Sentenza n. 54 del 1960
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SENTENZA N. 54

ANNO 1960

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. TOMASO PERASSI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 467, 468 e 577 del Cod. civ., promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1959 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Dellepiane Giuseppe, Maria e Anna e Dellepiane Aldo, con l'intervento di Morando Giulia ed altri, iscritta al n. 106 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 264 del 31 ottobre 1959.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 22 giugno 1960 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi gli avvocati Annibale Mauceri e Francesco Santoro Passarelli, per Dellepiane Aldo, e il sostituto avvocato generale dello Stato Elio Vitucci, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il giorno 8 giugno moriva in Genova, senza testamento e senza lasciare coniuge o discendenti legittimi, il sig. Leo Dellepiane.

Sul suo patrimonio pretendevano d'avere diritti di successione, l'uno ad esclusione degli altri e viceversa, da una parte il sig. Aldo Dellepiane, figlio naturale d'un fratello premorto, e, dall'altra, i sigg. Giuseppe, Maria e Anna Dellepiane, parenti legittimi in quarto grado (cugini primi) dell'ereditando.

Questi ultimi, il 22 luglio 1958, portavano la controversia dinanzi al Tribunale di Genova. Intervenivano nel giudizio i sigg. Giulia, Giuseppe e Leonina Morando ed altre otto persone dicendosi anch'essi parenti in quarto grado del de cuius.

Tanto gli intervenuti quanto gli attori facevano osservare come Aldo Dellepiane non potesse succedere né direttamente né indirettamente al fratello del suo genitore naturale: non direttamente perché l'art. 577 Cod. civ. ammette soltanto in via d'eccezione (e purché non vi siano parenti entro il terzo grado) la successione ab intestato del figlio naturale d'un figlio del de cuius, con la conseguenza che ne é escluso il figlio naturale d'un fratello; non indirettamente perché, a norma degli artt. 467 e 468 Cod. civ., solo i discendenti legittimi del figlio e del fratello dell'ereditando succedono per rappresentazione del loro padre naturale che non possa o non voglia accettare.

Il convenuto, Aldo Dellepiane, cioè il figlio naturale dell'unico fratello (premorto) del de cuius, si difendeva, fra l'altro, promovendo questione di legittimità costituzionale dei citati artt. 467, 468 e 577 Cod. civ. in riferimento all'art. 30, terzo comma, della Costituzione. Dopo di che il Tribunale di Genova riteneva non manifestamente infondata la questione e rimetteva gli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza di rimessione, pronunciata il 10 luglio 1959, é stata notificata il 12 settembre 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre 1959, n. 264.

Aldo Dellepiane si é costituito nel giudizio dinanzi a questa Corte con deduzioni depositate il 18 novembre 1959 e ha presentato, poi, una memoria il 9 giugno 1960. Giuseppe e Leonina Morando si costituivano con deduzioni presentate il 26 settembre 1959. Il Presidente del Consiglio dei Ministri interveniva, per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni e con una memoria depositate il 20 ottobre 1959 e il 9 giugno 1960.

2. - Secondo l'ordinanza di rimessione ci sarebbe contrasto tra gli artt. 467, 468 e 577, che precludono ai figli naturali l'accesso alla successione legittima dei parenti dei loro genitori anche se rimasti celibi o nubili, e l'art. 30, terzo comma, della Costituzione, secondo cui la legge "assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima": ciò tanto più in quanto dalle parole di chi ha proposto la norma risulterebbe che la compatibilità dei diritti dei figli illegittimi con quelli dei membri della famiglia legittima é subordinata al dato di fatto dell'esistenza della famiglia legittima.

