Sentenza n. 73 del 1958
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SENTENZA N. 73

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1490, in relazione all'art. 27 della legge 12 maggio 1950, n. 230, promosso con ordinanza 22 giugno 1957 emessa dalla Corte suprema di cassazione nel procedimento civile vertente tra Boscarelli Pasquale, Michele e Rosario e l'Opera per la valorizzazione della Sila, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 7 settembre 1957 ed iscritta al n. 74 del Registro ordinanze 1957.

Udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1958 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi l'avv. Cesare Tumedei per i Boscarellli, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò per l'Opera per la valorizzazione della Sila.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con decreto del Presidente della Repubblica in data 24 dicembre 1951, n. 1490, fu disposta ai sensi della legge 12 maggio 1950, n. 230, con cui erano stati delegati al Governo poteri in relazione alla colonizzazione dell'altipiano della Sila, l'espropriazione in danno di Boscarelli Nicola ed a favore dell'Opera per la valorizzazione della Sila di alcuni terreni ubicati nel Comune di Bisignano (Cosenza), per una estensione complessiva di ettari 313.04.70, coincidenti con quelli che il Boscarelli stesso, mediante istrumento pubblico in data 18 ottobre 1949, aveva donato ai figli Michele, Rosario e Pasquale, "per sostenere" - come è detto nell'atto - "la condizione dei figliuoli", "in contemplazione del matrimonio, già avvenuto, del figlio Pasquale, e dei matrimoni dei figli Michele e Rosario, che quanto prima avverranno".

Dei tre figliuoli, il primo, Pasquale, come risulta dall'atto, si era già sposato il 23 gennaio 1947; il secondo, Michele, sposò, ad alcuni mesi di distanza, il 16 settembre 1950; mentre il terzo, Rosario, rimase celibe.

Il decreto di espropriazione fu emanato dopo che i Boscarelli, padre e figli, avevano inutilmente prodotto opposizione in via amministrativa avverso il piano di esproprio predisposto dall'Opera per la valorizzazione della Sila, sostenendo che il medesimo era in contrasto con l'atto di donazione obnuziale, e nonostante i pareri favorevoli all'accoglimento dell'opposizione stessa espressi dal Ministero dell'agricoltura e foreste e dalla Commissione parlamentare preveduta dall'art. 5 della citata legge 12 maggio 1950, n. 230.

In data 11 marzo 1952 l'Opera per la Sila si immise nel possesso dei beni così espropriati.

Respinto dal Pretore di Acri il ricorso con cui i fratelli Boscarelli avevano proposto azione di spoglio contro l'Opera medesima (sentenza 21 giugno 1952, confermata in appello), i predetti proposero ricorso al Consiglio di Stato contro il decreto di espropriazione, ed il Ministero dell'agricoltura e foreste propose, a sua volta, ricorso per regolamento di giurisdizione alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Quest'ultima, con sentenza 7 agosto 1953, dichiarò che la cognizione della controversia spettava all'autorità giudiziaria ordinaria.

Intanto, con atto di citazione notificato il 12 aprile 1953, i fratelli Boscarelli avevano evocato in giudizio l'Opera per la valorizzazione della Sila avanti al Tribunale di Cosenza, deducendo la nullità del decreto di espropriazione, e chiedendo la restituzione dei fondi espropriati, nonché il risarcimento del danno subito a causa della illegittima occupazione. Il Tribunale respinse la domanda con sentenza 20 gennaio 1954, e la Cortedi appello di Catanzaro, investita della controversia a seguito del gravame proposto dagli attori, rigettò i primi quattro motivi dell'appello, con i quali era stato dedotto:

1) che il decreto di esproprio era illegittimo perché pubblicato dopo il 31 dicembre 1951, data di scadenza della legge delegante;

2) perché esso era stato registrato soltanto nel febbraio 1952;

3) perché includeva beni oggetto di una valida donazione anteriore;

4) perché, comunque, la stessa donazione avrebbe potuto considerarsi solo agli effetti della determinazione della quota da espropriare.

In relazione ad un quinto motivo (concernente l'illegittima inclusione fra i beni da espropriare anche di una superficie boschiva), sospese invece ogni ulteriore decisione all'esito di nuovi incombenti istruttori.

2. - Avverso tale sentenza proposero ricorso per cassazione i fratelli Boscarelli in data 20 agosto 1955, deducendo cinque mezzi di annullamento, e l'Opera per la Sila, resistendo in giudizio, propose ricorso incidentale affidato a tre mezzi.

