quello, particolare, di procedere a modifiche o retrocessioni della integrale posizione giuridico - economica raggiunta. Detto diversamente, avrebbe imposto il rispetto del diritto quesito: cioè, giusta la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, il rispetto della posizione raggiunta, non già del regolamento, dello statuto, delle aspettative di carriera. Ora la legge di delegazione ha come suo principio direttivo l'adeguamento delle qualifiche alle funzioni, che il legislatore delegato doveva conseguire anche in contrasto con la esistente ripartizione dei ruoli, nei gruppi A, B, C "secondo lo schema fisso ed amorfo" del titolo di studio. Appunto in conformità di questo principio la legge delegata avrebbe ripartito gli impiegati delle cosiddette carriere speciali in rapporto alle loro funzioni, riservando la qualifica direttiva a quelli di grado superiore al nono, e senza considerare il titolo di studio - la laurea -, non richiesto per l'immissione in carriera. Del resto, una particolare considerazione per i funzionari provenienti dal gruppo A il legislatore medesimo ha fatto nell'art. 57, segnatamente in quelle norme che sono state già ricordate.

Ancora meno fondata sarebbe, secondo la difesa dello Stato, la seconda questione di legittimità costituzionale, che si fonderebbe sull'errore di considerare il riordinamento delle carriere come identico alla revisione degli organici, laddove il primo si realizza nel regolare, secondo il criterio della funzione e della conseguente responsabilità, l'ordinamento della pubblica Amministrazione, e la seconda, invece, é conseguenza dell'apprezzamento delle esigenze di personale: il primo, perciò, é pregiudiziale alla seconda; soltanto dopo il riordinamento delle carriere potrà procedersi a valutare le esigenze dell'organico e la conseguente sua revisione.

6. - Questi argomenti sono stati ripresi in una memoria che l'Avvocatura generale ha depositato il 26 ottobre l961. In questa memoria si insiste particolarmente sul punto che, in conseguenza delle vicende legislative di codeste carriere periferiche speciali, si passò da un ruolo unico di gruppo B al riconoscimento dell'appartenenza al gruppo A, a titolo personale, dei funzionari in servizio nel 1923 e già appartenenti alla prima categoria, alla creazione di un gruppo A, al quale l'accesso era possibile soltanto attraverso il gruppo B. Ma, pur con questi provvedimenti, posizione gerarchica e funzioni sarebbero rimaste inalterate e, in sostanza, identiche per i funzionari dell'uno e dell'altro ruolo, con la conseguenza che la legge delegata non ha potuto non riconoscere agli impiegati dei gradi superiori al nono grado del gruppo B le funzioni direttive che essi svolgevano, e ha dovuto inquadrare costoro nella carriera direttiva per il principio della corrispondenza della carriera alla funzione, provvedendo contemporaneamente, con le già ricordate disposizioni dell'art. 57, a eliminare gli inconvenienti conseguiti a questo inquadramento.

7. - All'udienza dell'8 novembre 1961 le difese delle parti hanno illustrato le rispettive tesi difensive e insistito nelle già prese conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - I due giudizi, poiché riguardano identiche questioni di legittimità, possono essere decisi con unica sentenza.

2. - La prima delle due questioni di legittimità costituzionale, che il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondate delle tre sollevate dalle parti, consiste tutta nello stabilire quali siano il contenuto e i limiti della formula "conservazione delle posizioni giuridiche acquisite", contenuta nel n. 17 dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1954, n. 1181. É appena necessario, infatti, osservare che, una volta fissato questo contenuto e stabiliti questi limiti, saranno insieme fissati e stabiliti il contenuto e i limiti della delegazione legislativa conferita al Governo, per la parte che riguarda il presente giudizio.

Le parti private sostengono di quella formula una interpretazione così vasta da ricomprendere in essa tanto il rispetto dei rapporti di anzianità relativa, quanto di quelli di subordinazione gerarchica, quanto, infine, delle aspettative di carriera. La Corte non ritiene che questa interpretazione sia corretta.