3. - La difesa di Aldo Dellepiane, nelle sue deduzioni, premette che per famiglia legittima, a norma dell'art. 30, terzo comma, della Costituzione, si intende solo quella derivante da matrimonio del genitore del figlio naturale; aggiunge che, perciò, se il genitore non ha mai contratto matrimonio, cioè se manca una famiglia legittima, al figlio naturale la Costituzione garantisce una protezione giuridica pari a quella del figlio legittimo, come risulterebbe anche dalle parole, ricordate nell'ordinanza di rinvio, di chi, alla Costituente, propose il testo della norma, poi approvato; conclude che, per questo aspetto, l'art. 30, terzo comma, é immediatamente precettivo, poiché una disposizione di legge ordinaria occorre soltanto nei casi in cui il genitore del figlio naturale si sia costituito una famiglia legittima e perciò sia necessario stabilire fino a che punto una tutela del figlio naturale risulti compatibile coi diritti dei componenti la famiglia legittima: ché, del resto, per analoghe ragioni, anche se la norma della Costituzione non fosse immediatamente precettiva, i citati artt. 467, 468 e 577 vi contrasterebbero poiché limiterebbero, nei rapporti successori, quella tutela giuridica dei figli illegittimi che la Costituzione ha voluto piena ed aperta quando manchi una famiglia legittima del loro genitore.

Nella memoria la difesa di Aldo Dellepiane ribadisce le osservazioni già fatte e, rispondendo alle obiezioni dell'Avvocatura dello Stato, ammette che una positiva riforma della disciplina dello status dei figli naturali - e, quindi, dei suoi effetti anche nel campo successorio - non potrà essere attuata se non dal legislatore; ma ritiene, tuttavia, che non debbano sopravvivere alla norma costituzionale quelle disposizioni del Codice che escludono dalla successione i figli e i parenti naturali quando manchino coniuge e discendenti legittimi del de cuius, sussistendo soltanto remoti parenti legittimi.

La storia delle norme relative ai figli naturali dimostrerebbe una chiara tendenza verso la più ampia protezione degli interessi di questi ultimi: dal Cod. civ. 1865, che negava espressamente ogni diritto del figlio naturale sui beni dei congiunti di suo padre o di sua madre, si é passati al Cod. civ. vigente, che non contiene più una disposizione analoga; di modo che lo stesso art. 577, secondo cui i figli naturali succedono all'ascendente immediato del loro genitore se mancano coniuge e parenti entro il terzo grado, non sarebbe una norma eccezionale: si é creata così una situazione per cui, di fronte all'art. 30 della Costituzione, che garantisce ogni tutela compatibile coi diritti della famiglia legittima, non sarebbe ammissibile che i figli naturali dei fratelli del de cuius, a differenza dai figli naturali dei figli del de cuius, siano esclusi dalla successione di quest'ultimo.

La stranezza di tale situazione sarebbe di per sé un sintomo dell'ulteriore passo compiuto dal Costituente rispetto alle norme del Cod. civ.; il quale passo porterebbe alla caducazione di tutte quelle disposizioni che negano il diritto di successione dei figli e parenti naturali quando manchino coniuge o discendenti del de cuius.

In realtà, continua la difesa di Aldo Dellepiane, l'art. 30 della Costituzione contiene una norma profondamente innovativa: nel primo comma essa assimila, quanto al diritto al mantenimento, ai figli legittimi quelli nati fuori del matrimonio e nel terzo, assicurando ogni più ampia tutela a questi ultimi, pone un unico limite a tale tutela, la compatibilità coi diritti dei membri della famiglia legittima: la Costituzione, parlando di diritti dei membri della famiglia legittima e non semplicemente di diritti della famiglia legittima, si sarebbe evidentemente riferita all'esistenza in concreto d'una famiglia legittima (la famiglia legittima in astratto é difesa in generale dall'ordinamento senza bisogno d'una norma speciale come quella dell'art. 30): tanto é vero che perfino nel Codice, quando essa manchi in concreto, i figli illegittimi godono di diritti altrimenti negati.

Ma qual'é la famiglia legittima in mancanza della quale l'art. 30, terzo comma, della Costituzione garantirebbe fin d'ora la più ampia tutela dei figli illegittimi? Per la difesa di Aldo Dellepiane essa é quella costituita dall'ascendente naturale col suo matrimonio e non quella formata da tutti i congiunti di lui, anche ascendenti e collaterali, entro il sesto grado, nei riguardi dei quali tra l'altro non sarebbe neanche proponibile una questione di compatibilità della tutela dei figli naturali.