I ricorrenti principali inoltre, con istanza incidentale del 17 giugno 1957, sollevarono le seguenti questioni di illegittimità costituzionale del decreto 24 dicembre 1951, n. 1490, configuranti ciascuna un'ipotesi di eccesso di delega legislativa, e quindi di violazione dell'art. 76 della Costituzione:

1) il decreto sarebbe viziato per eccesso dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante (art. 5, legge 12 maggio 1950, n. 230), essendo stato pubblicato dopo il 31 dicembre 1951;

2) sarebbe, inoltre, affetto da altro simile vizio per essere stato registrato alla Corte dei conti dopo il detto termine;

3) avrebbe ecceduto i limiti di materia fissati dall'art. 27 della legge delegante in relazione alle donazioni valide ad evitare il provvedimento di esproprio, per avere ritenuto tali solo quelle prevedute dall'art. 785 Cod. civ., e cioè fatte "in riguardo di un determinato futuro matrimonio";

4) avrebbe ecceduto, sotto altro profilo, i limiti fissati dal detto art. 27, il quale si sarebbe riferito soltanto ai soggetti da sottoporre all'espropriazione, e non anche ai beni donati e suscettibili di scorporo.

Oltre alle dette questioni, la Cassazione ne pose di ufficio una quinta, "indispensabile" - così ritenne - "per l'esame del terzo mezzo di ricorso incidentale": e cioè che il detto decreto presidenziale sarebbe viziato per violazione dell'art. 4 della legge 31 dicembre 1947, n. 1629, avendo ordinato l'espropriazione di terreni boschivi.

La Cassazione, a Sezioni unite, con ordinanza 22 giugno 1957, dichiarò non manifestamente infondata soltanto la terza questione di legittimità costituzionale, e respinse l'incidente quanto alle altre questioni, ritenendo manifestamente infondate quelle indicate sotto i numeri 1 e 2 ed "assorbita" quella indicata sotto il n. 4. Quanto alla quinta questione, sollevata di ufficio, circa la espropriabilità o meno dei terreni boschivi, non insisté sulla medesima, facendo proprie le osservazioni contenute nella sentenza di questa Corte del 14 maggio 1957, n. 66.

Nel rimettere gli atti alla Corte costituzionale la Cassazione ha osservato che, anche a voler prescindere dai pareri favorevoli del Ministero di agricoltura e foreste e della Commissione parlamentare, la tesi dei ricorrenti potrebbe trovar conforto nella sentenza 16 maggio 1957, n. 78, della Corte costituzionale ove testualmente si legge: "L'espressione usata nell'art. 20 della legge stralcio (legge 21 ottobre 1950, n. 841), che riproduce quella già adoperata nell'art. 27 della legge Sila, non corrisponde testualmente a quella dell'art. 785 Cod. civ., nella quale si richiede il richiamo ad un determinato futuro matrimonio. Anche senza voler attribuire eccessiva importanza alla differenza dei testi, e pure ammettendo che il legislatore della riforma fondiaria intendesse pur sempre richiamare il concetto della donazione obnuziale, non si può non riconoscere che nelle leggi del 1950 appare temperato notevoli mente il rigore formale dell'art. 785 Cod. civ., il quale avrebbe potuto anche essere in quelle richiamato puramente e semplicemente, se si fosse voluto riprodurre la stessa norma".

Ha osservato inoltre la Cassazione che, dovendosi accogliere su tale punto l'istanza incidentale sollevata dai ricorrenti principali, "si rendeva superfluo l'esame della quarta questione perché la stessa, essendo stata dedotta in via subordinata rispetto alla terza, restava assorbita".

La Cassazione pertanto, con la detta ordinanza, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per le decisioni di sua competenza. Tale ordinanza, comunicata ai Presidenti delle due Camere e notificata alla Presidenza del Consiglio il 26 luglio 1957, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte costituzionale nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 7 settembre 1957.

3. - I fratelli Boscarelli si sono costituiti in giudizio col patrocinio degli avvocati Antonio Sorrentino, Cesare Tumedei e Vincenzo D'Audino.

