Ordinanza n. 22 del 1960
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ORDINANZA N. 22

ANNO 1960

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi riuniti promossi con i seguenti ricorsi:

1) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 26 giugno 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 10 luglio successivo ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1959 per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto 23 aprile 1959, n. 146/A, col quale il Presidente della Regione ha annullato le deliberazioni nn. 153 e 154 del 25 gennaio 1958 dell'Azienda autonoma per le terme di Acireale, nonché l'atto del 25 successivo dell'Assessore regionale per le finanze, il bilancio e il demanio, di approvazione delle stesse deliberazioni;

2) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 28 luglio 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 1 agosto successivo ed iscritto al n. 17 del Registro ricorsi 1959 per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto del Presidente della Regione 15 febbraio 1959, n. 77/A, che annullava il visto di approvazione in data 24 gennaio 1958 del Comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica di Catania, concernente il regolamento organico dell'Ospedale circoscrizionale S. Giovanni di Dio e S. Isidoro di Giarre, e del decreto del Presidente della Regione 22 maggio 1959, n. 184/A, che annullava l'art. 151, ultimo comma, dell'anzidetto regolamento organico.

Udita nell'udienza pubblica del 16 marzo 1960 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Carlo Arturo Jemole e Giuseppe Guarino, per la Regione siciliana.

Ritenuto che con ricorso notificato al Presidente della Regione siciliana il 26 giugno 1959 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha elevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana in riferimento al decreto 23 aprile 1959, n. 146/A, pubblicato nella Q. U. Reg. sic. 27 aprile 1959, n. 24, col quale il Presidente della Regione ha annullato le deliberazioni nn. 153 e 154 del 25 gennaio 1958 dell'Azienda autonoma per le terme di Acireale, riguardanti la costituzione di una società regionale idrominerale e la concessione a questa del complesso idrominerale di Pozzillo, nonché l'atto del 27 successivo, dell'Assessore regionale per le finanze, il bilancio e il demanio, di approvazione delle stesse deliberazioni;

che il ricorso, premesso che il decreto di annullamento si richiama all'art. 265 D.L. reg. 29 ottobre 1955, n. 6, e all'art. 6 T.U. reg. 9 giugno 1954, n. 9, afferma che con esso la Regione ha ecceduto dai poteri amministrativi riconosciutile dall'art. 20 St. spec., in quanto ha preteso far uso del potere generale di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, previsto dall'art. 6 T.U. come prov. statale 3 marzo 1934, n. 383, che é riservato alla competenza dello Stato; aggiunge che lo stesso art. 6 T.U. n. 9 cit. riconosce, ai commi primo e secondo, tale competenza al Governo dello Stato, mentre il terzo comma - il quale riproduce l'art. 27 legge reg. 7 dicembre 1953, n. 62 - non regola l'ipotesi di cui ai primi due commi, e comunque riguarda la materia comunale e provinciale, alla quale invece non attiene il decreto del quale si discute; e conclude chiedendo che la Corte dichiari spettare esclusivamente. allo Stato e per esso al Presidente della Repubblica il potere di annullare in ogni tempo gli atti e i provvedimenti amministrativi emanati da qualunque autorità amministrativa, anche regionale, viziati di incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge, e conseguentemente annulli il provvedimento impugnato;

che la Regione siciliana, costituitasi in giudizio il 15 luglio 1959, per resistere al ricorso, premesso che al Governo regionale fu attribuito (art. 2 legge reg. 14 dicembre 1953, n. 67) il compito di coordinare le preesistenti disposizioni statali in materia comunale e provinciale con quelle emanate con la legge reg. 7 dicembre 1953, n. 62, e che il Governo regionale non si ritiene investito, in virtù dei poteri conferitigli, della potestà di modificare i singoli legislativi in vigore, ma soltanto di ordinarli insieme, spiega che appunto e soltanto perciò si trovano indicate nel cit. T.U. (che avrebbe carattere amministrativo e non legislativo) le antiche competenze statali anche dove sono sottentrate quelle regionali -, onde l'art. 6 T.U. n. 9, mentre ripete ai primi due commi l'art. 6 T.U. comunale e provinciale nazionale, nel comma successivo ripete l'art. 27 legge reg. n. 62 del 1953, secondo il quale le relative competenze devono intendersi riferite agli organi regionali sostituiti a quelli statali -, e osserva che, siccome le disposizioni della legge n. 62 e del T.U. n. 9, relative al potere di annullamento di cui trattasi, non hanno a suo tempo formato oggetto di impugnativa, la questione ora proposta, m sede applicativa, é inammissibile, ostandovi: a) i termini statutari relativi all'impugnativa delle leggi regionali; b) il principio della non impugnabilità degli atti esecutivi di un atto normativo quando non si sia impugnato quest'ultimo; c) l'acquiescenza a suo tempo prestata agli atti normativi non impugnati;