Vero é che non sarebbe esatto ridurre tale formula a quella del "rispetto dei diritti quesiti" ovvero assimilarla ad altre che si incontrano nel nostro diritto positivo, come ad esempio quella dell'art. 227 della legge comunale e provinciale, che vieta di modificare "il trattamento economico già raggiunto" o "il trattamento di quiescenza" in vigore ad un momento determinato della carriera degli impiegati e salariati di Comuni, Province e Consorzi. Tuttavia, l'espressione che il legislatore ha adoperato - "conservazione delle posizioni giuridiche acquisite" -, si accosta sostanzialmente alle altre che si sono ricordate, e fa ritenere che quello che la legge volle che il Governo, delegato ad emanare norme sul nuovo statuto degli impiegati civili e degli altri dipendenti dello Stato, osservasse - pur nel minor rigore della formula adoperata, che lascia, come é del resto di ogni delegazione, una certa discrezionalità al legislatore delegato -, fosse il rispetto di quanto e soltanto di quanto possa considerarsi già entrato nel patrimonio giuridico dell'impiegato. Il che non si può dire davvero dei rapporti gerarchici e delle mere aspettative di carriera (per le quali, si vuol dire, non si siano verificati i relativi presupposti giuridici), né, nella specie, dei rapporti di anzianità relativa, che non potevano non essere in qualche modo modificati o alterati, una volta che si ritenga, come ha ritenuto il Consiglio di Stato, che la fusione nell'unica carriera direttiva dei ruoli di gruppo A e di gruppo B fosse legittima e conforme alla lettera e allo spirito della legge di delegazione. Del resto, il legislatore delegato ha pure cercato di eliminare gli inconvenienti che la fusione dei ruoli di gruppo A e di gruppo B comportava. Sono, appunto, frutto della cura del Governo di tenersi nei limiti della delegazione, l'assegnazione automatica degli impiegati del ruolo di gruppo A alla carriera direttiva nella qualifica corrispondente al grado prima coperto, e quella, viceversa, non automatica, ma soggetta ad un giudizio del consiglio di amministrazione "in base alle funzioni esercitate e ai precedenti di servizio", degli impiegati del ruolo di gruppo B; la progressione nella carriera in favore degli appartenenti al ruolo di gruppo A, qualora i rapporti di anzianità fossero tali da condurre a preporre agli impiegati di ruolo di gruppo A quelli del ruolo di gruppo B; la disposizione, infine, che vieta di ammettere allo scrutinio per la promozione alla qualifica superiore gli ex impiegati di gruppo B fino a quando non abbiano maturato la necessaria anzianità per l'ammissione a tale scrutinio gli impiegati di pari grado provenienti dal ruolo di gruppo A.

3. - Nemmeno fondata ritiene la Corte l'altra questione di legittimità, che sorgerebbe dall'asserito contrasto delle norme impugnate con l'art. 5 della legge di delegazione. Non può essere controverso, infatti, che la norma contenuta in quell'articolo concedesse al Governo la facoltà di procedere alla revisione degli organici e che questa facoltà consistesse nel modificare il numero dei posti assegnati a ciascuna qualifica delle diverse carriere "al fine di adeguarli alle effettive esigenze del servizio". Che essa dovesse essere esercitata necessariamente in un momento successivo a quello assegnato al riordinamento delle carriere, si può fondatamente dubitare. Ma ciò di cui non si può dubitare é che quella revisione degli organici, intesa come deve essere intesa sulla base della norma che l'autorizza, non solo non fu esercitata congiuntamente al riordinamento delle carriere, ma non fu esercitata punto, come é fatto palese anche dalla circostanza che pende attualmente davanti al Parlamento un disegno di legge che si propone appunto di attuarla. Né vale l'obiezione che si legge nell'ordinanza n. 74 che il legislatore delegato operando "la mescolanza fra gli ordini di anzianità esistenti nell'uno e nell'altro ruolo" ha creato un nuovo organico, perché avrebbe insieme alterato il rapporto tra la consistenza numerica delle varie qualifiche. L'obiezione si riporta, chi ben guardi, a quella mossa per la prima delle sollevate questioni di legittimità costituzionale ed é da ritenere, pertanto, egualmente infondata. E da dire, infatti, anche qui che, una volta considerata legittima la fusione dei due ruoli del gruppo A e del gruppo B in un'unica carriera direttiva, questa fusione non poteva non condurre ad una giustapposizione dei posti rispettiva mente assegnati ai gradi confluiti ora in un'unica qualifica; giustapposizione che non si può certo assimilare alla creazione di un nuovo ruolo, a meno che per tale non s'intenda la sostituzione delle nuove qualifiche ai vecchi gradi: nel qual caso si dovrebbe dire che ciò é accaduto anche delle carriere non "speciali".

Non si oppone a questa conclusione il fatto che nella tabella allegata al quadro 79 sia segnato, accanto a ciascuna qualifica prevista dall'art. 54 della legge delegata, il numero dei posti relativi. Quest'aggiunta non modifica la situazione precedente (ciascuna cifra corrispondendo ad unguem alla somma dei posti assegnati a ciascun grado dei ruoli di gruppo A e di gruppo B) e non ha comportato la creazione di nuovi organici, tanto che quelle cifre poterono essere omesse nel quadro 83 del T.U. approvato con D. P. R 10 gennaio 1957, n. 3, corrispondente al quadro 79 della legge delegata.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 54 e 57 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16, in relazione agli artt. 2, n. 17, e 5 della Legge 20 dicembre 1954, n. 1181, ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1961.