Nelle deduzioni la difesa, a sostegno della censura di illegittimità costituzionale del decreto di espropriazione, afferma anzitutto che fra le "donazioni in contemplazione di matrimonio", che l'art. 27 della legge Sila rende efficaci nei confronti dell'Opera in via di eccezione, e cioè enucleandole da tutti gli altri atti a titolo gratuito, che sono invece dichiarati inefficaci, non possono rientrare solo le donazioni di cui all'art. 785 Cod. civ., ma debbono invece ricomprendersi anche le altre forme di donazioni obnuziali che possono individuarsi attraverso l'esame delle formule usate in altre norme di legge riguardanti pure atti di liberalità in favore di matrimonio. Ed in proposito si richiama all'art. 805 Cod. civ., ove si esclude la revoca per ingratitudine o per sopravvenienza di figli delle donazioni effettuate "in riguardo di determinato matrimonio", omettendosi ogni accenno al matrimonio futuro; all'art. 61 della legge di registro, che accorda un trattamento di favore alle donazioni fatte "in contemplazione di un certo determinato matrimonio", omettendo ogni riferimento temporale; all'art. 3, lettera a, T.U. sulla imposta straordinaria sul patrimonio, che, assoggettando all'imposta stessa i beni donati dal padre ai figli nel decennio anteriore alla data di applicazione dell'imposta, esclude da codesto assoggettamento "le assegnazioni per causa di seguito matrimonio".

Dalla molteplicità delle categorie di donazioni obnuziali, resa evidente dall'esistenza di tali diverse espressioni usate dal legislatore, dovrebbe conseguire "l'arbitrarietà di sottintendere nella norma dell'art. 27 della legge Sila, che parla generalissimamente di donazioni obnuziali, senza richiedere alcun ulteriore requisito" proprio quegli estremi rigorosi che l'art. 785 Cod. civ. prevede solo in vista dell'effetto speciale proprio di tale categoria di donazioni di tener sospeso, fino alla celebrazione delle nozze, l'effetto della donazione, e di dispensare il donatario dall'accettazione. E da ciò dovrebbe altresì dedursi, in particolare, che donazioni obnuziali possono aversi sia che si tratti di atti di liberalità avvenuti dopo il matrimonio (giusta le espressioni usate negli articoli 805 Cod. civ., 61 legge di registro), sia in vista di un matrimonio non determinato (giusta l'espressione usata dall'art. 3 T.U. citato sull'imposta straordinaria sul patrimonio, che richiederebbe solo l'effettiva celebrazione del matrimonio entro un determinato periodo successivo all'entrata in vigore della legge, indipendentemente dal fatto che, al momento della donazione, il matrimonio fosse o pur no determinato).

Ad avvalorare tale tesi la difesa dei Boscarelli si richiama poi alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 78 del 1957, inferendo ragioni a proprio favore da talune espressioni desunte dal contesto della sentenza stessa, secondo le quali dovrebbe concludersi che la Corte ha dato una interpretazione estensiva dell'art. 27 citato.

Altro argomento sarebbe poi costituito dai pareri favorevoli del Ministero dell'agricoltura e foreste e della Commissione parlamentare, che pure tale tesi avrebbero abbracciata, e con particolare autorità, specie da parte della Commissione parlamentare.

Infine, onde ribadire la fondatezza della lata interpretazione che dovrebbe darsi dell'art. 27 della legge Sila, la difesa dei Boscarelli invoca gli artt. 167 e 172 Cod. civ., nonché il n. 98 della relazione al Re del Codice stesso. Quegli articoli prevedono, rispettivamente, la costituzione del patrimonio familiare "anche durante il matrimonio", e l'assoggettamento di tale costituzione solamente all'azione di riduzione, e non pure agli altri mezzi di recupero previsti per le donazioni. Di questa particolare disciplina si dà ragione nella relazione al Re, affermando che "il patrimonio familiare, quando sia costituito da un terzo, viene ad assumere la figura di una donazione per il matrimonio, e pertanto deve considerarsi soggetto alla stessa disciplina di queste categorie di donazioni". Si avrebbe così la dimostrazione che lo stesso legislatore, pacificando concettualmente la costituzione del patrimonio familiare con la donazione obnuziale, ammette esplicitamente che quest'ultima può aver luogo in costanza di matrimonio. Il che del resto concorderebbe con la possibilità, ammessa dalla legge, di convenzioni matrimoniali e di costituzione di dote anche a nozze celebrate, e risponderebbe altresì allo scopo comune di dette forme di liberalità, di provvedere ad una famiglia, poco importa se costituenda o già costituita.

Verrebbe così ad essere dimostrata l'incostituzionalità del decreto di esproprio contro Boscarelli Pasquale, che aveva già contratto matrimonio, e contro Boscarelli Michele, che lo contrasse successivamente. Comunque, a riguardo di quest'ultimo, nelle relative difese si contesta, in fatto, che al momento della donazione, il matrimonio fosse indeterminato, perché egli era già allora fidanzato con la stessa signorina che sposò dopo circa undici mesi.

Anche il terzo fratello, Rosario, rimasto celibe per essere venuti meno i progetti matrimoniali allora concepiti, dovrebbe avvalersi della enunciata tesi giuridica, poiché, una volta esclusa la necessità del requisito della "determinatezza", non avrebbe rilevanza il fatto che nessun matrimonio sia stato ancora celebrato.

