Sentenza n. 64 del 1959
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SENTENZA N. 64

ANNO 1959

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 18 settembre 1958, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 26 settembre 1958 ed iscritto al n. 26 del Registro ricorsi 1958, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito del decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542, col quale é stato prorogato al 15 aprile 1961 il termine per l'attuazione del piano regolatore della zona industriale della città di Messina.

Udita nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1959 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi gli avvocati Camillo Ausiello Orlando e Pietro Virga per la Regione siciliana e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542, del quale fu data notizia nella Gazzetta Ufficiale del 21luglio 1958, n. 175, é stato prorogato al 15 aprile 1961 il termine per l'attuazione del piano regolatore della zona industriale della città di Messina. La Regione, ritenendo invasa da questo atto dello Stato la sua sfera di competenza, ha sollevato conflitto di attribuzione con ricorso depositato nella cancelleria il 26 settembre 1958.

Ricorda la difesa regionale che, nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva spettante alla Regione siciliana in base all'art. 14, lettere d, f, g, la Regione ha promulgato la legge 21 aprile 1953, n. 30, che negli articoli 21 e 22 contiene norme per la costituzione e il potenziamento di zone industriali. Aggiunge che, in attuazione della legge, non impugnata dal Commissario dello Stato, furono emanati i decreti assessoriali 6 febbraio 1954, n. 415, e 30 giugno 1955, n. 416 (Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 42 del 14 luglio 1956), con i quali si approvarono i piani per la costituzione di una zona industriale in Catania e in Messina e fu impegnata la spesa rispettivamente di lire 700.000.000 e di lire 650.000.000, senza che lo Stato sollevasse conflitto di attribuzione per invasione della propria sfera di competenza. Ricorda infine che in passato furono sì emanati provvedimenti statali aventi ad oggetto il piano regolatore della zona industriale di Messina, precisamente il R. D. 4 gennaio 1914 e il D. L. L. 26 gennaio 1919, ma l'efficacia loro é venuta meno, sin dal gennaio 1934, dato che l'ultimo dei due decreti ora ricordati stabiliva in quindici anni il periodo di tempo per l'esecuzione del piano.

2. - I motivi per i quali la Corte dovrebbe accogliere il ricorso della Regione sono, secondo la difesa regionale, i seguenti. La Regione siciliana ha, in virtù dell'art. 14, lettere d, f, g, la potestà legislativa nelle materie dell'industria (salva la disciplina dei rapporti privati), dell'urbanistica e dei lavori pubblici (eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale) e, in conseguenza, in virtù dell'art. 20, primo comma, dello Statuto, al Presidente e agli Assessori regionali spettano le relative funzioni esecutive ed amministrative. Inoltre, in forza dell'art. 1 del D. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, l'amministrazione regionale esercita nell'ambito del territorio regionale le attribuzioni del Ministero dei LL.PP. e l'art. 1 del D. P. R. 5 novembre 1949, n. 1182, ha disposto analogamente per quel che riguarda le attribuzioni del Ministero per l'industria e il commercio. Né lo Stato potrebbe rivendicare una sua competenza in materia richiamandosi ai decreti sopra citati del 1914 e del 1919, sia perché la loro efficacia sarebbe venuta meno col gennaio 1934, sia perché alla legge 21 aprile 1953, n. 30, anch'essa ricordata, devono essere riconosciuti effetti sostitutivi ed abrogativi della normativa statale anteriore, col conseguente passaggio agli organi della Regione dei relativi poteri amministrativi ed esecutivi. La competenza regionale sarebbe stata riconosciuta, del resto, quanto meno implicitamente, dallo Stato che non sollevò conflitto di attribuzione in relazione al decreto assessoriale 30 giugno 1955, che approvò il piano della zona industriale di Messina.

La Regione conclude chiedendo che la Corte dichiari nella materia la competenza della Regione e annulli, in conseguenza, il decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542.