che la Regione aggiunge che nel merito il ricorso é infondato:

a) perché non é esatto che il decreto di cui trattasi sia stato emanato nell'esercizio del potere di cui all'art. 6, essendo stato invece esso emanato in base a un potere di natura gerarchica; b) perché, subordinatamente, esso fu emanato non in virtù dell'art. 6 del T.U. statale, bensì in virtù dell'art. 6 del T.U. regionale; c) perché, del resto, il potere governativo previsto dall'art. 6 T.U. statale é venuto meno in relazione agli atti degli uffici della Regione siciliana e degli enti locali di questa;

che con altro ricorso, notificato al Presidente della Regione siciliana il 28 luglio 1959, e corrispondente nei motivi e nelle conclusioni al ricorso di cui già 51 e detto, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha elevato altro conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana, in riferimento al decreto 22 maggio 1959, n. 184/A, col quale il Presidente della Regione ha esteso all'ultimo comma dell'art. 151 del regolamento organico dell'Ospedale circoscrizionale S. Giovanni di Dio e S. Isidoro di Giarre l'annullamento pronunciato col proprio decreto 15 febbraio 1959, n. 77/A, nei confronti del visto di approvazione concesso il 24 gennaio 1958 dal Comitato provinciale di assistenza e di beneficenza pubblica di Catania all'anzidetto regolamento organico; e uno actu ha elevato conflitto di attribuzione in riferimento allo stesso decreto presidenziale 15 febbraio 1959, n. 77/A, ora menzionato;

che in questo secondo ricorso la Regione non si é costituita;

che in relazione ad esso, nella memoria in data 15 febbraio 1960, volta a illustrare entrambi i ricorsi, la difesa dello Stato, dopo aver fatto presente che, nelle more del giudizio, con decreto 27 luglio 1959, n. 261/A, il Presidente della Regione ha annullato sia il decreto n. 77/A che il decreto n. 184/A, si richiama agli artt. 22 e 27 delle norme integrative per i giudizi innanzi a questa Corte per sostenere che il giudizio deve essere ugualmente trattato, e chiede la riunione dei due ricorsi, "che hanno ad oggetto la stessa questione";

che nell'anzidetta memoria la difesa dello Stato, nel ribadire e sviluppare le tesi enunciate in entrambi i ricorsi, e nel negare nel modo più assoluto alla Regione il potere esercitato, aggiunge che, ove all'art. 27 legge reg. n. 62 del 1953, e all'art. 6 T.U. reg. n. 9 del 1954 potesse attribuirsi il significato affermato dalla difesa regionale, ben potrebbe e dovrebbe la Corte, in questa sede, "valutarne incidentalmente la legittimità costituzionale", in applicazione dell'art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'articolo 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, "omesse, ovviamente, le fasi superflue, quali la sospensione del giudizio e il rinvio";

che, nell'unico giudizio in cui si é costituita, la Regione ha depositato il 3 marzo 1960 un'ampia memoria, nella quale, ribadite le proprie tesi, obbietta all'Avvocatura dello Stato che non potrebbe la Corte sollevare essa stessa, in occasione di un giudizio per conflitto di attribuzione, l'incidente di legittimità costituzionale di una legge che regola la materia, ostandovi l'art. 137 Cost., l'art. 1 legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, gli artt. 23 segg. Legge 11 marzo 1953, n. 87, dai quali risulterebbe che gli incidenti di legittimità costituzionale delle leggi possono essere sollevati soltanto dai giudici comuni, mentre la Corte non può agire d'ufficio ma solo se sollecitata ab externo con un ricorso statale o regionale o con un'ordinanza di un'autorità giurisdizionale, e non può pronunciare se non nei limiti dell'impugnativa; e che inoltre, quando viene in questione l'atto applicativo di una legge non impugnata con ricorso, non potrebbe in sede di conflitto di attribuzione, sorto mediante impugnativa di tale atto applicativo, discutersi innanzi alla Corte della legittimità della legge, eludendo i termini prescritti per l'impugnativa delle leggi in via principale;

che nella discussione orale svoltasi all'udienza del 16 marzo 1960 le due difese hanno insistito nei rispettivi punti di vista;