Ne deriverebbe che le norme del Codice con cui si restringono i diritti successori dei figli naturali, senza che vengano alla successione il coniuge e i discendenti legittimi dell'ereditando, contrastano insanabilmente con la Costituzione.

4. - La difesa dei sigg. Morando rileva, all'opposto, che la norma dell'art. 30, terzo comma, é in antitesi con la frase del suo proponente, secondo cui la compatibilità dei diritti dei figli illegittimi con quelli dei legittimi é subordinata al dato di fatto dell'esistenza d'una famiglia legittima; che, comunque, essa non é precettiva o tale da far cadere immediatamente norme ordinarie vigenti; che la storia della sua formazione dimostra come da formule più liberali predisposte per i figli illegittimi si sia giunti a quella attuale, da cui non risulta assolutamente una equiparazione tra figli legittimi e figli naturali e che é troppo generica perché possa ricavarsene una direttiva precisa per la legislazione futura.

5. - L'Avvocatura generale dello Stato, nelle deduzioni, ribadisce anch'essa il concetto che la Costituzione non ha equiparato prole legittima e prole naturale lasciando al legislatore ordinario il compito di determinare la compatibilità della tutela di questa con i diritti di quella; osserva come lo stesso Codice contenga una parziale ma non trascurabile tutela della famiglia naturale nei rapporti successori specialmente per quanto riguarda il diritto di rappresentazione: tutela che costituisce un limite oltre il quale comincia la sfera di incompatibilità coi diritti della famiglia legittima; conclude che le norme relative alla successione per rappresentazione non devono essere toccate perché, se fossero estese anche ai figli naturali dei figli del de cuius, ne sarebbero danneggiati proprio i figli legittimi costretti a dividere i beni con quelli.

Nella memoria l'Avvocatura dello Stato ricorda come la formula, con cui si garantivano esplicitamente ai figli illegittimi le stesse condizioni giuridiche dei legittimi, insieme con altre successive, non fu approvata dall'Assemblea costituente proprio allo scopo dichiarato da qualcuno di evitare la parità degli uni con gli altri; si dice perplessa davanti alle conseguenze a cui porterebbe una dichiarazione di illegittimità delle norme impugnate: non vede come il riconoscimento fatto da una persona (padre naturale) nei confronti del proprio figlio possa aver effetto nei riguardi d'un terzo, cioè dell'ascendente del padre; dichiara inoltre di non scorgere un nesso fra l'art. 30 della Costituzione, con cui é assicurata dignità e protezione al figlio naturale, e un istituto a carattere prettamente economico, quale é la successione per rappresentazione.

L'Avvocatura dello Stato, poi, si domanda se sia proponibile, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 577, che si riferisce alla successione del figlio naturale del figlio del de cuius, mentre in questa causa il figlio naturale pretende di succedere al fratello del proprio padre.

6. - Nella discussione orale i difensori di Aldo Dellepiane e l'Avvocatura generale dello Stato hanno ribadito e svolto ulteriormente le proprie tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - La difesa di Aldo Dellepiane osserva che la Costituzione, quando vuole che sia assicurata ai figli naturali una tutela compatibile coi diritti dei membri della famiglia legittima, si riferisce soltanto, nel porre quel limite, alla famiglia che il padre naturale abbia eventualmente formato col suo matrimonio.

Ritiene, invece, la Corte che a interpretare l'art. 30, terzo comma, in questo senso non bastino né le parole, a cui allude anche l'ordinanza di rinvio, di chi nell'Assemblea costituente propose il testo definitivo della norma né gli analoghi rilievi che altri fecero nella stessa Assemblea e che rivelano una preoccupazione limitata ai diritti della sola famiglia formatasi col matrimonio del genitore naturale. Il fatto é, invece, che queste preoccupazioni, indirizzate in tal modo, non si sono tradotte in una formula costituzionale concreta: evidentemente il testo dell'art. 30, terzo comma, poiché accenna genericamente alla famiglia legittima, non dà a questa espressione la portata ristretta che essa avrebbe se dovesse riguardare soltanto il gruppo composto dal coniuge e dai discendenti del padre.