3. - Al ricorso della Regione lo Stato, costituitosi nel giudizio l'8 ottobre 1958 mediante deposito in cancelleria delle deduzioni, oppone che il decreto che ha occasionato il conflitto é stato emanato nell'esercizio della competenza che gli spetta, in virtù del medesimo Statuto regionale e delle relative norme di attuazione, in materia di "opere pubbliche d'interesse prevalentemente nazionale", tra le quali, ai sensi dell'art. 3, lett. f, D. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, sono da ricomprendere quelle "dipendenti da calamità naturali di estensione ed entità particolarmente gravi", come quella appunto provocata dal terremoto di Messina del 1908, con l'ulteriore conseguenza che la legge regionale 21 aprile 1953, n. 30, non può avere efficacia se non nei limiti della competenza statutaria della Regione e non può avere dettato norme relative a quelle opere pubbliche rimaste di competenza statale.

Ciò non toglie che la Regione possa istituire in Messina - e altrove in Sicilia, come in effetti ha istituito - zone industriali; ma da ciò può sorgere se mai un problema di sovrapposizione e di interferenza della zona regionale nella statale - problema che nel caso in questione era stato avviato a soluzione dalle parti -, non già un conflitto di attribuzione, essendo rimasto ciascuno dei due enti - Regione e Stato - nella propria sfera di competenza.

4. - Tanto lo Stato quanto la Regione hanno depositato memorie rispettivamente il 10 e il 12 marzo scorso, ribadendo e svolgendo le rispettive tesi.

In particolare la difesa dello Stato, dopo aver rievocato le vicende legislative e amministrative della zona industriale di Messina, sottolinea che il provvedimento che ha dato luogo al presente giudizio é stato emanato dallo Stato in applicazione della legge 11 dicembre 1952, n. 2467.

Non essendo stata impugnata questa legge, che é attributiva di competenze, non potrebbe essere proposto ricorso per regolamento di competenza relativamente ad atti amministrativi che rappresentano esercizio di potestà attribuite allo Stato dalla legge.

Né sarebbe vero che la legge regionale abbia modificato l'anteriore normativa statale, perché essa non fa alcun riferimento al testo unico 19 agosto 1917, n. 1399, contenente le disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto di Messina, né provvede ad attribuire alla Regione la gestione delle opere costruite in base a quel testo unico, che resta regolata dall'art. 23 del R. D. L. 11 gennaio 1925, n. 86. In conseguenza il conflitto é limitato nel suo oggetto al punto se spetti oppure non allo Stato la competenza a portare a compimento le opere predisposte in dipendenza del terremoto di Messina del 1908.

Né, infine, si potrebbe parlare di acquiescenza dello Stato di fronte ai provvedimenti legislativi e amministrativi della Regione dato che questi, disponendo in materia diversa da quella riservata dallo Statuto e dalle norme di attuazione allo Stato, non hanno invaso la sfera di competenza di questo.

Da parte sua la difesa regionale respinge la tesi che le opere della zona industriale di Messina siano collegabili con calamità naturali dato che nel tempo intercorso tra la cessazione di efficacia del piano di cui ai decreti del 1914 e 1919 e l'emanazione del decreto del quale si discute e che a quel piano ha preteso di restituire l'efficacia, sono intervenuti lo Statuto per la Regione siciliana e le norme di attuazione che hanno stabilito la competenza regionale in materia di lavori pubblici e di industria, che si é esplicata con la legge 21 aprile 1953, n. 30, la quale ha trovato, a sua volta, applicazione nel decreto assessoriale 30 giugno 1955, n. 416. Di conseguenza l'emanazione del decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542, ha determinato una situazione di conflitto tra Stato e Regione circa le rispettive competenze, non già come sostiene la difesa dello Stato, una semplice questione di convivenza della zona industriale costituita dalla Regione con l'altra prevista dall'antico piano regolatore 1914-1919. In secondo luogo la Regione riafferma che la rivendicazione dello Stato di una propria competenza sarebbe stata proponibile soltanto nei confronti del primo atto di esercizio della relativa competenza da parte della Regione. Non essendo ciò accaduto, conformemente al principio posto da questa Corte nella sentenza n. 32 del 1958, secondo il quale la mancata impugnazione di un provvedimento rende inammissibile quella di un provvedimento successivo di mera esecuzione del primo, non può essere considerata legittima un'attività amministrativa dello Stato, che finirebbe col rendere impossibile al provvedimento regionale non impugnato di raggiungere i suoi effetti.

5. - Nell'udienza del 25 marzo 1959 la difesa dello Stato e quella della Regione siciliana hanno illustrato e svolto le tesi contenute negli scritti difensivi.