Considerato che, come risulta chiaramente dagli elementi formali e sostanziali dei singoli atti, la Regione siciliana, nell'emanare i decreti dei quali si discute, ha inteso far uso del potere di annul lamento contemplato dall'art. 6 T.U. comunale e provinciale statale 3 marzo 1934, n. 383, che ha ritenuto spettarle in conseguenza dell'art. 27 legge 7 dicembre 1953, n. 62, e dell'art. 6 T.U. reg. 9 giugno 1954, n. 9, di cui ha fatto applicazione;

che la difesa dello Stato ha sollevato innanzi a questa Corte la questione di legittimità costituzionale delle anzidette disposizioni legislative della Regione siciliana, in quanto l'attribuzione al Governo della Regione del potere di annullamento di cui trattasi sarebbe in contrasto con le norme statutarie;

che, contrariamente all'assunto della Regione, deve ammettersi la possibilità di sollevare in via incidentale, in un giudizio innanzi alla Corte per conflitto di attribuzione, la questione della legittimità costituzionale delle disposizioni legislative in base alle quali il conflitto dovrebbe esser risolto. Non può infatti ritenersi che proprio la Corte - che é il solo organo competente a decidere delle questioni di costituzionalità delle leggi - sia tenuta ad applicare leggi incostituzionali, e neanche che, nell'ipotesi di incostituzionalità delle leggi che regolano la materia, possa e debba disapplicarle, senza mettere m moto il meccanismo (di portata generale e necessaria nel vigente ordinamento) destinato a condurre, se del caso, con le debite garanzie di contraddittorio, alla eliminazione, con effetti erga omnes, delle leggi incostituzionali. Né alcuna preclusione può derivare alla possibilità di sollevare in giudizio, in via incidentale, una questione relativa alla legittimità costituzionale di una legge, dal fatto che il giudizio verta tra gli stessi enti - Stato e Regione -,l'uno dei quali avrebbe potuto sollevare, e non sollevò, a suo tempo, in via principale, mediante ricorso contro la legge dell'altro, la questione di cui trattisi (cfr. la sentenza di questa Corte 1 marzo 1957, n. 42). Infatti il non aver agito in tempo utile a tutela del proprio ordinamento, mediante l'impugnativa in via principale di una legge altrui lesiva di esso, non può precludere, rispettivamente allo Stato e alle Regioni, la possibilità di difendere in giudizio le posizioni giuridiche loro spettanti in quanto soggetti dell'ordinamento, anche se per la realizzazione di tale difesa si imponga la necessità di sollevare un incidente di legittimità costituzionale nei confronti della legge a suo tempo non impugnata in via principale;

che l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non può valere a escludere che anche nei giudizi innanzi alla Corte costituzionale vengano sollevate in via incidentale, ai sensi dell'art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, questioni relative alla legittimità costituzionale delle leggi da applicare. Né la risoluzione di siffatte questioni, aventi carattere strumentale, può essere considerata estensione dell'oggetto del giudizio;

che la risoluzione della questione, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, circa il contrasto delle disposizioni contenute nell'art. 27 legge reg. 7 dicembre 1953, n. 62, e nell'art. 6 T.U. reg. 9 giugno 1954, n. 9, che attribuiscono al Governo regionale il potere generale di annullamento degli atti amministrativi contemplato dall'art. 6 T.U. comunale e provinciale statale 3 marzo 1934, n. 383, con i principi statutari dell'autonomia della Regione siciliana, quali risultano dagli artt. 20, 14 e 15 St. spec., si presenta come necessaria, in quanto strumentale, ai fini della decisione del conflitto di attribuzione di cui é causa; e non appare manifestamente infondata;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dispone la riunione dei due giudizi per conflitto di attribuzione promossi dallo Stato nei confronti della Regione siciliana con ricorsi notificati il 26 giugno 1959 e il 28 luglio 1959 ed iscritti rispettivamente ai nn. 14 e 17 del Registro ricorsi 1959, riflettenti il primo il decreto Pres. Reg. sic. 23 aprile 1959, n. 146/A, e il secondo il decreto Pres. Reg. sic. 22 maggio 1959, n. 184/A, nonché il precedente decreto Pres. Reg. sic. 15 febbraio 1959, n. 77/A;

2) dispone la trattazione innanzi ad essa della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 T.U. Reg. sic. 9 giugno 1954, n. 9 nonché dell'art. 27 legge Reg. sic. 7 dicembre 1953, n. 62, limitatamente agli aspetti per cui é stato trasfuso nell'art. 6 già citato, in relazione agli artt. 20, 14 e 15 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, sollevata dall'Avvocatura dello Stato nei termini sopra riferiti;

3) ordina il rinvio del presente giudizio perché esso possa essere trattato congiuntamente alla questione di legittimità costituzionale di cui al numero precedente;

4) ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Regione siciliana e sia comunicata al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana;

5) ordina che la presente ordinanza sia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana;

6) assegna alle parti il termine di venti giorni decorrenti dalla pubblicazione della presente ordinanza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica per il deposito delle deduzioni sulla questione di legittimità costituzionale di cui al n. 2.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1960.

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.                                                                              

 

          Depositata in Cancelleria il 9 aprile 1960.