Quanto alla quarta questione di legittimità, che la Cassazione ha dichiarato assorbita, la difesa dei Boscarelli osserva che tale assorbimento potrebbe verificarsi solo nel caso di accoglimento della terza questione. Pertanto, nell'ipotesi contraria, dovrebbe "tornare sul tappeto la questione esclusa", salvo apprezzamento della Corte costituzionale circa la possibilità di esaminarla senz'altro in questa sede, o la necessità di restituire gli atti alla Cassazione per l'esame circa la rilevanza e la fondatezza.

Per le suddette ragioni ha quindi concluso chiedendo la dichiarazione di incostituzionalità del decreto di esproprio in questione, perché emesso in violazione dei limiti posti dalla legge di delega e quindi in contrasto con l'art. 76 della Costituzione.

4. - L'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio in rappresentanza del Presidente dell'Opera per la valorizzazione della Sila, nelle proprie deduzioni sostiene l'inesistenza dell'eccesso lamentato "ex adverso", e deduce, in sostanza, che l'interpretazione dell'art. 27 della legge Sila fornita dalla controparte é in contrasto con quanto ritenuto dalla Corte costituzionale proprio con la sentenza n. 78 del 1957, perché, se la Corte ha effettivamente ivi affermato che nell'art. 27 appare notevolmente temperato il rigore formale dell'art. 785 Cod. civ., tale principio si deve intendere nel senso ed entro i limiti nella sentenza stessa subito dopo testualmente enunciati, e che sembra che la controparte voglia ignorare, e cioè: "che quando risulti in fatto esaurientemente dimostrato che una donazione é stata posta in essere proprio in riguardo a un determinato futuro matrimonio, essa rientra fra quelle previste dall'art. 20 della legge stralcio (che riproduce l'art. 27 della legge Sila), anche se l'atto formale non contenga una espressa menzione del matrimonio contemplato": cioè a dire che, al riguardo, "deve ammettersi l'interpretazione della volontà delle parti". Tanto, in conformità della basilare norma di ermeneutica, per cui le espressioni usate dal legislatore debbono ritenersi rispondenti ad esatto tecnicismo giuridico, che nella specie verrebbe a mancare ove si adottasse la tesi avversaria, dovendosi per donazioni obnuziali intendere, secondo la dottrina e la pratica forense, solo le donazioni fatte "in riguardo di un determinato futuro matrimonio".

La dizione dell'art. 27 non potrebbe perciò riferirsi che agli atti di cui all'art. 785 Cod. civ., che tali caratteristiche rivestono, specie ove si consideri che manca una qualsiasi manifestazione della volontà del legislatore di allontanarsi da tale concetto. Ciò che si é verificato invece proprio nell'art. 3 T.U. 9 maggio 1950 invocato dai Boscarelli, con cui il legislatore adottò una formula diversa appunto perché ad altro oggetto voleva riferirsi.

Anche il richiamo all'art. 61 della legge di registro, secondo l'Avvocatura dello Stato, non é convincente, perché, giusta la prevalente opinione, l'esenzione ivi prevista non si estende alle donazioni per i matrimoni già contratti.

L'interpretazione restrittiva dell'art. 27 sarebbe poi conforme alla ratio che ispirò il legislatore della riforma fondiaria, il quale si preoccupò di impedire evasioni attraverso atti di disposizione a titolo gratuito dei beni espropriabili, eccettuando dalla regola solo quelle donazioni che, per le loro particolari caratteristiche, non potevano dare adito a frodi.

L'Avvocatura dello Stato ha pertanto concluso chiedendo dichiararsi improponibile, inammissibile o quanto meno infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con la su riferita ordinanza della Corte di cassazione.

5. - La difesa dei fratelli Boscarelli ha depositato nella cancelleria della Corte, il 22 ottobre scorso, una memoria con la quale vengono sviluppati ed illustrati i vari punti della causa.

In sostanza, viene approfondito l'esame delle formule usate dagli artt. 785 e 805 Cod. civ., anche alla stregua della tradizione romanistica, nonché quella usata dall'art. 61 della legge di registro, che accorda un trattamento di favore alle donazioni fatte "in contemplazione di certo determinato matrimonio", e dall'art. 3, lett. a, del T.U. sulla imposta straordinaria sul patrimonio che, assoggettando all'imposta stessa i beni donati dagli ascendenti ai discendenti nel decennio anteriore alla data di applicazione dell'imposta, esclude da codesto assoggettamento "le assegnazioni per causa di seguito matrimonio", per confermare che deve desumersi l'esistenza di una "ampia gamma" di donazioni obnuziali oltre quelle disciplinate dall'art. 785 del Codice civile.

