Sentenza n. 79 del 1958
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SENTENZA N. 79

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 724, primo comma, del Codice penale promosso con ordinanza del 18 ottobre 1957 del Pretore di Martina Franca, emessa nel procedimento penale a carico di Fumarola Giuseppe, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 301 del 5 dicembre 1957 ed iscritta al n. 96 del Registro ordinanze 1957.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 19 novembre 1958 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale innanzi al Pretore di Martina Franca a carico di Fumarola Giuseppe, imputato della contravvenzione di cui all'art. 724 Cod. pen. "per avere pubblicamente bestemmiato con invettive contro il Crocifisso all'indirizzo del quale sputava", all'udienza del 18 ottobre 1957 fu sollevata la questione di legittimità costituzionale di detto articolo, in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione. Il Pretore ritenne la questione non manifestamente infondata, e sospese il giudizio, ordinando la trasmissione degli atti a questa Corte. A sostegno della sua decisione il Pretore considerò che il reato previsto dall'art. 724, primo comma, Cod. pen. ha per presupposto la religione cattolica come sola religione dello Stato, "così come fu sancito dall'antica disposizione dello Statuto albertino, richiamata dall'art. 1 del Trattato del Laterano". Un tal presupposto sarebbe venuto meno con l'entrata in vigore della Costituzione, in quanto l'art. 8 stabilisce la libertà delle confessioni religiose e la parità tra di loro, onde il contrasto fra il predetto articolo e il primo comma dell'art. 724 che prevede come reato l'offesa alla Divinità, ai simboli, alle persone venerate nella religione dello Stato.

L'ordinanza fu regolarmente notificata, e quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 dicembre 1957, n. 301.

Il 30 novembre 1957 si costituiva in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri con atto di intervento e deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato. Nelle deduzioni e nella memoria illustrativa depositata il 6 novembre 1958, l'Avvocatura contesta la esattezza delle affermazioni dell'ordinanza, sostenendo sostanzialmente che la tutela penale riguarda la religione cattolica non in quanto religione dello Stato, ma in quanto religione della quasi totalità del popolo italiano.

 

Considerato in diritto

 

Le argomentazioni esposte nell'ordinanza del Pretore non meritano accoglimento. Il termine "religione dello Stato", adottato dall'art. 724 del Codice penale, non ha in questa norma il significato e il valore giuridico che l'ordinanza vorrebbe attribuirgli. Già nella sentenza n. 125 del 1957, relativa alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 404 Cod. pen., questa Corte mise in luce "la rilevanza che ha avuto ed ha la religione cattolica in ragione della antica ininterrotta tradizione del popolo italiano, la quasi totalità del quale ad essa sempre appartiene". Sostanzialmente in base allo stesso criterio va decisa la questione presente. La norma dell'art. 724 Cod. pen., come altre dello stesso Codice (artt. 402 a 405), si riferisce alla "religione dello Stato" dando rilevanza non già a una qualificazione formale della religione cattolica, bensì alla circostanza che questa é professata nello Stato italiano dalla quasi totalità dei suoi cittadini, e come tale é meritevole di particolare tutela penale, per la maggiore ampiezza e intensità delle reazioni sociali naturalmente suscitate dalle offese ad essa dirette. Ciò sembra potersi desumere, oltre tutto, anche dal fatto che il Codice penale talora (art. 405), senza speciale motivo, parla non già di religione dello Stato, ma di religione "cattolica". Ora, questa universalità di tradizioni e di sentimenti cattolici nella vita del popolo italiano é rimasta, senza possibilità di dubbio, immutata con l'avvento della Costituzione. E con essa, per conseguenza, permangono immutate tutte le ragioni per le quali, nell'art. 724 come in altre norme del Codice penale, il legislatore ha provveduto a una speciale tutela dei simboli e delle persone della religione cattolica.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, proposta con ordinanza del Pretore di Martina Franca del 18 ottobre 1957, sulla legittimità costituzionale dell'art. 724, primo comma, Cod. pen., in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI

Antonio MANCA - Aldo SANDULLI 

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1958.