6. - Con ordinanza 18 aprile 1959, n. 26, la Corte dispose che il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Regione siciliana depositassero nella cancelleria, nel termine di 90 giorni, i seguenti documenti:

a) copia integrale del decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542, col quale é stato prorogato al 15 aprile 1961 il termine per l'attuazione del piano regolatore della zona industriale della città di Messina;

b) copia integrale del decreto reale 4 gennaio 1914, che determina il perimetro della zona industriale di Messina, e di tutti i relativi allegati;

c) copia integrale del decreto reale 26 gennaio 1919, che approva il piano regolatore della zona industriale di Messina, e di tutti i relativi allegati;

d) copia integrale di tutti gli atti coi quali siano state apportate modifiche ai documenti di cui alle lettere b) e c);

e) copia integrale del decreto assessoriale 30 giugno 1955, n. 416, contenente "piano di massima per la costituzione della zona industriale nel comune di Messina" e del piano parcellare e della planimetria relativa.

Questi documenti sono stati depositati nel termine assegnato e, in conseguenza, il Presidente della Corte ha fissato la discussione della causa all'udienza dell'11 novembre 1959.

7. - La Regione siciliana ha depositato il 27 ottobre 1959 una memoria. Su due punti, che vi sono trattati (quello, cioé, dell'efficacia del termine quindicennale fissato dal decreto del 1919 all'esecuzione del piano regolatore e l'altro delle conseguenze che occorre trarre dal fatto che lo Stato non impugnò la legge regionale 21 aprile 1953, n. 30, né sollevò conflitto di attribuzione relativamente al decreto assessoriale 30 giugno 1955, n. 416), é sufficiente richiamare quanto fu detto nella relazione svolta all'udienza del 25 marzo scorso. Mette conto, invece, riferire quel che é detto più ampiamente e con nuovi sviluppi intorno al carattere di conflitto di attribuzione che sarebbe del caso presente e che la difesa dello Stato nega.

Sostiene infatti la Regione che la tesi dello Stato della coesistenza e compatibilità di una competenza statale a dare esecuzione al suo piano regolatore della città di Messina e di una competenza regionale di costituire zone industriali nell'ambito del territorio regionale sarebbe infondata. La ripartizione delle competenze opererebbe in relazione all'oggetto e avrebbe perciò come effetto "la devoluzione del potere normativo ed amministrativo sull'oggetto stesso all'ente", al quale la competenza é attribuita. Sicché, quando, come nel caso, é stata trasferita alla Regione in esclusiva la potestà normativa ed esecutiva per la costituzione di zone industriali, non é possibile configurare l'esercizio da parte dello Stato delle stesse potestà sul medesimo oggetto, senza ammettere insieme conseguenze inaccettabili come, nel caso, una inconcepibile duplicazione della zona industriale di Messina.

Né i precedenti che la difesa dello Stato ha richiamato, per dimostrare appunto la possibilità della coesistenza e compatibilità delle due competenze, e la possibilità del sorgere, se mai, di questioni di legittimità ordinaria, farebbero al caso, perché essi sarebbero relativi ai poteri di gestione delle opere compiute prima della promulgazione della legge regionale e dell'emanazione del decreto assessoriale n. 416, poteri i quali non vengono punto in discussione nel presente giudizio. Il decreto interministeriale 21 marzo 1958, del quale si discute, tocca invece l'ulteriore attuazione dell'originario piano regolatore statale, si configura, cioè, come un atto di esercizio di competenza in una materia devoluta alla competenza regionale.

Da qui il conflitto di competenza tra i due Enti.

8. - La difesa dello Stato non ha depositato memoria. All'udienza dell'11 novembre, per altro, ha ribadito le sue tesi e ha insistito nelle sue conclusioni; ed altrettanto ha fatto la difesa della Regione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non contesta lo Stato che spetti alla Regione siciliana ex art. 14, lettere d, f, g, dello Statuto speciale la competenza legislativa e di conseguenza quella amministrativa a istituire zone industriali e a predisporre ed approvare i relativi piani regolatori. La Regione, da parte sua, riconosce che non rientra nell'ambito del presente giudizio la questione dell'esercizio dei poteri che allo Stato competono, sulla base delle disposizioni contenute nell'art. 23 del R. D. 11 gennaio 1925, n. 86, per la gestione delle opere pubbliche già costruite in esecuzione del piano regolatore della zona industriale di Messina.