Nella memoria viene pure ripreso l'argomento - a favore della tesi della inassoggettabilità ad esproprio dei beni in questione - costituito dalla esistenza delle figure giuridiche della dote costituita dalla moglie o da un terzo anche dopo il matrimonio, e del patrimonio familiare, che può essere costituito prima o dopo il matrimonio, le quali figure - a detta della difesa - essendo sostanzialmente donazioni obnuziali, ed essendo, per taluni aspetti, disciplinate in modo analogo a queste, amplierebbero ancora la categoria delle liberalità in favore del matrimonio, cui generalmente si riferirebbe la legge delegante.

Si sostiene infine che, dovendosi, in ogni caso, ritenere dimostrata la illegittimità costituzionale dell'espropriazione nei confronti di Pasquale e Michele Boscarelli, che ebbero a contrarre matrimonio, qualche aspetto più delicato potrebbe soltanto ravvisarsi nella questione per quanto concerne Rosario, rimasto celibe. Ma si osserva al riguardo che, a differenza dell'atto amministrativo - che può essere annullato anche parzialmente - trattandosi, nella specie, di atto legislativo, nel quale, per giunta, non sono indicate le singole parti afferenti, con la espropriazione, distintamente ciascuno dei tre figli donatari, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, su cui si controverte, dovrà essere riferita all'intero decreto, nella sua unità.

Quanto poi alla questione dichiarata assorbita nell'ordinanza della Cassazione, la difesa dei Boscarelli si rimette alla decisione di questa Corte: se cioè possa essere delibata in questa sede, o se debba essere rimessa alla Corte di cassazione per il relativo esame ed ai fini di un successivo nuovo rinvio alla Corte costituzionale. In ogni modo, interpretando la disposizione dell'art. 27 della legge Sila in relazione al testo del precedente art. 2, la difesa dei Boscarelli manifesta l'opinione che la disposizione sia stata stabilita proprio al limitato effetto di individuare, in senso soggettivo, le persone sottoposte all'espropriazione ed i limiti di espropriabilità: e cioè che l'espropriazione deve colpire soltanto i beni rimasti, alla data 15 novembre 1949, in possesso delle persone soggette al provvedimento.

Conclude pertanto, la difesa dei Boscarelli, insistendo nella richiesta di dichiarazione di incostituzionalità, in ogni sua parte, del decreto delegato in questione.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale dibattuta nel presente giudizio é stata già proposta alla Corte in causa Cuttano, decisa con la sentenza del 16 maggio 1957, n. 87. La Corte d'appello di Bari, dalla quale proveniva il giudizio incidentale che diede luogo alla menzionata sentenza, ebbe infatti a rilevare nella propria ordinanza di rimessione a questa Corte che l'Ente di riforma fondiaria Puglia e Lucania aveva opposto che dall'istrumento di donazione non risultava che la donazione era stata fatta in riguardo di "futuro determinato matrimonio", secondo la previsione dell'art. 785 Cod. civ., ed osservava: "Sorge, così, la questione se il legislatore della riforma fondiaria abbia voluto favorire solo quelle donazioni fatte in vista di un determinato futuro matrimonio, quindi condizionate alla celebrazione di quel particolare evento con quella data persona, oppure tutte le donazioni propter nuptias, stipulate sia prima che dopo, sia con la menzione espressa del matrimonio da seguire, sia senza questa esplicita menzione, purché, però, aventi radice nelle nozze e aventi lo scopo di sostenerne gli oneri".

La questione, così precisata, fu dibattuta dalle parti in causa dinanzi a questa Corte, sia nelle difese scritte che nella discussione orale, con copia di argomentazioni e richiami di dottrina e di giurisprudenza, pari a quella avutasi nel presente giudizio: tuttavia in questo sono stati prospettati nuovi e non meno importanti riflessi della questione medesima. Ond’é che se questa fosse stata risolta dalla Corte costituzionale nei termini proposti, e non se ne fosse avuta tale ulteriore discussione sotto taluni nuovi aspetti, bene avrebbe potuto la Corte, seguendo e confermando la propria prassi procedurale, dichiarare la questione stessa infondata, con ordinanza emessa in camera di consiglio, senza portar la causa in discussione nella pubblica udienza, prendendo norma dal disposto della seconda parte del secondo comma dell'art. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e del secondo comma dell'art. 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (confr., in questo senso, sentenza 24 gennaio 1958, n. 7).