É vero che il primo comma dello stesso art. 30 si riferisce a rapporti che riguardano il figlio naturale ed il suo genitore, cioè alla posizione di quello in un ambiente che non va oltre la persona di questo, e non tocca la famiglia in senso lato; ma ciò é dovuto solo al fatto che il primo comma, a differenza dal terzo, mira a imporre certi obblighi precisi i quali non possono incombere se non al genitore naturale, dimodoché non avrebbe avuto senso rifarsi agli ascendenti o ai collaterali di lui. Altrettanto si dica dell'art. 29, primo comma, secondo il quale la famiglia legittima é una "società naturale fondata sul matrimonio": questo articolo non consente di affermare che la famiglia legittima, a cui si riferisce il citato art. 30, terzo comma, sia quella formata col matrimonio del padre naturale e non anche quella che si sia costituita col matrimonio degli ascendenti di lui.

Quel che si desume sia dal testo dello stesso art. 30, terzo comma, sia dal travaglio che portò, nell'Assemblea costituente, alla sua formulazione definitiva, é soltanto un innegabile favore per la prole naturale. Questo favore, tuttavia, non si poté concretare in una disciplina precisa da contenere in un articolo, tanto più in quanto un'ampia tutela del figlio naturale poteva e potrebbe anche portare a una profonda revisione di molte norme, e perfino del sistema familiare e successorio, del Codice. Ad avviso della Corte questa é la ragione per cui il terzo comma dell'art. 30 si apre con un accenno al legislatore ordinario e contiene per così dire una riserva che solo la legge potrà sciogliere: sarà il legislatore a stabilire fino a che punto la maggiore tutela del figlio naturale sia, caso per caso, cioè nella eventuale determinazione di uno status e delle conseguenze di esso anche in campo successorio, compatibile coi diritti dei componenti la famiglia legittima.

2. - Dato ciò, non si può dire che gli artt. 467, 468 e 577 Cod. civ. contrastino col terzo comma del citato art. 30.

Infatti, per quanto riguarda i primi due, essi attribuiscono il diritto di rappresentazione ai soli discendenti legittimi di chi non può o non vuole accettare l'eredità del proprio ascendente o collaterale: come tale la norma non contrasta col terzo comma dell'art. 30, che é ben lungi dal negare questo diritto dei discendenti legittimi; né può essere dichiarata costituzionalmente illegittima in quanto non estende il beneficio della successione indiretta anche al figlio naturale: infatti, nei casi in cui aspirano alla successione, oltre che il figlio naturale del figlio o del fratello del de cuius, altri parenti legittimi di questo, come i fratelli o gli zii, prima di ammettere alla successione il figlio naturale occorrerà vedere quanto ciò sia compatibile coi diritti di quegli altri parenti: problema al quale, come si é detto, solo il legislatore ordinario potrà dare una soluzione precisa.

Analoga conclusione si impone relativamente all'art. 577 Cod. civ.; esso ammette a succedere in via diretta il figlio naturale del figlio del de cuius solo quando non ci siano parenti di quest'ultimo entro il terzo grado; cioè quando non ci siano persone che, secondo quel che si é detto essere il significato da dare al terzo comma dell'art. 30 della Costituzione, fanno parte di quella famiglia legittima del de cuius, della quale soltanto il legislatore potrà valutare i diritti nei cui confronti si dovrà regolare l'ampiezza della tutela dei figli naturali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione proposta con ordinanza 10 luglio 1959 del Tribunale di Genova sulla legittimità costituzionale degli artt. 467, 468 e 577 Cod. civ. in riferimento all'art. 30, terzo comma della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1960.

Tomaso PERASSI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.

 

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 1960.