Non si può nemmeno contestare, d'altra parte, che spetti allo Stato la competenza legislativa e amministrativa per le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale (art. 14, lett. g, dello Statuto per la Regione siciliana), tra le quali devono essere comprese, ai sensi delle "Norme di attuazione" in materia di opere pubbliche (D. P. R. 30 luglio 1950, n. 878), le opere dipendenti da calamità naturali di estensione ed entità particolarmente gravi (art. 3, lett. f, dell'ora citato decreto). Non é sufficiente a limitare, modificare o addirittura a travolgere questa competenza statale, comprensiva, com'é pacifico tra le parti, anche della materia riguardante le zone industriali (tutte le volte che l'istituzione loro sia in relazione di dipendenza da "calamità naturale"), il fatto che la Regione abbia emanato una legge 21 aprile 1953, n. 30, contenente "Provvedimenti per il potenziamento della viabilità, dell'edilizia popolare e dell'economia della Sicilia", né che questa legge preveda e regoli agli articoli 21 e 22, che ne costituiscono il titolo IV (Costituzione e potenziamento di zone industriali), la costituzione e il potenziamento di zone industriali nel territorio della Regione. La tesi della difesa regionale secondo la quale a questa legge vanno riconosciuti "effetti sostitutivi ed abrogativi entro il territorio regionale e, quanto alla materia in oggetto, rispetto alla normativa statale anteriore", é una tesi, a giudizio della Corte, infondata, perché é evidente che il fatto che la legislazione statale e la legislazione regionale abbiano a loro oggetto una medesima materia (nel caso zone industriali), non esclude che sia l'una, sia l'altra, possano essere legittimamente esercitate, quando traggano il loro titolo dalle norme costituzionali che hanno ripartito le competenze tra Stato e Regione, ed abbiano perciò presupposti diversi. E quando ciò sia ammesso, come deve essere ammesso, la conseguenza é che la Regione non ha motivo di lamentarsi che lo Stato non impugnò nei termini la legge regionale 21 aprile 1953, n. 30, né i decreti assessoriali 6 febbraio 1954, n. 415, e 30 giugno 1955, n. 416, che approvarono i piani per la costituzione delle zone industriali di Catania e di Messina.

La materia del contendere tra Stato e Regione si riduce pertanto al punto se allo Stato spetti oppure no la potestà di prorogare i termini per l'attuazione del piano regolatore della zona industriale di Messina, approvato con decreto luogotenenziale 26 gennaio 1919. Lo nega la Regione perché sostiene che lo Stato non avrebbe potuto prorogare "con un semplice atto amministrativo" l'efficacia di un piano venuto meno col decorrere del termine, fissato in quindici anni dal decreto luogotenenziale 26 gennaio 1919. Lo afferma, viceversa, l'Avvocatura dello Stato, eccependo che l'esercizio della competenza amministrativa dello Stato nella specie trova il suo fondamento nella legge 11 dicembre 1952, n. 2467. Ma si tratta di un'affermazione infondata.

2. - L'ora citata legge del 1952 attribuì al Ministro dei LL. PP., di concerto con quello delle finanze, la potestà di fissare nuovi termini, con scadenza non oltre il 15 aprile 1961, "per l'ultimazione dei lavori per l'attuazione dei piani regolatori e di ampliamento degli abitati colpiti dai terremoti del 28 dicembre 1908 e del 13 gennaio 1915 ". La medesima disposizione ricorre nella legge 24 novembre 1941, n. 1363, che concesse al Ministro dei LL. PP. la potestà di assegnare un ulteriore termine, che non superasse il quinquennio dalla cessazione dello stato di guerra, "per l'attuazione dei piani regolatori o di ampliamento degli abitati colpiti dai terremoti del 28 dicembre 1908 e del 13 gennaio 1915 ". Ed una disposizione analoga, che si lega con le due ricordate in un nesso unitario, si può leggere nell'art. 11 della legge 4 aprile 1935, n. 454, la quale, autorizzando il Ministero dei LL. PP. ad avocare a sé "l'attuazione dei piani regolatori di Messina, Reggio Calabria e Palmi", prorogò di cinque anni il termine previsto dall'art. 87 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, vale a dire il termine di venticinque anni che questa legge pone come limite massimo all'attuazione dei piani regolatori. E appunto di venticinque anni era il termine stabilito "per il compimento delle espropriazioni e dei lavori" nell'art. 5 del decreto reale 26 giugno 1910 che approvò e dichiarò di pubblica utilità il nuovo piano regolatore per la città di Messina.