Sennonché, per riprendere in esame la questione e deciderla con sentenza, vale non soltanto il già fatto rilievo - che la questione medesima é stata prospettata, nel presente giudizio, sotto nuovi profili -, ma quello ancora, e di più saliente importanza, che nella sentenza richiamata, cui diede luogo la ricordata ordinanza della Corte d'appello di Bari, la questione non venne esaminata e decisa nei precisi termini allora e questa ulteriore volta proposti.

2. - Vero é che l'Avvocatura generale dello Stato nelle proprie deduzioni afferma che proprio quella questione, e nei termini ora dibattuti, sarebbe stata risolta con la ricordata sentenza della Corte costituzionale; giacché osserva che se é vero che la Corte ebbe ad effettivamente affermare, in sentenza, che: "La espressione usata nella legge stralcio - che riproduce quella già adoperata nell'art. 27 della legge Sila - non corrisponde testualmente a quella dell'art. 785 Cod. civ., nella quale si richiede il richiamo ad un determinato futuro matrimonio; anche senza voler attribuire eccessiva importanza alla differenza dei testi, e pure ammettendo che il legislatore della riforma fondiaria intendesse pur sempre richiamare il concetto della donazione obnuziale, non si può non riconoscere che nelle leggi del 1950 appare temperato notevolmente il rigore formale dell'art. 785 Cod. civ., il quale avrebbe anche potuto essere in quelle richiamato puramente e semplicemente, se si fosse voluto riprodurre la stessa norma"; é pur vero che, subito dopo, facendone una questione formale e di prova, la Corte si riporta, confermandoli, a quei limiti concretati nell'art. 785 col riferimento ad un matrimonio determinato e futuro. Difatti la sentenza soggiunge: "Di conseguenza, la Corte ritiene che, quando risulti in fatto esaurientemente dimostrato che una donazione é stata posta in essere proprio in riguardo ad un determinato futuro matrimonio, essa rientri fra quelle previste dall'art. 20 della legge stralcio, anche se l'atto formale non contenga una espressa menzione del matrimonio contemplato". E, nel caso allora esaminato, pur non contenendo l'atto di donazione la espressa menzione del matrimonio, determinato e futuro, queste circostanze chiarissimamente erano comprovate dagli atti di causa, in quanto risultava che la donazione era stata stipulata dal padre dello sposo a favore del figlio, in casa della sposa, due giorni prima della celebrazione delle nozze.

Non può dunque affermarsi che la questione generale - ora riproposta alla Corte - sia stata da questa direttamente risolta. Inoltre, nel caso ora sottoposto all'esame della Corte manca ogni riferimento ad un matrimonio determinato e futuro, sia pure desumibile aliunde. Nella prima parte dell'atto di donazione 18 ottobre 1949, là dove, per prassi, si sogliono indicare i motivi dell'atto, il disponente semplicemente dichiara: "Il costituito sig. Nicola Boscarelli per sistemare la condizione dei figliuoli e dare ad essi il mezzo di vivere decorosamente, spinto dai sentimenti dell'affetto paterno, dona gratuitamente ed irrevocabilmente ai costituiti suoi figliuoli Michele, Rosario e Pasquale Boscarelli, ammogliato quest'ultimo, con una figliuola, in piena proprietà, ecc.". Segue la descrizione dei beni donati; i figliuoli "espressamente accettano" (vi é dunque una espressa accettazione, a differenza della donazione propter nuptias), e sembra che l'atto sia finito; invece immediatamente si soggiunge e specifica: "che la presente donazione ha carattere definitivo e irrevocabile, e che é fatta in contemplazione del matrimonio già avvenuto del figlio Pasquale e dei matrimoni dei figli Michele e Rosario, che quanto prima avverranno".

Se dunque, dall'atto di donazione non é dato desumere alcun riferimento a matrimoni determinati e futuri (quello di Boscarelli Pasquale, come si é visto, era già avvenuto ed egli aveva anche una figliuola; se questa Corte nella sua precedente sentenza ha ammesso soltanto la possibilità di rintracciare, anche al di fuori dell'atto di donazione, la esistenza dei requisiti stabiliti nell'art. 785 Cod. civ., e nel caso in esame nemmeno tale possibilità sussiste, si spiega come i patroni dei sigg. Boscarelli insistano nella tesi difensiva con la quale vogliono sostenere che la donazione obnuziale tenuta presente dal legislatore della riforma agraria per eccettuarla dalla quota ricadente nella espropriazione dei terreni, non é soltanto quella dell'art. 785 Cod. civ., ma anche le altre forme di donazione - che sarebbero anch'esse obnuziali - previste nel nostro ordinamento giuridico, per le quali quei requisiti del matrimonio determinato e futuro non sarebbero stabiliti.