Si tratta, come si vede, di disposizioni che si richiamano di fatto l'una con l'altra e che coprono tutto il periodo di tempo che va dal 1910 al 1961, ma che devono tutte essere riferite, come si ricava dal loro medesimo tenore letterale, al piano regolatore della città di Messina, non già a quello della zona industriale. Del che é conferma il fatto che nel richiamato decreto reale 26 giugno 1910 la zona destinata "a quartiere industriale compresa tra la via Giuseppe La Farina e la strada ferrata", come l'altra "destinata per edifici militari fatta eccezione per l'accesso alla medesima" "si devono ritenere escluse dal piano e dal vincolo che dalla sua approvazione deriva". E la riprova, diremo così, generale, si ricava dalla circostanza che i provvedimenti relativi al piano per la zona industriale seguono una loro via indipendente da quella dei provvedimenti presi per il piano regolatore della città. E infatti il perimetro della zona fu determinato con decreto reale 4 gennaio 1914; con decreto luogotenenziale 29 luglio 1915, n. 1295, furono emanate "disposizioni per le zone industriali di Messina, Reggio Calabria e Villa S. Giovanni" e furono presi "altri provvedimenti a favore dei paesi danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908"; con decreto luogotenenziale 3 settembre 1916, n. 1322, fu approvato il relativo regolamento; col decreto luogotenenziale 26 gennaio 1919, n. 81, fu approvato il piano regolatore della zona industriale di Messina, e infine col R. D. 11 gennaio 1925, n. 86 (convertito in legge 18 marzo 1926, n. 562), fu stabilito che il Ministero dei LL. PP. provvedesse direttamente alla sistemazione e alla gestione della zona industriale di Messina (art. 23).

3. - Di tutto quanto precede la prima conseguenza é che sotto l'espressione che ricorre nelle leggi di proroga - "piani regolatori e di ampliamento degli abitati" -, e che, alle prime, può apparire generica e assai comprensiva, non possono essere ricondotte le "zone industriali". Anche il decreto interministeriale 7 marzo 1953 che ha prorogato al 15 aprile 1961 i termini per l'attuazione del piano regolatore della città di Messina, fondando proprio sulla legge 11 dicembre 1952, n. 2467, mostra di accedere a questa interpretazione, perché esclude dall'ambito della sua applicazione la zona industriale, com'é reso evidente, non foss'altro, dal secondo provvedimento oggetto del presente conflitto. L'altra conseguenza é che il richiamo che il decreto interministeriale, che ha provocato il conflitto di attribuzione, e l'Avvocatura dello Stato fanno alla legge più volte citata del 1952 per fondare la competenza statale a prorogare i termini del piano regolatore della zona industriale di Messina, é infondato ed errato. Ora, la mancanza di una norma di legge che autorizzi a prorogare i termini per l'attuazione del piano scioglie il nesso o, per adoperare i termini del D. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, il rapporto di dipendenza tra l'atto amministrativo emanato dallo Stato nel 1958 e la calamità naturale "di estensione ed entità particolarmente gravi", che fu il terremoto di Messina del 1908, rapporto indispensabile per la sussistenza della competenza dello Stato in materia di zone industriali nel territorio della Regione siciliana. Il decreto interministeriale si pone perciò come un atto d'invasione della competenza della Regione in materia di industria, urbanistica e lavori pubblici e, in quanto tale, deve essere annullato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando sul conflitto d'attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sollevato con ricorso della Regione 26 settembre 1958:

dichiara che non spetta allo Stato la competenza a prorogare i termini per l'attuazione del piano regolatore della zona industriale di Messina;

annulla, in conseguenza, il decreto interministeriale 21 marzo 1958, n. 542.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1959.

Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI  - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.

 

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1959.