3. - Ritiene la Corte che siffatta tesi non sia da accogliere. La esistenza infatti - innegabile - nel nostro ordinamento giuridico di varie forme di liberalità a favore del matrimonio (donazioni "in riguardo di determinato matrimonio"; "in contemplazione di un certo determinato matrimonio"; nonché la costituzione in dote o di patrimonio familiare) non vale ad escludere l'esistenza di una figura tipica di donazione obnuziale, che resta quella di cui all'art. 785 Cod. civ., per la compiuta definizione che la norma stessa ne dà, sia come concetto, che come disciplina. Infatti, se é vero che variamente possono concretarsi atti di liberalità a favore del matrimonio, la donazione prevista dall'art. 785 Cod. civ. per la specificità degli elementi obbiettivi che concorrono ad integrarla, per la particolarità degli scopi cui é preordinata, per la peculiare disciplina che la governa, costituisce una figura chiaramente e compiutamente definita dalla legge, che appunto dev'essere considerata come tipica ipotesi di atto di liberalità a favore del matrimonio. Se così é - e d'altronde non sembra dubbio alla Corte - é buona norma interpretativa ritenere che quando la legge si riferisce ad un fatto i cui effetti si inquadrano in una ipotesi tipica espressamente regolata dal diritto positivo, senza che nella legge stessa si accenni ad ipotesi affini, il legislatore abbia inteso fare riferimento alla ipotesi tipica, nel rispetto della esigenza fondamentale della certezza del diritto, che mal si concilierebbe con la forzata genericità derivante alla norma da una diversa e più lata interpretazione.

4. - A conferma, d'altra parte, dell'opinione che il legislatore della legge Sila e della legge stralcio, nei rispettivi articoli 27 e 20, si sia voluto esclusivamente riferire all'istituto tipico della donazione per futuro determinato matrimonio di cui all'art. 785 Cod. civ., sta la finalità dal legislatore stesso perseguita. L'assoggettamento all'esproprio, per il conseguimento dei fini delle leggi della riforma agraria, é la regola generale: onde consegue che per nessuna ragione - se si vogliono conseguire quei fini - debbono essere eccettuati dei beni dall'esproprio se non per casi del tutto eccezionali, precisamente delimitati ed espressamente indicati dalla legge: e cioè, in concreto, solamente i due casi di donazioni in contemplazione di matrimonio e quelle fatte a favore di enti morali di beneficenza, assistenza e di istruzione stipulati dopo il 1 gennaio 1948 (citato art. 27). Se, per "donazioni in contemplazione di matrimonio", il legislatore non avesse voluto riferirsi alla tipica donazione obnuziale di cui all'art. 785, con gli specifici requisiti del matrimonio determinato e futuro, dovrebbero ritenersi valide tutte le donazioni stipulate dopo il lo gennaio 1948, che di matrimonio parlassero in modo generico: basterebbe il riferimento ad un matrimonio avvenuto magari molti anni prima, non potendosi fissare alcuna limitazione temporale (come nel caso del sig. Boscarelli Pasquale, che dall'atto in questione risulta essere già sposato, con una figliuola), o ad un matrimonio che si supponga debba avvenire, si verifichi o meno tale caso (che ebbe a verificarsi per il Boscarelli Michele, ma non si é verificato per il Boscarelli Rosario, che é rimasto celibe).

5. - Ciò posto, perdono valore le argomentazioni della difesa dei Boscarelli, la quale si é riferita a vari tipi di donazione in contemplazione di matrimonio, che non richiederebbero i requisiti di cui all'art. 785 Cod. civ., per dimostrare che tali requisiti non sarebbero stati richiesti dal legislatore della legge Sila e della legge stralcio; e perde valore, nel caso in esame, anche il richiamo, fatto dalla stessa difesa, ai pareri del Ministero dell'agricoltura e foreste e della Commissione parlamentare.

Su quest'ultimo punto é da rilevare che, senza sminuire il valore di tali pareri (e anche quello della Commissione parlamentare, come ebbe già a notare questa Corte nella richiamata sentenza n. 78 del 1957, per quanto esso sia autorevole, non é peraltro vincolante), il primo, quello del Ministero - il cui testo soltanto risulta in atti -, si fonda su considerazioni che non toccano il problema della estensione dell'articolo 27 nel senso suddetto, la cui importanza é invece, come si é visto, fondamentale.

Circa gli altri casi di donazione, che dalla difesa dei Boscarelli si vorrebbero ricondurre al tipo di donazione obnuziale da includere nel disposto dell'art. 27, é da rilevare, per quanto riguarda la dote, che ora può essere costituita o aumentata durante il matrimonio sia da estranei, sia dalla moglie (art. 178 Cod. civ.), che tale successiva costituzione sarebbe irrimediabilmente in contrasto con le finalità dall'art. 27 perseguite, come innanzi si é chiarito; ma é proprio il riferimento alla dote che si volle escludere da tale norma, come risulta dai lavori preparatori, sia pure per ragioni non strettamente inerenti alla questione in controversia.

Nemmeno vale il richiamo al patrimonio familiare, che é un istituto di tipo a sé, ben configurato dal Codice, con finalità sue proprie, che il legislatore della riforma agraria ben avrebbe potuto - se lo avesse voluto - espressamente richiamare; mentre esso é, d'altra parte, ben compatibile con una donazione in contemplazione di matrimonio, con dichiarazione fatta dagli sposi stessi, donatari, o dal terzo, donante, che intendano costituire i beni donati in patrimonio familiare (art. 167 Cod. civ.). E neanche vale il richiamo all'art. 805 Cod. civ. che esclude la revoca per ingratitudine o per sopravvenienza di figli delle donazioni effettuate "in riguardo di determinato matrimonio" - omettendosi ogni accenno al matrimonio futuro -, giacché é ovvia l'intenzione di riferirsi ad un matrimonio già celebrato, escludendosi la revoca, nonostante quei casi eccezionali, per non depauperare la famiglia già costituita.

Il richiamo poi all'art. 61 della legge di registro, che accorda un trattamento di favore alle donazioni fatte "in contemplazione di un certo determinato matrimonio", senza il riferimento al matrimonio futuro, nulla prova a favore della tesi sostenuta dalla difesa dei signori Boscarelli. A parte, difatti, il rilievo - che pur deve farsi - che le disposizioni della legge sull'imposta di registro si adeguano al rapporto giuridico sostanziale, qual'esso é stabilito dalla legge, e non creano esse siffatto rapporto, sicché rivestono carattere formale; giova considerare che - contrariamente all'affermazione della difesa dei Boscarelli - la giurisprudenza tributaria amministrativa e quella giudiziaria richiedono, perché si faccia luogo a riduzione a metà dell'imposta, che il matrimonio sia non soltanto certo e determinato, ma anche futuro, negando la riduzione per un matrimonio già contratto. Il richiamo poi fatto dalla medesima difesa all'art. 3 del T.U. 9 maggio 1950, n. 203, recante disposizioni sull'imposta straordinaria sul patrimonio, anziché giovare alla tesi sostenuta dalla difesa stessa, suffraga la tesi contraria, in quanto, escludendo dalla tassazione i beni donati dagli ascendenti ai discendenti nel decennio anteriore alla data di applicazione dell'imposta, muove dalla stessa finalità del legislatore della riforma agraria, di ben determinare i beni che, in via eccezionale, si intendono eccettuare: che non possono essere i beni, contemplati bensì in una stipula avvenuta in tale periodo, ma riferentesi ad un matrimonio celebrato molto tempo prima, ovvero ad un matrimonio non determinato nella persona o da celebrare in un avvenire indeterminato.

6. - Deve pertanto concludersi affermandosi la infondatezza della questione proposta, con la quale é stata dedotta la illegittimità costituzionale della legge delegata in esame, che quindi bene ha potuto dispiegare i suoi effetti concreti nei rispetti di tutti e tre i fratelli Boscarelli. Questa Corte poi non può, in occasione del presente giudizio, prendere in esame l'altra questione elencata dalla Cassazione - riguardante la eccepita illegittimità della legge delegata per avere ecceduto i limiti fissati nello stesso art. 27 della legge Sila, che - secondo la difesa dei Boscarelli - "si sarebbe riferito soltanto alle persone e non anche ai beni donati e suscettibili di scorporo". Infatti le Sezioni unite della Cassazione, nell'ordinanza di rinvio a questa Corte, ebbero a ritenere che siffatta questione, "essendo stata dedotta in via subordinata rispetto alla terza" (la questione rinviata a questa Corte ed ora decisa), restava "assorbita", e quindi non la esaminarono. Essendo mancato tale esame, é mancato altresì il rinvio della questione a questa Corte; né, a tale effetto, é possibile restituire la causa alla Cassazione, perché la Corte costituzionale può provvedere in tal senso solo quando la questione le sia stata proposta dall'autorità giurisdizionale, ma questa abbia omesso di compiere esaurientemente l'esame della rilevanza di essa rispetto alla controversia principale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione proposta con l'ordinanza delle Sezioni unite della Corte di cassazione in data 22 giugno 1957 sulla legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica del 24 dicembre 1951, n. 1490, in relazione all'art. 27 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 novembre 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO -  Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI 

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1958.